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Autore: nephylim88    06/08/2015    1 recensioni
Mel. un marito. Un figlio. Un altro figlio in arrivo. Una vita felice, normale. Soprattutto felice. Ed è proprio qui, il problema.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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“Confermo, Melania, lei è incinta di sette settimane.” Il dottor Righi mi guardava da dietro i suoi occhiali spessi, con un mezzo sorriso.

“Oh.” Mormorai.

“Le raccomandazioni sono le stesse che le ho fatto quando è rimasta incinta la prima volta. Niente sforzi fisici pesanti, – ecco a lei il certificato medico per la maternità anticipata – niente cibi crudi, niente alcool, niente fumo, beva molta acqua e si riguardi. Appena esce, prenda appuntamento con la segretaria per un’ecografia, fra un mese.”

“Tutto qui?”

“Cosa vorrebbe dire?”

“Non ha nient’altro da dirmi? È tutto a posto?”

“Da quello che ho potuto vedere, la gravidanza sembra procedere normalmente. Ma questo è il primo trimestre, quindi cerchi di fare particolarmente attenzione.”

Annuii. Non sapevo nemmeno io perché fossi così in ansia. Neanche con Paolo ero così impaurita. Ma se il dottore sosteneva che era così, allora non dovevo fare altro che rilassarmi. Dopotutto, il dottor Righi era un dottore molto stimato. E con la mia prima gravidanza avevo avuto una bellissima esperienza. A parte il parto, ovvio. Decisamente, non smaniavo all’idea di rifare quella trafila di dodici ore. Forse era proprio quello a mettermi tensione.

Mi congedai e uscii. Poi telefonai ad Alberto.

“Allora?” neanche mi salutò, da quanto era smanioso di sapere.

“Ciao, amore!” ridacchiai “Tranquillo, il nostro secondo pupetto sta bene!”

Sentii mio marito ridere. Lo amai ancora di più. Quando ero rimasta incinta di Paolo era terrorizzato, aveva paura di non arrivare ad amarlo abbastanza. Una volta visto il faccino imbronciato del nostro piccolo appena nato, con i pugnetti chiusi e i lineamenti gonfi per lo sforzo, però, si era sciolto e aveva pianto come un bambino, commosso. Non vedeva l’ora di averne un altro. All’epoca non ero così smaniosa, a dirla tutta. Ma nel giro di un mese avevo ricominciato a considerare l’idea. Ma avevamo pensato di aspettare, giusto per non pagare due rette dell’asilo nido in contemporanea.

Chiacchierammo ancora un po’, poi lo salutai. Dovevo andare a prendere Paolino.

Appena mi vide, si precipitò verso le mie gambe come se non mi vedesse da un mese. Faceva sempre così. Lo guardai nei suoi occhioni verdi. Ero sorpresa che avesse preso così tanto da me. Ero sinceramente convinta che avrebbe avuto gli occhi azzurri e i capelli castani di Alberto. Invece era venuto fuori un angioletto biondo con gli occhi verdi. Certo, i capelli erano di quel biondo che si sa già che scurirà col tempo, a differenza dei miei. Intanto, però, la somiglianza con me era impressionante.

“Mamma!” strillò, sorridendo.

“Ciao, amore mio!” lo presi in braccio e lo strinsi forte “mi sei mancato tanto!”

“Ciao, Mel!” Sara, la sua maestra, mi sorrise. “Ti trovo in splendida forma!”

“Grazie! A breve vorrei cambiare gli orari di Paolo, fargli fare solo mezza giornata.”

“Come mai?”

“Beh, sono appena stata dal medico e mi ha detto che sono incinta.”

“Oh, mamma mia! Congratulazioni!”

“Grazie! Comunque, visto che sarò a casa, non mi dispiacerebbe tenere Paolo con me un po’ di più, almeno finché non nasce il bambino. Ma è solo una mera ipotesi, prima devo parlarne con Alberto. Intanto volevo avvisarti della possibilità.”

“Ma certo! Appena decidi, fammi sapere! Congratulazioni ancora!”

Le sorrisi e me ne andai.

“Sai dove andiamo, giovanotto?” Paolo mi guardò, curioso.

“Andiamo dal nonno!”

“YEEEEEEEEEEEEEEEEEE!” solo un bambino poteva manifestare così tanto entusiasmo!

Lo caricai in macchina, e venti minuti dopo eravamo a casa di mio padre.

