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Autore: Chocolat95    09/08/2015    3 recensioni
Le stelle cadenti portano con sé i desideri della gente. E se nella notte in cui esse cadono, qualcuno si rialzasse…?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Degel, Bennu Kagaho, Crane Yuzuriha, Pisces Albafica, Sisifo di Sagitter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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…se vedi cadere una stella è perché stai guardando il cielo, se stai guardando il cielo è perché credi ancora in qualcosa.
(Bob Marley)

 






Yuzuriha guardava il cielo.
 Com’era limpido quella notte, l’aria fresca del Jamir aveva spazzato via tutte le nubi e gli astri erano ben visibili, numerosi e splendenti.
All’improvviso una scia luminosa attraversò la volta blu, così rapida che non fu nemmeno sicura di averla vista davvero. Ricordò cosa le diceva sempre il nobile Shion, quando una stella cade, è per far salire un desiderio su in cielo agli dei.
Sospirando abbassò lo sguardo, di desideri aveva imparato a non averne tanti, perché spesso erano cose che sapeva non avrebbero mai potuto concretizzarsi e doveva invece essere realista. Ma in quel momento si concesse se non altro di rivolgere un pensiero nostalgico, ad una persona che ormai era lontana.
Quando l’aria cominciò a farsi particolarmente pungente, sebbene vi fosse abituata, decise di tornare a casa, e rimase assai stupita quando vide delle luci accese all’interno.
Sentì anche un rimestare di piatti e stoviglie e pensò subito si trattasse di Atla, che su direttiva del nobile Aries la aiutava quando non era a servizio del maestro Hakurei.
Scostò quindi la tenda già pronta con un bel sorriso da rivolgere al ragazzino ed invece appena entrata si bloccò di colpo
“Finalmente sei tornata! La cena è quasi pronta…”






Degel era accaldatissimo.
Era appena corso da Kardia per raffreddare il suo cuore ma la temperatura questa volta era davvero alta, tanto che ancora poteva sentirla su di sé.
Risalire tutte quelle scale poi con l’armatura addosso non aiutava per niente, ma fortunatamente la sua casa era fresca. Sebbene fosse la più fredda delle dodici, si era sempre trovato a suo agio e quella sera stava particolarmente bene.
Per rilassarsi un attimo, si sedette in poltrona, Kardia aveva insistito per poterlo raggiungere una volta rimessosi in sesto, così nell’attesa prese a leggere.
Man mano che il tempo passava sentiva il corpo tornare ad una temperatura normale, ma improvvisamente ebbe come l’impressione che facesse anche troppo freddo.
Sentì poi dei passi avvicinarsi e si alzò per andare ad accogliere l’amico
“Guarda che qui fa un bel po’ fresco, forse era meglio se rimanevi a letto…”
Ma alzando lo sguardo si trovò dinnanzi qualcuno che non si sarebbe mai aspettato
“Stai tranquillo giovanotto, in confronto a dove vengo io, qui fa quasi caldo…”






Qual era il suo nome?
Da che aveva memoria, si era sempre chiamato Kagaho di Bennu, e il suo obbiettivo era sempre stato proteggere e servire il divino Ade. Ma poteva essere che ci fosse stato un prima…? Che lo avessero chiamato in altro modo e si fosse curato di qualcun altro…?
Guardò le stelle e si sentì molto sciocco. Cosa mai avrebbe potuto dirgli quel cielo muto e scuro? il suo posto era sotto la terra, inutile guardare in alto!
Ma quel cavaliere, quell’ Aldebaran del Toro, gli aveva rivolto parole che lo avevano colpito e gli avevano insinuato nella mente che forse esistevano altre prospettiva da cui guardare la sua vita, che forse un tempo era stato un’altra persona…
Ma non riusciva a vederne alcuna perciò si convinse presto che il Saint si fosse sbagliato.
Si alzò in piedi e si scrollò un po’ di dosso l’erba di quel prato solitario in cui si era ritrovato e fece per girare sui tacchi quando percepì una presenza poco distante da lui.
Chi poteva essere? Chi mai vagava a quell’ora in posti come quelli lontani dalle abitazioni contadine? Uno sciocco sprovveduto, non poteva essere altrimenti. Ma mentre pensava ciò, l’esile figura si fece più vicina e con voce delicata velata di tristezza disse:
“Perché quella faccia…? Non mi riconosci…?”

