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Autore: Jehanne    07/08/2015    3 recensioni
Tutto quello che la giovane Elis desiderava era un'avventura. Voleva solo esplorare la regione di Johto e diventare un'allenatrice. Ma, come molti sapranno, bisogna sempre stare attenti a ciò che si desidera, perché quando l'universo decide di accontentarci il risultato potrebbe non essere quello che si immaginava. Il mondo dei Pokémon sa essere crudele con un'allenatrice alle prime armi con il dono di attirare guai, fortuna (o sfortuna?) che non sarà sola, oh no, la compagnia non le mancherà di certo nel suo viaggio verso la lega. La domanda è: ci arriverà tutta intera?
[“Se hai ancora la mappa possiamo cercare un sentiero”
“Certo che ce l'ho ancora” Rispose acidello Silver, estraendo un foglietto spiegazzato dalla tasca “Ma ovviamente non siamo vicini a nessuna strada”
“Giusto, scusami. La prossima volta che vengo aggredita da un Pokémon gli chiederò se può gentilmente scaraventarmi sul percorso principale, chissà perché non ci ho pensato” ]
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio, Silver
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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cap 29
Troubles, solutions and troubles again.



Man mano che procedevamo ci accorgemmo che eravamo sempre circondati dallo stesso paesaggio: alberi alti e sottobosco spinoso (fastidiosamente folto, fra l'altro) e noi lo attraversammo come gli esperti viaggiatori che ormai eravamo. Faceva caldo ma gli alberi offrivano un riparo dal sole cocente, e il lato positivo dei miei vestiti stracciati era che avevano un sacco di prese d'aria, quindi le ore passarono senza che ce ne rendessimo davvero conto.
Camminare a quella velocità non era faticoso, anche se per me era sicuramente impegnativo visto che ero senza una scarpa e con il sudore tutti i tagli che mi ero procurata bruciavano il doppio, ma non mi lasciai sfuggire neppure un lamento. Continuai ad avanzare senza dire una parola o fare una smorfia, se conoscevo bene il mio adorato cuginetto sarebbe stato disposto a portarmi in braccio a Olivinopoli se mi avesse visto in difficoltà, anche a costo di farsi venire un'ernia. E poi non mi dispiaceva mantenere la reputazione di ragazza tosta almeno con lui.
Durante il tragitto nessuno aveva voglia di parlare, io ero troppo impegnata a trattenere imprecazioni e lamenti, quindi procedemmo in silenzio. Riuscimmo a tornare sul sentiero quando ormai il sole stava tramontando, evidentemente Olivinopoli era molto più lontana di quanto pensassi.
Sul percorso la visibilità era decisamente migliore, anche se eravamo sempre circondati dagli alberi, si vedeva gran parte del cielo e non c'erano più tanti arbusti a infastidirci, in compenso però i raggi del sole che si accingeva a tramontare ci colpivano dritti negli occhi.
Visto che finalmente avevo capito che mi conveniva non parlare troppo con Silver, giusto per non dargli altre ragioni per odiarmi, cercai di comunicargli con lo sguardo che il mio povero corpo non avrebbe retto più di una decina di passi. Infatti poco dopo, miracolosamente, perché dopo quattordici anni di tentativi falliti ero abbastanza sicura di non avere poteri telepatici, lui disse: “È meglio se ci fermiamo, basta per oggi”
Ah, quanto lo amai in quell'istante per averlo detto.
Ci fermammo non appena riuscimmo a trovare una radura, era tranquilla e senza piante di rovi a rompere le scatole, solo erba soffice.
Mio cugino era l'unico ad avere avuto abbastanza cervello per comprarsi una tenda, la cosa non mi stupì poi troppo visto la sua paura per gli insetti e i boschi di notte, dormire sotto le stelle come facevo io gli avrebbe provocato come minimo attacchi di panico multipli. Lo aiutai a montarla e lui dette di nuovo prova della sua immensa gentilezza e galanteria offrendomi un posto al coperto, che rifiutai, soprattutto perché la tenda era così piccola che in due saremo morti di caldo lì dentro. Così distesi il mio sacco a pelo in uno spazio in cui il terreno era meno dissestato e feci uscire tutti i miei Pokémon, che al momento erano ben cinque anche se fino ad allora ne avevo usati solo tre, avevo avuto qualche problema a formare un legame con gli altri due... Dovevo rimediare.
“Io vado ad allenarmi, mi allontanerò abbastanza da non darvi fastidio” sistemai meglio il mio zaino così che il suo contenuto non si rovesciasse e allo stesso tempo non fosse invaso dalle formiche.
