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Autore: Lucy Farinelli    30/01/2009    1 recensioni
Dopo "Tutto in una notte", ecco la long-fic che vi avevo preannunciato. Harry, Ron e Hermione hanno lottato contro Lord Voldemort e lo hanno sconfitto. Tuttavia, le sfide non sono finite: un matrimonio si profila infatti all'orizzonte. Tra ritorni dal passato e vecchie abitudini dure a morire, fic in rosa che non tiene conto degli avvenimenti del 7° libro.
Genere: Generale, Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chapter 15
Preside? No, grazie...


Era pomeriggio inoltrato, quasi le cinque e mezzo, quando riuscirono ad uscire in giardino.
Fred e George ce l’avevano fatta, con l’aiuto di Lee, a prenotare le Sorelle Stravagarie per quel giorno, anche se, a detta loro, erano state le cantanti a proporsi, sostenendo di non poter continuare a vivere senza quell’invito.
Sul palco, erano state allestite una batteria, una pianola e qualche chitarra e la gente vociava allegramente, chiedendosi chi mai sarebbe arrivato, e attardandosi tra i tavolini ricoperti da tovaglie bianche di pizzo e centrotavola di spighe mescolate a gigli candidi, a riprendere il bouquet della sposa.
Mentre Harry era appena riuscito a liberarsi da un fotografo troppo zelante che aveva costretto gli sposi e i vari familiari a ripetere almeno quattro volte ogni singolo scatto, sostenendo che quel matrimonio sarebbe dovuto risultare “assolutamente per-fet-to!”, Ginny era rimasta intrappolata in balia di una qualche decina di zie e cugine, le quali non avevano alcuna di intenzione di lasciarsi sfuggire la neo signora Potter.
Harry osservava la scena seduto al tavolo riservato sistemato più in alto su una pedana rispetto agli altri posti, sorridendo alla vista di sua moglie che rideva e volteggiava tra i parenti; ormai entrambi si erano rassegnati per quel giorno ad essere richiesti da tutti.
Abbassò gli occhi sul cerchietto dorato all’anulare sinistro e se lo rigirò sul dito, assorto nei propri pensieri.
Per la prima volta forse in tutta la sua vita si sentiva veramente bene, senza alcuna minaccia in agguato dietro le spalle... e se qualcosa fosse spuntato nuovamente all’orizzonte, lo avrebbe affrontato senza timore; ormai il peggio era passato e non avrebbe mai più permesso che qualcuno toccasse le persone che amava.
All’improvviso, ricevette una pacca sulla spalla e Ron si sedette di fianco a lui, passandosi un dito dentro il collo della camicia per allentarlo.
‘Al tre?’, domandò rivolto a Harry.
‘Uno...due...tre,’ contò Harry, slacciandosi la cravatta e lanciandola sulla tavola insieme a Ron.
‘Cominciavo a non poterne più,’ disse Ron con un sospiro di liberazione, massaggiandosi la nuca e abbassando la testa. ‘Tra parentesi, mi sono appena liberato di Lavanda.’
Harry lo guardò interrogativo, senza replicare alcunchè.
‘Mi ha buttato le braccia al collo come se fossimo stati grandi amici e lei non mi avesse gridato contro per metà del sesto anno a Hogwarts.’
Harry continuò a fissarlo e poi gli chiese:
‘Dove hai lasciato Hermione, piuttosto? Credevo volessi farti perdonare.’
Ron alzò la testa e osservò con occhi vacui sua sorella parlare con Neville e Luna.
‘Non è che io l’abbia lasciata da qualche parte, piuttosto è stata lei a prendere e andarsene da Viktor e dai suoi amichetti subito dopo le foto, caro cognato,’ soggiunse ironico, sempre rivolto al bicchiere davanti a lui. ‘Appena deciderà di tornare in mezzo ai comuni mortali, vedrò di parlarle.’
‘Io ti consiglierei di prendere in ogni caso questo, e di andare subito a cercarla,’ suggerì Harry, tendendo all’amico il piccolo tesoro che avevano nascosto in precedenza in camera di Ginny, estraendolo da una tasca interna dello smoking.
Ron parve stupito.
‘Harry, no, mi pare ti avessi detto che avrei aspettato...per non mettere in ombra nessuno, avevamo detto...’, disse, aggrottando le sopracciglia.
‘Tu prendilo. Non si sa mai,’ ribadì Harry.
Ron afferrò la scatolina e rimase a fissarla per un attimo.
‘Ginny ti ha minacciato, vero?’, chiese poi con un ghigno.
Harry annuì.
‘Già. E tu non vuoi il tuo unico cognato sulla coscienza per le tre settimane a venire, dico bene?’, chiese Harry.
Il ghigno di Ron si allargò ancora di più mentre metteva la scatola in tasca.
‘Ci mancherebbe altro. Di cosa ti ha minacciato?’
‘Di rendermi la luna di miele un inferno,’ rispose Harry, versandosi da bere. ‘Soprattutto la prima notte,’ continuò a bassissima voce, portandosi il bicchiere alle labbra.
Ron scoppiò a ridere, ma venne interrotto dall’arrivo di Ginny, che si era appena sbarazzata di tutti ed era salita a parlare con i due.
