Centoventi
I
kept my faith, I still believe
Ho mantenuto la mia fede, credo ancora
I might have said yeah, but I laughed so hard I think I died
Potrei aver detto di sì, ma ho riso così tanto che penso di essere morto
(Seconda Parte)
Remember how we used to
talk
About busting out
We'd break their hearts
Together
Forever
Never say
goodbye
Never say goodbye
You and me
and my old friends
Hoping it would never end
Say goodbye
Never say goodbye
Holdin'
on, we got to try
Holdin' on to never say goodbye
(Never Say Goodbye, Bon Jovi)
Novosibirsk, 2 marzo 2017
Era
la mattina del 2 marzo 2017, e il pope Aleksej Nikolaev aveva
accettato di celebrare la funzione solo se gli avessero garantito che
quella terribile ragazza, valeva dire la biondina in tubino di pizzo
blu chiaro e stivali che tre anni prima era entrata nella sua chiesa
correndo, per poi togliersi in diretta gli stivali e tutti gli strati
di vestiti invernali indossati per non assiderare durante la strada e
rimanere in abito bianco e ballerine nere, purtroppo per lui in
qualità di sposa, e l'altro scriteriato che l'aveva seguita e,
dopo aver lasciato impronte di neve lungo tutta la navata, era
scivolato dritto contro l'altare, si mimetizzassero il più
possibile con i banchi.
Erano entrambi troppo biondi per poter
scomparire completamente, e c'era il piccolo, trascurabile
particolare che Lev era il testimone dello sposo, ma Nikolaj aveva
promesso che se li avesse sentiti fiatare più dello stretto
indispensabile li avrebbe soppressi su due piedi.
Aleksej
Nikolaev era un uomo di Dio, ma a quanto pareva l'idea di avere i
cadaveri di Lev e Aljona in chiesa mentre celebrava il matrimonio del
loro assassino lo turbava meno del pensiero di averli lì vivi.
Aljona
scese in cucina in mutande e canottiera, che per lei era già
un grande sforzo, ma perfettamente pettinata, perché nella sua
scala delle priorità prima venivano i capelli, poi il resto
del mondo.
Miracolosamente Nikolaj e Natal'ja in quel momento
dormivano entrambi, e se non fosse stato il giorno del matrimonio di
Kolja e Zinaida non ci avrebbero creduto nemmeno gli stessi Al, Lev e
Fëdor.
Lev ringraziò mentalmente che il suo unico
fratello, Jakov, avesse tre anni, perché già suo padre
vedeva sua moglie mezza nuda tutti i giorni, ci sarebbe mancato solo
di avere un fratello maggiore che faceva colazione con Aljona in
biancheria striminzita.
Lui era già sveglio da quasi
un'ora, si era fatto una doccia e infilato un paio di jeans chiaro
strappati e una canottiera nera ed era sceso in cucina a piedi nudi,
con i lunghi capelli biondi ancora leggermente bagnati che, come
sospettava Kolja, non si tagliava da mesi, perché gli
piacevano così, con le ciocche che gli si arricciavano sulle
spalle, e, particolare non trascurabile, Al non gli avrebbe mai
permesso di tagliarli più di due millimetri e Lev non poteva
permettersi di contraddire Al.
-Avete già sentito
Niko?-
-No, grazie a Dio. Dorme-
-Non
nostro figlio, Leva. Il cretino che oggi si sposa-
-Perché,
non è anche lui nostro figlio?-
-È nato due anni
prima di te e nove prima di me, ma se lo dici tu...-
-Dorme
ancora anche lui. O forse no, dato che è con Zinaida...-
-Beh,
non sono fatti nostri-
-Certo che lo sono! Lui è mio
figlio e mio fratello!-
-In effetti...-
-Poi mi aiuti a
scegliere i vestiti?-
-Vuoi anche una treccia?-
-Perché,
potresti farmela? Dici che dovrei tagliarmi i capelli?-
-No!
Sono assolutamente fantastici così, non ti azzardare! Sei nel
tuo periodo These Days*...
E non ti permetterò di uscirne-
-Evitiamo
la treccia, comunque. Non credo che mi si addica-
-Perché
no? Sei un Cosacco...-
-Moderno,
Al. Sono un Cosacco moderno e mi rifiuto di farmi fare una treccia.
Ty ponyala?*-
-Quello
avrebbe dovuto essere un tono autoritario? Ma fammi il
favore!-
-Khristos,
papà, perché l'ho sposata?- sospirò Lev,
lanciando a Fëdor uno sguardo affranto.
-Perché è
bella, perché la ami...
E perché è bellissima-
-Che
argomentazioni profonde...-
-Ma sono vere!-
-Mh. Può
darsi-
-Hai già messo il mascara?- notò Fedja, e
Aljona annuì, raggiante.
-Hai visto? E stavolta non ho
nemmeno riempito di nero il lavandino!-
Era così da anni:
Aljonka aveva imparato a mettersi il mascara una vita prima, ma ogni
mattina doveva litigarci almeno per un quarto d'ora.
L'occhio
destro in qualche modo riusciva a truccarselo al primo tentativo,
mentre il sinistro doveva rifarselo circa tre volte, e Lev la trovava
letteralmente appollaiata sul lavandino del bagno con un'abbondante
quantità di mascara sul naso e sullo specchio e una
salviettina struccante stretta fra le dita come un kindjal cosacco
appena affilato.
Se osava chiederle qualcosa in quei momenti Al
gli rispondeva sibilando e lui capiva che gli conveniva comportarsi
come se non avesse avuto una moglie finché non fosse uscita
dal bagno.
La maggior parte delle volte il risultato era
fantastico, perché Aljonka era di stirpe cosacca e non si
sarebbe mai lasciata sconfiggere da un mascara, ma era sempre una
battaglia all'ultimo sangue e le tracce di mascara rimaste sul
lavandino erano la conferma di quanto fosse stata
cruenta.
-Incredibile...-
commentò Fëdor, e a Lev scappò da ridere, anche se
sapeva che non gli conveniva e Aljona avrebbe potuto staccargli la
testa a morsi.
-Lasciamo perdere- sbuffò lei, consapevole
di non poter eliminare il marito e il suocero proprio il giorno del
matrimonio di Nikolen'ka.
-Levočka, tu ti metti la giacca
di pelle e gli stivali e sei pronto?-
-Direi di sì. Ai
Cosacchi è richiesto il valore, non l'eleganza. Soprattutto al
matrimonio di altri Cosacchi. Beh, Kolja non è un Cosacco, ma
in qualche modo riesce ad essere ugualmente straordinario-
-E
alle mogli dei Cosacchi cos'è richiesto, esattamente?-
-Di
sconfiggere il mascara, innanzitutto-
-Fatto-
-E poi di
andare subito a vestirti-
-Subito?!
Ma non ne ho voglia,
lasciami fare colazione...-
-Ma
c'è mio padre!-
-E
infatti io sono in mutande e canottiera, sono perfettamente
coperta!-
-Te lo dico di cuore, Aljonka,
sparati-
-Oggi?!-
-Fai
questa dannata colazione e taci!-
-L'idillio
del matrimonio...-
sussurrò Fedja, soffocando una risata, e Aljona gli lanciò
uno sguardo da "shoot
'em up", per dirlo
in stile Skid Row*.
-Aspetta, ma a parte il mascara cos'hai
fatto agli occhi?-
Quello di Fëdor non sembrava un
complimento, ma Aljonka cercò di non scoraggiarsi.
-Ombretto
d'argento-
-D'argento?! Ed
è legale?-
-Fedja,
da quanto tempo è che viviamo insieme?-
-Tre anni-
-E
in tre anni tu non mi hai mai vista con l'ombretto
d'argento?-
-Appunto! Quanto diavolo lo mettevi male?-
-Non
lo so, effettivamente non lo vedevo nemmeno io...-
Al si sedette
al tavolo senza fare il minimo rumore, un po' incupita, e Fedja le
porse un biscotto al burro.
-No
ty vsegda nasha svetlaya, krasivaya devochka... Nasha malen'kaya
koroleva-
Ma sei sempre la nostra luminosa, bellissima
ragazza... La nostra piccola regina.
-Mozhet
byt'- Forse, aggiunse
Lev, ma la guardava troppo teneramente per poter essere serio.
Aljona
addentò furiosamente il biscotto e li polverizzò
entrambi con lo sguardo.
-Impiccatevi,
bastardi-
Luminosa e
bellissima, certo.
Nessuno aveva mai detto
gentile.
-Hai
preso tutto, Levočka?-
-Tutto cosa? Ah, sì, le fedi.
Certo che le ho prese. Le ho in tasca. E ho anche... Un fazzoletto di
stoffa? Possibile? Non credevo di avere un fazzoletto di stoffa in
una tasca di questi jeans, ma fa niente...-
-Se questo non
impedirà a Kolja di sposarsi, possiamo andare- decretò
Fëdor, decidendosi finalmente a uscire di casa.
Elena
Ichmeneva e Nikolaj Rostov, i genitori di Anastasija, erano arrivati
poco prima, e Fedja non sarebbe riuscito a immaginare due persone più
affidabili a cui lasciare Kolja e Al'ja, i suoi nipotini
indifesi.
David sarebbe nato solo a novembre, quindi per il
momento i suoi nipotini si potevano definire ancora
indifesi.
-Secondo te io ho bisogno di un fazzoletto di stoffa,
per impedire a Kolja di sposarsi?-
-Secondo me è meglio
che stai zitto, mi fai paura-
-Papà,
sono tuo figlio-
-Non
chiamarmi papà e non dire queste cose-
-Khristos, Fëd'ka,
non ricominciare... Ormai te lo tieni in casa da ventisei anni, se
volevi rinnegarlo dovevi pensarci prima- sospirò Aljona, fin
troppo abituata a quei siparietti fra padre e figlio.
