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Autore: Ink Voice    08/08/2015    6 recensioni
Come reagireste alla scoperta dell’esistenza di un mondo celato agli occhi della “gente comune”? Eleonora, credendosi parte di questa moltitudine indistinta di persone senza volto e senza destino, si domanderà per molto tempo il motivo per il quale sia stata catapultata in una realtà totalmente sconosciuta e anche piuttosto intimidatoria, che inizialmente le starà stretta e con la quale non saprà relazionarsi. Riuscirà a farci l’abitudine insieme alla sua compagna Chiara, che vivrà con lei quest’avventura, ma la ragazza non saprà di nascondere un segreto che va oltre la sua immaginazione e che la rende parte fondamentale di quest’universo nascosto e pieno di segreti. Ecco a voi l’inizio di tutto: la prima parte della serie Not the same story.
[RISTESURA+REVISIONE - Not the same story 1.2/3]
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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II
Le prove della verità

Subito capii che difficilmente Chiara sarebbe riuscita a ritrovare l’uso della parola; ma come biasimarla, d’altra parte? Io nemmeno riuscivo a trovare il fiato necessario a parlare. Rivedevo una dopo l’altra le scene che si erano appena susseguite davanti ai miei occhi: gli alberelli malefici, il nostro salvatore la cui esistenza ci era ugualmente incomprensibile, le mie mani tremanti, il graffio un po’ sanguinante sul braccio. E Bianca, alla quale l’essere che ci aveva salvate la vita apparteneva: evidentemente aveva agito su suo ordine, intrappolato altrimenti nella sfera.
La donna si voltò verso di me. «Ti fa male?» mi chiese, alludendo al mio braccio.
Non riuscii nemmeno a muovere la testa per risponderle negativamente. Sorrise amaramente.
«Mi dispiace così tanto…» mormorò con voce roca. Pareva sul punto di mettersi a piangere. «Venite con me. Andiamo a casa mia, lì, nel quartiere nord.»

Bianca fu molto gentile e disponibile con noi e sia io che Chiara, cercando di ricambiare i suoi sorrisi, riuscimmo a tranquillizzarci un po’ e soprattutto a ritrovare l’uso delle nostre corde vocali. Ogni azione della giovane donna era però velata di tristezza: lo si vedeva dagli occhi non del tutto decisi in quello che facevano, che tornavano ad essere vitrei e pensierosi molto spesso, e si capiva anche dalla postura leggermente ingobbita e dai passi insicuri che muoveva con leggerezza, come se non volesse disturbare facendo rumore.
Ci offrì un tè che accettammo volentieri. Io preferii prenderlo freddo dalla bottiglia, Chiara invece se lo fece preparare caldo. Bianca mi aveva fasciato il braccio quel tanto che bastava per fermare il po’ di sangue che non dava segno di volersi bloccare da solo, ma fortunatamente il graffio non faceva male, non bruciava né altro.
Più volte scambiai uno sguardo con l’essere che aveva abbattuto gli abeti indiavolati. Era seduto con le lunghe gambe incrociate al tavolo nella sala da pranzo e aveva anche le braccia intrecciate. I suoi comportamenti parevano in tutto e per tutto quelli di un essere umano e mi sentivo i suoi occhi furbi e intelligenti addosso in ogni momento. Se non me lo ero già dimenticata, si chiamava Weavile. Era un nome strano ma suonava bene.
Dopo qualche futile convenevole si sedette anche Bianca. Lo spettro di un triste sorriso aleggiava sul suo volto. «Da dove cominciare in un caso come questo?» chiese, rivolta più a sé stessa e alla creatura che a noi.
«Tanto non ti prenderemo per pazza nella maggior parte dei casi» fece Chiara sorseggiando il suo tè caldo. La mano le tremava e la sua voce era più acuta del normale.
«Sì, immagino…» mormorò l’adulta.
Intervenni io. «Chi sono queste creature?»
Lei impiegò qualche momento per rispondere. «Si chiamano Pokémon. Sono esseri sovrannaturali, diciamo così per semplificare le cose. Non si conosce davvero bene la loro natura e per questo non esiste una definizione precisa del loro mondo: si chiamano Pokémon e questo basta a classificarli. Voi non li avete mai visti ma sono sempre esistiti. È quasi certo che stiano al mondo da molto prima degli esseri umani, anche per i reperti fossili rinvenuti.
«I Pokémon si suddividono in diciotto categorie, definite tipi, che si rifanno alle forze della natura oltre quelle umane, salvo un paio di eccezioni. Normale, Ghiaccio, Erba, Acqua, Fuoco, Elettro, Volante, Lotta, Veleno, Terra, Roccia, Acciaio, Psico, Spettro, Buio, Folletto, Coleottero e infine Drago» elencò. «Un Pokémon può avere al massimo due di questi tipi. I miei preferiti, diciamo così, sono quelli Ghiaccio. Weavile possiede sia il tipo Ghiaccio che il tipo Buio. I Pokémon che vi hanno attaccate si chiamano Snover e sono sia di Ghiaccio che d’Erba.
«Il motivo per cui non avete mai conosciuto i Pokémon… be’, è una storia lunga e preferisco raccontarla tra un momento. Ma sappiate che quasi l’intero mondo è all’oscuro della loro esistenza. Non è sempre stato così.» La lasciammo proseguire come più voleva. Era meglio iniziare conoscendo le creature che avevamo incontrato anziché andare a toccare argomenti, a quanto pareva, sensibili. E poi nessuna di noi aveva alcuna fretta.