‘Cosa c’è di così divertente?’, chiese, prendendo posto all’altro fianco di Harry e passandogli una mano sulla nuca.
‘Niente di che. Sei ancora viva?’, le disse Harry, spostandole un ciuffo di capelli dietro all’orecchio.
‘Sì sì, non ti preoccupare. Ah, Hagrid mi ha chiesto di dirti che si allontanerà un momento per riportare a casa Grop, ma che tornerà subito. E dietro zia Muriel mi è parso di aver visto un paio di elfi domestici, ma non ne sono certa,’ disse Ginny. ‘Sai, Harry, credo che dovresti scendere nella mischia anche tu ora,’ continuò poi, cercando di sistemargli i capelli. ‘Lo so che tutte quelle moine risultano parecchio pesanti dopo un po’, soprattutto con quelle persone che sono venute solo per abbuffarsi e spettegolare, però ci sono anche alcuni amici con cui vale la pena congratularsi, no? Ad esempio, prima ho visto Fred e George che cercavano di evitare che Baston si catapultasse sulla squadra bulgara,’ concluse ridendo.
‘Ci avrà sicuramente pensato Hermione a proteggerli,’ borbottò Ron caustico.
Ginny tornò seria in un baleno.
‘No, Ron, Hermione non c’era. Veramente non l’ho vista da nessuna parte e credo sarebbe meglio che tu,’ gli puntò un dito contro, ‘andassi a cercarla. Prova a tornare verso l’ingresso, dove c’è quel pozzo tra gli alberelli. Magari aveva voglia di stare da sola.’
Ron non le rispose e tornò a fissare il bicchiere con occhi vacui.
‘Dico davvero, Ron. Vai da lei,’ continuò imperterrita Ginny.
Harry sospirò; si alzò, nascose le cravatte sulla sedia e tese una mano a Ginny.
‘Vogliamo andare?’, le chiese.
Ginny prese la mano che il marito le porgeva e lo seguì, tuffandosi di nuovo tra i parenti, non senza aver però lanciato un’ultima occhiata a Ron.

***

Ron camminava lentamente lungo il viale avvolto nel silenzio che costeggiava l’ala destra della chiesa.
Prima non ci aveva prestato attenzione, ma quel posto era decisamente grande.
E decisamente bello.
In quel momento, tutti quanti si trovavano sul retro e l’unico rumore presente era quello dei passi di Ron sulla ghiaia.
Soffermandosi ad ammirare lo zampillare di una fontana di pietra a tre piani sulla destra, il ragazzo camminò fino al cancello d’entrata e lo superò, continuando a sinistra fino ad un rado boschetto di bassi alberelli, oltre i quali era stato costruito un pozzo senza alcun uso pratico se non quello di servire da sfondo per le fotografie.
Lì, seduta sul bordo con la schiena appoggiata ad una trave e le ginocchia raccolte vicino al petto, c’era una figuretta vestita di blu.
‘Mione?’, la chiamò Ron.
La figuretta voltò la testa verso di lui, poi tornò a fissare un punto imprecisato appena riconobbe il proprio interlocutore; Ron si avvicinò e si andò a fermare di fronte a lei, con le mani in tasca e il colletto della camicia slacciato che sobbalzava ad ogni suo passo, senza sapere bene come attaccare discorso.
‘Cosa vuoi, Ronald?’, prese la parola Hermione dopo qualche secondo, sempre con lo sguardo distante.  ‘Hai lasciato da sola la tua Lav-Lav un’altra volta, per caso?’, continuò sprezzante.
‘Mi...mi stavo chiedendo dove fossi finita,’ rispose Ron, ignorando volutamente la domanda. ‘Mi sono girato e l’attimo dopo non c’eri già più.’
‘E allora?’
‘E allora ho deciso di venire a cercarti.’
‘Vattene.’
‘No, dai, Mione non fare così, io...’
‘Tu cosa, Ronald?’, sibilò Hermione, alzando finalmente su di lui due occhi colmi di rabbia. ‘Primi mi umili, poi pretendi che mi comporti normalmente con te?’
Ron gelò all’impatto delle parole di Hermione; senza fiato, non seppe cosa replicare, mentre la ragazza sospirava pesantemente, passandosi una mano sugli occhi.
‘Non possiamo andare avanti così, ne sei consapevole, Ron, vero? Se non riusciamo a trovare una soluzione, allora tanto vale finirla qui,’ mormorò addolorata.
‘Cosa?’, sbottò Ron
‘Hai capito bene,’ continuò Hermione. ‘Ci ho pensato a lungo e...’
‘No!’, esclamò Ron, indignato.
‘No che cosa?’, ribattè Hermione, fulminandolo con occhi pieni di lacrime. ‘Se non riusciamo a non litigare per qualche giorno neppure ora che abbiamo una relazione, neppure dopo tutto quello che abbiamo affrontato insieme, mi spieghi come si può andare avanti, eh, Ron?’
‘Mione, ascolta...non puoi decidere da sola certe cose...io non...’
‘Oh mio Dio!’, Hermione si portò le mani davanti alla bocca. ‘Tu non vuoi andare avanti, è così?’