“Vengo anche io” sinceramente credetti di averlo immaginato, da Rossino mi sarei aspettata più qualcosa tipo: 'non dare fuoco a niente' oppure un 'se ti fai male ricordati di soffrire in silenzio'.
-Silver che di sua spontanea volontà passa del tempo con me? L'apocalisse è domani per caso?-
“V-va bene...” e in segreto mi pizzicai il braccio per assicurarmi che fosse reale. Però se entrambi tornavamo nel bosco Mihael sarebbe rimasto solo e mi dispiaceva davvero mollarlo così.
“Va bene anche per te Mick?” e con questo almeno facevo felice la mia coscienza. Era una che si accontentava di poco, lo ammetto.
Lui sorrise rassicurante “Certo! Andate pure, io intanto posso cucinare”. Nel sentire quella frase lanciai un occhiata veloce a Sil, nessuno dei due aveva l'occorrente per cucinare, io quando ero lontana dalla città sopravvivevo a panini, barrette energetiche e orribile cibo in scatola, e non avevo idea di cosa si nutrisse il rosso ma ero abbastanza sicura che non avesse utensili da cucina con sé.
Vidi mio cugino che estraeva un pentolino e un affare metallico che avrebbe dovuto tenerlo sollevato sopra il fuoco dal suo zaino. Allora faceva sul serio. Cercò delle pietre e le dispose in cerchio, dentro al quale mise erba secca e legnetti, poi prese una pokéball e la aprì. Era facile immaginare perché lo avesse fatto, ed infatti davanti a lui si materializzò un Pokémon che io non avevo mai visto, era di colore rosso e sembrava una lucertola/dinosauro a due zampe con la coda in fiamme.
“Buonasera Liz, potresti accendere il fuoco? Per favore” Sì, avere un Pokémon fuoco nella propria squadra offriva indiscutibili vantaggi, sempre se questo aveva voglia di fare come diceva il suo allenatore, la lucertola gigante lo guardò storto, sbuffò fumo e si voltò dalla parte opposta.
“Per favore, Liz” ripeté lui piagnucolando, ma quello (o quella?) lo ignorò di nuovo e andò a stendersi sotto un albero, Silver sghignazzò e io mi sentii triste per mio cugino. Guardai Hiro e lui capì al volo, si avvicinò al cerchio di pietre e dalla sua bocca uscì qualche scintilla che fu però sufficiente per far prendere fuoco all'erba secca.
Mick guardava ancora il suo Pokémon con la faccia triste e gli occhi da cucciolo, sentivo che era una faccenda che avrebbe dovuto sbrigare da solo, anche perché io non ero mai stata brava in quei campi che richiedevano una certa empatia.
“Io vado ad allenarmi, torno prima che faccia buio, quindi fra un paio d'ore, forse meno se mi annoio. A dopo” e mi dileguai.

Mi scelsi un posticino isolato nel bosco, dove gli alberi lasciavano abbastanza spazio per consentire ai miei Pokémon di muoversi. Ovviamente Silver era fuggito, era troppo strano che volesse stare in mia compagnia più del dovuto.
Io e la mia squadra riuscimmo a fare un buon lavoro, provare un sacco di mosse nuove e a perfezionare alcune di quelle vecchie. Mi concentrai sui due membri che ancora non avevo utilizzato, un Mareep iperattivo e un Golbat dalla testa dura come la pietra. Avevo scoperto che Mareep aveva degli attacchi piuttosto interessanti e che mi sarebbero tornati utili, mentre Golbat in quanto a forza faceva pietà ma non me la presi troppo, potevo comunque dire stavo facendo dei bei passi avanti anche con loro.
Poi c'erano Hiro e Sneasel, a cui mi sarebbe piaciuto dare un nome, che erano davvero bravi. Sneasel era agilissimo e così veloce che certe volte era difficile tenergli gli occhi addosso, il mio starter invece diventava sempre più bravo a controllare le sue fiamme. Lasciai che i due si allenassero insieme, mi limitai a tenerli d'occhio mentre si aiutavano a vicenda a migliorare.
Mentre Eevee, nonostante avesse tanta energia, non era ancora in grado di affrontare una lotta in palestra, al momento aveva solo tre attacchi e solo due di essi arrecavano effettivamente danno all'avversario. Dopotutto non potevo aspettarmi troppo da l'ultimo arrivato e sapevo che ci sarebbe stato tempo per allenarlo, ecco cosa ci serviva: tempo, pazienza e perseveranza. Io non ero mai stata un tipo molto paziente e più che perseverante ero testarda come un mulo, ma per il bene della mia squadra ero disposta a impegnarmi sul serio.