«Esistono più di settecento specie Pokémon in totale. Se ne scoprono spesso di nuove e bisogna catalogarle e trovare loro un nome. Di solito le esplorazioni delle regioni nel nostro mondo portano a un’ondata di Pokémon sconosciuti; ultimamente si è raggiunta una fase di equilibrio, anche a causa di un evento terribile che s’è abbattuto sul nostro pianeta e che ha diviso il mondo dei Pokémon da quello esclusivamente umano…»
Il suo tono di voce si fece più basso. Aprì bocca per continuare e per rivelarci tanti segreti di cui non potevamo nemmeno immaginare l’esistenza, ma un suono di passi riverberò nel silenzio della villetta a due piani. Qualcuno stava scendendo di corsa le scale e trafelato arrivò da noi.
Era un ragazzetto pressappoco dell’età di Chiara - sicuramente era più piccolo di me. Aveva spettinati capelli blu notte - non pareva nemmeno avesse la tinta - e grandi occhi scuri, espressivi, allora un po’ spaventati. Era magrolino, pallido, sembrava malaticcio, ma la lucentezza del suo sguardo eliminava qualsiasi traccia di quel suo aspetto trasandato. Si aggiustò i piccoli occhiali sulla punta del naso all’insù, piuttosto femminile.
Pareva sul punto di parlare e presentarsi, ma sul più bello non riuscì ad articolare frasi di senso compiuto. Solo qualche balbettio confuso uscì dalla sua bocca e già da quello capimmo che era estremamente timido.
Bianca lo invitò a sedersi. «Lui è il mio cuginetto, viviamo insieme da anni. Il suo nome è Le…»
«Gold» la interruppe bruscamente lui. Fui sorpresa dal suo scatto improvviso. Lanciò un’occhiata fugace sia a me che a Chiara e arrossì violentemente. «Chiama… chiamatemi Gold.»
Bianca sospirò ma non si espresse in tenerezze o in altri modi nei confronti del parente. «Anche lui è un giovane Allenatore. È una delle categorie in cui si dividono i vari appartenenti al mondo Pokémon.»
«Quali altre classi ci sono?» chiese Chiara.
«Mmh… be’, le principali sono Allenatore, Coordinatore, Ranger e poi si hanno i più esperti: Capopalestra, Superquattro e Campione. Gli ultimi tre fanno parte della Lega Pokémon, ma questo è un altro discorso…»
«Allora perché i Pokémon sono separati dalla maggior parte degli umani?» intervenni. Non mi interessava sapere qualcos’altro su quegli esseri, avevo grosso modo capito cos’erano: ora volevo le vere spiegazioni. Gold mi guardò incuriosito e quando ricambiai distolse immediatamente gli occhi. Erano anch’essi blu, come i capelli.
Bianca invece evitò accuratamente gli sguardi degli ascoltatori. Finalmente iniziò a parlare di quello che volevo sapere: le cose che disse, stranamente, non mi sembrarono così assurde come mi aspettavo. Avevo già iniziato a fare l’abitudine ai Pokémon e ai quartieri segreti, agli Allenatori e quant’altro. Per questo le accettai come unica spiegazione plausibile, anche se ovviamente ancora surreale, agli interrogativi miei e di Chiara.
«Circa otto anni fa il mondo non era così. I Pokémon convivevano pubblicamente con gli umani. Addirittura risultavano sospette, o comunque strane, le persone che non volevano averci a che fare o che non ne avevano uno per lo meno in famiglia. Era quasi di rito che ogni giovane ragazzino, quasi sempre anche più piccolo di voi, se ne andasse di casa insieme a un Pokémon per migliorarsi come Allenatore e trovare la sua strada grazie alla squadra che si sarebbe costruito - normalmente un team completo conta sei membri.
«Anni prima ancora esistevano in quasi tutte le regioni delle organizzazioni criminali che sfruttavano queste creature per i loro scopi personali, erano le loro armi per non sporcarsi le mani. Le più temute erano sei: il Team Rocket che aveva monopolizzato le regioni di Kanto e Johto; i Team Magma e Idro a Hoenn che combattevano per la supremazia e per creare un mondo in cui prevalesse la terraferma o l’oceano; il Team Galassia qui a Sinnoh guidato da uno degli uomini più spaventosamente ambiziosi che il mondo abbia mai conosciuto; il Team Plasma a Unima che faceva capo a un folle, anch’egli con obbiettivi che prevedevano la sottomissione del pianeta; infine il Team Flare di Kalos, che mirava alla pulizia della società per un mondo meraviglioso, un’utopia.
«Bastò qualche tempo perché degli eroi riuscissero a distruggere e disperdere questi Team. Erano all’epoca dei ragazzini, molti di loro più piccoli di voi, e i nomi di alcuni di questi grandi Allenatori sono entrati nella leggenda. La situazione di equilibrio e all’apparenza pacifica che si era venuta a creare, però, non era destinata a perdurare per molto tempo ancora. Ed è così che arriviamo agli otto anni fa di cui vi ho parlato.
«Gli uomini che avevano guidato i Team ormai scomparsi ritornarono in scena, stavolta uniti sotto il nome di un’unica organizzazione. Quale sia esso… nessuno lo sa. Fino a qualche tempo fa si era abbastanza sicuri che esso fosse Victory Team, ma poi fecero la loro comparsa altri nomi usati per indicare quest’organizzazione che probabilmente miravano a confondere le idee degli oppositori.
«Io faccio parte di questa resistenza» disse Bianca con una certa fermezza nella voce, andando fiera della sua posizione. «Ci facciamo chiamare generalmente Forze del Bene, non abbiamo un vero nome e nemmeno ci serve. Il nostro obbiettivo è far fallire un’altra volta il Nemico, una volta per tutte, e cancellare per sempre la loro presenza da questa Terra per impedire che qualcun altro si ispiri ad esso e riprovi a sconvolgere l’equilibrio.