‘Certo che voglio andare avanti, Hermione!’, alzò la voce Ron per zittirla un momento. ‘Ho avuto la fortuna di non averti perso in guerra e non ho intenzione di sciupare questa occasione lasciandoti andare, credimi. Sono stato un emerito imbecille a dirti tutte quelle cose orribili, non ne avevo alcun diritto,’ continuò poi, recuperando un tono più tranquillo. ‘Io ti amo, Mione, e lo sai bene che non posso stare troppo senza di te, o mi ritroverò nei guai come al solito.’
‘Sono finiti i tempi della scuola, Ron,’ commentò Hermione, asciugandosi con rabbia una lacrima fuggitiva.
‘E invece no,’ la contraddisse gentilmente Ron, avvicinandosi a lei e sfiorandole la guancia con un dito. ‘Forse è finito il tempo in cui avevo bisogno dei compiti...ma non smetterò mai ad aver bisogno di te.’
Hermione chiuse gli occhi e respirò profondamente.
‘No.’
‘Come no?’, chiese Ron stupito, appoggiandole una mano sotto il mento; in quel momento, Hermione riaprì gli occhi e saltò a terra, allontanandosi da lui di qualche metro.
‘No, non funziona così,’ disse con voce volutamente controllata per trattenersi dall’esplodere. ‘Non bastano un paio di dolci paroline per sistemare tutto.’
‘Ma io dico sul serio, non ti prendo in giro, Mione.’
Ron era completamente disorientato.
‘Non ho mai detto che le tue parole fossero false, Ron,’ continuò Hermione, ammorbidendosi un poco.
‘Ma...?’ Ron fece un passo avanti ad afferrarle le mani.
‘Ma adesso non basta più,’ disse lei, scuotendo la testa. ‘Sono stanca, Ron. Stanca di tutti i nostri tira e molla... pace, litigio e poi di nuovo pace...non potremo mai avere una relazione stabile di questo passo...’, continuò, stringendo le mani di Ron. ‘Ho bisogno di qualcosa di più oltre alle scuse, stavolta,’ concluse, distogliendo, ancora una volta, lo sguardo.
Ron rimase lì a dondolare le mani di Hermione per qualche secondo, pensando; poi ruppe il contatto e pescò dalla tasca della giacca una scatolina di velluto blu, che aprì sotto lo sguardo allibito di Hermione.
‘Questo ti basta?’
‘Ommioddio,’ esalò lei, con una mano sul cuore e l’altra premuta sulle labbra. ‘Quando ho detto che serviva qualcosa di più non intendevo proprio... ma...non...non stai scherzando, vero? V-voglio dire...ci hai pensato bene prima di decidere, non lo stai facendo solo per rabbonirmi o...o...oddio,’ la voce di Hermione si smorzò in un pigolio.
‘E’ quasi un mese che me lo porto dietro nella speranza di trovare il momento giusto per chiedertelo,’ mormorò Ron con un sorrisetto. ‘Non volevo che succedesse così, soprattutto non oggi per non mettere nessuno in secondo piano, ma visto come sono andate le cose...Secondo te, è stata una decisione improvvisa o presa solo per emulare Harry e Ginny?’, chiese ironico Ron, continuando a ridacchiare allo sbigottimento della ragazza.
‘Hermione...’ attaccò poi fissandola con gli occhi che brillavano, ma lei lo precedette.
‘Sì.’
Due lettere, una sola sillaba, e Ron fu l’uomo più felice del mondo; sfilò la splendida fascetta di oro bianco con incastonati sopra tre piccoli zaffiri e la infilò sull’ anulare sinistro di Hermione, la quale decise di rimanere in silenzio notando la concentrazione di Ron.
Sorrise poi raggiante quando il ragazzo terminò il proprio capolavoro e la strinse a sè, baciandola a lungo e posandole le mani sulla schiena mentre Hermione giocherellava con i suoi capelli rossi.
Quando si separarono, Ron posò la fronte a quella della ragazza e mormorò in tono di scusa:
‘Mi dispiace per tutte le cattiverie che ti ho detto e per ogni sciocchezza che ho fatto. D’ora in poi la smetterò con tutta questa storia di Krum, promesso.’
Hermione fece un pallido sorriso, ancora stretta a lui, e gli domandò:
‘Perchè sei stato con lei, Ron?’
‘Oh, no, Mione, ti prego, lo sai che sono un idiota...’
‘Perchè, Ron? Rispondi solo questa volta e mai più, ma con sincerità.’
Ron si staccò da lei con un sospiro e le diede le spalle; stette in silenzio per qualche momento, pensandoci su, e, tornando a guardarla:
‘Ero geloso. Geloso per il fatto che tu, Ginny e Harry foste stati più o meno con qualcuno e io no. Ce l’avevo con voi e mi sono letteralmente appiccicato al primo essere umano di sesso femminile che ho trovato. E’ una cosa orribile da dire, lo so,’ disse sconsolato, con le braccia lungo i fianchi. ‘Mi sono comportato malissimo nei tuoi confronti, non avevo alcun diritto per farti soffrire in quel modo, con quella piovra di Lavanda e tutto il resto. Ero innamorato di te da sempre, ma ero troppo orgoglioso per ammetterlo e troppo codardo per dichiararmi. Bel Grifondoro che sono!’, concluse con un sorriso storto.