“Il tuo Eevee fa un po' schifo” il rosso mi apparve alle spalle costringendomi a fare una rotazione del collo stile gufo reale “Non che gli altri siano forti, ma sono comunque meglio della palla pelo”
Sneasel e Hiro lo sentirono ed entrambi si offesero parecchio, il primo lo squadrò con superiorità e decise di ignorarlo mentre le fiamme sulla schiena e sulla testa dell'altro si fecero più intense e alte, forse per mostrargli che si sbagliava oppure lo stava minacciando. Anche io mi sentii offesa, non eravamo perfetti, questo era certo, ma io mi sentivo fiera di loro e dei progressi che stavamo facendo.
“Che guastafeste” tornai a guardare la mia squadra “Siamo un gran team. Forse adesso non siamo i migliori, ma lo diventeremo, possiamo farcela. E la tua è solo invidia”
“Perché dovrei essere invidioso di te mocciosa? Sei debole”
“E allora com'è che continuo a batterti? Sai, non dovresti dire che sono debole, piuttosto di' che sono forte, così quando perdi contro di me puoi sentirti giustificato.” risi “Ti andrebbe di allenarti con me prima di tornare all'accampamento?”
“Ti odio e sei una spocchiosa, insopportabile attira-guai, però accetto”
Sorrisi, soprattutto perché non mi aspettavo una risposta affermativa. Allenarsi insieme si rivelò persino divertente, fra Hiro e Croconaw stava nascendo una strana amicizia ed erano molto divertenti da guardare mentre si infastidivano giocosamente a vicenda.
*     *     *

Il crepuscolo ci regalò due cose: una temperatura finalmente accettabile ed inestimabili momenti di imbarazzo durante la cena.
Mangiammo in silenzio quello che Mick aveva preparato e servito in poco eleganti piatti di plastica. Io mi complimentai con lui e lo ringraziai, forse fu un'allucinazione uditiva ma credo che anche Silver avesse borbottato un 'grazie'.
Dopo questo breve scambio di battute iniziammo a mangiare in totale silenzio, lanciandoci sguardi indecifrabili anche troppo spesso prima di tornare a fissare le nostre scodelle in tutta fretta. Eravamo tre umani incapaci di intavolare una conversazione qualsiasi.
Io volevo evitare di rompere il silenzio iniziando a parlare a vanvera e per impedirmelo mangiavo lenta come se quello fosse il mio ultimo pasto, iniziai pure a contare quante volte masticavo ogni boccone e mi imponevo, giusto per renderlo più interessante, che fossero di un numero multiplo di quattro.
Avevo anche finito per concludere, dopo averli osservati per tutto il lunghissimo pasto, che mio cugino era molto probabilmente spaventato da Silver. Mi fece pensare che lui a me non aveva mai fatto paura, non mi ero mai sentita intimorita e forse era una delle cose che lo irritavano di me.
La cena finì e senza dirci una parola fummo subito d'accordo di andare a dormire, io mi cambiai in un lampo, infilando l'enorme camicia che chiamavo pigiama. Mihael entrò nella sua tenda, mentre io rimasi fuori, stesa sul sacco a pelo, in balia delle zanzare e con il rosso a poca distanza.  
“Quanto manca a Olivinopoli?”
“Non lo so” sbuffò “forse se ci sbrighiamo arriveremo entro domani sera”
“Lo spero, ho bisogno di un paio di scarpe”
Sapevo che non gli piaceva troppo parlare, quindi non lo importunai oltre. Ma nessuno dei due si addormentò subito, restammo lì immobili e muti a guardare le stelle che punteggiavano il ritaglio di cielo visibile fra le punte degli alberi. Il buio in cui eravamo immersi le faceva risaltare e sembravano brillare più luminose. Forse ero diventata improvvisamente molto sentimentale ma non riuscivo a smettere di sorridere, mentre me ne stavo immobile sdraiata per terra con lo sguardo perso fra gli astri.
Mai come in quel momento mi sentii felice di essere partita. Avevo corso tenti pericoli, certo, ma non mi ero mai sentita così libera, così forte, così viva. Stringevo fra le mani le redini della mia vita e la cosa mi rendeva infinitamente felice.
Restai a guardare in alto e a godermi la bella sensazione che mi dava, poi sentii Silver fare un respiro profondo, capii che si era addormentato, quindi mi girai su un fianco e chiusi gli occhi anche io.
