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Autore: Artemisia246    06/08/2015    1 recensioni
"-Scusate, scusate ma che ne dite di fermarvi un attimo? Dopo tutto non hanno fatto niente di male- a parlare fu una voce sconosciuta vicino alla porta. Tutti si voltarono verso di lei e per un momento le ostilità cessarono.
***
-Allora ditemi, cosa ci fa il Chirurgo della Morte su quest'isola?- domandò
***
-Quindi siamo da soli sta sera, mia signora?-
***
-... e in tutte queste leggende si afferma che tu non abbia un cuore- disse, inclinando poi la testa per permettere a Trafalgar di baciarle meglio il collo.
-E tu cosa pensi?- mugugnò lui, tra un bacio e l'altro.
***
-Perchè sono sopravvissuta?- sussurrò, imbrattando di lacrime la felpa di Law.
***
-Voglio un tatuaggio-
-Dove?-
-Su tutta la schiena-
***
-Tu la ami, Law. La ami e lo sai-
-No, Bepo-
-Cosa ottieni nel mentire a te stesso?-
***
-Io mi occupo di Kidd, che è il più grave, tu pensa a Law!- gridò, accovacciandosi vicino al rosso.
***
-Cora-san ti voleva bene- sussurrò dolcemente.
***
-MORENDO NON RISOLVERAI NIENTE, IDIOTA!-"
***
Piccolo appunto: ci saranno delle parti che differiscono dal manga, ma spiegherò man mano quali sono e vedrò di non modificare troppo la storia originale.
Buona lettura.
Genere: Angst, Azione, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Pirati Heart, Trafalgar Law, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!, Tematiche delicate
Capitoli:
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Buon Giorno, Buona Sera e Buona Notte,
sono felice di pubblicare il terzo capitolo di "Dame en Noir",
per chi segue "You cant' give up on famigly", il secondo capitolo è in produzione 
Ah un avvertimento,
NON È ASSOLUTAMENTE NECESSARIO LEGGERLE ENTRAMBE,
almeno per il momento ;), sono essenzialmente due storie indipendenti.
In questo capitolo si verranno a scoprire nuove cose su Mira, che spero vi piacciano,
Non ho nient'altro da dire, quindi vi lascio.
Buona lettura,
Artemisia246
.

 



 
UNA TAGLIA DA 90 MILIONI DI BERRY
 
La prima cosa che Mira si disse, non appena quei vecchi sacchi di carne ammuffita e alcolizzata ebbero iniziato a bersagliare quei tre poveri cristi, fu: devo aiutarli.
La sola cosa che l’aveva spinta a farlo era l’odio che provava verso quegli stronzi e verso i loro modi di trattare gli stranieri.
Il fatto che fossero pirati, beh, non le importava. Aveva riconosciuto l’orso al bar e intravisto un qualcosa di giallo al porto, prima che una vecchietta passasse di li vicino per andare a casa e non la costringesse ad andarsene. Aveva intuito chi fosse il capitano di quel particolare vascello e ne era rimasta stupita.
D’altronde cosa ci faceva un pezzo grosso come il Chirurgo della Morte su quell’isola?
Non sapeva cosa le era venuto in mentre quando li aveva portati con se, pensando che la motivazione che li avesse spinti fino lì fosse solo la mancanza di carburante, ma andava bene comunque, d’altronde, l’essere curiosa faceva parte della sua natura.
Non sapeva nemmeno cosa le era venuto in mente quando l’aveva detto, le parole le erano uscite così, senza volerlo e prima che se ne rendesse conto pienamente avevano già imboccato la strada di casa.
Sbuffando, appoggiò i gomiti sul bancone e si prese il ponte del naso tra le dita.
Bofonchiò un: -Idiota-, diretto a se stessa.
Perché sì,  era un’idiota.
Perché diavolo li stava aiutando così tanto?
Stava rischiando la sua copertura su quell’isola, maledizione!
Si passò un mano tra i capelli e, con un ringhio di frustrazione in gola, si issò completamente in piedi, ma in quel momento una fitta di dolore partì dalla gamba sinistra fino ad arrivare al cervello.
-Ma certo. Perché sei anche tu qui su quest’isola? Perche sei stata una cogliona- ricordò sarcasticamente a se stessa, con un piccolo ghigno sulle labbra. Aveva calcolato male i tempi, quella volta. Una piccola visione di una nave in fiamme e di lei con la gamba insanguinata le si parò nella mente ma non ci diede peso e pensò a cosa fare per uscire da quella situazione.
Chiuse gli occhi e si concentrò per sentire i passi dei Marines sul vialetto e per calcolare quanto tempo aveva prima che arrivassero. Nel silenzio totale della casa, ogni singolo rumore esterno sembrava amplificato e le rimbombava in testa.
Restò in attesa un altro paio di secondi, e infine sentì dei passi pesanti che si avvicinavano dall’inizio del vialetto. Dal rumore sembravano in due, e sarebbero arrivati alla porta in un minuto.
Così zoppicò velocemente verso il divano, prese lo zainetto verde che c’era dietro e lo aprì, mettendoci dentro tutte le carte che erano sul tavolino il più velocemente possibile. Dopo averci infilato tutto alla rinfusa, lo gettò con poca grazia dietro al divano e aprì la valigetta nera.
Quell’operazione le aveva portato via circa trenta secondi, ne aveva altri trenta per nascondere la pistola, il pugnale e la valigetta. Doveva decidere cosa nascondere e cosa no, non aveva tempo per tutto e quei tizi si sarebbero insospettiti se li avesse fatti aspettare sulla porta.
Optando per nascondere la pistola, al posto del pugnale, aprì la valigetta nera e, facendo spazio tra le banconote contenute al suo interno, ce la infilò. Poi girò il cuscino in mezzo del mobile, scoprendovi una cavità abbastanza grande per la valigia e ve la infilò.
Tanto questo divano è scomodo di suo, non noteranno la differenza tra quel cuscino gli altri, pensò Mirajane. Si mise in ascolto di nuovo, e calcolò che ai due mancavano dieci secondi per bussare alla porta.
Con il pugnale in mano, prese un gilet nero che aveva lanciato per terra due giorni fa e se lo mise, assicurandosi l’arma alla schiena.
Fu quando si alzò per notare se fosse ben nascosto, che bussarono alla porta.
-Chi è?- chiese, con una voce fintamente innocente.
-La Marina Militare, signorina- rispose una voce giovanile ma ferma da dietro la porta.
Minchia, che formalità. Chissà quanto si credono importanti, pensò sarcasticamente. Sfoderò il suo miglior ghigno e con gli occhi provocanti andò ad aprire alla porta.
I due soldati che le si presentarono davanti erano piuttosto giovani. Avranno avuto dai venti ai venticinque anni.
