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Autore: Chocolat95    10/08/2015    3 recensioni
Le stelle cadenti portano con sé i desideri della gente. E se nella notte in cui esse cadono, qualcuno si rialzasse…?
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Aquarius Degel, Bennu Kagaho, Crane Yuzuriha, Pisces Albafica, Sisifo di Sagitter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Perché mi guardi così fratellone, non mi riconosci, non ti ricordi di me…?”
Kagaho si sentì come se si fosse improvvisamente svegliato da un sogno.
“Sui…”
Quel nome che credeva di non conoscere più, gli era sorto sulle labbra come l’avesse pronunciato tutti i giorni, come la cosa più naturale del mondo.
“Sui… sei davvero tu…?”
Come poteva averlo dimenticato? Come poteva anche solo per un momento aver dubitato che nella sua vita fosse esistito qualcuno precedente al nobile Ade… altrettanto se non più importante…
Uno dietro l’altro i ricordi si rincorsero nella sua mente portandolo indietro a quando era ancora umano, a quando non era un potente specter ma un cencioso ragazzino che doveva proteggere sé e il fratellino… non stavano bene, ma erano insieme…
E poi gli tornò alla memoria perché tutto era cambiato; aveva fallito. La sua mente non riusciva o forse rifiutava di ricordare per quale infausto motivo, ma Sui gli era sfuggito dalle braccia e non aveva potuto far niente se non assistere impotente. E nell’illusione di ritrovarlo si era messo al servizio del sommo Ade.
Invece ora era lì, davanti a lui. Ma non riusciva a muovere un passo perché lo Specter che appariva dall’esterno manteneva il contegno fiero e impassibile, ma l’umano avrebbe voluto ritrovare il contatto perduto. E mentre questa scissione lo bloccava, il ragazzino si era già fatto avanti per abbracciarlo, per nulla intimorito dalla cupa armatura che indossava.
“E’ colpa mia…” disse sfiorandola
“Cosa...” solo un sussurro era uscito, quasi pensava di averlo immaginato
“Questa – disse sfiorando nuovamente la surplice – è colpa mia… se non avessi- “
“Ma cosa stai dicendo?! Non pensarlo neanche tu assolutamente non -“ interruppe bruscamente il fratello ma fu a suo volta zittito
“E invece si! Se non me ne fossi andato, non ti saresti perso per venirmi a cercare!”
Non seppe cosa rispondergli, perciò lo guardò solo con un velo di tristezza
“…io… non volevo essere un peso per te… cercavo di essere forte come sei tu…”
Se lo staccò di dosso, leggermente in imbarazzo per quelle parole e per la situazione però non smise di guardarlo  “Se fossi stato veramente forte, non avrei permesso che tu andassi via…”

 

 




Aveva risposto senza pensarci perché quella voce gli era familiare, ma in realtà non avrebbe dovuto sentirla… da tempo lui era…
“Fratello…!”
Si girò di scatto nel realizzarlo, Ilias del Leone gli sedeva accanto, in quella posa in cui tante volte lo aveva visto e con la quale non riusciva mai a capire che atteggiamento volesse esprimere, con gli occhi socchiusi.
“Lo hai cresciuto bene…”
Sagitter scosse il capo “Ho solo seguito quello che mi hai detto tu… poi lui ha fatto da solo… ti assomiglia tanto… ed è molto più sveglio di come ero io alla sua età..”
“Però è anche molto ingenuo…”
Sisifo lo guardò con stupore
“Guardalo, se ne sta col naso all’insù dimenandosi senza curarsi di dove va…” effettivamente Regulus camminava per tutta la collina senza badare troppo a dove metteva i piedi “Bisogna avere sempre gli occhi vigili a tutto…”
“Hai ragione ma per quella che è la mia esperienza, ovunque vada ricerca te e quando si concentra su qualcosa è perché sente forte in essa la tua presenza… e al momento, credo che la percepisca in quelle stelle lassù…”
Ilias allora aprì gli occhi da felino e osservò meglio il figlio, e si accorse che suo fratello aveva ragione poiché il bambino sembrava guidato dalla stessa smania che aveva quando perdeva di vista il genitore e si affidava all’istinto per ritrovarlo. Evidentemente, per quanto sangue del suo sangue anche Regulus aveva un suo personale modo di vedere le cose che si distaccava in parte da quello del precedente Leone.
“Sei il suo pensiero fisso Ilias, ogni cosa che fa è per migliorarsi, per essere più vicino a te… anche io ci provavo ma si vede che non era il mio destino... quel ragazzino invece, è un degno figlio di suo padre”