 *     *     *


Fui svegliata molto presto da mio cugino, mi scosse molto gentilmente ma niente e nessuno mi avrebbe impedito di mandarlo a quel paese. Aprii gli occhi e vidi che il suo naso era ad appena qualche centimetro dal mio. Mi fissava con i suoi occhioni blu e non tardai a notare il suo broncio, era difficile non notare la sua faccia da quella distanza.
“Perché?” brontolai non appena mi accorsi che il mio insulto non lo aveva allontanato.
“Mi devi aiutare, Elizaveta”
“Primo: piano con quell'imperativo che a quest'ora non rispondo delle mie azioni. Secondo: non chiamarmi così”
“Ti prego, ho davvero bisogno di una mano”
-Certo che hai bisogno di una mano, sei una collezione di problemi tu-
Borbottando sottovoce sgusciai fuori dal mio sacco a pelo e mi alzai traballando. Avevo gli occhi ancora semichiusi e sbadigliai tre volte in dieci secondi, cosa doveva fare una signorina per godersi il meritato riposo? Mi sentii morire di invidia quando vidi che Silver stava ancora dormendo tranquillo dove l'avevo lasciato la sera prima.
“Dimmi pure” gracchiai stropicciandomi gli occhi
-E prega che sia importante o potrei sbranarti-
“Sono due, a dire il vero, le cose che devo dirti. Ci sono due problemi...”
-Solo due?- Attesi che continuasse, intanto mi incamminai (con ai piedi le infradito malandate che avevo riesumato) verso il luogo dove mi ero allenata il giorno precedente, così avremo avuto un po' di privacy e Sil non rischiava di svegliarsi prematuramente per colpa nostra.
“...Il primo è più una semplice domanda, insomma, mi chiedevo soltanto se tu potessi aiutarmi con il mio Pokémon, Liz, il Charmeleon. Lo hai visto ieri sera, non mi ascolta e credo di non piacergli affatto.” Si sedette sul tronco di un albero caduto e restò lì con la testa china.
“Uhm, va avanti” sbadigliai. Ero troppo assonnata per mettermi a tirargli fuori le parole di bocca.
“Il secondo è che ho deciso che voglio partire” sembrava che dirmelo gli fosse costata una grande fatica “Sono stanco di provare a battere i capopalestra. Chi voglio prendere in giro? Non ne sono capace, non lo sono mai stato, ho sempre odiato le lotte”
 “Sì, lo so. E devi avere qualcosa in mente” lui annuì “Ma hai paura. Ecco perché mi stai dicendo tutto questo. Ti conosco cugino, per me sei un libro aperto” gli sorrisi e lo incoraggiai “Forza, continua.”
“Ho deciso che una volta arrivato a Olivinopoli prenderò il traghetto e andrò nella regione di Sinnoh. Non vado da solo, c'è un mio amico che mi aspetta a bordo, una volta arrivati a Sinnoh ci metteremo in viaggio per diventare coordinatori.”
“Ma è davvero necessario cambiare regione? Non puoi fare il coordinatore restando a Johto?” mi era sembrata una domanda legittima e anche piuttosto logica, a Mick però si inumidirono gli occhi, non volevo certo scoraggiarlo! Anzi, ero contenta che si fosse deciso a dare una svolta alla sua vita da allenatore.
“No. Se rimango qui non potrei riuscirci, avrei la sensazione di avere i miei genitori che mi osservano e scuotono la testa delusi ad ogni mio passo. Lo sai quanto vorrebbero vedermi diventare un bravo allenatore, l'idea che io possa fare il coordinatore non li ha mai sfiorati, neppure per sbaglio” fece un sorriso amaro che di allegro aveva ben poco. Mi avvicinai e mi inginocchiai davanti a lui.
“Allora, mio caro cugino, devi fare quello che c'è da fare. Devi prendere quel traghetto e partire con il tuo amico. Io sono con te Mihael, hai tutto il mio appoggio, se c'è qualcosa che posso fare per vederti felice la farò.” forse ci misi un po' troppo pathos e all'improvviso Mihael scoppiò in lacrime. Mi alzai maledicendomi per il casino che avevo combinato e lui mi abbracciò, seppellendo la testa nella mia camicia proprio all'altezza dello stomaco, ero quasi sicura che se fosse rimasto in silenzio avrebbe potuto sentire i rumori inquietantissimi che il mio apparato digerente produceva.