Quello alla sua destra era bassino, non le arrivava nemmeno al seno, tozzo e con pochi ciuffi rossicci sulla testa, teneva in mano il fucile come se si tenesse in mano una brioche e il suo sguardo cadde sul davanzale della ragazza. Lei gli sorrise, e lui arrossì.
Con un ben celata occhiata di disgusto passò a guardare l’altro.
A differenza del collega, lui era alto, quasi quando lei,  e magro –Mira ci avrebbe scommesso tutto ciò che aveva che anche una bambina sarebbe riuscita a batterlo a braccio di ferro- con i capelli biondi e delle lentiggini sulla faccia.
Almeno lui non tiene il fucile come si tiene un dolce, si disse Mira.
Sfoderò il suo miglior sorriso accattivante e si rivolse al più basso, stringendo un po’ le braccia per mettere in mostra il seno e chinandosi per mostrare meglio la scollatura.
Come previsto, il giovane non fece a meno di far vagare lo sguardo verso la prorompente scollatura.
-Perché la Marina è sulla mia porta?- chiese fingendo un sorriso genuino.
Ormai il poveretto aveva la faccia dello stesso colore dei suoi capelli.
-E-ecco, p-perché ab-abbiamo avuto un-una chiamata da-da parte del bar “Lu-na Piena”- balbettò rosso, ma poi tossì e riprese il controllo mostrandosi più sicuro di quanto non fosse –dei clienti ci hanno chiamato per dire che avevano avuto una rissa con delle persone, che probabilmente sono pirati, e che sono usciti prendendo la strada che porta fin qui- spiegò, dritto come un fuso.
-Oh, va bene. Posso sapere come vi chiamate?- si rivolse all’altro, sorridendo mentre si passava una mano tra i capelli.
-Io sono Shane e il mio collega si chiama Das- spiegò con tono fermo e lievemente arrabbiato il più alto.
Mira sorrise innocentemente e rilassò le braccia, facendo un breve passo verso Shane.
Il sorriso caldo della ragazza lo fece sciogliere un po’ e rilassò le spalle.
Mira fece un piccolo ghigno pericoloso ma loro non la notarono, troppo occupati a sbirciare dentro la casa. Aveva una gran voglia di buttarli in strada a calci in culo, ma si trattenne.
-Oh, ma che maleducata. Prego entrate- e si scostò, allungando il braccio sinistro per indicare la casa.
I due Marines entrarono con passo deciso, nonostante l’iniziale partenza e iniziarono a guardasi attorno, commentando a bassa voce l’arredamento.
Mira chiuse lentamente la porta, un ghigno maligno sulle labbra rosee.
I due sfortunati non si resero conto di essere chiusi nella casa del diavolo.
***
Intanto, i Pirati Heart si annoiavano.
Comprensibile, ma sfortunatamente inevitabile.
Stare in una caverna buia, a tre passi di distanza l’uno dall’altro e senza poter emettere rumori troppo forti per non farsi scoprire, non era una situazione divertente.
Ma dovevano ingoiare il rospo e stare zitti.
-Mira li ha fatti accomodare in casa- sussurrò Penguin.
-Wow, grazie per l’informazione, davvero molto utile- disse Shachi sarcastico.
-Beh, tu non fai altro che ripetere “che palle” da quando siamo scesi, almeno io vi tengo aggiornati- disse di rimando il pinguino.
-Se non volete che ci scoprano, dovete stare zitti- sussurrò Bepo, tentando di dargli due coppini ma senza successo.
I due bonfochiarono un po’, ma fecero di nuovo silenzio.
Non si preoccuparono per Mira, d’altronde, come avevano appurato poco prima di scendere lungo la scala, non era lei quella in pericolo, lassù.
***
Mira, chiuse la porta, e il ghigno scomparve. Poi tutta sorridente si voltò verso i poveri e ignari ospiti.
Nel mentre, Shane e Das si guardavano attorno, in cerca di quei famosi pirati per cui avevano avuto una segnalazione.
Sobbalzarono quando sentirono le mani di Mira posarsi entrambe sulle loro spalle e la sua testa spuntare tra le loro, principalmente perché non l’avevano nemmeno sentita camminare.
-Se proprio dovete, prego, cercate pure in tutta casa quei pirati. Io intanto metto su del caffè, ne volete?- propose con un sorriso.
-No grazie, siamo in servizio e non dovremmo…- iniziò a protestare Shane.
-Insisto- Mira disse quella parola con un tono tanto freddo quanto malizioso, al punto che i Marines non poterono fare a meno di obbedirle, anche se con riluttanza.
-Allora va bene, grazie- disse Das di rimando.
Shane intanto provava a convincersi che non aveva visto assolutamente uno scintillio passare tra gli occhi di Mira, quando aveva proposto il caffè. Nervoso, concentrò il suo sguardo sul divano.
-La casa è tutta qui, come potete vedere. Davanti a voi c’è il bagno e lì di fianco la cabina armadio con porta sul retro- spiegò gioiosamente la ragazza dall’angolo cottura.
-Non è che avete anche una cantina, signorina?- domandò Das
-Ahahahaha, vi prego chiamatemi Mira- rise la ragazza –e comunque no, non ho una cantina. Tutto ciò che ho è davanti ai vostri occhi- rispose.
-Okay, grazie, Mira- rispose Shane.
Das aprì la porta del bagno, un piccolo locare dalla forma rettangolare con una doccia, una finestra nella parete opposta alla porta, i servici igienici e un lavandino con sopra un vasetto di crema idratante.
Chiuse la porta e tornò in salotto mentre Shane controllava la cabina armadio.
Dopo pochi secondi entrambi si ritrovarono in salotto. Si scambiarono uno sguardo e scossero le spalle.
-Allora, trovati i vostri pirati?- domandò scherzosamente Mira.
-Mi dispiace, Mira. Ci deve essere stato uno sbaglio, perdona la nostra scortesia- disse Shana imbarazzato dirigendosi verso la cucina.
-Fa nulla, state tranquilli. Il caffè è quasi pronto, intanto sedetevi- e Shane e Das si sedettero sulle due sedie del bancone, mentre la terza era stata messa dalla parte opposta.
Iniziarono a mangiare i salatini che la ragazza aveva posto sul tavolo, mentre lei era voltata di spalle a prendere le tazze.
Si credono talmente tanto benvoluti da non pensare che qualcuno possa avvelenare il loro cibo, idioti, constatò Mira aspramente.
Per quanto le sarebbe piaciuto ucciderli seduta stante, ma non poteva perché rischiava che dopo venissero a cercarli e che poi trovassero lei.
Questi due non si tengono aggiornati, evidentemente, pensò Mira, altrimenti mi avrebbero attaccata appena entrati… bah, meglio così.
Tirò un sospiro di sollievo dentro di sé mentre puliva i piatti con cui aveva pranzato quel giorno, aspettando che la macchinetta decidesse di completare la preparazione del caffè.