“Coraggio, principino e signora bella, entrate!” Esclamò mio padre quando ci vide.

Una volta dentro, papà ci fece accomodare. Preparò una banana con limone e zucchero a Paolo, merenda di cui andava matto. Poi si rivolse a me. “un caffè, tesoro?”

“Oh, no, grazie, papà!”

“D’accordo. Di quante settimane sei?”

“Cos…?”

“L’unica volta che hai rifiutato un caffè, eri incinta di questa piccola peste. Di quante settimane sei?”

“Ma dai! Ero già partita bella carica con il discorso da farti! Hai rovinato tutto!”

Papà scoppiò a ridere. “D’accordo, allora! Poffare, figliola! Qual buon vento ti mena in queste lande desolate?”

Dovetti trattenere una risata. Usava sempre quel tono, quando voleva prendermi in giro. “Oh padre, buone nuove ti porto! Quando si estinguerà lo undicesimo mese, partorirò un altro erede!”

Poi gli feci una linguaccia. Lui mi abbracciò, felice. Vedendoci così, Paolo cominciò a emettere gridolini. Non siamo mai riusciti a capire se fosse geloso della sua mamma o del suo nonno. Papà lo prese in braccio e gli diede un grosso bacio.

“Tu come stai, invece, papà?” domandai.

Sospirò. Erano passati tanti anni da quando mamma era morta, tuttavia, a volte, papà sentiva ancora la sua mancanza. Aveva avuto altre donne, ma non si era mai risposato. Il loro era il classico esempio di amore oltre ogni limite. Nemmeno la morte riusciva a separarli. Dopo vent’anni, papà ancora pensava a lei. Ogni domenica, cascasse il mondo, andava al cimitero a portarle dei fiori. Poi stava lì anche un’ora a parlarle. All’inizio lo accompagnavo. Poi, crescendo ho cominciato a diradare le visite, anche se non così tanto. Andavo con lui a domeniche alterne. Mi piaceva fare visita alla tomba della mamma. Era un modo di sentirla al mio fianco. Ma mi ero ritrovata a pensare che, forse, era papà ad avere bisogno di quelle visite, per questo avevo cominciato ad andare meno al cimitero. Fino a quando non mi ero sposata. A quel punto, papà mi disse espressamente di non andare più. “Non ha senso. Hai una tua famiglia, ora. Non pensare ai morti. Pensa a tuo marito. Non è giusto togliere del tempo a lui. Tua madre non tornerà.” Ricordo ancora il groppo che mi si era formato in gola. Era un nodo dolorosissimo. Avrei tanto voluto dirgli che anche lui avrebbe dovuto smettere di visitare la tomba della mamma, che era ancora giovane, che mamma non sarebbe più tornata neanche per lui. Tuttavia scelsi di tacere. L’avrei solo ferito inutilmente. E non smisi di visitare la mamma. Scelsi semplicemente un altro giorno in cui andare, portandole dei fiori. Papà sicuramente se ne accorse, tuttavia non mi disse mai nulla. Si limitava alla sua routine, senza intromettersi nella mia. Penso che, a volte, nonostante lavorasse ancora e la sua vita sociale fosse comunque molto attiva, si sentisse solo. Inoltre, lo vedevo più smunto. Non era mai stato grasso, ma ora cominciavo a vederlo un po’ più gracile. Forse era l’età che avanzava anche per lui. Dopotutto non mancava molto ai suoi sessant’anni.

“Tutto bene, tesoro.”

“Sicuro? Non ti vedo molto bene.”

“Sono sicuro, piccola. Ho solo un po’ di mal di stomaco. Niente che alla mia età non sia normale. Almeno, da quello che dice il medico.”

Mi morsi il labbro. Se aveva chiamato il medico, probabilmente era più seria di come me la metteva.

“Conosco quello sguardo, Mel. Stai tranquilla, d’accordo? Per sicurezza, il medico mi ha prescritto una gastroscopia, ma è solo per mettermi tranquillo. Al massimo sarà un po’ di gastrite.”

Scrollai lievemente le spalle, come a dire “sarà…”

“Fammi sapere come va, d’accordo? Anche se saltasse fuori che avevi semplicemente mangiato qualcosa di strano, fammelo sapere!”

“Certo, piccola, certo! Solo, però, se tu mi farai sapere come va con il futuro erede!”

Sorrisi e feci cenno di sì con la testa. Poi cambiammo argomento.

  
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