-L'hai
messo al mondo tu, prenditi le tue responsabilità, per quanto
terrificanti-
-Sempre incoraggiante, lei- sbuffò Fëdor,
ma anche del finto risentimento di suo suocero Al aveva una grande
esperienza.
Non c'era più niente che quei due poco di buono potessero dire o fare per turbarla realmente, ma in effetti qualcosa di davvero inquietante rimaneva: il fatto che lei vivesse ancora con loro.
I learned a little thing
called sacrifice
Givin' up on dreams, lost a couple fights
All
anybody wants is a better life
And something to believe
(Walk Like A Man, Bon Jovi)
Due
ore prima, nella stessa città, nello stesso quartiere e nella
stessa via, due persone normali si stavano svegliando.
Ecco,
forse "due" persone normali è
un'esagerazione.
Diciamo una e mezza.
Zinaida provò
invano a muoversi e maledisse mentalmente il meraviglioso militare
ucraino che la teneva così stretta anche nel sonno e non le
lasciava alcuna speranza di potersi alzare in tempi ragionevoli.
In
altre occasioni, anzi, in tutte le altre occasioni non avrebbe potuto
chiedere di meglio, ma in quel preciso momento lei doveva alzarsi e
prepararsi per il loro matrimonio e aveva davvero bisogno che Nikolaj
la lasciasse andare e, se non era chiedere troppo, che anche lui si
alzasse e cominciasse a prepararsi.
-Kolja...-
Il silenzio
più assoluto.
E del resto lei, una delle poche anime
veramente gentili di Nostal'hiya, si era limitata a sussurrare
dolcemente il nome del suo futuro marito.
Romantica finché
voleva, ma così non avrebbe risolto niente.
-Kolja!-
-Che
diamine... Zinaida?-
-Eh.
Esatto-
-Cos'è successo? Perché hai
gridato?-
-Puoi alzare il braccio e lasciarmi scendere dal
letto, visto che tra poco ci dobbiamo sposare?
-Oh, certo,
scusa... Ma stai bene?-
-Al momento ho solo qualche piccola
difficoltà a respirare, ma se alzi il braccio,
appunto...-
-Subito. Va meglio?-
-Decisamente. Sei un
tesoro-
-E...-
-E cosa?-
-Non mi dai neanche un
bacio?-
-Comincia ad alzarti, ai baci ci pensiamo
dopo-
-Seriamente?-
-No, infatti...-
Il concetto di
"alzarsi dal letto"
si era pericolosamente allontanato dalle priorità di Zinaida,
ma fu lo stesso Kolja, per una volta, ad imporsi di non trattenerla,
perché effettivamente quel giorno non potevano permettersi di
"avere altri impegni".
-E ora... Put
on your best dress, baby, and darlin', fix your hair up right, 'cause
there's our wedding, honey*...-
-Questo
era... Jon?-
-Nah! Bruce. Out
In The Street,
ma l'ultimo verso l'ho adattato alla nostra
situazione-
-Fantastico... Adesso tocca a noi, adattarci alla
nostra situazione. Tra una decina di minuti arriva Aglaja, l'unica
delle mie sorelle che riesce ad aiutarmi senza che io cerchi di
ucciderla... No, non puoi capire. Tu hai una sorella, ma non sei una
sorella. Te lo spiegherò un'altra volta-
-Sì,
ma... La
colazione?-
-La
colazione?
La colazione. Mi
risulta che ieri sera tu mi abbia detto di avere ventisette anni e
tre mesi. Quindi ora scendi da questo maledetto letto, vai in cucina
e ti prepari la colazione. E non guardarmi con quegli occhioni
sgranati, oggi
mi devo sposare, non ho tempo per te!-
-Questa
sì che è una perla di coerenza, eh...- protestò
Kolja, ma in quell'esatto istante lo schermo del suo cellulare si
illuminò, e visto il mittente della telefonata rispose subito
alle prime note di Bobby
Jean,
la sua canzone preferita di Bruce Springsteen e colonna sonora della
sua adolescenza da quando aveva conosciuto Lev, che aveva come
suoneria da una vita.
Rispose, ma non riuscì a
pronunciare una sola parola, perché il sopracitato mittente
della chiamata cominciò a cantare.
-Diamond
ring, wear it on your hand, it's gonna tell the world I'm your only
man*...-
-Lev,
per carità di Dio...-
-Che c'è? Era riferito a te
e Zinaida, mica a te e me!-
-Cosa vuoi? Non mi sono ancora
alzato e non ho ancora fatto colazione, Zinaida dice cose incoerenti
e tu... Tu sei pericoloso!-
-E dire che te l'avevano detto
tutti, ai tempi! Ora sono fatti tuoi. Volevo solo sapere come stavi.
And
I'm just calling one last time not to change your mind, but just to
say I miss you, baby, good luck, goodbye, Bobby Jean*-
Nikolaj
non poté fare a meno di sorridere, e in fondo non gli era
richiesto altro, quel giorno.
-Sto bene, Levočka. Sto
davvero bene. Grazie-
-Hai visto il vestito di Zinaida?-
-No,
ti pare che me lo fa vedere? E poi non mi importa cosa si mette, a me
basta che mi sposi-
-Ti sposa, Niko, ti sposa... È
evidente che non aspetta altro! Anche mia nonna, se potesse, ti
sposerebbe!-
-Tua nonna, Elena Fëdorovna Ichmeneva, con il
suo odio per gli ucraini, mi sposerebbe? Tua nonna che non voleva far
entrare in casa Al, ucraina solo per metà? Che poi Al è
di provincia, io sono nato a Kiev, ci terrei a sottolineare-
-Al
sarà anche di provincia, e scusami tanto se l'oblast' di
Poltava non è all'altezza della tua Kiev, ma è la
nipote di Vasilij Zanevs'kij, Generale cosacco ed ex fidanzato di mia
nonna al Ginnasio, e Oksana Denysova, pattinatrice ed ex migliore
amica di mia nonna al Ginnasio. Voglio dire, se tu scappassi con Al
anch'io dichiarerei guerra all'Ucraina!-
-Se io scappassi con
Al?! E poi dove la metto? Pensi davvero che potrei sopportare tua
moglie per più di dieci minuti? Sai benissimo, e lo sa anche
Al, che all'undicesimo lei e il suo iPod finirebbero dritti nel
Dnepr-
-E sappiamo benissimo entrambi che all'undicesimo minuto
e una frazione di secondo rischieresti la vita per recuperarla. Solo
lei, del suo iPod chissenefrega, ma per lei sì-
-E
sappiamo benissimo entrambi che tu, a lei, questo non lo dirai
mai-
-Ma a proposito, hai fatto colazione? Hai avuto una minima
esitazione nella voce, prima, e giurerei che ti sei appoggiato alla
cassettiera della tua camera, perché se stai tanto tempo in
piedi prima di fare colazione ti viene un capogiro... Vai a mangiare,
ti prego, che oggi ti sposi. E di capogiri ne avrai già
abbastanza in chiesa, credimi. E ne farai venire a Zinaida-
Kolja,
che non si sarebbe mai abituato abbastanza ad avere una persona che
si preoccupasse per lui per un'esitazione della sua voce percepita da
un capo all'altro del telefono, non trovò subito una risposta
degna di quel disastro di angelo che si ritrovava per migliore amico,
e sentì in sottofondo le voci di Aljona e Fëdor.
-Ha
mangiato?-
-Digli di mangiare!-
-E salutamelo!-
-Anche
a me!-
-State
tranquilli, ora vado a fare colazione. A prestissimo-
-A
prestissimo, scricciolo. Ti vogliamo tutti troppo bene-
-E io a
voi, ma non ti azzardare a dirlo a quelle due sanguisughe che sono
con te!-
-Lo
sai che quello che stai per sposare è un individuo inutile,
vero? Voglio dire, quando sono arrivata stava facendo colazione!-
-Lo
so-
-E sai anche che è stupido? Completamente,
profondamente stupido?-
-Assolutamente-
-Zinaida,
lo dico per il tuo bene, lo so che troppa bellezza inibisce i
neuroni, ma mi è sembrato proprio un vero cretino...-
-Lo
è davvero, non preoccuparti. Ma è simpatico, in
fondo-
Zinaida doveva ancora capire cosa avesse trovato sua
sorella di tanto terribile in Nikolaj, a parte il fatto, sinceramente
abbastanza trascurabile, che aveva fatto evaporare completamente
l'acqua del thè dalla teiera, perché si era messo a
sentire l'iPod mentre aspettava che bollisse, e mentre l'acqua
evaporava aveva versato troppi cereali al cioccolato nella ciotola,
facendone rotolare buona parte per tutta la lunghezza del tavolo.
Il
tutto a ventisette anni e tre mesi, come lui si ostinava a
ripetere.
-Davvero, Zinaida, meriti di meglio. Sei una ragazza
straordinaria, potresti puntare più in alto...-
-Aglaja,
più in alto di Nikolaj Gončarov c'è solo il
soffitto. È il ragazzo dei sogni di Novosibirsk!-
-Dei
sogni, appunto. Nella realtà avresti anche potuto sceglierti
un marito più intelligente...-
-Intelligente? A
Nostal'hiya?-
-Oh,
insomma, se ne sei proprio convinta...-
-Assolutamente. Ora cosa
ne diresti di aiutarmi con il vestito?-
-Una volta non eri così
impertinente, sai?-
-Una volta non ero neanche fidanzata con un
cretino... Voglio dire, con
il ragazzo più bello di Novosibirsk-
Aglaja
emise un sospiro esasperato, rivolgendo gli occhi al soffitto con il
suo sguardo più sconsolato.