-Allora, Mira, da quello che vedo, non abiti qui da molto- fu una constatazione quella di Shane  -pronunciata con un tono basso e insicuro: come se stesse tastando il terreno. Mentre Das espresse la sua continuando a masticare rumorosamente, con lo sguardo puntato sul fondoschiena di Mira.
-Sì infatti, mi sono appena trasferita- rispose lei cordialmente, con un piccolo sorriso sulle labbra. Il suo gioco era semplice da capire, per chiunque con un po’ di cervello.
Si trattava di usare la classica facciata da “ragazzina bene educata” per non destare sospetti, facilmente intuibile, ma dannatamente utile.
-Beh, spero che ti piaccia questa città. È molto tranquilla- le disse Das.
Sono tutti morti di fame, più tranquilla di così, pensò la ragazza.
-Già, ho notato… comunque pensavo fosse più prospera- pesò le parole, Mira, mentre posò il piatto di fianco al lavello –Avevo sentito dire che Han’ei era una delle isole più ricche del Grande Blu. Cosa le è successo?- chiese, osservando con la coda dell’occhio, senza che se ne accorgessero, i loro visi.
Come previsto, distolsero lo sguardo da lei e lo posarono su punti indefiniti della stanza, imbarazzati.
-Si beh, noi siamo qui da soli cinque anni… l’isola era già cosi prima che ci arrivassimo- iniziò Shane.
-E poi il vice-ammiraglio ha fatto così tanto per i cittadini ma loro non ne volevano sapere- intervenne Das, parlando velocemente.
Shane annuì, lievemente spaventato.
Mira osservò attentamente le loro espressioni e i loro modi di comportarsi: il viso rosso, le spalle curve e occhi e orecchie tese al massimo, come se avessero paura che Budo li sentisse parlare di lui dal quartier generale.
Hanno paura di lui, dedusse.
-Oh beh, ne sono sicura- li consolò lei. I due rimasero zitti per un po’, fin quando il rumore della caffettiera indicò che la miscela era pronta.
Mira prese due tazzine dal ripiano superiore, e iniziò a versarlo.
Quando completò entrambe le tazzine –senza che se ne accorsero, aggiunse alle miscele una piccola dose di polvere bianca-, Shane le fece una domanda che la ragazza avrebbe preferito evitare.
-Allora, la tua famiglia? Sei molto giovane per vivere da sola- le chiese, per spostare l’argomento.
E questa volta toccò a Mira rimanere in silenzio.
Abbassò impercettibilmente la testa, le labbra si contorsero in una linea dura e strinse fino a farsi diventare le nocche bianche il bordo della tazzina, che stava per mettere su un vassoio. Calò un pesante silenzio tra loro.
-Partiti- utilizzò un tono più duro del  previsto, e i due Marines sobbalzarono sulle sedie spaventati –Sono partiti per un viaggio da poco, volevano… prendersi una vacanza- concluse con un tono freddo e distaccato. Data l’intonazione forte e sicura, i soldati si fidarono.
Mira ringraziò il Signore di non essersi voltata, i suoi occhi –per la prima volta della giornata- erano lievemente malinconici ma più che altro furiosi: avrebbero insospettito i soldati.
Shane e Das pensarono che fosse solo un caso e non diedero importanza alla sua schiena, che si era irrigidita, i muscoli in rilievo sotto la stoffa aderente.
-Ah bene, hai fratelli o sorelle?- domandò innocentemente Das.
Questa volta le dita delle mani fecero incrinare il manico della tazzina, e le labbra divennero quasi invisibili. Si obbligò a riprendere il controllo, mentre dentro di se infuriava una rabbia cieca.
-Ho una sorella minore- rispose, lentamente e apaticamente –è andata in vacanza anche lei, è da un po’ che non la vedo- si voltò con le tazzine in mano e aggiunse, con un sorriso forzato –È partita poco prima dei miei, spero che stia bene-
Il sorriso fintamente gioioso di lei li tranquillizzò ampiamente.
Secondo le loro congetture, Mira era una normale e comune ragazza che doveva lavorare per mangiare mentre i genitori e la sorella erano in vacanza.
-Quindi immagino che i tuoi siano andati a fare una vacanza di piacere e anche tua sorella-
-Sì, i miei sono appena andati in pensione e pensavano di prendersi un attimo di pausa per girare un po’ mentre mia sorella è andata da alcuni amici dopo aver finito gli studi-  la bugia di Mira fu così convincente che i due, dopo che lei si fu seduta davanti di loro, le rivolsero ampi sorrisi.
-Sarai felice per loro, immagino-
-Non sai quanto- rispose Mira, una mezza verità, pronunciata in quel mare di bugie.
-Che lavoro fai?- le domandò Das.
-Oh, ehm- si prese tempo per trovare una scusa –Sono una disegnatrice- annuì soddisfatta -Disegno di tutto. Dai vestiti ai mobili, infatti ero venuta appunto su quest’isola perché era famosa per la seta e ne volevo trovare un po’ per i miei progetti-
Al momento, quella fu la scusa migliore che trovò.
-Interessante-
-Ma adesso parlatemi di voi, è da molto che siete distanziati qui?- Mira cambiò argomento, posandogli le tazzine davanti e incrociando le dita.
-Si, siamo qui sin da quando la Marina ha deciso di fondare una base- le rispose Shane, bevendo.
-È stato il vice-ammiraglio a sceglierci di persona- il tono orgoglioso di Das fece capire a Mira che, nonostante il pugno di ferro con cui governava la base, Budo suscitava comunque dell’ammirazione verso i suoi sottoposti.
-Ah davvero? Allora dovete essere proprio dei Marines valorosi- sorrise ampiamente la ragazza.
I due arrossirono ma annuirono comunque.
-E ditemi, com’è il vice-ammiraglio? Ho letto molte storie su di lui ma non sono mai riuscita a farmene una idea precisa- la curiosità prevalse sul suo animo.
Iniziamo.
-Il vice-ammiraglio è…- Shane pensò a quale aggettivo potesse descrivere meglio il loro capo, quando gli corse incontro Das.
-Rigido, severo, ci tiene molto alle regole e alle tradizioni  della base- completò Das. Shane annuì alle parole del compagno. Entrambi non capirono come mai le parole gli fossero uscite così di bocca, ma non ci diedero peso.
-Vuole che tutti noi facciamo dei turni di allenamento giornalieri per tenerci in forma e quasi mai ci fa seguire il programma delle altre basi-
-Ogni volta che riscuotiamo le tasse del popolo, ne prende sempre una piccola parte per sè-
-Già, la mette nel secondo caveau della base-
-Nel primo invece ci tiene le armi della base, che non ci fa usare perché sostiene che un vero Marines debba saper combattere a mani nude-
-Il vice-ammiraglio è un esperto di arti marziali, le conosce quasi tutte, dal karatè al ju jitsu, pensa, conosce addirittura qualche tecnica Rokushiki-
-Credo che sappia il Soru e il Ranyaku-
-Sìsì, ma non le padroneggia benissimo-
Ormai i Marines ne dicevano di cotte e crude sul loro superiore, da come volesse prendere il caffè alla mattina a come sosteneva fosse meglio utilizzare i pugni.