Hermione si lasciò scappare una risatina e gli passò le braccia attorno alla vita, appoggiando la testa sul suo petto; Ron la strinse, meravigliandosi nuovamente di quanto fosse piccola rispetto a lui.
‘Ci mettiamo una pietra sopra?’, propose dopo un po’. ‘Sia tu che io?’
‘D’accordo,’ concordò Hermione. ‘Basta litigare, però, ok?’
Ron annuì e si scambiarono un altro bacio, poi il ragazzo si staccò a malincuore da lei e la prese per mano, iniziando a tirarla di nuovo verso il retro.
‘Sarà meglio tornare, o mangeranno senza di noi.’
‘Non sia mai, Ronald,’ scoppiò a ridere Hermione. ‘A proposito, mi piace l’anello. Spero che tu non abbia speso troppo per comprarlo,’ disse, sfilandolo dal dito e restituendoglielo.
‘Nah! Ho solo dovuto sopportare un’ora di prese in giro da parte dei gemelli più qualche mio risparmio, ma ne è decisamente valsa la pena. Ma perchè me lo ridai?’
‘Perchè non voglio mettere in ombra nessuno oggi. Daremo la notizia a tutti quando la situazione avrà recuperato un suo equilibrio. Intanto mi basta sapere che un giorno ci sposeremo,’ rispose Hermione con un sorriso dolcissimo.
‘Un giorno?’ ripetè Ron.
‘Esatto. Un giorno. Non voglio fare tutto in fretta come Harry e Ginny, senza nulla loro togliere, solo Merlino sa se se lo sono meritato. Ma mi piacerebbe pianificare ogni cosa con calma,’ disse.
‘Mi sembra ragionevole,’ fu il commento di Ron, rimettendo l’anello nella scatola e la scatola nella tasca. ‘Hai ragione: aspettiamo.’
Le sfiorò la punta del naso con un dito e tornò a prenderle la mano.

***

Quando tornarono dagli altri, la festa era ormai entrata nel vivo: le Sorelle Stravagarie si trovavano sul palco a presentare il proprio repertorio e si poteva già vedere qualche coppia sulla pista; Harry e Ginny, tuttavia, erano ancora impegnati con gli invitati, anche se Ron avrebbe giurato di averli visti tirare un sospiro di sollievo quando lui e Hermione erano tornati mano nella mano.
Anche Hagrid era finalmente rientrato e si era portato dietro il centauro Fiorenzo, il quale aveva preferito evitare il caos della cerimonia e ora cercava di passare il più inosservato possibile porgendo i propri saluti agli sposi.
La squadra bulgara si era trovata un tavolo e tentava di tenere a bada una quindicina di persone, un’impresa non da poco, considerando che era presente anche un Oliver Baston particolarmente su di giri; proprio in quel momento, Krum si allontanò dal tavolo con una scusa e si diresse verso Ron e Hermione, sfoggiando uno smoking impeccabile con una camicia bianca senza cravatta.
‘Bella festa,’ commentò avvicinandosi e guardandosi intorno con un sorriso.
‘Bel vestito,’ soggiunse poi, stavolta all’indirizzo di Hermione.
‘Grazie,’ rispose lei con un sorriso, mentre Viktor tendeva la mano a Ron, non senza un certo scetticismo nello sguardo.
Fu quella l’occasione di Ron di dimostrare a Hermione la veridicità di tutti i suoi nuovi propositi, quell’istante in cui dovette decidere se afferrare la mano portagli da Krum o piuttosto staccargliela a morsi; Hermione trattenne involontariamente il fiato, l’espressione imperscrutabile, in attesa della reazione di Ron.
‘Viktor,’ disse alla fine il ragazzo, tendendo anche la propria e stringendo quella del Bulgaro.
‘Ronald,’ rispose Krum, sorridendo gentilmente, lo sguardo scettico e insieme ostile di prima svanito in un baleno.
‘Ho sentito che vogliono riprendere il campionato. Siete già pronti a ripartire?’, continuò Ron, con tono amichevole.
Hermione tornò a respirare normalmente e non represse un sorriso divertito, sentendo discutere i due ragazzi di Quidditch, l’argomento di massima intesa tra due persone per eccellenza, e stava ancora ridacchiando, quando percepì una mano sfiorarle il braccio.
Si voltò e si ritrovò faccia a faccia con Minerva McGranitt.
‘Oh...salve professoressa, come va?’
‘Benissimo, signorina Granger, splendida cerimonia. Il professor Silente ne sarebbe stato fiero. Potrei parlarle un momento?’
Hermione seguì la McGranitt, allontanandosi da Ron e Viktor, e fermandosi poco lontano da un tavolo pieno di parenti Weasley, a giudicare dai capelli fiammeggianti in cui si era imbattuta.
‘Volevo chiederle se avesse più riflettuto sulla mia proposta, signorina Granger.’
La McGranitt andò dritta al punto.
‘Sì, professoressa. Ci ho pensato a lungo e la mia risposta, purtroppo, è sempre no. Sono desolata,’ rispose Hermione.
La McGranitt si sistemò l’orlo del vestito verde scuro e la tesa del cappello a punta in tinta, annuendo poco convinta.