-Non so se te lo ricordi, ma
quando eri piccola ti ho fatto tre raccomandazioni. Non
sposare un ragazzo di Nostal'hiya, non sposare un ucraino di
Nostal'hiya e non sposare un militare ucraino di Nostal'hiya.
Ed è fantastico come Nikolaj Gončarov sia la perfetta
incarnazione della terza raccomandazione e che tu lo stia per
sposare-
-Ma poi che cos'hai contro i militari ucraini di
Nostal'hiya?-
-Sono
stupidi, Zinaida. Non
dirmi che non ne hai già avuto la prova!-
-Ma perché,
io ti sembro intelligente?-
-Appunto! Con un marito intelligente
almeno avresti potuto compensare...-
-Grazie, Aglaja, di cuore.
Ora se non ti dispiace vado a prendere il vestito...-
L'abito da
sposa di Zinaida era ancora incartato in una scatola nascosta in
un'anta chiusa a chiave del suo armadio, insieme alle décolleté
d'argento con il tacco che aveva comprato insieme ad Aljona, la quale
le aveva scrutate per diversi minuti prima di decretare che lei ci si
sarebbe ammazzata nel giro di pochi secondi, ma se era sicura di non
percorrere tutta la navata in volo, radere al suolo l'altare e
rompersi entrambe le gambe sarebbero state perfette.
Zinaida non
aveva mai conosciuto una persona più incoraggiante di Aljona,
ma d'altra parte era stata lei a chiederle di andare a fare shopping
insieme.
Forse non era esattamente la più incoraggiante,
ma di sicuro era la più divertente.
Il vestito era senza
spalline, con un corpetto aderente e una gonna lunga fino ai piedi
che si allargava e arricciava solo alla fine, un modello etereo e di
un lucente color avorio che slanciava e illuminava il fisico esile
della giovane ballerina.
-Tu sei perfetta, ma hai idea di cosa
indosserà lui?- si azzardò a domandare Aglaja, con gli
occhi che le brillavano per la sfolgorante bellezza della sua
sorellina preferita, ma un po' preoccupata per l'outfit del militare
ucraino che la sua povera stella voleva tanto sposare.
-Oh,
certo! Un paio di jeans non strappati, innanzitutto, anche perché
quelli li metterà Lev, il suo testimone... E pare che sua
sorella, sua madre e Aljona siano perfino riusciti a convincerlo a
mettere una camicia!-
-Ossignore, addirittura... Non
sarà troppo elegante?-
-Ma
tu non hai idea di quanto stia bene Niko senza camicia... Cioè,
senza camicia ma con una
maglietta,
ovviamente-
-Ovviamente-
-Lev
invece viene direttamente in canottiera, perché dice che se no
dopo al ricevimento gli viene caldo...-
-Eh, immagino,
povero-
-Aglaja,
sono due bravissimi ragazzi, credimi-
-Scusami l'impertinenza,
ma Lev non è quello che ti ha presa per il collo quattro anni
fa?-
-Beh, in effetti sì, ma non l'ha più
rifatto...-
-Ah, beh, allora!-
Zinaida
decise di lasciar perdere e concentrarsi sul suo matrimonio, a
convincere Aglaja che Lev non era l'Anticristo ci avrebbe pensato in
un altro momento.
La cosa più urgente, piuttosto, era che
l'Anticristo si ricordasse di portare le loro fedi.
Lev, quando
voleva, sapeva essere un ragazzo responsabile e assolutamente
irreprensibile.
Peccato che a volte, per quanto lo volesse,
semplicemente non ci riusciva.
Non si sarebbe mai dimenticato di
portare in chiesa le fedi per il matrimonio del suo migliore amico,
per nulla al mondo, e infatti non le aveva dimenticate.
Le fedi
di Nikolaj e Zinaida erano al sicuro in una tasca dei jeans di Lev,
per quanto sicura potesse essere la tasca dei jeans di Lev.
Ma
non erano sole.
-A
proposito, sai che Lucija sta preparando dolci bosniaci da ieri
sera?-
Aglaja era a metà dell'elaborata treccia centrale
che stava facendo a Zinaida, quando si ricordò della minaccia
della sua amica e collega bosniaca, Lucija Cvetić, conosciuta al
negozio di dischi dove entrambe lavoravano.
Lucija era molto più
giovane di lei, aveva vent'anni, mentre Aglaja ventinove, ma era
stato impossibile non adorarla fin dalle prime parole che si erano
rivolte, e ormai per lei era a tutti gli effetti un'altra
sorella.
Quando era stata invitata al matrimonio di Zinaida, con
cui la piccola bosniaca aveva fatto amicizia altrettanto in fretta,
aveva promesso che le avrebbe preparato i dolci con cui era cresciuta
a Sarajevo e non aveva voluto sentire obiezioni.
Lei adorava
preparare dolci e le sorelle Jusupov, e se capitava anche il futuro
mimarito di Zinaida, avrebbero adorato i dolci bosniaci, non nutriva
alcun dubbio al riguardo.
-Quella ragazza è un angelo-
sorrise Zinaida, e nello stesso momento Aglaja strinse l'estremità
della treccia con un nastro di raso bianco.
-Anche
tu, oggi-
-Ma
va...-
-Lo chiediamo anche al deficiente?-
-Chi?-
-Tuo
marito-
-Quale
marito, Aglaja?-
-Quello
che ha fatto evaporare l'acqua del thè e rovesciato i
cereali!-
-Ah, Kolja... No, no, lasciamo perdere. Non
voglio che mi faccia un complimento-
-Scusami?-
Aglaja
guardò la sorella con gli occhi sbarrati e Zinaida distolse lo
sguardo, avvampando esattamente come avrebbe voluto evitare che le
capitasse.
-Mi
imbarazzo!-
-Ti
imbarazzi se tuo marito ti fa un complimento, peraltro il giorno del
vostro matrimonio?-
-Sì, da morire!-
-Ma quanto
diamine ti sei rincretinita? Bah... Comunque sei a posto. Il vestito
è fantastico, le scarpe sono fantastiche, i capelli sono
fantastici, il trucco è fantastico, tu sei cretina... Ma
almeno sei pronta-
-Davvero?
Oh, grazie!-
-Oh, prego! E adesso andiamo, che sarebbe anche
ora! Il deficiente è riuscito a fare colazione, si è
vestito e viene con noi?-
-No, veramente pensava di arrivare a
metà cerimonia-
-Quindi hai tutto il tempo di trovarti un
marito più decente. Che Dio sia lodato-
-E
quello le sembra un vestito da indossare a un matrimonio? Beh,
d'altra parte se una ha la vocazione...-
Feliks Jusupov, che
della frase pronunciata da suo fratello Iosif aveva sentito solo
l'ultima parola, distratto com'era dall'arrivo di Aljona Dostoevskaja
e, particolare secondario, suo marito, rispose in base a quello che
gli era sembrato di capire.
-È una pattinatrice
fantastica, vero?
-Fantastica? Bah.
Mediocre. Decisamente
sopravvalutata, credimi, solo perché ha quel bel visino
angelico. Io, comunque, non parlavo certo della sua discutibile
vocazione per il pattinaggio. L'unica cosa veramente innegabile di
Aljona Dostoevskaja è la sua vocazione per fare la
puttana-
-Ma che ti ha fatto? È sempre così
gentile e simpatica...-
-Quella? Ma fammi il favore! Non per
niente è di origine cosacca. Dio ci salvi dai Cosacchi, e dai
Cosacchi ucraini, soprattutto!-
-Beh, in ogni caso è una
strafiga, io non starei a fare tante questioni sulle sue
origini-
-Contento tu!-
-Привет,
Иосиф, привет,
Феликс... Non per interrompere il
vostro discorso su strafighe e Cosacchi ucraini, ma sai, Iosif, fossi
in te io porterei rispetto ai Cosacchi, soprattutto a quelli
ucraini... Pare che siano particolarmente violenti e suscettibili.
Basti pensare a quell'anima candida di Taras Bul'ba e ai suoi
compagni della Seč di Zaporože... Certo, loro erano del
Cinquecento, ma credete davvero che siano cambiati? Uomini così
rozzi, crudeli e spietati difficilmente si evolvono. E a mio parere è
molto meglio così, perché c'è proprio bisogno,
nel nostro secolo, di persone che non abbiano problemi a staccare la
testa dal collo a chi li fa innervosire. Detto questo, buona giornata
ad entrambi, e congratulazioni per vostra sorella. Zinaida è
sempre splendida, a differenza vostra-
Iosif avrebbe voluto
trovare qualcosa da replicare, ma Aljona -Dio,
aveva sempre detestato quella ragazzina!-
era già sparita.
-Te l'avevo detto che i Cosacchi ucraini
sono degli incivili-
-Però
hanno il loro fascino- replicò Feliks, ammirato, e Iosif
scosse vigorosamente la testa, perdendo anche l'ultima speranza di
far ragionare quel decerebrato di suo fratello.
Un genio della
matematica, ma gli bastava intravedere Aljona Dostoevskaja perché
i suoi neuroni si inibissero completamente.
-Che
volevano gli Jusupov?- si informò subito Lev, aggrottando le
sopracciglia, quando Aljona lo raggiunse.
-Oh, solo qualche
delucidazione sui Cosacchi ucraini-
-Stavano parlando di
Cosacchi ucraini? Quei due dementi? E con che diritto?-
-Iosif
sosteneva che fossimo poco raccomandabili-
-E tu?-
-Io
gliel'ho confermato-
-Meravigliosa!-
Lev la strinse a sé
e le baciò i capelli, più orgoglioso che mai.