-La cosa più sensata da pensare mentre un tuo familiare piange sulla tua pancia...-
Io, come ho accennato in precedenza, ero un disastro nelle situazioni ad alta tensione emotiva, soprattutto quando c'era di mezzo qualcuno a cui tenevo, diventavo così nervosa per paura di dire o fare la cosa sbagliata che finivo per sembrare un uomo di latta. Mentre lui mi abbracciava io restai rigida come un palo, poggiai una mano sulla sua testa, voleva essere un gesto di conforto ma sembrava più che stessi accarezzando un cane, mentre l'altro braccio cadeva floscio e inutile al mio fianco, scosso da rari spasmi. Fortuna che si riprese relativamente in fretta, con gli occhi rossi e gonfi ma sorridente, si staccò da me tirando su con il naso.
“Grazie” singhiozzò “Grazie, grazie, grazie Elli.”
“Figurati. Hai già i biglietti?”
“Sì, è tutto pronto. Ho progettato bene questa fuga.”
“Cosa vuoi che faccia?” ecco, per me quella era la domanda cruciale, in risposta lo sentii sospirare.
“Dammi un po' del tuo coraggio” mi guardò “Cerca solo di fare in modo che io non rovini tutto all'ultimo momento. Mi conosco, potrei mandare all'aria il piano e poi non perdonarmelo mai più.”
“Tranquillo, se inizi ad avere ripensamenti e cerci di fuggire io ti imbavaglio e ti spedisco sulla nave a calci nel culo. Posso farcela, sì sì.”
Lui rise e per me fu come togliersi un gran peso di dosso. Capivo che per lui era davvero importante, quindi se potevo dargli una mano a realizzare il suo sogno e a renderlo felice non avrei esitato a farlo. Dopotutto chiedeva solo un po' di incoraggiamento e conforto, anche un uomo di latta come me poteva riuscirci.

“Posso affidarti Liz?”
Non eravamo ancora tornati all'accampamento, lui era rimasto seduto sullo stesso tronco ad aspettare di sentirsi meglio prima di iniziare la giornata. Siccome non volevo lasciarlo solo quando mi parlò io stavo raccogliendo fiorellini a poca distanza, ormai non avevo più sonno però ero sicura che gli effetti di questa levataccia si sarebbero fatti sentire prima o poi.
“In che senso, scusa?”
“Non mi ubbidisce, non mi rispetta e ormai ho capito che non gli sono simpatico. È forte ma con un incapace come me il suo talento è sprecato, vuole combattere, non vuole essere il Pokémon di un coordinatore. Ecco perché vorrei che stesse con te, così sarei sicuro che sta bene e tu avresti un alleato in più con te.”
“Uno scambio, quindi?”
“Sì, credo che si faccia così”
Spostai il peso da un piede all'altro, posai i fiori a terra, poi mi legai i capelli e li sciolsi subito, ripetei l'operazione un paio di volte, persa nelle mie riflessioni. C'erano delle cose da considerare come il fatto che avrei dovuto cedergli uno dei membri della mia squadra per Charmeleon, o che a scambio avvenuto avrei avuto ben due Pokémon di tipo fuoco, e dovevo poi chiedermi se mi avrebbe mai obbedito.
“Devo pensarci...” e presi a mordicchiarmi l'unghia del pollice “Ti va di tornare indietro ora? Io inizio ad avere fame”

“Se accendi il fuoco posso fare il caffè” disse Mick.
“Tu sei un dono del cielo” in meno di un secondo il fuoco era già acceso e pronto per essere utilizzato. Io rovistai nella sacca 'provviste' del mio zaino e tirai fuori un sacchetto di biscotti ancora mezzo pieno. Erano i miei preferiti e mi scocciava condividerli ma per una volta potevo anche essere altruista, no?
Silver dormiva ancora, cosa insolita per lui che di solito si alzava prestissimo. Guardai l'orologio nel pokégear e mi sembrò che fosse un'ora ragionevole per alzarsi (al contrario di quella indecente a cui ero stata svegliata io), l'aria era ancora fresca e dovevamo approfittarne per prepararci e partire prima che il sole iniziasse a torturarci.
Mi avvicinai a lui e lo toccai piano la spalla, lui sbuffò e mugolò ma non si svegliò. Lo scossi un po' più forte e riuscii nel mio intento, Sil sobbalzò leggermente e aprì gli occhi.
“Buongiorno raggio di sole” dissi in tono un po' canzonatorio, feci anche attenzione a non alzare troppo la voce, sapevo quanto davano fastidio i rumori forti appena svegli.
Si mise seduto e sbadigliò coprendosi elegantemente la bocca “Che ore sono?” chiese.
“ Le nove meno un quarto. Non è tardi” lui grugnì e sbadigliò di nuovo.