‘Potrebbe diventare grande, sa? Le si sta aprendo un grande futuro davanti e Hogwarts è la scelta più adeguata, per quanto mi riguarda. E’ una studentessa brillante, signorina Granger, le basterebbe pochissimo per dare un ultimo esame ed entrare ad insegnare. Al momento, sarebbe perfetta per Difesa contro le Arti Oscure, poi potrebbe passare addirittura a Trasfigurazione, se lo volesse.’
La tavolata scoppiò a ridere: un uomo aveva appena terminare di raccontare un aneddoto esilarante su un domatore di Ippogrifi.
‘Lo so,’ mormorò Hermione. ‘Insegnare sarebbe la mia più grande soddisfazione, ma non me la sento di abbandonare Harry e Ron.’
‘Ah...’
La McGranitt si levò gli occhiali e sorrise divertita.
‘Ah sì, Potter e Weasley, sempre insieme voi tre, vero? Ma è sprecata come Auror, signorina Granger, e lei lo sa. Ad Hogwarts, invece, sarebbe l’insegnante più brillante degli ultimi decenni. E so benissimo che sarebbe contro ogni regola sull’anzianità di servizio, ma quando io non sarò più Preside, lei potrebbe benissimo diventare la mia sostituta.’
‘Le sono grata, professoressa,’ replicò Hermione un po’ stupita dalla proposta. ‘Ma davvero non me la sento di accettare. Preferisco intraprendere la carriera ministeriale.’
La McGranitt rimase allibita per qualche secondo.
‘Mi sta dicendo che...’
‘Esatto.’
‘Beh, non si può dire che i suoi propositi mi colgano inaspettata. Ho sempre detto che con le potenzialità che si ritrova, signorina Granger, può arrivare ovunque lei desideri. Ma la politica è un terreno minato, anche il professor Silente si è sempre rifiutato di...’
‘Voglio rendere il mondo magico un posto migliore.’
‘Lo hai già fatto, signorina Granger.’
‘Voglio fare di più.’
‘Ma gli Auror non possono fare di più! Sono pur sempre soldati al servizio del Ministro della Magia, mentre a Hogwarts potrebbe cambiare il destino di molte giovani menti brillanti che non aspettano altro che avere qualcuno che sappia veramente cosa vuol dire scendere in campo a lottare...’
‘Lo so, professoressa, lo so!’, esclamò Hermione con un po’ troppa foga; alcune persone della tavolata a fianco si voltarono a guardarla incuriositi.
‘E allora cosa intende fare di preciso, signorina Granger?’, domandò la McGranitt con interesse., abbassando la voce. ‘Non mi dica che...’
‘Esattamente. Ho intenzione di aspirare alla carica di Ministro della Magia.’
La McGranitt rimase in silenzio, stringendo le labbra; riprese a parlare qualche attimo dopo.
‘E’ un terreno insidioso quello della politica,’ tornò poi a ripetere. ‘Il cielo sa se non avremmo bisogno di un vero Ministro dopo Caramell e Scrimgeour... Per lei, signorina Granger, si apriranno sicuramente porte chiuse ai più, ma ciò non toglie che sarà difficoltoso anche per lei arrivare così in alto.’
‘Lo so, professoressa,’ disse nuovamente Hermione. ‘Ma voglio tentare ugualmente.’
‘Beh...lei sa come la penso, ma le auguro ugualmente ogni bene e, da parte mia, cercherò di fare tutto il possibile per aiutarla,’ asserì la McGranitt.
‘Grazie, professoressa,’ disse Hermione. ‘Le sono grata, per tutto.’
La McGranitt sorrise brevemente, poi le due si separarono: Hermione tornò da Ron e Viktor, i quali nel frattempo si erano uniti alla tavolata dei giocatori, mentre la Preside scomparve in mezzo alla folla.

***

Il sole stava ormai tramontando, la cena era finalmente stata servita e i brindisi strappalacrime tanto attesi non avevano deluso nessuno: quando terminò il proprio, Ron si preoccupò seriamente che sua madre rimanesse disidratata quel giorno.
Ora la pista era piena: Ginny e Harry, finalmente terminati i convenevoli, avevano aperto le danze, seguiti a ruota dalla maggioranza di tutti gli altri invitati, anche se gli sposi sembravano trovarsi in un mondo a parte, tanto erano presi l’una dall’altro.
Charlie, George, Ron e Hermione si erano appropriati di un tavolo tranquillo e chiacchieravano del più e del meno osservando i ballerini, mentre Fred danzava con Angelina, Katie con Baston, Bill con Fleur e Alicia aveva avuto l’onore di aggiudicarsi un giro con Viktor Krum.
‘Certo che Oliver ha fatto conquiste stasera, eh?’, commentò ad un certo punto George con un sorrisetto.
‘Gioca ancora come riserva nel Puddlemere United?’, domandò Charlie.
‘Sì, anche se credo che lo facciano partecipare un po’ di più adesso,’ rispose George.
‘E voi tre?’, chiese Charlie, stiracchiandosi le braccia sopra la testa e rivolgendosi a Ron e Hermione. ‘Voi due e Harry avete sempre intenzione di dare gli esami per entrare nel corpo degli Auror?’
‘Certo!’, assicurò Ron con un gran sorriso e voltandosi verso Hermione per aspettare la conferma anche da parte della ragazza.
Hermione rimase in silenzio un attimo di troppo e il sorriso di Ron si dileguò.