-They
call us problem child, we spend our lives on trial, we walk an
endless mile, we are the youth gone wild! We stand and we won't fall,
we're one and one for all, the writing's on the wall, we are the
youth gone wild!*-
Iosif,
che li stava osservando da lontano, non capì una parola
dell'ultima frase di Aljona, anche perché, come tutti i russi
senza alcun interesse per lo studio, aveva poche e instabili basi di
inglese, ma rabbrividì ugualmente.
Tutto sommato, come
tutti i ragazzi russi senza una sola goccia di sangue cosacco nelle
vene e un disprezzo così evidente per i discendenti diretti di
quella stirpe gloriosa quanto spietata, non avrebbe voluto davvero
sapere cosa significasse "youth
gone wild".
-Kolja!-
Al
grido di Aljona Lev si voltò in tutte le direzioni in cerca
del suo migliore amico, finché lei non lo afferrò per
il collo e lo girò a forza verso il punto in cui si era
fermata la macchina di Aglaja Jusupova.
-Lì,
stordito!-
-Oh, che
Pugačëv sia lodato!- sospirò Lev, grato al suo
mentore spirituale caucasico per aver fatto arrivare Nikolen'ka in
orario, ma anche soltanto per averlo fatto arrivare.
-Dio,
ha un'aria così da imbecille...- commentò
Aljona, commossa.
-Khristos, ma gli sembra il caso di
presentarsi al suo matrimonio con quell'espressione sperduta? Non gli
ho insegnato niente, in tutti questi anni? È emozionato,
comprensibile, ma così sembra uno scoiattolo volante
paralizzato a mezz'aria...-
-Un
petauro dello zucchero-
-Ecco,
appunto. Esattamente un
petauro dello zucchero-
-Cos'è
un petauro dello zucchero?-
Lev e Aljona si voltarono di scatto,
e quando si trovarono faccia a faccia con lo stesso Nikolaj Igorevič
Gončarov che avevano appena paragonato ad un roditore non troppo
intelligente, ma di fatto era il migliore amico di entrambi,
sgranarono gli occhi come se avessero visto un rospo viola a tre
teste.
-Kolja? Cosa diavolo ci fai qui?-
-P-Perché?-
-Dove
hai lasciato Zinaida?-
-Con sua sorella...-
-E
ti sembra il caso?-
-È
una persona affidabile... E mi considera un cretino, quindi dovrebbe
starvi molto simpatica-
-Stai bene?-
-Hai fatto
colazione?-
-Sicuro?-
-Ma
sì, certo... State tranquilli!-
-Sei tu che devi stare
tranquillo, Kolja. E devi stare bene e devi mangiare. Noi siamo
tranquilli. Noi siamo
Cosacchi-
Se qualche
genitore avesse avuto bisogno di spaventare un figlio che non voleva
dormire, gli sarebbe bastato chiamare Aljona e chiederle di ripetere
quella frase.
Il bambino in questione avrebbe preso sonno
all'istante.
Oppure sarebbe morto di paura sul colpo.
-Sotto
certi punti di vista è commovente che due Cosacchi siano tanto
protettivi nei miei confronti...-
-E sotto altri?-
-Sotto
altri è a dir poco preoccupante-
-Immagino di sì.
Comunque, tu... No, aspetta, comunque un accidente. Dopo dovrai
aprire i regali degli altri, quindi
adesso apri i nostri-
La
cosa curiosa era che nella voce di Aljona non c'era niente che
suggerisse che lui avesse possibilità di scelta.
Altra
simpatica caratteristica dei Cosacchi.
Nikolaj pensò che
se, quando fosse arrivato il momento, avesse avuto con suo figlio
anche solo una minima parte dell'autorità che Aljona,
pattinatrice siberiana diciannovenne alta quasi venti centimetri in
meno di lui, esercitava su di lui, militare ucraino ventisettenne,
avrebbe potuto ritenersi un uomo realizzato.
Al momento, però,
dato che la suddetta lo guardava come se fosse stato un cucciolo di
kiwi, adorabile uccellino neozelandese a rischio di estinzione,
probabilmente non poteva considerarsi neanche un uomo.
C'era una
cosa in particolare, infatti, che Kolja ammirava di Lev: viveva con
Aljona da tre anni e non aveva ancora cominciato a frequentare un
corso di autostima.
Questo sì che significava essere un
vero uomo cosacco.
Quello che Kolja ignorava, invece, era che
lui avrebbe avuto bisogno di un corso di autostima anche se non
avesse mai conosciuto Aljona.
D'altra parte, Aljona non
distruggeva l'autostima di nessuno.
La tramortiva e basta.
-Non
potete avermi fatto un regalo... Non voi, insomma, non è da
voi, non è da Cosacchi-
-Stai tranquillo, non è un
microonde. Io non ti regalerei mai una diavoleria simile- lo
rassicurò Lev, mettendogli in mano un pacchettino sottile
sottile avvolto da una carta traslucida decorata con gufi
colorati.
-Beh, se non è un microonde pieghevole...-
-Khristos,
lo vuoi aprire?-
Aljona si stava spazientendo, e Kolja era
letteralmente terrorizzato all'idea di contrariarla o peggio ancora
-non osava nemmeno pensarci- farla arrabbiare.
Avrebbe potuto
bruciarlo vivo.
-Subito-
-Bravo-
La prima cosa in cui
Nikolaj si imbatté scartando il pacchetto fu un collage
stampato su carta lucida, ma non riuscì a riconoscere il
ridente ragazzo biondo dai capelli lunghi e la ragazza bruna vestita
di bianco accanto a lui e rivolse ad Aljona uno sguardo
interrogativo.
-Sono molto belli, ma...-
-Guarda a destra,
riesci? No, non alla tua destra, per l'amor del cielo, il
lato destro del collage!-
-Oh...
Beh... Questi...-
-Sì, ti prego, vai avanti...-
-Siamo
io e Zinaida-
-Grazie a Dio! Ti
sei riconosciuto!-
-Ma
gli altri due...-
-Esattamente, Niko, quando sei diventato
analfabeta? Stanotte? C'è scritto, proprio lì, in basso
a sinistra. E in alto a destra c'è la mia dedica, ma pensavo
saresti riuscito a leggerla da solo... Idea un po' azzardata, in
effetti-
-Ma smettila... Oh, ecco, John
Francis Bongiovi Jr e Dorothea Rose Hurley, Las Vegas, Graceland
Wedding Chapel, 29th April 1989.
Fantastico. Questo è il tizio di cui hai tutta la discografia,
videografia e un nastro registrato di starnuti?-
-Esattamente. A
parte gli starnuti, che purtroppo mi mancano. E per me, quella di Jon
e Dorothea, è davvero la storia d'amore dei sogni. Quindi,
beh, prendilo come un
complimento-
Dorogoy
Kolja, ya posporyu vy budete krasivyy kak oni. Mnogo lyubvi, tvoya
Aljonka.
Caro Kolja, scommetto che voi sarete belli come loro.
Con affetto, la tua Aljonka.
-Oh...
Ma per me è la vostra, quella di te e Lev, la storia d'amore
dei sogni... E poi questo tizio assomiglia spaventosamente a
Lev!-
-Quello non è un tizio, Kolja. Lui
è Dio- sibilò
Aljona, e Nikolaj si impose di non rabbrividire.
-E Lev?-
-Lev
è il mio Lev. È
molto più di Dio-
-Oh,
su questo sono d'accordo-
-Anch'io-
aggiunse Lev,
serafico.
-Ora leggi anche il mio biglietto, però-
Il
biglietto di Lev non includeva rockstar americane, con grande
sollievo di Kolja, la cui cultura sulle rockstar americane, che si
poteva tranquillamente estendere alla sua cultura sulle rockstar in
generale, era pari a quella che aveva sulle processionarie.
La
foto incollata sull'estremità superiore del cartoncino color
lavanda fece trasalire il ragazzo, perché era la prima in
assoluto che immortalava lui e Lev insieme.
Risaliva al 2002,
l'anno in cui si erano conosciuti, ed erano seduti al tavolo della
cucina dei Puškin davanti a due enormi fette di torta ai
cereali e biscotti accompagnate da altrettante tazze di thè.
Da
quando Fëdor aveva scoperto che Nikolaj adorava in quella torta,
infatti, faceva in modo di prepararla almeno una volta alla
settimana, e quel giorno ne aveva fatta una apposta per lui, da
portare a casa, abbondantemente spolverata di zucchero a velo e già
bella incartata in un foglio di alluminio.
Appena l'aveva vista,
Kolja lo ricordava bene, anche se erano passati quindici anni,
l'allora tredicenne ucraino aveva sgranato gli occhioni azzurri a tal
punto che lo stesso Fedja aveva guardato la torta con meraviglia,
come se si fosse improvvisamente messa a camminare per il tavolo
intonando l'inno nazionale russo.
C'era perfino quel bigliettino
con il suo nome, Для Коля,
Per Kolja, e nessuno, tranne ovviamente sua madre, gli aveva mai
dedicato una torta.
Gli erano venuti gli occhi lucidi, Fedja gli
aveva accarezzato i capelli e se da quel momento in poi la nostalgia
di suo padre era stata un po' meno crudele era stato grazie a
lui.
Lev aveva finito i compiti di grammatica russa in un tempo
che a Nikolaj non era sembrato superiore ai tredici secondi, e poiché
Kolja aveva un rapporto terribile con la grammatica russa, se proprio
vogliamo azzardarci a dire che lui e la grammatica russa avessero un
rapporto -non che con la grammatica ucraina ne avesse uno migliore-,
aveva fatto anche i suoi, anche se il suo amico era due classi più
avanti.