«Ma tutto questo si è rivelato molto più difficile del previsto. Ci è quasi impossibile raccogliere informazioni su questo Nemico che sembra cambiare radicalmente da un giorno all’altro. Non voglio entrare nei dettagli, ma se il conflitto tra Bene e Male dura da otto anni un motivo c’è: noi siamo riusciti a raccogliere la maggior parte delle menti migliori del mondo Pokémon e siamo riusciti ad allearci sotto un obbiettivo comune, ma molti di quelli che in passato avevano combattuto le singole organizzazioni furono affascinati dalla “magnificenza” di questa e se ne andarono dalla loro, ci tradirono e rivelarono informazioni preziose. Lo stesso accadde per alcuni appartenenti al Nemico, che giurarono fedeltà alle Forze del Bene e divennero preziosi alleati. Altri rimasero neutrali nel conflitto, spesso per aver salva la vita, perché il Nemico non si fa scrupoli a far fuori chiunque sia scomodo…» mormorò.
Gold intervenne brevemente. «Non conosciamo le vere intenzioni del Nemico. Di sicuro mira al mondo intero e al dominio su di esso, ma è molto vaga come cosa e finora sono state avanzate solo delle proposte sui loro possibili obbiettivi. Non è facile raccogliere informazioni, sono ben difesi e spesso attaccano per primi.»
«Le Forze del Bene» riprese Bianca, «continuano a reclutare quante più persone possibili disposte a lottare per cancellare il Team nemico. Per i più giovani hanno istituito delle strutture nascoste, spesso molto più difese delle stesse basi segrete in cui si lavora, che vengono chiamate generalmente Accademie e che possano formare nuovi Allenatori pronti a lottare. Alcuni dei più esperti lavorano come specie di professori là dentro, è un ambiente il più possibile accogliente e piacevole in modo tale che la pressione di questa guerra non si faccia sentire sui ragazzi. Ma molto spesso questi luoghi rimangono privi di qualche maestro e diventano una tana in cui si possano difendere e tenere sotto controllo questi futuri “soldati” e addestrarli. In fondo più siamo meglio è…»
«E noi dovremmo prendere parte a questo conflitto.» Pronunciai quelle parole quasi senza accorgermene. Tutti si voltarono a guardarmi: probabilmente ero pallida e turbata. Dentro di me sentivo solo una gran confusione e altrettanta insicurezza. C’erano ancora molte cose che non mi erano chiare ma non ero più certa di volerle sapere subito. Riuscii ad alzare lo sguardo su Bianca e il suo sorriso benevolo in quel momento mi parve terrificante.
«Ormai è inevitabile. A meno che non preferiate farvi rimuovere questi ricordi.»
Chiara lanciò un’esclamazione esterrefatta. «Cancellare i nostri ricordi?»
«È quello che è stato fatto al mondo intero. Grazie ai poteri incredibili dei Pokémon Psico, Spettro, Buio e anche Folletto, ci è stato possibile cancellare ogni traccia dell’esistenza di queste creature dalla faccia della Terra. Sono state innalzate barriere, all’apparenza naturali e non, soprattutto invisibili, che potessero dividere il mondo in due realtà ben distinte: quella dei Pokémon e dei “comuni esseri umani”. Ma queste barriere iniziano a cedere in alcuni punti e le Forze del Bene, che vogliono risolvere il tutto senza dare nell’occhio, devono rimetterle in sesto. La barriera del quartiere nord è stata fatta abbassare dal Nemico in modo tale che voi poteste entrare in contatto.»
«Come fai a saperlo?» chiesi. «E perché proprio noi?»
Bianca sorrideva ancora dolcemente. Mi parve l’espressione di qualcuno che teneva nascosto qualcosa. «Non vi so spiegare il perché. Quando ho contattato uno dei principali capi delle Forze del Bene, mi è stato detto di tenervi d’occhio finché fosse stato necessario, perché c’era la possibilità che voi entraste a far parte della nostra “squadra” e voleva anche sottrarvi al Nemico che, probabilmente, abbassando le barriere voleva catturarvi e farvi andare dalla sua parte. Io ero molto insicura ma ho deciso di fidarmi. Vi ho seguite e ho fatto appena in tempo ad arrivare senza farmi notare quando siete state attaccate dagli Snover. Era già troppo tardi.»
Stette un po’ in silenzio, per poi rivelarci un’altra cosa. «La maggior parte dei Pokémon selvatici ha imparato a riconoscere il Nemico, ma spesso lo vede in ogni umano ed è impaurita, non si fa più vedere nemmeno da chi li cerca per motivi pacifici. Gli Snover che vi hanno attaccate devono essere stati aizzati dai nemici e ha contribuito la malattia che avevano appositamente trasmesso agli abeti nel loro ambiente naturale.»
Tutto questo era semplicemente inaccettabile. Ci credevo ma non riuscivo a crederci allo stesso tempo. Era la realtà, lo sentivo, ma mi riusciva difficilissimo fidarmi senza alcuna riserva di Bianca e di Gold. Ero spaventata e probabilmente non avrei voluto venire a sapere di tutto ciò: l’esistenza dei Pokémon mi andava pure bene, ma la presenza di una sorta di guerra segreta non molto. E si aspettavano pure che io e Chiara prendessimo parte a quel conflitto. Due come noi sarebbero state mera carne da cannone!
Ma forse avevamo altra scelta? Era meglio rifiutare l’invito e farci cancellare la memoria? E se poi il Nemico avesse ripetuto il suo gioco e fossimo cadute nuovamente in trappola? C’erano così tante incognite in quello che ci stava succedendo che probabilmente era meglio lasciarci trasportare dagli eventi e non opporre resistenza. E poi eravamo state fortunate: avevamo incontrato una delle Forze del Bene che ci avrebbe portare al sicuro, visto che la falsa realtà in cui avevamo vissuto non era stata il massimo della stabilità. Sempre meglio che farci rapire da uno di questi “cattivi” che ci avrebbero fatto conoscere il mondo dei Pokémon sotto un’altra prospettiva - la crudeltà.
«E i nostri genitori?» chiese Chiara con un filo di voce.