Uscì dal suo sacco a pelo ancora intontito e andò lentamente a sistemarsi su uno dei tre sassi che la sera prima avevamo usato come sedie. Appoggiò i gomiti sulle ginocchia e nascose la testa fra le mani. Doveva essere ancora parecchio stanco, mi chiesi se avesse dormito bene le notti precedenti, a me era sembrato a posto ma chissà... Decisi che l'avrei tenuto d'occhio con discrezione, dopotutto era il mio navigatore e lo volevo al massimo della forza e con le idee belle chiare.
Assaggiai il caffè e con fare professionale meditai a lungo prima di etichettarlo come 'passabile', poi ne versai una generosa quantità nei due bicchieri di carta che avevo in mano.
Piantai un dito nel fianco di Silver per attirare la sua attenzione, lui girò di lato la testa molto lentamente e posò su di me i suoi occhi iniettati di sangue. Gli passai il caffè, il bicchiere più colmo, e lo zucchero, che accettò senza una parola.
“Attento che è bollente” ma con un sorso aveva già buttato giù un quarto della bevanda.
“Ma fai così schifo tutte le mattine o oggi è un giorno speciale?” aggiunsi ridacchiando e gli passai il pacco di biscotti.
Ne prese uno e borbottò “Da che pulpito...” bevve un altro sorso, adesso era a metà “Tu fai schifo per ventiquattro ore al giorno, tutti i giorni.”
Maledetto rosso dalla risposta pronta.
Quando finì il suo bicchiere gliene offrii un altro (mio cugino doveva aver sbagliato le dosi e ne aveva fatto anche anche troppo) e lui lo accettò di nuovo. Io dovevo ancora finire il mio, lo avrei preferito con un po' di latte, e cercavo di compensare inzuppandoci un sacco di biscotti.
Lo osservai con velato divertimento “Credi che si possa andare in overdose con la caffeina?”
“Spero proprio di no” con una mano teneva il caffè mentre con l'altra si strofinava gli occhi. Nessuno dei due si accorse che Mihael ci osservava ridendosela di gusto.
Indossai una maglietta integra che avevo trovato sul fondo dello zaino e le infradito mentre anche gli altri si cambiavano. Dopodiché rimettemmo tutto a posto abbastanza in fretta, ma quando fummo pronti per ripartire l'aria era già fastidiosamente calda.
*     *     *

A differenza del pomeriggio precedente, quando eravamo viaggiato nel bosco, sul sentiero il sole ci cuoceva lentamente ma con ammirabile costanza, camminare così era una vera sofferenza. Erano appena passate le dieci che io mi stavo già facendo il bagno nel mio sudore, pensai che se continuavamo così sarei stata completamente disidratata prima delle cinque del pomeriggio.
Eravamo già sul percorso 39 quindi strinsi i denti, sbuffai e resistetti. Che altro potevo fare se non continuare ad andare avanti?
Guardando il lato positivo magari mi sarei abbronzata, da quando ero partita ero sicura di aver guadagnato un colorito più salutare di quello da vampiro che avevo quando stavo chiusa in casa, e forse camminare sotto quel sole mi avrebbe fatto perdere qualche etto, se non di grasso sicuramente di acqua.
Mi guardai i piedi per non essere abbagliata dal sole, afferrai le spalline del mio zaino e mi concentrai solo sui miei passi pregando solo di non prendermi un'insolazione. E che non se la prendessero neppure i due miei compari.
“Io credo...” Iniziai boccheggiando per l'afa di mezzogiorno “Che dovremmo adottare un nuovo metodo per viaggiare” mi stavo rivolgendo più che altro a Silver, visto che Mick ci avrebbe mollato appena arrivato a Olivinapoli, entrambi camminavano a testa bassa accaldati almeno quanto me.
“Sta zitta” notai che aveva il fiatone anche lui.
“Guarda che ho avuto una buona idea. È un suicidio stare sotto il sole a quest'ora” i capelli mi si erano appiccicati alla faccia, li staccai e cercai di prendere più ciuffi possibili per legarli insieme agli altri in una coda. Avere i capelli lunghi d'estate significava avere una coperta perennemente appoggiata sulle spalle.
Continuai ad esporre la mia teoria “Se viaggiassimo la mattina presto e la sera quando la temperatura si abbassa, evitando il pomeriggio sarebbe di sicuro più facile spostarsi”
“Perderemmo troppo tempo” poi si fermò e sembrò pensarci su “Ora lasciami stare, ne riparleremo”
Verso le una ci fermammo per un veloce pranzo, nessuno di noi mangiò molto, io e Sil ci dividemmo un panino mentre Mick aprì una scatoletta di qualcosa. Bevemmo un sacco in compenso e io stavo per mettermi a implorare il rosso di prestarmi Croconaw, per farmi rinfrescare da un getto d'acqua ma la mia dignità sudata me lo impedì. Ripartimmo poco dopo.