Sotto quella foto c'era una citazione, con relativa
traduzione in ucraino che poteva essere stata solo opera di Aljona,
dato che l'ucraino di Lev faceva francamente schifo.
As
we stood there older than men
And younger than the boys
That's
right
We were as still as the wind
That blows on a hot
August night
And
you were lonesome as a jukebox
But deadly just the same
I
could be as gentle as a newborn
Then spit into the eye of a
hurricane
I
guess you'd say we had a pact
These words we knew so well
That's
right
Still they remained unspoken
And we'd take them to
the fiery gates of hell
Once
I was afraid of love
But when it's your brother those things
change
'Cause
love is just another word for trust
So hear me when I say
Never
say die
Never say no
You got to look 'em in the eye and
don't let go
When it's your own blood you'll bleed
And
your own tears you'll cry
When you're brought up to believe
That it's the strong who survive
Never say die
(Never
Say Die, Jon Bon Jovi)
Poi
c'era la prima foto che avevano fatto dopo la scarcerazione di Lev,
sempre a casa Puškin, davanti alla torta carote e yogurt che
Fëdor aveva preparato per l'occasione, e Lev aveva scritto su un
tovagliolo la loro frase preferita di Bobby Jean di Bruce
Springsteen, riadattata per loro.
We
are the wildest, the wildest thing we'd ever seen.
E
la citazione sottostante non poteva essere nessun'altra.
Now
you hung with me when all the others turned away, turned up their
noise
We liked the same music, we liked the same bands, we liked
the same clothes
We told each other that we were the wildest,
the wildest things we'd ever seen
Now
we went walking in the rain talking about the pain from the world we
hid
Now there ain't nobody nowhere nohow gonna ever understand
me the way you did
(Bobby Jean, Bruce Springsteen)
[...]
Well,
we busted out of class
Had to get away from those fools
We
learned more from a 3-minute record, baby
Than we ever learned
in school
Well,
now young faces grow sad and old
And hearts of fire grow cold
We
swore blood brothers against the wind
Now I'm ready to grow
young again
And hear your sister's voice calling us home
Across
the open yards
'Cause
we made a promise we swore we'd always remember
No retreat,
baby, no surrender
Blood brothers in the stormy night
With
a vow to defend
No retreat, baby, no surrender
(No
Surrender, Bruce Springsteen)
L'ultima
foto era esattamente l'ultima che avevano fatto, il giorno prima,
seduti al loro tavolino preferito de I Cosacchi dell'Ob', quello
sotto il ritratto di Pugačëv.
L'aveva scattata Aljona,
ed era per quello che davanti a loro c'erano tre tazze di cioccolata
e tre crêpes alla nutella.
Nella prima avevano undici e
tredici anni, in quella ventisei e ventisette, e nonostante tutto i
loro sorrisi non erano cambiati.
Lev aveva sempre i capelli un
po' troppo lunghi, Nikolaj aveva sempre problemi con la grammatica
russa, ma le cose importanti erano sempre le solite due.
Che
stessero bene e che mangiassero.
Woke
up to the sound of pouring rain
The wind would whisper and I'd
think of you
And all the tears you cried, that called my
name
And when you needed me I came through
We've
had our share of hard times
But that's the price we paid
And
through it all we kept the promise that we made
I swear you'll
never be lonely
(I Remember You, Skid Row)
[...]
Remember
when we were young
Just two kids on the run
With our
fists full of dreams
Took
it awhile, playin' it cool
Stayed up late, cuttin' school
While lightin' cigarettes, like James Dean
Together
we stand
Well, its just you and me
So baby, hold on and
you'll see
Forever we stand
And we'll make it through
'Cause I know that I can't live without you
(Forever, Skid Row)
-Tu...
Tu sei un bastardo e un
infame-
Se non fosse
stato in lacrime, forse Nikolaj sarebbe riuscito ad essere più
convincente.
-E tu... Tu
sei sua moglie!-
Con
queste parole ovviamente si rivolse ad Aljona, che probabilmente
sapeva già di essere la moglie di Lev -ragazza
sveglia, la Dostoevskaja-,
e scosse la testa, con la voce sempre più incrinata.
-Ma
perché... Khristos... Siete così stupidi... E
dolci... E meravigliosi? Non
è giusto...-
-Neanche il fatto che tu sia stupido è
giusto, ma vedi, noi l'abbiamo accettato lo stesso- gli spiegò
Aljona, in tono quasi materno.
-Grazie, in ogni caso. Non per
avermi dato dello stupido... Per
avermi fatto sentire meraviglioso, prima di darmi dello stupido-
-Oh,
ma tu sei
meraviglioso. Stupido, ma meraviglioso. E
non sai quanto-
Aljona
prese la mano di Nikolaj e poi quella di Lev, le mise una sopra
l'altra e infine vi appoggiò la sua.
-Blood
on blood, one on one*... We are the youth gone wild!*-
We stare at the sun
And
we made a promise
A promise this world
Would
never blind us
And these were our words
Our words were our
songs
Our songs are our prayers
These prayers keep me
strong
And I still believe
(In These Arms, Bon Jovi)
-A... Aljona, giusto? Potrei
parlarle un momento?-
Padre Aleksej aveva usato un tono cauto,
lo stesso che si sarebbe potuto usare per convincere un pericoloso
criminale a non fare del male a nessuno.
Aljona, dal canto suo,
gli rivolse un bel sorriso che avrebbe voluto essere incoraggiante,
ma era piuttosto difficile essere tranquilli, quando la nipote di un
Cosacco ucraino moglie di un Cosacco siberiano sorrideva.
-Ma
certo!-
-Ecco... Lei
che rapporto ha con l'Onnipotente?-
Il
sorriso di Aljonka, se possibile, aumentò, e la pressione di
padre Aleksej diminuì, ma non certo perché subiva il
fascino della giovane pattinatrice.
-Oh, ascolto le sue canzoni
da quando sono nata!-
Il povero pope impallidì.
-Le
sue... Canzoni?-
-Certo!
Tutte! Ma perché guarda in alto? Non è ancora morto,
per fortuna... Anzi, proprio oggi compie cinquantacinque anni!-
-Di
chi... Di chi
sta parlando, esattamente?-
-Di Jon Bon Jovi, ovviamente. Quanti
altri Onnipotenti ci sono? Oh, beh, mio marito, certo. E Keith
Richards, perché quanti uomini conosce che si sono fumati di
tutto e suonano ancora così divinamente? Basta, mi pare, no?
Ne conosce
altri?-
-Gesù
Cristo...-
sussurrò il pope, troppo smarrito per riuscire a conferire
un'inflessione determinata alla sua voce.
-Oh, lui... Un bel
tipo, mi è sempre stato simpatico! Originale per la sua
epoca-
-Già... Molto
originale. Lei quindi non è credente?-
-Perché no?
Credo nel rock, nei Bon Jovi, nei Cosacchi, nel thè... Nei
Rolling Stones, insomma, chi non crede negli Stones? In quel
maledetto genio di Keith Richards? Nei Beatles, logicamente...
D'altra parte stiamo parlando di gente che ha fatto la storia della
musica!-
-Io, veramente... Stavo
parlando di religione-
-Ah.
Sicuro che io sia la persona giusta? Perché vede, i miei
genitori hanno sempre risparmiato sulle babysitter, e invece di
mettersi in casa una sconosciuta che poi magari avrebbe cominciato a
fumare e guardare la televisione anziché badare a me mi hanno
mandata da Anatol' Bezuchov, il padre della mia migliore amica
Khadija, che fumava sicuramente
almeno
venti sigarette al giorno e passava la giornata a suonare la chitarra
a volume improponibile o a sentire cd nello stereo a volume
altrettanto improponibile, cose che del resto fa tuttora. Avrei
potuto crescere completamente intossicata e completamente sorda, e
invece mi sono fatta una cultura musicale. Quando a sette anni a
scuola mi hanno chiesto cosa volessi fare da grande e ho risposto
Keith Richards c'è stata qualche perplessità, e anche
quando ho chiesto ai miei se potessimo telefonare a Jon Bon Jovi per
sapere come stesse e se fosse arrivato a casa, dato che in Wanted
Dead Or Alive diceva
"I drive all
night just to get back home"
e "I still
drive, dead or alive"...
Deve capirmi, avevo una tale paura che avesse fatto un incidente! Ma
in fondo sono cresciuta bene, no? Certo, non sono diventata Keith
Richards, ma come pattinatrice non sono male. Mi dispiace se non so
molto di religione, ma è sicuro che il rock non sia una
religione?-
-Ne sono abbastanza sicuro, Aljona-
-Oh... Beh,
peccato. Comunque se vuole un giorno o l'altro le presto qualche
cd-
-La ringrazio. Può... Andare, adesso-
-Aspetti!
Jon dice, in Bed Of
Roses: "While we're talking about all of the things that I long
to believe, about love, the truth, what you mean to me, and the truth
is: baby, you're all that I need". E
Bed Of Roses
è dedicata a sua moglie, Dorothea... Quindi Jon crede in
Dorothea. L'amore è una religione, vero?-
-Sì...
Sì, questo sì- concesse
il pope, ora più intenerito che terrorizzato.
Aljona
sorrise, raggiante, e per la prima volta da quando era in sua
compagnia sorrise anche Aleksej.