Mira sorrideva ampiamente a ogni loro informazione, ringraziando nella mente la stupidità dei Marines semplici e la genialità dei scienziati nei loro laboratori.
Il composto che aveva versato clandestinamente nei loro bicchieri ne era la prova.
Si trattava di una imitazione del famoso “siero della verità” che la Marina aveva sviluppato in uno dei suoi laboratori segreti, e che era riuscita misteriosamente a rubare.
Questo siero aveva delle enormi potenzialità: colui che lo ingeriva riusciva a confessare tutto ciò che l’interlocutore voleva sapere, presentandolo come una confessione spontanea e non sotto coercizione. Per esempio, se ad un ladro si voleva far confessare i suoi crimini, gli si dava questa polverina e gli si chiedeva una cosa collegata al suo lavoro ma non necessariamente diretta.
Tipo: “allora, le piacciono i gioielli?”, da qui il criminale avrebbe risposto alla domanda basandosi sulla sua esperienza, e di conseguenza avrebbe confessato i crimini senza che gli agenti lo pressassero.
Se avesse funzionato a dovere, a quest’ora la Marina avrebbe molti più seguaci tra il popolo… appunto, se.
Sfortunatamente, il siero cancellava la memoria dopo appena dieci minuti.
Si era scoperto, che, somministrando il siero a ei grossi boss del crimine organizzato, quello automaticamente cancellava le informazioni della memoria a lungo termine, facendo sì che le confessioni fossero attendibili solo per i primi dieci minuti.
Così la Marina smise di utilizzarlo almeno finché i loro piccoli geni non fossero riusciti a risolvere il problema.
Preso in piccole quantità, come quella che ho dato a loro, il siero dovrebbe cancellare solo i ricordi di questa conversazione e, spero, anche di tutta la vicenda a partire dalla chiamata di quegli ubriaconi del bar, pensò Mira.
Quando calcolò che ormai mancavano circa quattro minuti prima che facesse effetto, riprese le redini della conversazione.
-Allora, ditemi, in questi giorni succederà qualcosa alla base?- domandò.
-Beh sì, a dir la verità, tra poco meno di cinque giorni, il vice-ammiraglio festeggerà il suo compleanno- le rispose con sincerità Shane.
-Ma non ci ha voluto dire come, ha solo detto che sarà “bellissimo”- aggiunse Das.
-Sìsì,ha detto che chiederà anche ad altri suoi colleghi di venire qui!-
Mira sgranò gli occhi, colta da un improvviso e orribile presentimento.
-Verranno altri vice-ammiragli? Come Garp?!- domandò, quasi strozzandosi, mentre il panico la invase.
Un conto era affrontare Budo  da sola, un altro era ritrovarsi contro l’Eroe della Marina.
-No, il capo ci ha provato ma Garp non ha potuto accettare perché stava svolgendo una missione sotto ordine di Sengoku-
Mira sospirò e disse a voce bassa un: -Grazie a Dio-, poi li incitò a continuare il racconto.
-Comunque ci saranno anche altri suoi colleghi! Si riuniranno tutti nel salone principale, quello al primo piano, e anche tutti noi soldati della base militare siamo stati invitati a partecipare-
Quindi la sorveglianza sia esterne che interne saranno ridotte, pensò.
-Umh umh, bene, avrei una curiosità. Dove farete la festa?  Insomma, da quello che si vede all’esterno deve essere una specie di reggia e sono sicura che avrete molte stanze sfarzose- e rise scioccamente, fingendo una ingenuità non sua.
I Marines tentennarono un po’, e per un attimo Mira pensò che il siero avesse già avuto effetto, ma ghignò quando vide i due sorrisi ebeti che sfoggiarono i Marines.
-La festa la faremo nel salone principale, quello del piano terra, il vice-ammiraglio vuole che sia tutto perfetto-
-Già, anche perché il salone del secondo piano è troppo vicino al suo ufficio e lui teme che qualcuno ci possa entrare e rubare chissà cosa dai cassetti della scrivania-
-Ha detto che tiene qualcosa di importante nel secondo cassetto, ma non so cosa-
Quella frase, detta da Das con la sincerità di un bambino, fece fare a Mira un ghigno ancor più accattivante perché aveva ottenuto, finalmente, le informazioni che anelava dall’inizio della loro conversazione.
-Davvero? Beh, sono felice per lui- e guardò l’orologio teatralmente –Oh, ma come si è fatto tardi. Non per offendervi ma secondo me dovreste proprio andare, sapete, non vorrei mai che veniste punti per colpa mia- disse dolcemente e si alzò, imitata dagli altri due.
Shane e Das, durante il breve tragitto, si guardarono attorno spaesati, come se non fossero mai stati lì.
Fufufufufu, i dieci minuti sono già passati, dopotutto, pensò Mira mentre apriva la porta e loro facevano un passo oltre la soglia.
-Ah sì, dobbiamo proprio andare. Senti non è che potrei farti una domanda?- chiese Shane, inclinando la testa.
-Ma certo-
-Da quanto siamo qui, noi due?-
-Appena un paio di minuti- e sorrise mentre loro se ne andavano lungo la via, di certo erano confusi su cosa stessero facendo e dove fossero, ma in fondo, perché mai dubitare di una ragazza così carina e gentile?
Mira sorrise fin quando non furono scomparsi dalla curva del vialetto, poi chiuse la porta e ci si appoggiò con la schiena.
Meno male, pensò, sospirando.
***
Nella cantina, i tre pirati del Cuore avevano tirato un sospiro di sollievo.
-Finalmente è finita- disse Shachi.
-Ma quanto hanno parlato?- domandò Penguin.
-Per circa dieci minuti, credo- gli rispose il rosso, mentre l’orso lì con loro non faceva altro che respirare profondamente e pensare alle strane domande che la ragazza aveva fatto ai due soldati.
-Chissà perché ha rivolto a quei due tutte quelle strane domande- disse Bepo, dando voce ai suoi pensieri.
Gli altri due lo guardarono, capendo perfettamente cosa volesse dire l’orso ma senza una spiegazione plausibile.
Allora si fissarono tutti e tre negli occhi, e fecero una muta promessa.
Ne parliamo con il capitano, e tutti e tre annuirono.
-Potete uscire- disse la voce di Mira, aprendo la botola e facendo entrare uno spiraglio di luce.
Con un sospiro di sollievo, l’aria li sotto era ormai calda e irrespirabile, iniziarono a salire sulla scala a pioli, con Bepo in testa e Shachi a chiudere la fila.