‘Cosa? Non vuoi fare l’Auror come noi?’
‘Certo che sì, Ron!’, rispose lei precipitosamente.
‘E allora cos’è quella faccia?’
‘Diciamo che Auror è un buon inizio per poter fare qualcosa di più.’
Ron stava per indagare ulteriormente, quando una voce pericolosamente familiare disse alle loro spalle, ‘Ben detto, Hermione.’
I tre Weasley scattarono in piedi come fulminati e si ritrovarono faccia a faccia con Percy.
Calò un silenzio glaciale, durante il quale i cinque si squadrarono sospettosi; George e Ron erano pericolosamente rossi in viso e Charlie intervenne prontamente in qualità di fratello più anziano prima che la situazione degenerasse.
‘George,’ disse autoritario, ‘vai a chiamare Bill e dì a Fred di distrarre mamma, papà e Ginny. Adesso,’ soggiunse perentorio, visto che George non accennava a muoversi.
Percy impallidì al nome del fratello maggiore e guardò preoccupato George allontanarsi tra la folla a passo svelto.
‘Cosa diavolo ci fai qui?’, domandò Charlie con voce fredda.
‘Mi ha invitato Ginny,’ rispose Percy titubante.
‘Sì, certo, come no!’, rise malignamente Charlie.
‘Padrone di non crederci, ma ho qui l’invito,’ replicò Percy, recuperando un po’ dell’antico coraggio ed estraendo dalla tasca interna della giacca una busta spiegazzata.
Charlie spalancò gli occhi e la afferrò di malagrazia per accertarsi che non si trattasse di un falso.
‘E’ vero, Ginny ha detto che vostro padre gliene aveva parlato in ufficio e lei e Harry hanno deciso di invitare anche lui,’ borbottò Hermione a mezza voce.
Percy le rivolse uno sguardo di gratitudine.
‘Sì, è come dice lei, grazie Hermione...’
Percy fece un passo verso di lei, ma Ron le si parò fulmineo davanti e sbraitò contro il fratello, ‘Non osare nemmeno rivolgerle la parola, hai capito?’
‘Ron!’, esclamò Hermione cercando di trattenerlo.
Percy indietreggiò a testa bassa, mentre Charlie appoggiava una mano sulla spalla di Ron e lo tirava indietro.
In quel momento, Bill e George riemersero dalla confusione, George che faticava a tenere il passo alle falcate del fratello.
Bill si avvicinò a Charlie e, spalla contro spalla, i due fronteggiarono Percy, il quale era sbiancato di nuovo di fronte alla furia inquietante dei fratelli maggiori: le cicatrici di Bill scintillavano rossastre alla luce smorzata delle candele e il viso di Charlie si era fatto così scuro da sembrare una maschera di granito.
Charlie informò brevemente Bill dell’accaduto, mostrandogli il foglio di pergamena incriminato e, mentre il fratello più anziano studiava pensosamente l’invito, Percy iniziò a tormentarsi l’orlo della giacca un po’ trasandata con gesti nervosi.
Percy, notò Hermione, era cambiato: aveva perso quell’aria da saputello insofferente e perfettino, sempre così ligio anche alle regole sull’abbigliamento più consono; ora sembrava malaticcio e aveva gli occhi irrequieti, i suoi movimenti erano molto spesso a scatti e l’abito che indossava era pulito, ma sciupato.
‘Cosa significa questa storia?’, domandò infine Bill a Percy.
‘Ve l’ho detto, Ginny mi ha mandato...’
‘Sì, questo l’abbiamo capito. Quello che ci stiamo chiedendo è cosa ci fai qui,’ lo interruppe aspramente Charlie.
‘Mia sorella si sposa e così ho pensato...’, attaccò Percy.
‘Oh, ma che strano, non mi sembrava che fosse tua sorella il giorno in cui te ne sei andato dicendo che non facevamo parte della tua famiglia.’ Stavolta fu George a prendere la parola.
Percy scrutò alternativamente i volti dei fratelli, muovendosi incerto sul posto, poi afferrò una sedia e si sedette tremando; sembrava che stesse per mettersi a piangere.
‘Allora?’, continuò Bill implacabile.
‘Ho sbagliato,’ rispose Percy con voce tesissima, giocherellando con un tovagliolo abbandonato. ‘Ho sbagliato, su tutta la linea. So di non avere alcuna scusa se non quella di voler voluto seguire il fantasma di una brillante carriera, ma sono venuto ugualmente qui stasera per chiederti un’altra opportunità.’
Gli occhi di Percy si stavano spalancando sempre più; senza rendersene conto, si rivolgeva solo a Bill, come del resto stavano facendo silenziosamente anche gli altri.
Si trovavano in quella posizione di stallo, quando il resto della famiglia Weasley più Harry e Fleur arrivarono di corsa al tavolo ormai non più tanto tranquillo scelto all’inizio da Charlie, George, Ron ed Hermione.
La signora Weasley si portò una mano sul cuore ed esclamò lacrimosa, ‘Oh, Perce!’
George si girò di scatto verso Fred, che mormorò soltanto, ‘Non so come sia successo, ma se ne è accorta,’ in tono di scusa, mentre Molly gettava le braccia al collo di Percy e gli schioccava un bacio sulla guancia.