-E poi se guarda sul libretto
di Cross Road
-non so se lei abbia Cross
Road,
ma se lo dovrebbe proprio procurare- Jon ha scritto: "Thanx
for believin'. J. B". Quindi
i Bon Jovi sono una religione, vede?-
Il sorriso del pope
svanì.
Non si poteva chiedere troppo.
I was a little boy of 9 years
old
The whole world in my hands
Trying to toss that ball
across the yard
A game of catch with my old man
He would always say I'm
sorry
Every time he had to leave
And I was much to young to
understand
When he would say to me
When you're young you always
think
The sun is going to shine
There will come a day
When
you have to say hello to goodbye
Sit down, son, take my
hand
Look me in the eye
Take these words
Promise
me
You'll live before you die
(Live Before You Die, Bon Jovi)
-Credo
che ci sia un altro regalo per te, ragazzino. E ci sono anche i tuoi
tre fratelli, ma loro non te li abbiamo mai spacciati per regali,
sapevi benissimo che sarebbero stati delle palle al piede. A parte
Sonja, che è un angelo-
Quella voce così simile
alla sua, ma in un certo modo più dolce, come carezzevole,
aveva sempre avuto il potere di fargli illuminare gli occhi, e ci
riuscì anche quel giorno.
-Papà!-
Come
Nikolaj si girò, era già fra le braccia di Igor'
Gončarov.
Lidija era andata ad aspettarlo in aeroporto con
Sof'ja, Sokrat e Ksenofont, e adesso erano lì...
Insieme
a Lev, Aljona e Fëdor, che si era fermato a chiacchierare con
Sergej e Anatol' davanti a un nutrito gruppo di amplificatori
Marshall, tutta la sua famiglia.
Sonja, che indossava un
delizioso abitino di pizzo azzurro chiaro con ballerine di vernice
dello stesso colore e aveva i capelli biondi sciolti lungo la
schiena, gli sorrise da dietro il padre, anche se, essendo Igor' alto
un metro e novanta, ci mise un po' a farsi vedere dal fratello.
Lei
l'aveva aiutato a scegliere i vestiti per il matrimonio, e avrebbe
potuto essere solo lei, la stessa nobile creatura che aveva
accompagnato Lev per negozi tre anni prima, e non aveva sbranato vivo
nemmeno Nikolaj quando si era arrischiato ad obiettare che forse la
camicia adocchiata da Sonja era "troppo
bianca".
Igor'
tese al figlio una piccola tela rettangolare, già
incorniciata, e a Kolja bastarono pochi secondi per riconoscere la
finestra al piano terra di un condominio azzurro, che spostando la
tenda color crema dava sul marciapiede di vulytsya Akademika
Vil'yamsa, all'incrocio con vulytsya Moskovs'ka, dove Nikolaj e i
suoi amici del Ginnasio di Kiev, Boris e David, giocavano a calcio
finché non finivano addosso a qualche cliente del Ristorante
Schast'ye o studente della КНУБА, la
Kyyivskyy natsional'nyy universitet budivnytsva i arkhitektury,
l'Università Nazionale di Costruzione e Architettura di Kiev,
che si trovava lì a due passi.
Ricordava tutto, il
corridoio dalle pareti costellate di disegni di suo padre, la cucina
che Igor' aveva ridipinto di bianco insieme a Roman, il suo migliore
amico, che alla KNUBA ci si era laureato, perché doveva essere
"vsi yaskravo dlya Lidiyi i Koli", tutto luminoso per
Lidija e Kolja.
Avrebbe
anche potuto avere nostalgia, ma a Kiev non aveva Lev, Aljona e
Zinaida.
A Kiev non
era mai stato così felice.
Trovare
Lev era stato il primo problema.
I testimoni dovevano
accompagnare in chiesa gli sposi, ma si dava il caso che il testimone
dello sposo si fosse infrattato dietro la chiesa con Aljona, e
Nikolaj e Fëdor avevano dovuto separarli a forza.
Durante
la prima parte del matrimonio ortodosso, la cerimonia del
fidanzamento, padre Aleksej aveva benedetto Nikolaj e Zinaida tre
volte e aveva consegnato loro il cero acceso con cui avrebbero dovuto
andare all'altare, e qui l'uso del condizionale non è
casuale.
Gli anelli avrebbero dovuto essere sull'altare, e
sarebbe stato il pope a darglieli, dopo aver disegnato tre croci
sulle loro teste.
Non era difficile: Lev doveva dare gli anelli
a padre Aleksej e quest'ultimo a Kolja e Zinaida.
Ma Lev era
sparito, e gli anelli erano nella tasca dei suoi jeans.
Ora Lev
era tornato, ma non c'era stato tempo di consegnare le fedi a padre
Aleksej, pertanto... Erano ancora nella sua tasca.
Già.
Quindi
avrebbe dovuto tirarli fuori.
Lo
fece.
E si ritrovò
in mano il reggiseno color lavanda di Aljona, che ignorava di avere
in tasca - davvero!
-Ecco
dov'era!- gridò
Aljona, dal primo banco di sinistra della chiesa.
-Ah... Ecco...
Bene...
Davvero, non so come... Perché
gliel'ho tolto io, sicuro,
ma un paio di sere fa, e non vedo come potrei averlo infilato in
tasca, di solito mi limito a toglierglielo e a lanciarlo dove
capita... E poi Al lo ritrova sempre, anche perché questo è
il suo preferito... Sì, ecco, forse
questi sarebbero argomenti da trattare in un'altra sede e in un altro
momento. Scusate per, come dire... L'interruzione-
Sotto
gli occhi sbarrati di padre Aleksej, dei due ormai quasi -forse-
sposi e di tutti gli invitati Lev corse da Aljona e le restituì
il reggiseno.
-Ma come hai fatto oggi? Hai
il vestito blu... Non
ti serviva?-
-Oh,
no, non preoccuparti, ho messo quello blu, che è proprio della
stessa tonalità del vestito-
-Quello blu?-
-Lo
conosci, è uguale a questo lavanda, ma è blu. Stasera
te lo faccio vedere-
-Fantastico...-
Lev
le sfiorò una guancia, le sistemò meglio la lunga
treccia bionda sulla spalla sinistra e la baciò esattamente
come stava facendo quando Kolja e Fedja erano intervenuti a
separarli.
Sokrat coprì gli occhi a Ksenofont, che con i
suoi sedici anni era il più piccolo dei presenti, anche se in
realtà Ksen era molto interessato alla scena, e padre Aleksej
fu sul punto di scoppiare a piangere, ma non certo per la commozione.
Anche
Lev e Aljona erano stati benedetti tre volte, tre anni prima, ma
evidentemente non aveva fatto effetto.
Fu
Nikolaj, inaspettatamente, a riportare la quiete al suo
matrimonio.
Raggiunse il suo migliore amico, lo afferrò
per la giacca di pelle e lo portò via da Aljona, trascinandolo
lungo la navata.
-L'ho sempre saputo che sei uno stronzo, ma
ascoltami bene: ne
segodnya-
Non oggi.
-Scusa...-
-Scusa
un cazzo-
Kolja
lasciò andare Lev solo quando furono di nuovo di fronte al
pope e rivolse a quest'ultimo un sorriso raggiante.
-Possiamo
continuare-
-Нет...-
mormorò però padre Aleksej, che già da qualche
secondo aveva perso di vista i due ragazzi, distratto da un'altra
-un'altra!- presenza
anomala nella sua chiesa.
-Scusi?-
sibilò Kolja, definitivamente sull'orlo di un crollo
nervoso.
-Quello... Quell'animale.
Chi l'ha fatto
entrare?-
-Si riferisce a Lev? Io, purtroppo, e non sa quanto mi
dispiace-
-No... Quel... Volatile-
-Volatile?-
Nikolaj
seguì lo sguardo del pope, e se avesse avuto il tempo di
diventare isterico quella sarebbe stata l'occasione perfetta.
Iosif
Jusupov non se n'era accorto, perché stava sussurrando
qualcosa a Feliks ed entrambi guardavano Aljona, il primo disgustato
e contrariato, il secondo ammirato e vagamente ebete.
Ma
Nikolaj, padre Aleksej, Lev e Zinaida seguirono con estrema
attenzione tutta la scena.
Un corvo decisamente in carne e dal
folto piumaggio di un nero lucente, con una splendida aria fiera,
tronfia e sprezzante del mondo, del pericolo e soprattutto del
matrimonio di Nikolaj e Zinaida, era chissà come entrato in
chiesa, era appena balzato agilmente sul banco su cui erano seduti i
fratelli Jusupov e stava puntando dritto verso Iosif.
Un attimo
dopo gli assestò una beccata in un fianco.
L'attimo dopo
ancora Aljona applaudì, deliziata.
-Oh,
che stellina!-
A
quel punto Lev, Nikolaj e Zinaida scoppiarono a ridere, perché
in fondo non c'era veramente altro da fare.
Concluso l'ennesimo
intermezzo inopportuno, padre Aleksej finì di celebrare il
matrimonio.
Che ci crediate o no, il corvo volò fino al
banco di Aljona e, avendo riconosciuto nella pattinatrice cosacca
un'anima affine alla sua, rimase pacificamente accovacciato accanto a
lei durante tutta la cerimonia.
Fu uno degli ultimi "invitati"
a uscire dalla chiesa.
Subito
dopo la cerimonia, Fëdor era sparito.
Lev e Aljona avevano
ripreso a baciarsi, quindi fosse stato per loro avrebbe anche potuto
essere divorato dai corvi, ma Nikolaj si era accorto della sua
assenza e non era tranquillo.
Diciamocelo, Kolja non era mai
tranquillo.
Ma lo si può davvero biasimare?