Ero abbastanza sicura che fossimo già sul percorso 39, ma per sicurezza stavamo controllando la mappa, ci eravamo persi anche troppe volte per permetterci di non farlo. In effetti non c'erano molti punti di riferimento, camminavamo su uno stradone di terra biancastra, circondati da erba alta fino alla vita, rocce alte e pochi alberi.
Stavamo marciando nel bel mezzo della strada assolata e deserta quando sentii che delle vibrazioni stavano attraversando il terreno. Per tranquillizzarmi mi dissi che il caldo mi aveva arrostito ben bene il cervello e che ero diventata ancora più paranoica di prima. Poi però mi dovetti ricredere perché le vibrazioni sembravano addirittura diventare più forti.
“Silver, c'è qualcosa che non va, la terra trema. O sto impazzendo o siamo nei guai” dissi con una certa urgenza. Lui era concentrato a camminare guardando la cartina, alzò il capo ma invece di dirmi che stavo impazzando si mise in attesa. La sua espressione mutò da seria a molto seria e vagamente preoccupata.
“Lo sento anche io”
Notai con la coda dell'occhio che Mihael stava iniziando a respirare un po' troppo velocemente e che era impallidito “È un terremoto?” chiese in un sibilo.
Istintivamente la mia mano andò a sfiorare le pokéball che tenevo sulla cintura, il rosso fece lo stesso. Avevamo entrambi intuito che non poteva essere un terremoto per più di un motivo.
“No, ma potrebbe essere anche peggio” se la mia intuizione era giusta si stava avvicinando qualcosa di grosso, non riuscivo a capire da quale direzione quindi non potevo sapere da che parte fuggire.
Notai dei rumori in lontananza, simili al rombo dei tuoni ma più secchi. Non mi aiutarono a capire la posizione però non ce n'era più bisogno, fu la polvere a rivelarcela.
Qualsiasi cosa si stesse avvicinando stava alzando così tanta polvere che riuscivamo a sentirne l'odore. Doveva essere un branco di Pokémon che correva, la cosa non mi tranquillizzò per niente, se ero riuscita ad avere la peggio contro due Poliwag chissà cosa avrebbe potuto farmi un branco intero.
“Scappiamo” mi sembrava l'unica cosa da fare in quella situazione, eppure era molto stupida, dovevamo saperlo che loro erano molto più veloci di noi.
Afferrai Mihael per il braccio e lo strattonai, scuotendolo dallo stato di catalessi in cui la paura lo aveva fatto cadere e costringendolo a correre.
“Credo di aver visto delle corna” quasi singhiozzò Mick. Io ero troppo impegnata a correre veloce come non avevo mai corso in vita mia per pensare a che tipo di Pokémon avesse le corna, fortuna che Silver sapeva ragionare e scappare contemporaneamente.
“Tauros, grandioso...” non credevo di aver sentito questa specie prima di allora ma non era difficile intuire che fossero pericolosi.
“Possiamo affrontarli?” chiesi ansimando e lui scosse la testa.
Mi voltai, non so cosa mi aspettassi di vedere, forse buone notizie. Per esempio che nessuno ci stava rincorrendo o che non erano Tauros ma Rattata cornuti, avremmo potuto affrontare dei Rattata. Invece vidi dei grossi bovini con corna appuntite e criniera al galoppo, non mi pentii di aver guardato perché quella vista mi spronò a correre ancora più forte. Anche se ai piedi avevo le infradito.
Sapevo bene che non potevamo continuare a scappare in eterno, erano più veloci e ci avrebbero presto raggiunto, in più noi eravamo già stanchi. Individuai una deviazione nel percorso, la strada si allargava per qualche metro e si restringeva poco dopo, con un po' di fortuna poteva diventare la nostra salvezza.
Allungai un braccio di scatto “Laggiù!” urlai e strattonai ancora mio cugino. Ci tuffammo letteralmente nell'erba alta e svelti ci allontanammo il più possibile dalla strada principale. La mandria ci passò accanto senza guardarci, la terra tremava ai colpi dei loro zoccoli e su di noi aleggiava una densa nuvola di polvere, nascosi bocca e naso nella maglietta per non respirarla.
Solo quando ci ebbero superato notai che mi faceva male il petto e ad ogni espirazione dalla mia bocca usciva un fischio preoccupante. Altra cosa strana era la mia posizione, stringevo ancora la mano di Mick e mi ero posizionata esattamente davanti a lui, come a volergli fare da scudo, per un'egoista brevettata come me era una cosa molto insolita, più unica che rara.