Trasalii: aveva ragione. Mi ero completamente dimenticata di loro.
Bianca sospirò. «Abbiamo più possibilità… convincerli in qualche modo a lasciarvi partire, senza specificare la meta e assicurando loro la vostra salute e la vostra “felicità”, o comunque sicurezza. Altrimenti inventarci che avete vinto una borsa di studio per giovani talenti o sciocchezze simili che la maggior parte delle volte funzionano. Infine, ma questa credo sia la cosa più estrema, cancellarvi dalle loro memorie.»
«No» mormorai subito. Questo non potevano farlo, non volevo che i miei genitori si dimenticassero di me. Mi piaceva di più l’idea che sperassero che la propria unica figlia se ne fosse andata sì lontana di casa, ma che fosse felice con la sua amica in un’Accademia lontana ma sicura. Accademia di Belle Arti, magari.
Bianca sospirò. «Questo purtroppo non sta né a voi, né a me deciderlo. I miei superiori provvederanno a prendere la decisione che riterranno più opportuna e probabilmente indolore, più per i vostri genitori che per voi. Mi spiace, ma anche loro saranno colpiti dalla guerra, in questo senso.»
Guardavo Bianca con una grande tristezza negli occhi. Stava diventando tutto reale, stavo per entrare a far parte di un mondo totalmente diverso e più interessante sicuramente, ma anche più pericoloso. In quella specie di Accademia forse non avrei sentito la pressione della guerra, proprio come aveva detto Bianca, ma era comunque un bel peso da caricarsi sulle spalle. Non riuscivo ad immaginare cosa mi aspettasse - o meglio, ci aspettasse.
Certo non sarei stata sola. C’era Chiara e lei aveva sicuramente voglia di mettersi alla prova molto più di me. Probabilmente sarebbe stata il mio raggio di sole e la ventata d’aria fresca che mi sarebbero serviti per non cadere nell’incertezza. O almeno era questo che vedevo dai suoi grandi occhi scuri: erano più aperti del normale e batteva le palpebre solo una volta ogni tanto, questo sì, ma pareva molto più determinata e sicura di me per quel che riguardava ciò che ci stava aspettando. Se ci fosse stata lei allora non avrei avuto così tanti problemi - sperai.
«Allora, cos’avete intenzione di fare?» domandò Bianca. La tensione nell’aria era spaventosamente pesante. «Vi va di andare alla cosiddetta Accademia di Sinnoh, situata tra Giubilopoli e Canalipoli, e prendere parte a un conflitto che vi colpirà più in là nel futuro, quando sarete preparate per esso? O preferite non interessarvi? Non sarete giudicate, ve lo assicuro. Qualsiasi vostra scelta sarà comprensibile.»
Scambiai un’occhiata con Chiara. Lei sorrise appena, io non riuscii a farlo. Bianca aveva parlato di scelta: ne avevamo davvero una? Io mi sentivo più che altro costretta ad accettare l’offerta: quel mondo pericoloso non mi ispirava per niente e avevo la sensazione che difficilmente mi sarei ambientata. Avevo paura del domani. Però c’era lei, c’era la mia migliore amica e l’avrei sempre avuta a sostenermi e con cui confidarmi. Perciò accettammo.

Bianca ci lasciò in compagnia di Gold e consigliò al suo parente di mostrarci la Palestra e un po’ del Tempio. Il ragazzino sembrava più tranquillo, prima era agitatissimo e in imbarazzo a causa del nostro arrivo improvviso; ora però si era fatto addirittura taciturno e fargli dire più di un paio di frasi in risposta a qualcosa era complicato.
«Tu sei mai stato all’Accademia?»
«Sì, ho passato lì il primo anno di studio. Tornerò in questi giorni insieme a Bianca.»
«Cosa fai come Allenatore?»
«Un Allenatore cattura Pokémon e li addestra per farli diventare potenti e adatti ad un combattimento. Poi si può specializzare in quello che più gli piace, ad esempio un tipo preciso.»
«E Bianca cosa fa?»
«Lei era la Capopalestra di Nevepoli, esperta nel tipo Ghiaccio, la settima delle Palestre della Lega di Sinnoh.»
«Senti, è da prima che tu e Bianca parlate di questa Lega, cos’è?»
«Della Lega Pokémon fanno parte le Palestre e varie strutture di allenamento in una regione. Nella principale sede della Lega si trovano i Superquattro e il Campione, le cariche più alte a cui un Allenatore può aspirare. C’è anche il Maestro Pokémon, ma di Master non se ne ha praticamente nessuno nella nostra epoca.»
«Quindi la Lega Pokémon gestisce tutte queste strutture di cui parli?»
«Esatto.»
Mano a mano le cose si facevano più chiare e comprensibili: i misteri che avvolgevano i Pokémon e il mondo a cui essi appartenevano erano ancora tanti anche per chi ne faceva parte, ma Gold riuscì a spiegarci piuttosto bene la faccenda delle “classi” di Allenatore, ci parlò delle Palestre di Sinnoh, di Professori che cercavano ragazzi molto giovani e promettenti che potessero fare carriera e di strumenti come le Poké Ball, di diversi tipi, delle quali esistevano numerosi esemplari, alcuni più adatti ad alcune caratteristiche di un Pokémon di altri.
Ci disse qualcosa sull’Accademia. Gli orari erano duri e lunghi ma le lezioni non potevano definirsi tali. L’unico obbiettivo perseguito dai vari “professori” era semplicemente formare Allenatori preparati sì nella teoria, ma soprattutto nella pratica. Per diventare davvero Allenatore era inoltre necessario costruire un legame di amicizia profonda con i propri compagni che veniva influenzato da numerosissimi fattori. La lealtà, più di un Allenatore nei confronti del proprio Pokémon che viceversa, si veniva a creare già dal primo giorno di conoscenza.