Dopo
circa venti minuti, in ogni caso, Fedja era ricomparso, assolutamente
raggiante, ma con uno strano pacchetto sottobraccio.
Passando
accanto a Lev e Aljona aveva tirato la treccia ad Al -gliel'aveva
fatta lui quella mattina, ne aveva tutto il diritto!- e
scompigliato abbondantemente i capelli di Lev -ne
aveva così tanti, era divertente-,
e infine si era fermato accanto a Nikolaj, che, mentre tutti gli
altri erano seduti ai tavoli de I Cosacchi dell'Ob' e
sbocconcellavano biscotti, crêpes e fette di torta al
cioccolato -il concetto di "pranzo" non sarebbe mai entrato
nelle teste già piuttosto bacate degli abitanti di
Nostal'hiya, almeno finché avessero continuato a fare i
ricevimenti di nozze in una crêperia- e Zinaida era stata
rapita dalle sue sorelle, era rimasto in piedi a parlare con suo
padre.
-Per un tale
Nikolen'ka Gončarov- esordì
Fëdor, strizzando l'occhio a Igor'.
-Fedja! Stai bene! Sei
qui!-
-Beh, Niko, è
Tolik quello che non ha la patente, io il motorino l'ho sempre saputo
guidare. Tu, piuttosto, non hai mai pensato di fare qualcosa per
l'ansia?-
Igor' soffocò una risata, mentre Kolja lo
disatomizzò con lo sguardo.
-Non posso fare niente per
l'asia, voi
siete la mia ansia! Tu, quel bastardo infame di tuo figlio e quella
piccola vipera subdola e malefica che ha sposato. Chiaro?
Comunque, di cosa avevi bisogno?-
-Beh, qui ci sarebbero una
torta biscotti e cereali, una yogurt e carote e due vassoi di
biscotti, alle noci e al cioccolato fondente. I primi sono tondi, gli
altri sono a forma di N e di Z. Sono per te e Zinaida, quindi
teneteli lontani dagli altri avvoltoi e mangiateli domani a
colazione. Buon compleanno... Cioè, cosa caspita si dice a chi
si sposa, congratulazioni, buona fortuna. Ti voglio bene, eh. Fin dal
primo momento in cui sei entrato in casa mia con quell'aria da
zarevič di periferia, che dicevi di volerti arruolare e non puoi
neanche immaginare quanto ti brillavano gli occhi, ma parlavi in un
sussurro e avevi una paura folle di disturbare e dire qualcosa di
sbagliato. Che io sappia, non l'hai mai fatto. E poi, Niko,
davvero... Io lo sapevo,
che eri forte abbastanza-
Quando
scese dal solito palco improvvisato de I
Cosacchi dell'Ob', sul
quale però, grazie al cielo, la sua Ludwig entrava
perfettamente, Ippolit Georgievič Bulgakov stava morendo di
fame.
Adorava i biscotti indiscriminatamente, quindi passando di
fianco a un cestino di simpatici ferri di cavallo ricoperti di noci
non si sforzò neanche di capire cosa fossero, ma ne afferrò
direttamente una manciata.
-Come li trovi?- gli gridò
qualcuno dall'altra parte del tavolo, per farsi sentire nonostante la
confusione, e Ippolit, che era sempre sovrappensiero e al momento,
avendo appena finito di suonare, particolarmente stanco,
sussultò.
-Dici a me?- chiese, smarrito, guardandosi
intorno.
-Sono qui. Prima ero lì... Ma ora sono qui, sì,
ecco, magari evitiamo i convenevoli. Ti piacciono? Sono i miei
biscotti-
La persona che aveva parlato evidentemente aveva fatto
il giro per raggiungerlo, ed era una ragazza bruna non molto alta,
uno scricciolo in confronto a lui, con una cascata di capelli mossi
castano scuro che le arrivavano alla vita, vivaci occhi scuri dalle
lunghe ciglia accentuate dal mascara, un vestito a tubino bianco con
una scollatura tonda e stivali neri con il tacco.
Non
esattamente il genere di ragazza a cui un povero batterista dal
carattere meno hard del rock che suonava avrebbe voluto rubare i
biscotti.
-I tuoi?
Oddio, scusami, mi dispiace, non sapevo...-
-Di cosa accidenti
ti devi dispiacere? Sono contenta che ti piacciano! Li ho portati
apposta!-
-In... In che senso?-
-Oddio. Allora. Io sono
bosniaca. O meglio, innanzitutto sono Lucija. Lucija Cvetić.
Sono nata a Sarajevo, ma la mia nonna paterna è croata e mia
madre è di origine serba-
-Piacere, Ippolit Georgievič
Bulgakov. Sono siberiano, nato a Novosibirsk, la mia nonna paterna è
siberiana e mia madre è siberiana-
-Tutti
siberiani?-
-Proprio tutti-
-Oh. Vabbé,
capita-
-Immagino
di sì. In ogni caso, dicevo, io sono amica di Aglaja, la
sorella di Zinaida, e di Zinaida, e appunto sono bosniaca, quindi ho
preparato gli orasniča
per il matrimonio di Zinaida. Per questo dicevo che sono i miei
biscotti. Volevo solo sapere come li trovavi-
-Oh, certo... Beh,
caspita, sono fantastici. Non ho assolutamente capito come si
chiamano, ma sono favolosi-
-Orasniča.
E grazie, davvero, è fantastico che ti piacciano. Ci
tenevo-
-Che mi piacessero?-
Lucija lo guardò in
modo strano, come pensierosa, poi sorrise e scosse la testa.
-Ci
tenevo che piacessero in generale. E, a proposito, tu sei bravo a
suonare-
-Io? Oh, grazie, ma rispetto a Taylor
Hawkins*...-
-Taylor Hawkins è inarrivabile. Ma per certi
versi tu gli somigli abbastanza. Hai un tuo stile, ma sei bravo quasi
quanto lui-
-Tu...-
-Lavoro con Aglaja all'Eversong, il
negozio di dischi che c'è ad Oktjabr'skij*, e, fra le altre
cose, ho consumato Wasting
Light*-
-La batteria
in Back &
Forth*...-
-Divina-
-Aspetta,
hai detto che lavori all'Eversong?! Oddio, questo
è divino! Io ho la tessera dell'Eversong!-
-Sei
socio?-
-Con più di mille punti!-
-Allora sbrigati,
prendi tutti gli orasniča che sono rimasti e andiamo a sederci
da qualche parte-
-Tutti?- sorrise Ippolit, lusingato, ma un po'
preoccupato all'idea di rapire una decina di biscotti
bosniaci.
-Certo! Detto fra noi, preferisco che li mangi un
batterista socio dell'Eversong con più di mille punti che quel
ragazzino imbronciato che parla sempre male di tutti... Iosif, il
fratello minore di Aglaja e Zinaida.
Dio, ogni volta che lo vedo vorrei decapitarlo con un vinile-
If I gave a damn
Of what you thought
I'd give you the bottle and ask
Now the streets are dead
And I'm ashamed
Think I'll go call upon my past
I'm all out of hope
I'm all out of you
There's nothing left
There's nothing new
And your judgement day
Is long past due
Now what am I supposed to do?
(Blindsided, Black Star Riders)
Il
ragazzino imbronciato che parlava sempre male di tutti, intanto, si
era avvicinato di soppiatto ad Aljona in un momento in cui non era
circondata dai suoi Cosacchi e le aveva rivolto un lungo sguardo di
compatimento.
-Dunque, a quanti marmocchi siamo,
adesso?-
Aljona si accorse della sua occhiata sprezzante e
si mise subito, non a torto, sulla difensiva.
-Siamo?!-
-Siete, tu e il tuo Cosacco-
-Tre-
-In tre
anni-
-Problemi?-
-Oh, no, io no... Solo che,
sai com'è... Il tempo passa... L'anno prossimo ci sono
le Olimpiadi Invernali, e tu, ovviamente, nelle tue condizioni...
Ma capisco, sai, nella vita si fanno delle scelte... O pensi alla
carriera, agli allenamenti e alle gare, o scopi con tuo marito. E
tu chiaramente hai fatto la tua scelta, la più consona alla
tua personalità e al tuo stile di vita. Niente di male. Ognuno
ha le sue priorità. Quand'è stata l'ultima gara che hai
vinto? Vienna, aprile 2014... 29 aprile, giusto? Tre anni fa... Già,
mi ricordo. Belle coreografie. Al tuo posto proverei nostalgia, ma
immagino che tu sia contenta così. Con il tuo Cosacco, che
sicuramente ti tiene molto impegnata, vista la vostra straordinaria
prolificità, i vostri splendidi bambini, che tra poco saranno
tre, e non fate in tempo a vederne uno in faccia che già ne
aspettate un altro... Sì, decisamente non hai tempo per
pensare al pattinaggio. Ormai appartiene al passato. Peccato. Eri
bravina, sai? Niente di eccezionale, ma bravina... Facevi la tua
bella figura. Cos'altro posso dirti? Buona fortuna con i marmocchi,
presenti e futuri. Suppongo che si moltiplicheranno ulteriormente.
Salutami tuo marito e... Divertitevi-
Quando Iosif
finalmente tacque, Aljona era ammutolita.
Cerea in volto, con la
gola secca e il cuore che le martellava.
Iosif sorrise e fece
per alzarsi, ma la ragazzina si girò di scatto e gli tirò
uno schiaffo in pieno viso.
-Ascoltami bene, bastardo...-
sibilò, afferrandolo per il colletto della camicia.