Fui la prima a tornare sulla strada una volta che del branco si sentiva solo il rumore gli altri mi seguirono cauti. L'aria era ancora piena di terra sottile e noi stavamo ancora cercando di riprendere fiato, io mi lamentavo nella mia testa per il dolore che sentivo ovunque, Silver ansimava ed era sudato fradicio e Mihael era troppo scosso e affaticato per fare qualsiasi cosa. O almeno credevo perché fra un fischio e l'altro del mio respiro lo sentii urlare.
Non potevo chiedergli perché lo avesse fatto ma lo scoprii da sola quando sentii che qualcosa si era avvicinata lentamente e silenziosa a me. Mi voltai di scatto e anche se c'erano quaranta gradi mi sentii gelare come se ce ne fossero stati tre. Un Tauros, grosso come i suoi compagni ma evidentemente troppo raffinato per correre con gli altri ci stava osservando con una certa insistenza.
“Oh no” rantolai e quello mi guardò. Non potevo fuggire, non ce l'avrei fatta a rimettermi in movimento adesso, sentivo come se il mio cuore volesse sfondare la gabbia toracica e andarsene.
Il Tauros abbassò la testa e scalpitò “No!” ma ormai era partito. Feci appena in tempo a rotolare di lato che quell'infame mi superò veloce. Si accorse subito che mi aveva mancato e ci riprovò, prese la rincorsa e si lanciò di nuovo contro di me. Sentivo le urla di Mick e il mio cuore che batteva fortissimo nelle orecchie, costrinsi le mie gambe a collaborare e corsi per qualche metro prima di schivarlo di nuovo nella stessa maniera, caddi fra la polvere con un leggero “Uff”. Fortuna che non era un esemplare troppo furbo.
Il Pokémon mi dava le spalle, prima che potesse voltarsi e partire di nuovo alla carica presi le sfere di Hiro e Sneasel e li feci uscire. Adesso dovevo solo racimolare abbastanza ossigeno per dargli degli ordini.
“Hiro” respiro “usa” respiro “ruotafuoco, e tu” respiro “Sneasel” pausa “usa ferrartigli!”
I due eseguirono senza esitazione e io strisciai lontano da loro. Un attimo dopo Silver era vicino a me e con i suoi abituali modi sgarbati mi rimise in piedi senza tante cerimonie, mi lasciò subito e liberò Croconaw, tutto sotto gli occhi terrorizzati di mio cugino cuor-di-leone. “Usa sgranocchio sul Tauros”
Tornata in posizione eretta mi accorsi con piacere che le mie gambe mi sorreggevano ancora, anche se sentivo più né i polpacci né i quadricipiti...
Il Tauros muggì forte e iniziò ad inseguire Quilava, ma essendo troppo veloce per lui tirava solo cornate a vuoto.
“Sneasel, ventrogelato” ordinai “Hiro, scarta a destra e poi di nuovo ruotafuoco”
Entrambi eseguirono ma la mucca con la criniera era un osso duro e non voleva saperne di andare al tappeto. Il Pokémon inferocito decise di evitare gli attacchi dei suoi avversari correndo verso di noi ma una volta capito il trucco evitarlo era relativamente semplice. Io e Silver ci lanciammo in due direzioni diverse e Tauros sfrecciò dritto dove prima eravamo noi.
“Hiro usa attacco rapido!” il mio Quilava lo raggiunse velocissimo e lo colpì in pieno.
L'ultimo attacco lo stordì abbastanza “Ci siamo quasi, Sneasel usa finta, Hiro tu di nuovo ruotafuoco”
“Usa pistolacqua, Croconaw” quest'ultimo attacco fu abbastanza per mandarlo KO.
Volevo essere sicura che non venisse a vendicarsi appena si fosse ripreso quindi gli lanciai una pokéball e lo catturai. Avevo già deciso che non lo avrei tenuto in squadra, una volta arrivata Pokémon center di Olivinopoli lo avrei inviato al professor Elm.
Raccolsi la ball e la infilai nello zaino, non avevo ancora ripreso a respirare normalmente ma almeno non facevo più quel fischio strano.
Mihael mi porse dell'acqua “Stai bene?” alzi il pollice in risposta mentre mi scolavo fino all'ultima goccia il contenuto della bottiglietta “Siete stati fantastici!” squittì poi.
Io ridacchiai e guardai Sil che fingeva di non ascoltare “Sei troppo gentile, cugino” stavamo riprendendo a camminare lentamente
“Sei imparentato con una disgrazia con le gambe”  




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