***
Mira aspettò che anche l’ultimo dei pirati Heart fosse uscito dalla botola, prima di inchinarsi e far sparire con un tonfo secco l’entrata per quel nascondiglio segreto.
-Allora, state bene?- domandò, mentre loro si pulivano le mani nei pantaloni.
-Sìsì, grazie per il nascondiglio- disse Penguin. Mira alzò le spalle.
-Figuratevi, forse è meglio che ve ne andiate a informare i vostri compagni- disse riponendo il gilet con il pugnale sopra al divano –Se i Marines sono arrivati fin qui vuol dire che gli abitanti si sono lamentati e ben presto questa cosa arriverà anche alle orecchie del vice-ammiraglio. In questa cittadina succedono ben poche cose e l’arrivo di alcuni pirati in città desterà dei sospetti- spiegò.
I ragazzi, in silenzio, annuirono.
-Bene, allora grazie per tutto- e si avviarono verso la porta, ringraziando a turno Mira.
Fu quando Shachi toccò la maniglia, che Mira sospirò pesantemente e li guardò scocciata.
-Quei due saranno ancora in giro per la via, in cerca di qualche bar. Se prendete quella strada adesso, rischiate di incontrarli e, anche se sono sicura che non avreste problemi a batterli, dopo Budo sarà certo della vostra presenza sull’isola- spiegò, mentre loro si voltavano verso di lei, rendendosi conto che, forse, non aveva tutti i torti.
-Hai una porta sul retro?- chiese Penguin.
La ragazza annuì e si voltò verso la porta che stava a sinistra del bagno.
-In origine, questa stanza doveva essere un corridoio per connettere la porta sul retro alla casa principale ma io l’ho adibita come armadio perché mi risultava più comodo- spiegò mentre si avviava verso la sopracitata porta, tuttavia Shachi le pose una domanda che la costrinse a fermarsi proprio mentre stava per girare la maniglia.
-Perché hai fatto tutte quelle strane domande a quei due?-
Mira li guardò con la punta dell’occhio e con un ghigno canzonatorio sulle labbra.
-Curiosità- con una malizia invidiabile, sussurrò quella parola.
Penguin deglutì mentre Bepo e Shachi si scambiavano una occhiata spaventata.
Poi si sentì un leggero click, e la porta si spalancò su una oscurità dentro la quale Mira fece un passo.
Svanì completamente e dopo un paio di secondi una luce artificiale riempì la stanza, dando modo ai pirati Heart di vedere alcune grucce con appesi sopra degli abiti scuri.
-Forza, venite- la voce di Mira arrivò loro da  un punto imprecisato oltre la parete, e si costrinsero a raggiungerla.
Insieme attraversarono la porta, scoprendovi un piccolo corridoio lungo appena due metri e largo per quanto una sola persona pieno di vestiti scuri.
Mira era dall’altra parte rispetto a loro, sulla soglia della porta da cui si vedevano alcuni tratti di città e una distesa verde.
Bepo, Shachi e Penguin passarono, in fila indiana, fino ad arrivare sulla morbida erba verde.
-Allora, vi do due ultimi consigli. Il primo è che dovete cambiare la posizione del sottomarino. Se i Marines sono arrivati qui vuol dire che di sicuro controlleranno anche il porto e vi scopriranno, nel lato occidentale dell’isola c’è una insenatura grande abbastanza per una nave militare, è sufficientemente nascosta e non molto lontana dalla città se volete fare degli ultimi acquisti. Il secondo è quello di sbrigarvi ad andare da Fip, sempre per la stessa motivazione di prima. Il suo negozio è vicino al porto, dovete prendere la seconda strada a sinistra, dopo quello che vende ami e esche. Lo noterete subito perché è grande ed è vicino alla roccia che delimita il lato occidentale dell’isola, potete dirgli che siete dei pirati, non vi farà scoprire- disse, guardandoli negli occhi -Qualche domanda?-
Gli Heart si guardarono tra loro, e scossero la testa.
-Bene, direi che è ora di andare. È stato un piacere- stava quasi per tirarsi indietro e chiudere la porta quando Bepo le pose una domanda.
-Perché non scappi?.. Non è vero che non ne avresti le capacità- aggiunse subito dopo, guardandola negli occhi -Potevi rubare una nave militare e andartene tempo fa, quindi perché resti qui?- domandò, mentre il volto di Mira si increspava in un sorrisetto e pronunciò quelle parole dopo qualche secondo
-Fufufufufufufu… voglio solo vedere cosa porterà questa generazione di Marines e Pirati al mondo e alla storia-
I pirati rimasero interdetti a quelle parole, non sapendo bene come interpretarle.
Poi Mira regalò un ultimo ghigno e si chiuse la porta dietro le spalle, mentre loro iniziavano, silenziosamente, a scendere lungo la via per tornare nel sottomarino.
***
Bepo, lanciando una occhiata eloquente a Shachi e Penguin, si avviò dentro la cittadina, lontano dalla casetta bianca e da Mira, venendo raggiunto dopo pochi secondi dai suoi compari.
Rimasero in silenzio, non sapendo cosa dire riguardo a quel lungo e strano pomeriggio.
Fu quando stavano per entrare in città che decisero di chiamare il sottomarino per sapere se erano tutti a bordo cosicché potessero informarli riguardo alle scoperte del giorno.
Tirarono fuori il baby den-den mushi dalla tasca e composero il numero, sentendo poi la voce di Nick rispondere dall’altro capo della cornetta.
-Allora, avete trovato il carburante?- domandò.
-No, ma sappiamo dove trovarlo, come vanno le riparazioni?- disse Penguin.
-Tutto bene, ma mi sa che dobbiamo restare su quest’isola ancora per qualche giorno, abbiamo scoperto che c’è un problema piuttosto serio con i rotori-
-Okay,sono tutti a bordo ora?-
-Beh, sì, perché?- la lumachina rifletté l’espressione confusa del ragazzo dall’altra parte della cornetta.
-Dobbiamo dirvi alcune cose se vogliamo evitare una visita da parte della Marina. Dov’è il Capitano?- disse Penguin.
-Il Capitano è a tavola, stiamo per mangiare e mancate solo voi-
I tre si scambiarono una occhiata.
-Bene, noi saremo lì tra dieci minuti-
E si avviarono per dire al cinico e sarcastico Trafalgar Law dell’incontro con la strana e intelligente Mirajane.
***
Mirajane percorse in pochi passi la lunghezza della cabina armadio, per poi rispuntare dall’altra parte e chiuse la porta di legno, poggiandoci sopra la fronte.
Rimase in quella posizione per alcuni istanti, rivivendo i momenti di quel giorno e pensando a cosa fosse meglio fare in quel frangente.
-Idiota- si rimproverò ulteriormente a bassa voce, picchiando la testa contro il legno duro della porta.
Zoppicò verso il divano ma una fitta di dolore che le fece vedere bianco per un paio di secondi, la costrinse ad appoggiarsi al bracciolo per non cadere a terra.