 





“Sisifo! Sisifo! Andiamo dai, andiamo!”
Il giovane leoncino non smetteva di tirargli il braccio e più volte aveva rischiato di ruzzolare giù da quella scalinata. Ma più lo pregava di calmarsi più quello si accendeva di entusiasmo e lo strattonava. Regulus era impaziente, tutti i fenomeni naturali erano per lui uno spettacolo da non perdere, da osservare e assimilare e poteva perdersi qualcosa come le stelle che cadevano? Le aveva sempre viste fisse nel cielo notturno e ora voleva assolutamente sapere come invece poteva capitare che a volte venissero giù.
Raggiunsero quasi correndo l’altura che era stata loro indicata dal gran sacerdote e il ragazzino dopo aver inspirato a pieni polmoni puntò il naso all’insù, pronto a non lasciarsene sfuggire neanche una.
Sagitter gli stava dietro, camminando lentamente, lui le aveva viste mille volte, era sempre stato il suo compito quindi lasciò che il nipote si immergesse in tutta tranquillità nella sua contemplazione.
Un bagliore attraversò il cielo e il piccolo Leo lanciò un grido di sorpresa ed entusiasmo che sul momento spaventò a morte il Saint più grande, ma quando si rese conto che nulla di grave era successo, si tranquillizzò e fece per andargli più vicino.
“Come sono i giovani eh? Sanno ancora meravigliarsi…” una calda voce aveva parlato al suo fianco con tono pacato.
“Già soprattutto Regulus, mantiene questa sua attitudine ad osservare ogni cosa…” Rispose in automatico Sisifo, ma solo dopo si accorse che ora erano in tre.






Quel giardino era silenzioso e solitario, esattamente come lo ricordava. Nessuna forma di vita lo abitava al di fuori delle rose demoniache, rendendolo il posto perfetto per stare in solitudine. Le rose ai piedi, le stelle sul capo, non poteva chiedere di meglio Albafica per quella sera in cui aveva deciso di isolarsi completamente dal mondo.
In realtà col tempo stava migliorando, aveva cominciato a frequentare maggiormente i suoi compagni Cavalieri ma non andava mai oltre un certo limite e non lo permetteva a loro. L’unica eccezione la costituiva quell’insolente del cavaliere del Cancro, che non perdeva occasione di spingersi un po’ più in qua, voleva fare amicizia, diceva lui ma c’era modo e modo! E al momento Manigoldo gli sembrava troppo invadente. Però lo attirava il suo fare spensierato e talvolta si sforzava di abbassare il veleno quand’era con lui perché forse aveva bisogno della sua allegria contagiosa.
Era steso su un blocco di marmo e avevo lo sguardo fisso al cielo ma non lo vedeva perché la sua mente era persa in altro, si ridestò però sentendo qualcuno avvicinarsi
“Non ti ho ancora dato il permesso di venire fin qui perciò allontanati prima che le rose ti soffochino…” disse sicurissimo di rivolgersi a quel temerario della quarta casa, cui la morte faceva solo sorridere.
Ma a rispondergli non fu un ghigno beffardo
“Se penso che queste rose invece non hanno soffocato te, ancora mi chiedo quale divinità devo ringraziare…”






Angolo dell'autrice:
Essendo una tipa molto romantica (più che altro nel senso letterario del termine) come potevo perdere l'occasione di farmi ispirare dalla notte più famosa di tutte per scrivere qualcosa?? (sè, come se avessi folle ansiose di un mio scritto, ma vabhè, sorvoliamo ^^')
Dicevo, m'è venuto questo pensierino, che ho messo anche nell'anticipazione, delle stelle che cadono perchè poi qualcun altro ritorna, e allora, chi è venuto a far visita ai nostri Cavalieri...??  Non che sia difficile immaginarlo però, sperando di avervi nel frattempo interessato un po', per il seguito, appuntamento a domani sera! ;-D
 

  
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