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Autore: Grahammish    14/08/2015    1 recensioni
Lo sguardo di Lennon nella sua relazione con Paul.
Storia da 5 capitoli articolata in salti temporali.
Scritta per il concorso "History will teach us nothing" indetto da Blackbird.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro personaggio, John Lennon, Paul McCartney
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nota introduttiva: ebbene, voi prodi siete arrivati alla fine di questa storia. La canzone utilizzata in questo capitolo è "Not about angels" di Birdy, poi per alcuni versi mi sono lasciata liberamente ispirare da "She had the world" dei Panic!At the disco.scusate se non ho messo entrambi i link delle canzoni ma il wifi mi ha abbandonato, se volete leggere mentre ascoltare magari cercatele.






Chapter 5 "Not about angels"




1980

 
We know full well there's just time
So is it wrong to dance this line?
If your heart was full of love
Could you give it up?

Ero nato una notte rumorosa, una notte piena di bombe del 1940. Ora sento il mondo precipitare e le luci abbagliarmi.
E precipito anche io, Paul. Vorrei incontrare il tuo sguardo, vorrei che fossi qui.
Vorrei ballare con te su ogni parola di ogni canzone e ridere e non pensare.
E non vorrei mollarti mai, non lo farei mai. Mi sento spezzare, senza il tuo sguardo caldo non posso andarmene.
Vedo dame imperlettate, in balli silenti, vedo il mondo andare avanti, le macchine sfrecciare. Ma io mi fermo, non ci penso più.
E questa volta non starò solo dormendo, non mollarmi.
Salirò in cielo? Fluttuerò nei venti? Incontrerò mia madre? Magari è tutto un sogno.
Potrei sognare di morire e svegliarmi in un altro sogno, accanto a te. Mi basterebbe.

 
'Cause what about, what about angels?
They will come, they will go, make us special

 
Rivedo mia madre e i suoi occhi. Rivedo il giorno in cui ci ritrovammo.
Me l'ero sempre immaginata, quando ero nato, in una notte in cui le bombe cadevano sopra le teste pavide e lei, lei era lì immobile senza poter scappare. La gambe allargate e le urla che cercava di sommettere, avevo sempre  usato immaginarla così in quel 9 ottobre del 1940. E poi avevo aspettato così tanto quel momento eppure allo stesso tempo non avevo mai voluto che arrivasse.
E non era perché sarebbe finito, né perché se tentavo di fissarla negli occhi vedevo l’oscuro e sbrilluccicante cielo in quelle iridi.

Improvvisamente ero sommerso.
Sommerso forse da quegli occhi o forse dai pensieri di una vita.
Era stata giovane e spensierata una volta, aveva tenuto il mondo su una corda forse, ma non si poteva dire lo stesso adesso.
Le prime rughe si stavano formando sul suo volto e il mio cuore strozzato non riusciva neanche a soffocare.
Avrei voluto cancellarle, avrei voluto urlare e negare di non averle viste spuntare.

I suoi occhi erano sempre stati così tristi? Aveva sempre saputo che mi avrebbe perso o era il destino ad averla tradita?
Come addormentarsi per un attimo nelle prime luci di un pomeriggio e risvegliarsi vecchi.

E avrei voluto asciugarle il volto e implorare il tempo di fermarsi per un attimo, e cancellare ogni cosa che il mio cuore potesse provare. Aveva toccato il cielo con un dito ma non era mai stata felice perché aveva sempre saputo di non potermi avere.

Sentivo che nessuno avrebbe mai potuto ridarmi niente, né io né lei, e lo sapevamo.
Quel tempo rubato era scappato via così, in un pomeriggio dove la pioggia era troppa.
Avrei voluto abbracciarla, avrei voluto stringerla forte e ricordarle che forse una volta perso il tempo non si poteva più averlo,
che non si poteva possederlo ma si poteva usarlo.

E mi lasciavo portare nella notte del suo pianto senza paura, i nostri cuori battevano impavidi nella luce del loro amore ritrovato.
E sentire il tempo scorrere non era più un problema perché il tempo non puoi conservarlo ma puoi spenderlo.
E mi sarei lasciato cantare mille ninne nanne se questo fosse servito a curare quella sua malattia, quella sua insicurezza.
E avrei affrontato ogni orizzonte per qualunque tramonto con lei.

Potevo sentire il battito del suo cuore ancora mentre il nostro abbraccio si scioglieva,
potevo vedere quelle due piccole lacrime alla base dei suoi occhi che tentava di trattenere con orgoglio.

Per me non era così.
Non accennavo a chiudere gli occhi, quegli occhi che ora vedevano ancora peggio, ovattati dalle lacrime.
E tutto ardeva dentro di me e quelle ferite bruciavano e forse faceva più male che stare senza di lei ma non ci avrei pensato due volte, ora potevo vedere le stelle.

In qualunque momento, io ci sarei stato. Ci sarei stato per poterla curare.
Per lasciarle scordare che una volta aveva avuto il mondo stretto tra le mani e non ne aveva gioito.
Quegli occhi erano adesso il mio universo e i miei sarebbero stati il suo. 

E ora rivedo i suoi occhi, quell'universo dischiuso. E rivedo me, a terra.
Forse dovremmo realizzare tutti un po' prima che quando staremo per morire qualunque nostro sforzo sarà vanificato.
Ma ora  rivedo il mondo, rivedo te Paul.

Don't give me up
Don't give... me up

How unfair, it's just our luck
Found something real that's out of touch
But if you'd searched the whole wide world
Would you dare to let it go?

 
E ve ne siete andati, e poi siete tornati. Angeli. Mi avete reso speciale.
Ti rivedo, e la tua anima mi avvolge nel calore di un letto, bambino eterno. La tua luce mi riscalda. 
E questo amore mi porta al sicuro.

 
Don't give me up
Don't give... me up

'Cause what about, what about angels?
They will come, they will go, make us special

It's not about, not about angels, angels





 
FINE
   
 
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