Il signor Weasley e Ginny erano rimasti in disparte, senza sapere come comportarsi; Harry si avvicinò a Ron e Hermione e Fleur si sistemò di fianco a Bill.
Percy rispose all’abbraccio della signora Weasley con trasporto, biascicando un ‘Mamma, mi dispiace così tanto,’ contro la sua spalla, attirandosi così sguardi colmi del più profondo disprezzo da parte dei fratelli.
Molly continuò a cullare suo figlio, ancora seduto al tavolo, finchè Bill decise di emettere il verdetto finale.
‘Per quanto mi riguarda, non sei più mio fratello,’ commentò gravemente, girando i tacchi e scomparendo nuovamente alla vista seguito da Fleur.
‘Bill!’, cercò di richiamarlo sua madre senza successo; poi si accorse degli sguardi truci lanciati dagli altri membri della famiglia e si affrettò a soggiungere rivolta al figlio che ancora stringeva tra le braccia, ‘Forza, tesoro, andiamo a parlare con calma da un’altra parte.’
Li osservarono allontanarsi e scomparire come Bill e Fleur poco prima, senza profferire parola; Ginny si lasciò sfuggire un sospiro e Harry tornò da lei per abbracciarla stretta, lasciando che la ragazza gli portasse le braccia attorno al collo e gli accarezzasse i capelli.
Ron andò a sedersi con lo sguardo perso nel vuoto, cercando di calmarsi e Hermione gli si appoggiò sulle ginocchia, abbracciandolo come Harry aveva fatto con Ginny, mentre il signor Weasley scrutava corrucciato l’orizzonte umano.
‘Non mi piace neanche un po’, papà,’ commentò Fred rompendo il silenzio.
‘Lo so, Fred,’ rispose stancamente il signor Weasley.
‘La farà soffrire di nuovo, e si ripeterà tutto daccapo,’ intervenne Ginny, staccandosi da Harry, che continuò comunque a tenerle un braccio attorno alla vita.
‘Questo non lo sappiamo, tesoro,’ disse il signor Weasley.
Ron sbuffò forte dal suo angolo.
‘E’ solo un lurido ipocrita,’ mormorò accarezzando il fianco di Hermione.
‘Uno spregevole doppiogiochista,’ rincarò Charlie.
‘Basta così, ragazzi,’ li interruppe con tono calmo il signor Weasley. ‘Ginny, tesoro, mi dispiace...doveva essere il tuo giorno perfetto...’
‘Ma questo è stato il mio giorno perfetto, papà,’ replicò Ginny, sorpresa. ‘Perchè non dovrebbe esserlo stato, scusa?’
Stavolta toccò al signor Weasley rimanere stupito.
‘Ma...Percy e tutto il resto...’
Ginny scoppiò a ridere.
‘Oh, papà, non crederai davvero che un’ameba come Percy possa aver rovinato il nostro matrimonio! Oggi ho sposato Harry e tutte le persone che amo sono qui con me dopo essere sopravvissute alla guerra più terribile che il mondo magico abbia mai dovuto affrontare...Non voglio niente di più,’ concluse.
Il signor Weasley sorrise e strinse benevolmente una spalla a Harry, poi si raddrizzò il papillon e disse, ‘Sarà meglio che vada a cercare Bill.’
‘E io sarà meglio che torni da Angelina,’ si intromise Fred, seguendo il padre che già si stava allontanando.
‘Beh, non so voi, ma io sono d’accordo con la mia sorellina qui. E’ vero, Percy mi ha rovinato l’umore, ma, almeno per stasera, voglio divertirmi. Anche se non finisce qui, mi ritufferò nei problemi domani.’ Charlie si avvicinò a Harry.
‘Non è che te la posso rubare per un ballo?’, gli chiese, facendogli l’occhiolino.
Ginny scoppiò a ridere e afferrò la mano che il fratello le porgeva; schioccò un bacio sulle labbra a Harry e anche i due fratelli dalla chioma fiammante, seguiti da George che affermò di aver visto Alicia libera, vennero risucchiati, ancora una volta, nel vortice della folla.
Alla fine, rimasero solo Harry, Ron e Hermione ad alzare gli occhi su un cielo ormai scuritosi del tutto: gli ultimi bagliori dei raggi del sole avevano lasciato il posto ad un manto di velluto blu trapuntato di stelle.
‘Hermione vuole diventare Ministro,’ disse Ron dopo un po’, osservando la luna.
Hermione sbuffò, si alzò dalle gambe di Ron e prese una sedia; si sistemò comoda e tornò a guardare anche lei il cielo.
‘Splendido. Io e Ginny, invece, partiremo tra tre giorni per Parigi. Staremo via tre settimane, alla maniera babbana,’ rispose Harry, cercando Orione. Non era mai riuscito ad identificarlo al primo sguardo, nemmeno dopo tutte le lezioni di Astronomia.
‘Davvero?,’ esclamò Hermione. ‘Ah, ma allora vi devo assolutamente consigliare quella grotta in cui hanno ritrovato segni tangibili di magia medievale che...’
‘Hermione?’, la chiamarono in coro i due ragazzi, sempre con il naso all’insù.
‘Ok, ok...Ah, Harry?’
‘Che c’è?’
‘Ron mi ha dato l’anello. Grazie, è stupendo.’