“Credo che la prima da ringraziare sia Athena, la nostra signora che mi ha concesso di non finire la mia vita in solitudine, grazie a te…”
Quella voce… quel tono fermo e deciso che sapeva però essere anche caldo e dolce, apparteneva ad una persona sola
“Maestro Lugonis…”
Albafica si tirò su, sgranando gli occhi nel ritrovarselo davanti, ancora incerto se fosse vero o solo una visone causata dal suo stare sempre in solitudine che cominciava a pesargli.
Il primo impulso fu quello di correre ad abbracciarlo, già una gamba si era mossa in automatico ma qualcosa lo bloccava. Innanzitutto non era più un bambino ma in particolare, c’era il veleno, quel sangue potente e maledetto che era il suo orgoglio e al tempo stesso la sua più grande sofferenza, e il maestro dinanzi a lui glielo ricordava inesorabilmente. Era colpa sua se ne era andato, avrebbe dovuto informarsi, chiedere con più insistenza in cosa consisteva il legame scarlatto, per una volta avrebbe dovuto disubbidire al maestro e non fidarsi di lui, così l’avrebbe salvato. Ma non lo aveva fatto. E lo aveva perso.
Perciò mantenne la distanza perché non aveva alcuna intenzione di ripetere l’esperienza.
“Perché te ne stai così lontano? Vieni qui, voglio vedere quanto sei cresciuto” Lugonis ruppe il flusso dei suoi pensieri
“Maestro io… sono velenoso… è meglio che non stia vicino ad alcuno” Era la cosa più ovvia che potesse dire, ma anche l’unica che gli era venuta in mente
“Anche io se per questo-“
“Con tutto il dovuto rispetto maestro, io vi ho superato, e non so se anche avendo sangue simile, possiate sopportarlo…”
Il volto del precedente Saint si fece scuro “Scusami…”
“Eh…?”
“Scusami, ti ho portato io a questo…”
“Co-cosa dite, io comunque l’ho accettato e in ogni caso, a dire il vero… - fece una pausa perché solo in quel momento ricordò - me lo dimentico sempre ma ora posso controllarlo…”
Gli spiegò allora del grande dono che aveva ricevuto dalla Dea e di come lo stesse usando per provare ad uscire da quella barriera e vivere “normalmente” di quanto fosse comunque faticoso poiché non era abituato e, sì, anche di Manigoldo.
“Quindi l’allievo del Gran Sacerdote e quello che ti impegna di più eh?” chiese dopo essersi fatto una bella risata
“Già perché non gli entra proprio in testa che la cosa deve essere graduale, lui vuole tutto subito come i bambini…!”
“Forse perché bambino non lo è mai stato”
A quelle parole Pisces lo sguardò stupito
“Tu probabilmente non ricordo quando arrivò qui, ma io una volta ebbi l’occasione di vederlo e ti assicuro che per quanto fosse giovane, il suo sguardo era quello di un adulto… un adulto sofferente… in base a quello che mi hai detto, non mi stupisce allora che consideri tutti voi la sua famiglia e voglia coinvolgere ognuno, te compreso”
Albafica non sapeva cosa dire, lui aveva sempre considerato solo il suo maestro come ‘famiglia’ principalmente per necessità ma poi non si era posto il problema di aggiungere altri membri, ora invece Lugonis gli stava aprendo gli orizzonti.
Forse era arrivato il momento di usare i doni ricevuti per il loro vero scopo.

 