Visitammo la Palestra che era appartenuta a Bianca. Gli interni erano quasi tutti totalmente di ghiaccio, coperto in alcuni punti di neve. Per arrivare alla Capopalestra, in origine, era necessario abbattere delle enormi palle di neve fino a sbloccare il percorso che conduceva da lei: una sorta di puzzle che sarebbe finito con una lotta.
«A te che Pokémon piacciono, Gold?» gli chiesi. Chiara intanto trovava molto divertente scivolare sul ghiaccio e far finta di completare il percorso abbattendo palle di neve immaginarie.
«Non ho un tipo preferito. Mi piacciono molto i Draghi, ma per un Allenatore è importante saper variegare la propria squadra nel tentativo di non avere troppi punti deboli.»
«Hai già qualche Pokémon?»
«Certo» rispose, come se la cosa fosse ovvia. Be’, essendo entrata da circa mezz’ora nel mondo Pokémon per me niente era palese né intuitivo. Le uniche cose che avevo imparato fino a quel momento era che Bianca non mi ispirava poi tanta fiducia, sinceramente, e che Gold era volubile, facile all’imbarazzo e forse anche antipatico.
Ci mostrò i suoi Pokémon. Si chiamavano Dratini, Squirtle e Quilava. Il primo era un serpentello di tipo Drago che avrebbe subito due volte il processo chiamato evoluzione, che non avevo capito bene in cosa consistesse; il secondo una tenera tartarughina di tipo Acqua che mi piacque a prima vista; il terzo, di Fuoco, era una specie di ermellino color blu e giallo che aveva una coda e una cresta di fiamme. Toccandole però non ci si scottava. Fecero vedere qualche mossa delle quali dimenticai subito il nome, ma fui ammirata delle loro capacità. Vederli docili e obbedienti mi faceva quasi dimenticare la natura mostruosa che mi era sembrata di trovare in quegli Snover.
Gold ci illustrò anche le funzionalità dei vari strumenti posseduti da un Allenatore: il più importante era il Dex, un’enciclopedia elettronica che conteneva tutte le informazioni su ogni specie di Pokémon conosciuta. Alcune pagine erano però vuote. «Come mai queste non contengono alcuna scheda?» chiese Chiara al posto mio.
«Ecco…» Il ragazzino parve in difficoltà. «Vedete, esistono delle specie di Pokémon estremamente rari e forti a cui è affidato un certo potere per mantenere l’equilibrio nel mondo. Sono detti Leggendari poiché mai si mostrano agli esseri umani, se non in casi del tutto eccezionali, ad esempio quando trovano un Allenatore degno di loro e vogliono combatterci fino a farsi, forse, catturare, sia per mettere alla prova l’avversario sia per imparare qualcosa su di noi. I Leggendari sono spesso cacciati dal Nemico per il loro immenso potere, che gli faciliterebbe le cose.»
«E le Forze del Bene hanno qualche Leggendario dalla loro parte?» domandai molto incuriosita.
«Non lo so» rispose secco Gold. «Vi sconsiglio di chiedere troppe informazioni in giro sui Leggendari perché è facile far sorgere sospetti, molto di più se si vuole sapere qualcosa sui loro poteri.»
«Ma sarà vero che questi esseri possono controllare le forze della natura?» insistetti dubbiosa. «Mi sembra una cosa troppo inverosimile perché sia possibile che loro ci governino. Sai rispondermi, Gold?»
«No» borbottò. «Non mi sono mai posto il problema.»
«Peccato, sarebbe stato interessante scoprirlo!» esclamò Chiara mentre accarezzava Squirtle.
Lui non ribatté nulla e per un po’ lasciò sole me e la mia amica a parlottare dentro la Palestra. Uscì insieme a Dratini e Squirtle e affidò a Quilava il compito di “tenerci d’occhio”, come se fossimo soggetti pericolosi.
«Allora, Eleonora…» esordì Chiara. Mi voltai a guardarla: sorrideva. «Ti piace questo film?»
Sbuffai leggermente divertita. «Neanche tanto per ora, ma senza ombra di dubbio è… coinvolgente.»
«Concordo. Quante stelline gli dai nella tua recensione?»
«Direi tre solo per la coccolosità di quello Squirtle» borbottai ridacchiando.
«Ma che braccino corto!»
«Perché, tu quante stelle daresti?»
Lei sorrise un’altra volta. Stavolta con una sfumatura più malinconica nella sua espressione. «A stento due.»
Inarcai per un momento le sopracciglia. Poi arricciai le labbra: la comprendevo perfettamente. «Tutto quanto sta succedendo così di fretta…» mormorai. «Quello che stiamo vivendo è davvero un film, tra animali fantastici e persone coi capelli di un colore assurdo. Per non parlare delle zone fantasma di una città che sono degne di un videogioco da quattro soldi. Mi chiedo come si evolveranno gli eventi e cosa toccherà fare a noi.»
«Tanto era già deciso tutto, no?» ribatté Chiara mordicchiandosi le unghie. «Il capo di Bianca praticamente era già deciso a farci entrare nel mondo Pokémon. Probabilmente pure rifiutando alla fine ci avrebbero costrette in qualche modo. Non avevamo davvero scelta ma almeno questa è la strada più sicura, credo.»
«Lo penso anch’io. Se loro non ci avessero trovati lo avrebbe fatto il loro nemico. Siccome credo che i mezzi e i comportamenti delle due parti siano molto diversi, preferisco quelli indolore delle Forze del Bene che quelli dei cattivi di turno. Anche se pensare che i nostri genitori potrebbero dimenticarsi di noi…»
«Credo che la differenza sostanziale tra tutto questo e un film sia che noi abbiamo tutto da perdere e che niente è di poca importanza adesso» ragionò lei. «Dobbiamo dire addio a una vita normale e ad amici e parenti. Prima o poi dovremo anche combattere e metterci la faccia. Però non siamo né eroine né abbiamo qualche potere magico o sovrannaturale, solo i Pokémon. E intanto dobbiamo finire di fare i conti con le nostre già vecchie realtà.»