Con un colpo di reni, riuscì a sedersi sul cuscino duro come la pietra e strizzò le labbra, per non farsi scappare nemmeno un gemito.
-Non mi fermerò per questo, non ora- disse a denti stretti, voltando il cuscino centrale e togliendo la pistola dalla valigia, assieme ad un baby den-den mushi con il guscio nero e dei capelli marroni in testa.
Prese da dietro il divano lo zaino e lo aprì, sfogliando le carte fino a trovare quelle giuste per poi stenderle sul tavolino.
Le planimetrie della base militare, disegnate con tanta cura, la fecero ghignare e dimenticare il dolore alla gamba.
-Manca poco, manca poco e poi finalmente potrò andarmene da questa merda di isola-
Nel sole mattutino, il suo ghigno brillò di malvagità.
***
-Quindi mi state dicendo che questa ragazza, questa “Mira”, vi ha aiutato a uscire da un bar dove dentro dei vecchi ubriaconi vi stavano riempiendo di mazzate?- ripeté, allibito, Louis, mentre Law stava ascoltando il racconto senza emettere una parola, concentrato sul suo piatto di pollo. I pirati attorno a loro sghignazzarono.
Al suo fianco destro, Bepo, Shachi e Penguin stavano raccontando la vicenda sotto le orecchie di tutti, mentre invece al suo fianco destro, Louis, vicino a Nick, li stava prendendo in giro.
-Ti dico che non ci stavano riempiendo di mazzate, ci lanciavano pezzi di vetro mentre noi non reagivamo per evitare di venire scoperti- ripeté Shachi, quasi strozzandosi con il pollo.
-Sìsì, come no- lo sbeffeggiò senza pietà Louis, mentre tutti gli altri ridevano.
A Trafalgar Law stava per venire il mal di testa per via del trambusto che causavano i suoi sottoposti, così si limitò a ingoiare un'altra forchettata di pollo.
Se doveva essere sincero, dell’avventura di Shachi, Bepo e Penguin al bar non gliene era importato nulla. Anche lui aveva notato il comportamento ostile degli abitanti e non gli ci era voluto molto per capire a cosa fosse riferito e a capire come comportarsi per non farsi scoprire.
Tentativi infruttuosi, perché nella farmacia della città non aveva trovato praticamente niente, a parte qualche ragno o muffa.
Aveva iniziato ad importargli quando gli avevano detto che avevano incontrato una certa “Mira”.
Mira, Mira, Mira… ha un qualcosa di famigliare, ragionò il chirurgo.
-Bepo- il Chirurgo della Morte disse quella frase con una intonazione piatta e senza staccare gli occhi dal proprio piatto, facendo però diminuire bruscamente il brusio della stanza. Law sentì distintamente gli occhi degli occupanti del suo stesso tavolo posarsi su di lui, ma non ci diede peso e deglutì quella roba che volevano far passare per pollo.
-S-sì Capitano- disse incerto il vice, prendendo poi coraggio e raccontandogli tutta la storia.
Gli disse del bar, di come li avevano trattati, di Mira, di casa sua, delle informazioni che aveva dato loro, dell’arrivo dei Marines e del suo consiglio di mettere il sottomarino nel lato occidentale dell’isola. Alla fine, stettero tutti zitti, ad aspettare la risposta del loro capitano.
-Capisco- disse, incrociando le dita sopra al piatto, alla fine del racconto, con un ghigno malandrino sulle labbra.
-“Mira” è il vero nome o solo un diminutivo?- chiese, voltandosi verso Shachi.
-Il nome completo è Mirajane- rispose Shachi.
-Mirajane…- replicò lentamente Trafalgar, chiudendo gli occhi e inclinando da un lato la testa.
-Lei la conosce, capitano?- domandò Louis, nel silenzio della stanza. I suoi subordinati lo fissarono, mentre voltava lentamente da  una parte all’altra il collo, pensieroso.
Dopo qualche secondo Law, rispose, apaticamente: -No- e allontanò il suo piatto, alzandosi –No, non la conosco. Ora vado, se mi cercate sono nello studio. Ah, fate come ha detto Mira, e se volete uscire non fatevi riconoscere-
-Si- risposero tutti in coro.
Uscì dalla stanza, mentre lentamente i suoi uomini riprendevano a mangiare, parlando del più e del meno e della strana decisione del capitano.
***
Trafalgar, intanto, spinse indietro la sedia del suo studio e si sedette, accavallando le gambe.
Prese dal secondo cassetto della scrivania uno sgualcito avviso di taglia, ghignando. Con la destra resse il foglio ingiallito, mentre con la sinistra si sosteneva il mento, sorridendo divertito.
-“Mira”, eh?- sussurrò, sinceramente curioso, ricambiando lo sguardo duro della ragazza voltata di profilo, mentre con la coda dell’occhio fissava la fotocamera.
-Sarà un isola interessante- e quel ghigno, brillò nella luce della stanza.
***
Passarono due giorni dall’incontro con i pirati, e Mira era ormai decisa a entrare nella base militare.
Aveva calcolato tutto: sapeva chi e per quanto tempo faceva la guardia al porte la mattina e la sera, sapeva dove le reclute si esercitavano, sapeva chi insegnava loro, sapeva il numero di protezioni sia interne che esterne e sapeva quando il vice-ammiraglio era o non era in ufficio.
Sapeva tutto quello che c’era da sapere ed aveva le planimetrie della base per orientarsi.
Con il suo addestramento, non ci sarebbero stati problemi.
E allora perché proprio oggi non riesco a stare in piedi?!, pensò con rabbia Mira, mentre si osservava la gamba ferita, che proprio oggi pareva aver voluto dare il meglio di sé. Il sudore le colò dalla fronte sulla carne e aveva il viso un po’ troppo bianco.
La ferita, lunga quasi come tutto il suo polpaccio, era di colore rosso vermiglio e con delle pustole piene di pus sia sopra che a fianco.
Merda, si è infettata troppo, stringendo i denti, rovistò nel cassetto del bagno in cerca delle medicine, le ho finite. Cazzo, e su quest’isola non c’è niente che possa usare per curarla.
Le sarebbero bastati un bisturi e una crema antibatterica, non chiedeva tanto dopotutto.
Ma, ovviamente, su quell’isola era già una enorme cosa se c’era un antibiotico per bambini.
Questo non mi fermerà, e si bendò con cura la gamba, stringendo i denti. Poi la appoggiò a terra, mentre si mordeva a sangue le labbra per evitare di gemere di dolore.
Zoppicando, si chiuse la porta del bagno e ci si appoggiò sopra.
Stava per sedersi sul divano, quando sentì un rumore fuori, simile al suono amplificato che fanno mille formiche mentre camminano. Istintivamente drizzò la schiena, e tese le orecchie. Quando il rumore si ripeté, decise di provare a capire la motivazione, non senza una piccola dose di panico.