“La cena è quasi pronta… sorellina…”
La guerriera rimase sulla soglia con la tenda ancora stretta in una mano, e l’impulso di chiuderla e riaprirla per vedere se poi lui sarebbe stato ancora lì, era fortissimo.
“Tokusa…” fu tutto quello che riuscì a dire. Non riusciva a muovere un passo, le gambe erano come bloccate, ferme a metà tra il corrergli incontro e l’incredulità davanti alla situazione.
Il giovane rise alla reazione della sorella e poggiando la ciotola con cui stava armeggiando, le porse la mano. E quella fu la molla che fece scattare la Gru.
Se la ritrovò al collo immediatamente, stretta in un abbraccio così saldo da togliere il respiro. Non un fiato, non una domanda, aveva agito d’impulso e basta. Un comportamento pericoloso per un guerriero poiché il nemico avrebbe potuto approfittarne per attaccare, questo le stava dicendo la sua mente, memore dell’ultimo incontro avvenuto col fratello, quand’egli si era rivelato un servo di Ade. Ma il suo cuore era di tutt’altro avviso. Nessun pericolo incombeva nessuna minaccia in agguato, quello che aveva tra le braccia era suo fratello e nessun altro, sentiva che era così e sentiva che era giusto.
Sollevò la testa per guardarlo negli occhi, gli passò un palmo delicatamente sul volto e lo accarezzò con le dita, era proprio lui, ed era proprio lì.
Avrebbe voluto chiedergli come ciò fosse possibile, ma la verità era che non le importava, neppure la prima volta se l’era chiesto, le era bastato riavere un pezzo di famiglia. Si ricordò allora della cena che stava preparando e si mise ad aiutarlo ad ultimarla, tutta contenta quasi tornando a quando ancora erano tutti insieme felici. Prese un cucchiaio e lo immerse in una ciotola, poi approfittando di un attimo di distrazione di Tokusa, gli passò un dito precedentemente intinto nella salsa, sul naso. E ridendo si sentì tornare bambina, quella bambina che non aveva mai voluto essere per convinzione o necessità e che adesso invece poteva lasciare libera.

 





Chi gli aveva parlato poteva avere apparentemente la sua età, magari anche meno, ma la voce aveva una nota tipica di chi ha vissuto anni e anni, secoli in questo caso.
“Maestro…”
Si tolse gli occhiali, come pensasse fossero questi ad ingannarlo, invece era davvero lui, era davvero Krest, ecco spiegato l’ulteriore freddo improvviso.
“Voi qui…” iniziò quasi titubante
“Aspettavi qualcun altro…?”
“No io-“
“Forse quel ragazzo dal cuore ardente?” lo interruppe subito
“…conoscete Kardia…?” chiese allora molto sorpreso
L’altro annuì, l’aveva incontrato molto tempo prima, e gli aveva proposto di vivere in eterno ma quello aveva rifiutato
“Sì, anche a me ha detto la stessa cosa… l’eternità dev’essere sembrata una prigione, ad uno spirito libero come lui” sospirò
Lo sguardo del maestro si fece mesto “Vivere in eterno non è sinonimo di felicità…”

Degel gli aveva sentito dire quelle parole tante volte, e tante volte non lo aveva compreso. A lui era sempre sembrata una grande opportunità avere più tempo rispetto agli altri uomini, più tempo per far del bene agli altri. Ma erano pensieri ingenui e immaturi, solo in seguito ne aveva capito il reale significato.
“Non mi fai entrare?” chiese ad un certo punto Krest
 Si riscosse dai suoi pensieri e solo allora si accorse di aver lasciato il maestro sulla soglia, si scostò per farlo passare e si diressero all’interno. La grande libreria era sempre stata la stanza preferita dal precedente saint dell’aquario quando ancora era veramente giovane e credeva alla bellezza del mondo. Tramite quei libri poteva fare i viaggi che gli erano preclusi fisicamente. Era da lui che il discepolo aveva poi ereditato l’amore per la lettura e per quello gliene sarebbe sempre stato grato.
“Ricordi, il primo libro che ti lessi...?”
“Sì maestro, perfettamente, è proprio quello che avevo in mano prima del vostro arrivo…”
“Che ne diresti allora, di sfogliarne qualche pagina insieme…?”
Avendo vissuto maggior parte della sua vita tra i ghiacci, il maestro Krest non poteva certo essere definito una persona affettuosa, ma le pagine di un buon libro, facevano tutt’un altro effetto.









Angolo dell'autrice:
Ecco dunque il secondo capitolo!! Scusate il ritardo ma mi era venuto un po' di blocco dello scrittore con alcuni Saints ^^'
Comunque, erano prevedibili i nostri visitatori o no? ^^ Ve li aspettavate? In ogni caso hanno ognuno il suo perchè, spero si capisca ^^
Non so che altro dire se non che ringrazio tanto chi ha letto il primo capitolo e vi aspetto anche domani sera, con l'ultimo atto! :-D

  
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