-Potrei
anche perdere tempo a risponderti punto per punto, ma come tu stesso
hai detto sono molto impegnata... Ci terrei solo a farti presente che
la gravidanza mi impedisce di pattinare a livello agonistico, ma
non di usare un pattino per decapitare uno stronzo a livello
amatoriale. Ti ringrazio per il tuo evidente interesse per la mia
vita sessuale, ma mi vedo costretta a sottolineare che purtroppo
per te non ti riguarda, e per concludere, se hai qualcos'altro da
dire ti pregherei di farlo adesso, prima che ti lasci il collo,
perché come continui a ripetere sono incinta e mi seccherebbe
molto doverti inseguire, dato che strangolare una persona richiede
già uno sforzo fisico che nelle mie condizioni sarebbe meglio
evitare... Ma sono disposta a correre il rischio-
-Non
ho nient'altro da dire...- mormorò Iosif, a cui
cominciava a mancare l'aria.
Proprio in quel momento aveva
scorto con la coda dell'occhio Nikolaj Gončarov, ormai suo
cognato, che guardava dalla loro parte con un certo interesse, mentre
parlava con Lev Puškin.
Lev Puškin che, se avesse
notato o anche solo sospettato che lui aveva mancato di rispetto alla
sua piccola, isterica e violenta moglie cosacca, l'avrebbe massacrato
senza pietà, nello stesso stile di "massacrare senza
pietà" che era molto in voga nelle rivolte cosacche
del sedicesimo e diciassettesimo secolo.
-Mi dispiace, scusa-
provò a rimediare, ma Aljona gli tirò un altro
schiaffo, ancora più forte del primo, e poi lo lasciò
andare.
Erano in un angolo piuttosto appartato del locale, c'era
molta confusione e le poche persone che li avevano visti non erano
rimaste minimamente turbate dalla scena.
Erano a Nostal'hiya e
Aljona era la moglie di Lev Puškin.
Finché non
fosse intervenuto quest'ultimo, la situazione sarebbe stata ancora
sotto controllo.
"I hope society is happy because I need to take a rest"
(Richie Sambora)
[...]
And as that boy put his head on
her shoulder
She pulled him tight to get a bit closer
And
as the world just disappeared
You whispered in my ear
Think I might have pushed
my luck a time or two
Everything about us is what gets me
through
I never thought I'd hear the church bells ringing
(Saturday Night Gave Me Sunday Morning, Bon Jovi)
Congedato
Iosif, se così si poteva dire, Aljona si allontanò,
ancora agitata, perché le parole del ragazzo l'avevano ferita
più di quanto avesse permesso di capire a lui, e si imbatté
in Feliks, che come al solito la guardò come se fosse stata la
Miss Russia in carica.
Sostanzialmente era innocuo, ma sapeva
essere irritante come pochi.
-Ehi, Al...- la chiamò, con
una confidenza che se l'avesse sentito Lev gli sarebbe valsa un volo
sul satellite più vicino, dove, ad essere sinceri, in quel
momento l'avrebbe spedito molto volentieri anche lei.
-Non
avresti un reggiseno anche per me?-
-Tutti quelli che vuoi,
chiedi pure a Lev. È lui che si occupa dei miei reggiseni-
Il sorriso idiota di Feliks si pietrificò e Al passò
oltre.
Raggiunse Lev e Kolja e si appoggiò distrattamente
alla spalla del marito, senza dire una parola, sperando solo che
nessuno dei due notasse il suo sguardo mesto.
-Tutto bene?-
le sussurrò Lev, passandole un braccio intorno alla vita,
e lei mugugnò un -Да- piuttosto atono.
-Ti va
una cioccolata?-
-Magari...-
-Vado a prendertela-
-Oh,
grazie...-
-Figurati-
Aljonka sorrise, irrimediabilmente
intenerita, e Nikolaj la guardò attentamente negli
occhi.
Forse non poteva immaginare che lei stesse pensando
proprio a quel 29 aprile 2014 a Vienna, l'ultima gara che aveva
vinto, portando This Ain't A Lovesong per il programma corto e
Bed Of Roses per il programma lungo, le sue due canzoni
preferite, ma anche le più strazianti...
Forse non lo
sapeva, ma se lo ricordava perfettamente anche lui, che appena era
finita la sua esibizione Aljona era scoppiata in lacrime, perché
quella sarebbe stata la sua ultima gara per molto tempo e quel mondo
le sarebbe mancato da morire, anche se l'anno dopo avrebbe avuto il
suo piccolo Nikolaj, il suo primo figlio, e aveva sempre Lev, che la
adorava quasi più di quanto fosse possibile e le ripeteva che
sarebbe andato tutto bene, che quella non era certo la fine, che lei
sarebbe tornata a pattinare, a vincere, a splendere, e sarebbe stata
sempre una pattinatrice, anche quando fosse stata in ospedale con
Nikolaj o a casa a riposarsi...
Sarebbe tornata lì,
nessuno le avrebbe mai portato via quella vita, perché era
l'unica, la più bella e la più sua che
conoscesse.
E poi era stata annunciata la sua vittoria, aveva
pianto ancora, aveva abbracciato Maya, Miljena Trzesniewsky-Marić,
la campionessa austriaca, che aveva vinto per la categoria del
pattinaggio a coppie e con cui Al aveva fatto amicizia prima della
gara, si erano congratulate a vicenda e Maya aveva capito come si
sentiva, l'aveva consolata e incoraggiata e si erano ripromesse di
vedersi per una cioccolata e un giro di shopping sia per loro che per
Nikolaj, perché non potevano ancora sapere il sesso, ma anche
Maya era convinta che sarebbe stato un maschio e si sarebbe chiamato
Nikolaj.
Alla fine lei e Lev avevano salutato tutti ed erano
andati via, erano tornati al loro albergo, prima degli altri perché
Al aveva bisogno di stare un po' da sola con lui, lui che le aveva
sussurrato "I wanna lay you down in a bed of roses"
e Aljonka aveva pianto ancora di più, ma l'aveva anche stretto
forte e riempito di baci fino a rimanere senza fiato.
La sua
ultima gara, già.
Forse Kolja non poteva indovinare ogni
suo singolo pensiero, nessuno poteva, forse nemmeno Lev, ma sapeva
che Iosif l'aveva ferita.
Le passò un braccio intorno
alle spalle, la strinse a sé e rifletté ad alta
voce:
-Sai, Aljonka, probabilmente io ero, uhm... Relativamente
isterico riguardo ad oggi-
Solo probabilmente e
relativamente, certo.
-Però vedi, adesso, alla fine,
nonostante tutto quello che avete combinato tu, Levočka e quel
corvo spuntato dal nulla, che tra l'altro, tempismo a parte, ha tutta
la mia stima... Ecco, io la metterei così, mi pare che anche
una delle tue canzoni preferite dicesse qualcosa del genere: potrei
aver detto di sì, ma ho riso così tanto che credo di
essere morto-
E in quel momento, finalmente, mentre Lev li
raggiungeva con una bella cioccolata fumante di quelle che a
Novosibirsk sapeva fare solo Stanislav Baškov, rise anche
Aljona.
Joey comes from a sacred part of town
Where sometimes you talk so tough
Your feet don't touch the ground
Sometimes this town ain't pretty
But you know it ain't so bad
Just like a girl who looks so happy
Whe inside she's so, so sad
In here we got this code of honor
Nobody's going down
You don't walk in vain
Trough the kid's parade
'Cause this is my hometown
(Wild In The Streets, Bon Jovi)
Note
I
kept my faith, I still believe: Just Older, Bon Jovi.
I might
have said yeah, but I laughed so hard I think I died: Bed Of Roses,
Bon Jovi.
*Periodo
These
Days:
1995, quando è uscito These
Days,
il sesto album dei Bon Jovi, e Jon portava i capelli lunghi fino alle
spalle.
*Ty
ponyala? Hai capito?
*Shoot
'em up: Citazione
di 18
And Life
degli Skid Row.
*Citazione di Out
In The Street di
Bruce Springsteen. Nel testo originale, non modificato da Nikolaj, la
parte finale sarebbe: "'Cause
there's a party, honey".
*Citazione
di Diamond
Ring
dei Bon Jovi.
*Citazione di Bobby
Jean
di Bruce Springsteen.
*Citazione di Youth
Gone
Wild
degli
Skid Row.
*Citazione
di Blood
On Blood dei
Bon Jovi.
*Citazione di Youth
Gone Wild degli
Skid Row.
*Taylor Hawkins: Batterista dei Foo
Fighters.
*Oktjabr'skij: Zona di Novosibirsk realmente
esistente.
*Wasting
Light:
Settimo album dei Foo Fighters, uscito nel 2011.
*Back
& Forth: Settima
traccia di Wasting
Light.
Доброе
утро! :)
Non me ne capacito ancora
neanche io, ma Nikolaj e Zinaida sono riusciti a sposarsi, nonostante
i complotti di Cosacchi, reggiseni e corvi!
Il personaggio di Miljena Trzesniewsky-Marić appartiene ad Iris_Blu, che ringrazio per il supporto, ed è stato citato con il suo permesso ;)
Di Lucija riparleremo, dato che difficilmente
d'ora in poi Ippolit riuscirà a vivere senza orasniča, e
ha fin troppi punti sulla tessera dell'Eversong...
Quanto a
Iosif Jusupov, è un parassita infestante che ha essenzialmente
due nemici: i corvi e i Cosacchi.
Se ne avete uno in giardino,
sapete cosa fare. Per ogni evenienza chiamate Aljona ;)
Spero
davvero che vi sia piaciuto e thanx for believin' a tutti voi!
:)
Vi lascio il link dell'album del matrimonio, dove potete
trovare il biglietto fatto da Aljona per Kolja, il vestito di Zinaida
e Lev ;)
Album
Matrimonio
A presto!
Marty