Fui profondamente stupita dalle sue parole così gravi e importanti. Non me le aspettavo da parte sua perché ero sicura che lei fosse solo emozionata da quello che ci stava succedendo, invece era solo apparenza per non mostrarsi impaurita né preoccupata, cosa che io invece davo a vedere. Però in quel momento non ebbe tanta importanza: l’unica cosa che potevo pensare era che ero completamente d’accordo con lei. La vita non è un film, tutti lo affermano tranquillamente. Ora che però io e lei dovevamo provare questo sulla nostra pelle avrei preferito che lo fosse. Ci sarebbe stata un’ellissi sulla nostra partenza e i nostri genitori sarebbero finiti felicemente nel dimenticatoio, anche per non essere d’impiccio alla trama dello spettacolo. Subito avremmo cominciato ad avere confidenza con quei Pokémon e probabilmente avremmo scoperto un talento eccezionale.
Invece io provavo solo tanta tristezza al pensiero di dover abbandonare la mia piacevole e rassicurante routine, oltre che una grande angoscia al pensiero dell’ignoto che era il mondo che mi stava aspettando. Avevo paura dei Pokémon probabilmente, che non fossero tutti tranquilli e docili come quelli di Gold e Bianca. Temevo che quando mi sarei ritrovata a che fare con un Pokémon quello mi sarebbe stata ostile o che non sarei riuscita a trovare la sintonia. Non volevo che fosse così, ma non ero mai stata molto empatica con gli animali e per ora quegli esseri non mi apparivano molto differenti da essi. Solo con qualche comportamento umano che alle volte risultava sgradevole, come Weavile, il Pokémon di Bianca, che sedeva al tavolo come una persona normale.
«Sono felice di avere qualcuno come te con cui intraprendere quest’avventura, Eleonora.»
Mi girai. Chiara aveva detto questo con un sorriso imbarazzato ma sincero. Era un po’ arrossita: allora ebbi la conferma che non voleva mostrarsi così sensibile e timorosa di non essere all’altezza della situazione. Mi faceva piacere vederla così. Io arrossii anche di più, istantaneamente commossa dalle sue parole.
«Insieme sarà tutto più semplice» replicai sorridendo.
Ci avvicinammo per abbracciarci e in quella stretta amichevole percepii tutta la fiducia che da anni riponevamo l’una nell’altra e che quasi mai era stata tradita. I pochi litigi “gravi” che c’erano stati erano serviti a farci legare ancora di più ed eravamo diventate come sorelle. Lei era più piccola ma in alcuni momenti riusciva a sembrare più matura e spigliata di me, al contrario io in certe occasioni apparivo più di lei come una ragazzina spensierata. Ci compensavamo e ci completavamo a vicenda: non potevo desiderare nessun altro migliore di lei, perché non ne esisteva, per iniziare insieme quella lunga e complessa avventura.
Uscimmo dalla Palestra con un peso in meno sullo stomaco, un po’ più sicure e pronte ora che avevamo fatto chiarezza su quello che provavamo vicendevolmente. Mi faceva davvero piacere, poi, che non fossi l’unica a fare affidamento sulla mia compagna: avere una prova del suo affetto era importante, in un momento come quello.
Gold si era diretto al Tempio. Lo raggiungemmo in pochi passi e tirò fuori un mazzo di chiavi dalla tasca della giacca; tolse qualche trave fasulla - realizzata ad arte - e aprì il grande portone.
«Cosa c’è da vedere nel Tempio?» chiese Chiara incuriosita.
«Al momento niente di che. Un tempo era la dimora di Regigigas, il Leggendario dormiente» spiegò Gold. «Si trovava all’ultimo piano sotterraneo e all’apparenza era un’imponente statua di questo colosso, che si dice che mosse i continenti per dare loro la forma che conosciamo. Poi saprete che lo ha fatto due volte.»
“Quanta suspence” commentai mentalmente.
«Adesso però Regigigas non c’è. Nessuno sa dove si trovi, da un giorno all’altro è scomparso.»
«Un colosso di nove metri è sparito nel nulla?» sbottò Chiara dicendo una cifra a caso.
Gold fece spallucce. «Sono eventi che non ci si riesce a spiegare. Riguardano esclusivamente il mondo Pokémon e soprattutto quello dei Leggendari: quindi le Forze del Bene indagano in segreto senza far sapere nulla a nessuno. Ma credo che alla fine non ci facciano niente con informazioni simili, a parte superare il Nemico.»
«Magari i Leggendari vivono in qualche dimensione parallela, visto che sono introvabili!» esclamò Chiara.
«Molto probabile» ribatté Gold.
Feci una buffa faccia alla mia amica come a dire “non male, carissima”, che la costrinse a ridacchiare.
L’interno del Tempio era buio a causa dell’assenza di finestre. Il ragazzo tirò fuori una torcia e subito sussultai sorpresa alla vista di un’inquietante, decadente statua dello stesso Regigigas, come rivelò la nostra guida. Alcune parti del pavimento erano ricoperte di lastre di ghiaccio. «Così come la Palestra di Nevepoli, per arrivare ai piani inferiori è necessario seguire un preciso percorso e aiutarsi con certe mosse Pokémon. Le lastre di ghiaccio sono scivolose e si arriva dall’altra parte appoggiandosi alle rocce che sono presenti e con le quali darsi una spinta, quindi bisogna indovinare il percorso da seguire… molti luoghi nel mondo Pokémon sono fatti così.»
«Fa molto “temprare il corpo ma anzitutto la mente”» dissi ironicamente. Chiara prese a ridere senza un vero motivo e Gold parve dapprima stupito, poi un po’ offeso.