-Kenbou-shouko Haki: tonalità dell’osservazione- sussurrò, chiudendo gli occhi concentrata.
Sentì una fresca ondata di energia partirle dal petto, estendersi verso tutto il corpo e bastò che lei aprisse gli occhi, affinché tutta l’energia accumulata potesse espandersi nell’aria e concentrarsi fuori, assorbendo i dettagli di tutto ciò che toccava.
Tuttavia, ciò che percepì non le piacque per niente.
Sono in trenta… Marines semplici… non particolarmente forti, aggrottò le sopracciglia, saranno qui fra due minuti, e… o cazzo, con loro c’è Budo!
Scattò, con l’adrenalina nelle vene e non pensando più al dolore alla gamba, verso la libreria, prendendo tutti i suoi appunti e ficcandoli alla rinfusa nello zaino.
Aprì la valigetta e ci infilò, tra i soldi, anche le planimetrie abbandonate  sul tavolino. Con il coltello alla cintura fece appena in tempo ad entrare nell’armadio per raggiungere la porta sul retro che Budo in persona sfondò la porta con un calcio.
-Dove sei!- ruggì, mentre dietro a lui i Marines impugnarono meglio le armi.
Si guardò intorno, con la vena che pulsava rabbiosa nel collo muscoloso. Alto quanto la porta e con i capelli rosa acceso, con gli occhi la centrò subito.
-TU!- ruggì feroce.
-Si, io… però Budo, per formare una frase è necessario avere più di un semplice soggetto, sai?- disse lei, con voce provocante e ghigno sarcastico. Seguì un istante in cui tutto si fece immobile, e poi lei aprì la porta e ci si fiondò dentro, mentre i Marines facevano lo stesso nel suo salotto.
Percorse in poco meno di un secondo il corridoio, e aprì la porta correndo verso l’erba verde.
Cosa può avermi tradito? Sono stata così attenta! Merda… aspetta, e l’immagine di una giovane donna le apparve in testa, strappandole una imprecazione, ma certo! La tizia di ieri! Pensavo che non mi avesse visto, ero troppo coperta e… la gamba! Deve aver visto che zoppicavo e da dove venivo, avrà avvertito la Marina che si devono essere accorti degli effetti di quei due dell’altro giorno… speravo mi avessero dimenticata, maledizione!
Pensando, si diresse velocemente verso un muro laterale di una stradina, vi si appoggiò e riprese fiato, gettando la testa all’indietro.
Sentiva le urla di Budo solo a pochi metri di distanza. Solo allora si accorse della fitta lancinante che le percorse la gamba.
Devo scappare, e anche in fretta…funzionerà il soru?, domandò a se stessa, strizzando un occhio e mordendosi le labbra.
Chiuse entrambi gli occhi e le piegò, tastò la terra dieci volte molto velocemente e quando ricomparve un metro più in là, per poco non urlò dal dolore.
Non riesco a usare il soru, quindi non riuscirò nemmeno con il geppou e anche se la indurissi con il tekkai non riuscirei ad alzarla… se ingaggio una battaglia con Budo, non riuscirei a vincerla e la Marina mi catturerebbe.
-MIRAJANE! ESCI FUORI! LO SAPPIAMO CHE SEI QUI VICINO!- urlò, con i passanti che si voltavano verso di lui e gli uomini dietro. Le donne aprirono le persiane e si affacciarono, a Mira si gelò il sangue quando si rese conto che una era anche sopra di lei.
-Vice-ammiraglio! Vice-ammiraglio! È qui! È qui sotto! Presto!- urlò una donna con i capelli rossi sopra di lei. Mira le rivolse uno sguardo d’odio quando capì che a Budo sarebbero bastati pochi minuti per raggiungerla.
E lei corse, corse con la gamba che le urlava contro e con le grida di avvertimento dell’uomo nelle orecchie.
Svoltava vie acciottolate, scansava passanti che cercavano di fermarla e provava a confondere i suoi inseguitori.
Fu quando iniziarono a spararle contro e Budo a rompere muri con la sola forza fisica -come poté notare voltandosi-, che sentì una voce familiare davanti a lei.
-Mira, che sta succedendo?-
Lei si voltò, e per poco non le prese un infarto.
A pochi metri, c’erano i tre pirati dell’altra volta, Bepo, Shachi e Penguin, coperti con un cappotto ma senza mantello sulla testa.
-Che ci fate ancora qui? Non vi avevo detto che dovevate andarvene in fretta?!- disse rabbiosa, appena prima che un muro di fianco a lei le esplodesse in faccia, costringendola a ripararsi con le braccia.
Dall’altra parte, Budo, con il braccio ancora teso, ghignava.
-Presa- disse, mentre le correva incontro. Lei non ci pensò nemmeno.
-Merda- si fermò un attimo e poi corse incontro a loro, spingendoli con le braccia e la valigetta davanti.
-Ma che?- esclamò Shachi, con l’angolo della valigetta che gli premeva sulla schiena.
-Ti sta inseguendo Budo?!- chiese Bepo, voltandosi appena.
-Sì. Voi, piuttosto, che ci fate qui senza mantello?! Vi avevo detto che non dovevate farvi riconoscere!- disse lei, fulminandoli con lo sguardo.
-Abbiamo tenuto il mantello fino ad adesso e stavamo tornando al sottomarino per andarcene- spiegò Penguin, mentre lei, con poca grazia, li spingeva in una strada sulla destra.
Dopodiché si attaccò al muro, e prese un forte respiro.
-Capito- disse, appoggiando la valigetta a terra.
Bepo la osservò meglio. Era attaccata al muro, con la gamba destra piega e la sinistra tesa, la fronte madida di sudore, il viso bianco e le labbra serrate a trattenere un gemito, quando si alzò.
-Hai ancora male alla gamba?- le domandò.
-Non è importante- rispose, fissandolo negli occhi –Ciò che è importante ora è che ve ne andiate!-
Penguin stava per replicare, quando Mira si voltò appena verso il muro e li esortò ad andarsene.
Alcuni istanti dopo, il muro esplose in una miriade di pezzi e loro si trovarono al centro della piazza centrale della città.
-Merda- disse Mira, con il cappuccio sulle spalle e il braccio ancora teso per ripararsi.
-Ma che…- iniziò Shachi, quando una voce tonante li interruppe.
-TI HO TROVATA MIRAJANE! TE E QUEGLI SPORCHI PIRATI!- una figura alta e muscolosa emerse dalla polvere, ghignando divertita.
Il vice-ammiraglio Budo li osservò tutti e poi rise, con le vene sul collo che ormai impazzivano.
La ragazza li guardò e poi strinse le labbra con un gemito di  frustrazione.