Mione!’
‘Era ora. Di nulla, lo sapevo che ti sarebbe piaciuto.’
Harry!’

***

Tre giorni dopo, alle nove in punto del mattino, un taxi del Ministero stava aspettando i Potter davanti alla Tana, in attesa di scortarli all’aeroporto di Londra dove avrebbero preso il volo per Parigi.
‘Abbiamo tutto?’, domandò Harry a Ginny, chiudendo con un tonfo il portabagagli.
‘Sì,’ rispose lei, appoggiando il cestino di Arnold sul tavolo della veranda.
‘Non ti preoccupare, Ginny,’ la abbracciò Hermione per salutarla. ‘Ci penserò io a tenere d’occhio la tua Puffola. Tanto sta sempre con Grattastinchi.’
‘Sì, sempre che tu riesca ad allontanarlo, un occhio, da quel rinoceronte di mio fratello,’ rise Ginny, notando che l’attenzione dell’amica si soffermava un po’ troppo spesso sui jeans e sulla canottiera nera attillata di Ron, che stava salutando Harry alla macchina.
Hermione arrossì e le diede una spintarella.
‘Spiritosa. Tu piuttosto, vedi di non tornare con qualche regalino inatteso, o quel rinoceronte di tuo fratello caricherà davvero Harry e ce lo ritroveremo un’altra volta al San Mungo,’ la prese in giro, fissandole significativamente la pancia.
‘Stai tranquilla, Hermione. Per ora voglio Harry tutto per me. Quando sarà ora di un piccolo Potter ci penseremo.’
Ginny le strizzò un occhio e corse a salutare i genitori, che stavano parlando con l’autista, e il fratello; quella mattina c’erano solo loro a casa, dal momento che tutti gli altri erano dovuti tornare al lavoro ed erano stati costretti a salutarli la sera prima.
Percy era scomparso dal giorno del matrimonio e nessuno aveva più tirato in ballo l’argomento.
Hermione scese dalla veranda ad augurare buon viaggio a Harry con un abbraccio, poi finalmente la coppia montò in macchina e partì sollevando una nuvoletta di polvere.
Ron abbracciò Hermione da dietro e intrecciò le dita con le sue; i signori Weasley rimasero a fissare l’auto che si allontanava, poi Molly rientrò in casa e Arthur si Smaterializzò al Ministero.
‘E noi che facciamo tre settimane senza di loro?’, domandò Hermione.
‘Un modo per impegnare il tempo lo troveremo, vedrai. Mi avevi promesso una settimana nella Londra babbana,’ le soffiò Ron all’orecchio.
Hermione si voltò a fissarlo e gli sfiorò la mascella con un dito, seguendone il contorno e poi catturando le sue labbra con le proprie.
‘Ti porto a conoscere ufficialmente i miei genitori, se vuoi,’ mormorò una volta che si furono staccati.
‘Stai scherzando, vero, Mione?’, sogghignò Ron, fissando ancora le labbra della ragazza.
Hermione tracciò una scia infuocata di piccoli baci sul collo di Ron, poi incollò la bocca contro il suo orecchio bollente e mormorò, ‘Per niente. Ma non c’è bisogno che ti agiti, ti trovano simpatico. Domattina partiamo.’
Ron sollevò una mano e tornò ad incatenare i propri occhi di zaffiro a quelli color cioccolata di Hermione, sorridendo furbescamente.
‘D’accordo,’ le concesse. ‘Solo se poi mi porti a fare un giro sulla metropolitana.’
Hermione scoppiò a ridere e si allontanò da lui, cominciando a salire gli scalini della veranda e fermandosi a metà strada per voltarsi a guardare Ron rimasto fermo al proprio posto con le mani in tasca che la osservava con un sorriso dolcissimo.
‘Cosa fai lì impalato? Non hai voglia di una partita a scacchi?’, gli domandò, Evocando dal nulla una scacchiera.
La appoggiò sul tavolo in penombra, entrò un attimo in cucina per prendere due bicchieri di succo di zucca ghiacciati e li sistemò accanto alla scacchiera.
‘Vieni?’,  lo chiamò, sistemandosi comodamente su una sedia e allungando le gambe  su un’altra.
Ron le si sistemò di fronte, con i bianchi dalla sua parte e mosse il primo pedone, senza mai smettere di fissare lo strano ciondolo a forma di anello appeso al collo di Hermione che le traspariva da sotto la canottiera.

Fine



Et voilà! Eccoci giunti all’ultimo capitolo.
Che dire? Innanzitutto, grazie mille a titty79 e a TINAX86, che hanno sempre recensito, puntualissime ad ogni uscita ^_^.
Sono contenta che il capitolo del matrimonio vi sia piaciuto e spero che sarete soddisfatte anche da questo finale.
Poi, grazie anche a tutti coloro che hanno inserito questa storia tra i loro preferiti e a tutti coloro che hanno solamente letto questa mia fanfic.
Spero che vi siate divertiti, nel leggerla, almeno la metà di quanto mi sia divertita io a scriverla!
Con questo, vi saluto e vi invito a continuare a seguirmi anche su altri fandom: mi fa sempre molto piacere leggere i vostri commenti!

Un bacio!
Lucy Farinelli
 

  
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