«Sì, be’, per un Allenatore è importante ogni aspetto di sé stesso» disse come a voler giustificare il tutto.
Ammiccai. «Guarda che stiamo scherzando praticamente in ogni momento, Gold!»
La sua espressione si fece contrariata, probabilmente perché non riusciva a farsi coinvolgere dalle stupidaggini che io e la mia amica dicevamo giusto per allentare la tensione. Era un po’ infantile da parte sua.
«Mia cugina Bianca è attualmente la Guardiana del Tempio, anche se non è che ci sia molto a cui fare attenzione di questi tempi» disse dopo un po’ lui. «Regigigas è scomparso ma è stato assicurato in tutti i modi che lui, come praticamente tutti i Leggendari, non è stato catturato dal Nemico anche se molti sono scomparsi.»
«Non avevi detto che non sono rintracciabili?»
«Sì, ma grazie alle esperienze dei Dexholders si conosce abbastanza di loro e i luoghi di avvistamento sono i più sorvegliati in assoluto. Alcuni Leggendari non hanno una sede fissa, altri sono apparsi in un posto più volte perciò quella si considera la loro casa e ogni tanto si controlla che siano ancora lì o che abbiano lasciato tracce.»
«Dex cosa…?»
«Dexholders. Lo erano la maggior parte degli eroi che hanno distrutto i vari Team malvagi. Il Dexholder è il portatore di PokéDex, l’enciclopedia che vi ho fatto vedere anche prima. Originariamente era un onore possederne una perché significava che un Professor Pokémon ti aveva incaricato di completarlo e quindi riteneva che tu fossi una giovane promessa. Dopodiché salutavi la tua famiglia, partivi di casa e catturavi quanti più Pokémon possibili per aiutare i Professori nella ricerca su di loro» spiegò. Poi con un sospiro aggiunse: «Gold è un Dexholder.»
«Perché parli di te in terza persona come se fossi pazzo?» domandò indelicatamente Chiara.
«Io… be’, prima ho interrotto Bianca che stava dicendo il mio nome. Preferisco farmi chiamare Gold perché lui è il mio modello e mi piacerebbe… sì, vorrei essere forte come lui» prese a balbettare, arrossendo vistosamente.
Scambiai un’occhiata significativa con Chiara e capii che la pensavamo allo stesso modo. Era una cosa stupida cercare di aspirare al miglioramento credendosi qualcun altro, secondo me. Avevo anche io dei modelli, degli eroi, ma non per questo volevo che gli altri mi chiamassero con un altro nome solo per sentirmi migliore. Non aveva alcun senso per me e non riuscivo a capire come altri si sentissero a posto con sé stessi facendo questo.
«Gold è della regione di Johto. Anche lui possiede, o meglio, possedeva un Quilava. Poi si è evoluto in un potentissimo Typhlosion» disse con trasporto.
Stettimo a sorbirci l’ondata di Gold di autocommiserazione per sé stesso, un tanto comune quanto anonimo Allenatore, e di ammirazione nei confronti del suo tanto amato quanto completamente sconosciuto altro Gold.
«Perché non ci dici il tuo nome?» chiese Chiara incuriosita e anche divertita dai comportamenti del ragazzino.
«Non… non è importante.»
«Non ti piace?»
«Per niente… quindi per favore non chiedetemelo!»
“Anche se fosse lo chiederei a Bianca” pensai, “ma siccome questa è probabilmente la prima e ultima volta che ci parliamo così tanto, se preferisce Gold chi se ne frega. Peggio per lui.” Gli domandammo quanti anni avesse: almeno a quello rispose. Aveva l’età di Chiara, quindi tredici anni, ma comunque ne dimostrava molti meno di lei.
Le stranezze e il carattere di Gold non ci pesavano più di tanto - anche se risultava un po’ seccante e infantile in alcuni momenti. Per essere stata la nostra seconda conoscenza nel mondo Pokémon non era granché e speravo di rifarci andando all’Accademia, in cui avremmo avuto qualche possibilità di stringere amicizia. Chiesi al ragazzo quando saremmo partiti e disse che avremmo dovuto aspettare gli ordini impartiti dal capo a Bianca.
«Come si chiama questo boss?»
«Il suo nome è Bellocchio.»
«Com’è strano!» esclamò Chiara.
«Be’, in effetti non è il suo vero nome. Lui è stato un agente della Polizia Internazionale e lui stesso ha fondato le Forze del Bene al momento della nascita del Nemico. Bellocchio è uno pseudonimo, un nome in codice.»
«Mmh, sembra simpatico» ridacchiai.
«Fidati, non lo è per niente. Per fortuna non viene quasi mai all’Accademia, sta quasi sempre nella più grande base segreta dei nostri qua a Sinnoh. Abbiamo una specie di preside. È Aristide, il più importante Capopalestra di Unima. Non è il migliore nel suo campo ma ciò non toglie che sia un Allenatore fantastico.»
«I più forti servono da altre parti, immagino» dissi. Avrei scoperto successivamente che Gold aveva ragione: Bellocchio era terribile e sarebbe diventato la mia personale spina nel fianco. Ma avrei dovuto aspettare ancora molti mesi, anzi, più di un anno per entrarci “in confidenza” e dare vita a un rapporto conflittuale con lui. Per il momento mi sarei goduta i miei giorni all’Accademia libera dalla presenza di quell’uomo.
Rincasammo quando ormai si era fatta l’ora di cena. Il tempo era trascorso molto velocemente dal pomeriggio movimentato che avevamo vissuto e gli eventi mi parevano stranamente lontani, come se fossero già diventati ricordi di un’altra persona. Probabilmente era dovuto al forte effetto che mi aveva fatto l’entrata nel mondo dei Pokémon. Avevo davvero cominciato una nuova vita - ci avrei impiegato mesi a non stupirmene ogni giorno.