Non posso lasciare che li prenda… maledizione, che cazzo sto facendo per degli sconosciuti?, sorrise internamente, fanculo, se li prende li rinchiuderà in cella perché fanno parte della ciurma del Chirugo della Morte… hanno dei compagni da cui tornare… meglio che se ne vadano da quest’isola.
Prima ancora che gli Heart potessero estrarre le armi, Mirajane era davanti a loro, con il pugnale sguainato davanti.
-Andate via! Tornate al vostro sottomarino e partite!- gridò, guardandoli con la punta dell’occhio.
-Cosa…- Shachi la fissava confuso.
-Non restate qui a perdere tempo! Andate! ORA!- replicò lei.
Gli Heart rimasero in silenzio per qualche secondo, poi si scambiarono una occhiata e decisero di seguire il consiglio di Mira, con un po’ di amarezza.
-Ma tu come farai?!- domandò Bepo, mentre camminava all’indietro lentamente senza staccare gli occhi da Budo, che invece fissava insistentemente lei.
-Bene bene bene, ti ho preso, Mirajane. Sono sicuro che Sengoku sarà felice di avere la tua testa- disse, scrocchiandosi le nocche.
Mira si voltò verso di lui e gli rivolse una occhiata d’odio.
-Non preoccupatevi per me, me la caverò- con un ghigno provocatorio si mise in posizione d’attacco, reprimendo un gemito a causa della sua gamba –E ora sparite!-
Tanto, ormai non ho più un posto dove tornare, aggiunse dentro di sè amara.
I ragazzi seguirono il suo consiglio e, mentre correvano, notarono che sia lei che Budo erano partiti nello stesso momento, causando uno spostamento d’aria quando la lama del pugnale e la carne della mano si scontrarono.
Bepo, Shachi e Penguin corsero per cinque minuti buoni, con sottofondo i rumori della battaglia.
-Pensi che riuscirà a battere Budo?- domandò Shachi a Pengui, correndogli vicino.
-Non ne ho idea- rispose il ragazzo con il cappello.
Potrà davvero batterlo con quella gamba? Non riusciva a reggersi in piedi prima…, i pensieri di Bepo, così come la loro corsa, vennero interrotti da un urlo di dolore femminile, che squarciò l’aria.
Bastò una occhiata, e tempo cinque secondi, che erano già tornati nella piazza. Giusto in tempo per vedere Mira che veniva sbalzata su una casa, distruggendone una parete.
Accasciata sui calcinacci, si reggeva la gamba sinistra coperta di sangue con il viso pallido, ma senza un graffio.
-Ahahaha, quindi è questa tutta la tua forza ? E io che volevo divertirmi!- esclamò Budo, a poca distanza da lei, aveva un taglio sulla guancia e uno profondo sul braccio, ma per il resto sembrava integro.
Videro Mira ringhiare, con la faccia storpiata da una morsa di rabbia.
Gli Heart assistevano alla scena con una mano attaccata al muro.
-Prendiamola e portiamola al sottomarino- ordinò Bepo.
-E il Capitano?- domandò Shachi, voltandosi verso di lui.
-Ci penseremo dopo, non possiamo lasciarla lì- disse Penguin, fissandoli negli occhi. Con un cenno d’assenso furono in pochi secondi ai fianchi di Mira, mentre Bepo si mise davanti a Budo, in posa da combattimento.
-Cosa…- Budo fece un passo indietro, stupito di trovarsi davanti un orso anziché della ragazza. Poi dovette mettersi in posizione di difesa, perché il piede di Bepo gli arrivò nello stomaco.
-Vuoi aiutare quella ragazza eh? Non te lo lascerò fare!- e iniziarono a combattere.
-Ma… che… diavolo?- ansimò Mira, mentre Shachi e Penguin l’aiutavano ad alzarsi.
-Ti portiamo al sottomarino, il nostro Capitano ti aiuterà-
-Non ne ho bisogno-
-Sì, invece-
-Andatevene! Ora! Lasciatemi qui, me la caverò!-
-Non possiamo farlo, tu ci hai aiutati e ora ripagheremo il favore-
Mira li guardò per qualche secondo, ricambiando lo sguardo duro di Shachi, poi scosse impercettibilmente la testa, rassegnata.
-Prendete… anche le mie borse… sono imp…- provò ad alzarsi in piedi, ma svenne, colpita dall’eccessivo dolore alla gamba.
-Cazzo- Shachi riuscì a prenderla appena prima che toccasse il suolo, mentre Penguin prendeva lo zaino e la valigetta abbandonati poco più in là. Intanto, Bepo e Budo combattevano.
-Bepo! Andiamo!- disse Shachi, con Mira sulle spalle.
L’orso spedì Budo, con un calcio particolarmente potente, nel muro dietro di loro.
E tutti e tre insieme corsero nell’insenatura del sottomarino, con la loro salvatrice in spalla e i suoi documenti in mano.
***
Quando arrivarono, notarono che la maggior parte dei loro compagni era lì fuori a caricare le scorte, controllare il sottomarino e a parlare.
Trafalgar Law, con la nodachi in spalla, stava parlando con Louis riguardo alle condizioni del mezzo.
-CAPITANO! CAPITANO!- urlarono, entrando nell’insenatura.
Subito tutti si voltarono verso di loro, guardandoli stupiti, dato che erano sporchi di terra e sangue.
Law inarcò un sopracciglio curioso.
Solo quando arrivarono a distanza di tre-quattro metri da loro, notarono che Shachi aveva un corpo marrone sulle spalle.
-Ma che…- esclamò Nick, avvicinandosi.
-Cosa è successo?- domandò il Capitano, mentre i tre sottoposti si appoggiavano alle ginocchia per riprendere fiato, il rosso con ancora il corpo svenuto della ragazza sulle sue spalle.
-Budo… budo è qui vicino-
-Arriverà… tra poco-
-Non potevamo lasciarla-
Fu l’ultima frase, detta da Bepo, a scatenare la curiosità dei pirati e il ghigno di Law, i quali subito formarono un campanello li attorno.
-Mi spiegherete dopo, ora, chi avete in spalla?- e con la nodachi indicò il corpo. Shachi la appoggiò delicatamente a terra, di modo che tutti le potessero vedere il viso.
-Beh, lei è…- iniziò l’orso.
-Ma è una ragazza!- esclamarono alcuni.
Law le si inginocchiò affianco, ghignando e subito tutti tacquero, in attesa del suo verdetto.
-Umh… capisco- disse, scostandola appena con la punta della spada, in modo che le spalle toccassero terra per esaminarle meglio il viso –Beh, non che mi aspettassi diversamente-
-La… la conosci, Capitano?- domandò Penguin stupito.
Il ghigno di Trafalgar si allargò.
-Miei cari signori, colei che avete salvato non è niente meno che Mirajane Strauss, chiamata “Dame en Noir” o “Dama Nera”,  che dir si voglia. Ha una taglia di 90'000'000 di berry-

 
  
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