Bianca ci informò che saremmo partiti l’indomani stesso. Fummo colte di sorpresa.
«E le valigie quando dovremmo prepararle? E i nostri genitori?»
«Entro domattina arriverà tutta la vostra roba. Alcuni dei nostri sono andati a informare le vostre famiglie del vostro trasferimento all’Accademia di Giubilopoli, ma sinceramente non so cosa diranno loro. Probabilmente tireranno fuori la storia della borsa di studio per giovani talenti… spero voi eccelliate in qualcosa.»
«Sì, nel dormire» brontolò Chiara. Brontolò più forte, però, il suo stomaco.
«E nel mangiare» ghignai appena sentii quel rumore gutturale proveniente da lei. Scoppiammo a ridere.
Avevo idea che il nostro arrivo fosse stato una botta di vita nella silenziosa, piatta esistenza di Gold e Bianca. Con i Pokémon mi pareva difficile che fosse possibile annoiarsi, avrei osservato Weavile e i suoi comportamenti così umani - pur essendo un po’ sgradevoli, ma già non mi parevano più così male - per ore senza mai stancarmi, cercando di fare un confronto con altri Pokémon. Ma a vedere la tristezza ormai sedimentata negli occhi di Bianca, che smettevano di essere così vitrei e pensierosi solo quando faceva qualcosa con i Pokémon, immaginavo che la vita di lei e quindi anche quella di Gold non fossero delle migliori.
«Anche noi otterremo un Pokémon?» chiese Chiara, buttata sul divano.
«Ovvio. Dovrete averne, nei primi tempi, almeno tre o quattro in grado di lottare. Ma vi sarà spiegato tutto nei dettagli quando sarete all’Accademia: nemmeno io so bene come funzionino le cose lì, non l’ho mai frequentata se non per tenere qualche lezione» rispose Bianca.
«Ma non saremo indietro con il programma?»
«Be’, sì, ma si spera che vi impegnate abbastanza vista la necessità che abbiamo che lo facciate.»
In poche parole dovevamo lavorare da mattina a sera per rimetterci in pari con il livello degli altri.

La stanza degli ospiti si trovava al secondo piano. Io e Chiara occupammo il polveroso letto matrimoniale che troneggiava in una parte della stanza, munite di un’enciclopedia cartacea tale e quale al PokéDex che sfogliammo per un’oretta buona commentando i Pokémon che c’erano. A ogni esemplare era dedicata almeno una pagina e l’edizione era abbastanza nuova, c’erano quasi tutte le specie, stando a quanto disse Bianca.
Alcuni Pokémon erano molto speciali e venivano chiamati starters. Erano estremamente rari da trovare e anche piuttosto forti: per questo venivano affidati agli Allenatori che volevano iniziare un viaggio per ordine di un certo Professore, che li aveva incaricati di cominciare a completare il Dex.
Le pagine sui Leggendari erano state semplicemente strappate. Lo capimmo perché riconoscemmo le loro posizioni, precedenti a quelle del primo starter di una certa regione: la stessa situazione si era presentata con il PokéDex di Gold. «Addirittura le hanno distrutte» disse Chiara a bassa voce. «Credi che lo abbiano fatto oggi?»
«Spero di no» mormorai di rimando. «E comunque non credo ci considerassero sospette.»
Continuammo a commentare quasi tutti i Pokémon presenti nell’enciclopedia. Alcuni erano davvero carini ma molto spesso deboli rispetto agli altri; altri erano parecchio brutti, erano del tipo per cui, per descriverli con una certa delicatezza, bisognava dire “hanno il loro fascino”. Tutti però mi apparivano indistintamente affascinanti, lì immobili e innocui stampati su carta.
Mi focalizzai su qualcuno, generalmente quelli che erano detti evoluti - ancora non ci avevano spiegato cosa fosse questa storia dell’evoluzione, ma pareva anch’essa interessante. Mi sarebbe piaciuto costruire una squadra con i Pokémon che avevo adocchiato, forse all’Accademia avrei potuto scegliere quelli che più mi piacevano.
Addormentarsi fu piuttosto difficile. La mattina seguente trovammo ai piedi del letto le nostre valigie: era la conferma della nostra imminente partenza.






Angolo ottuso di un'autrice ottusa
Che si sta liquefacendo davanti al pc e più che decomporsi diventerà anch'essa umidità. Cielo sto morendo, qualcuno mi accenda il condizionatore ché non ho la forza per alzarmi e andare a cercare il telecomando.
Questo capitolo non mi convince troppo. Non so se i dialoghi siano realistici, così come le emozioni della protagonista - che avrei voluto ampliare, ma era già lungo e non sapevo dove aggiungere. Ditemi voi se c'è qualcosa da rivedere/migliorare.
Comunque si spiegano le varie cose importanti (?): l'apparente scomparsa dei Pokémon, la guerra, il Nemico e l'Accademia. Ho messo il genere slice of life nella storia perché ho pensato che potrebbe confarsi (?) alla vita in questo posto, però avendo ridotto la quantità di capitoli rispetto alla prima versione e avendone tolti parecchi dall'arco originale - chi si ricorda l'odiosa girl story à la sleepover club? - potrei anche sostituirlo con un altro genere.
Il prossimo aggiornamento arriverà giovedì o venerdì perché il 14 - o il 15 come spero io, ma i miei devono ancora decidere - parto e sto via due settimane. Riuscirò a pubblicare un altro capitolo il sabato perché sono una persona furba e ho i miei mezzi ehehe, ma per il resto sarò molto poco presente su efp e su internet in generale. Poi ci rivedremo a fine agosto/inizio settembre con il capitolo dopo ancora (?).
A presto e grazie a chi ha già la storia tra le seguite e le preferite, oltre a chi sta già recensendo. Vi si vuole molto bene, gente.
Ink
  
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