Crossover
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Autore: Odinforce    16/08/2015    5 recensioni
In un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto in passato. I vincitori torneranno al loro mondo, siano i buoni o i malvagi. Saranno disposti ad obbedire alla volontà di Nul?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 17
 
Mentre i Valorosi percorrevano un sentiero che li avrebbe condotti fuori dal Cimitero dei Mondi, qualcuno si divertiva ad osservarli da una posizione elevata. Nul era molto più vicino di quanto quegli eroi sventurati pensassero: in quel momento era proprio nel cuore del Cimitero, sulla duna più alta di tutte, seduto comodo su un trono fatto interamente di spade fuse insieme. Anche se lontano, riusciva a vederli perfettamente, come se avesse un binocolo; nulla poteva sfuggire al suo sguardo in quel mondo spezzato.
Il suo potere era grande, ma lo stesso non si poteva dire della sua pazienza. Così Nul apparve irritato non appena giunsero i suoi ospiti... coloro che aveva richiamato dalla morte: Natla, Ansem, Voldemort, Tai Lung, Nuada, Quaritch e Alphonse erano apparsi sulla cima della duna, tutti insieme.
Ora che il luogo era un po’ più favorito dalla luce, i Risorti potevano distinguere meglio l’aspetto di colui che li aveva convocati. Nul era di altezza e corporatura normali, vestito di una sorta di uniforme nera sotto una lunga cappa bianca; questa era dotata di un cappuccio che gli celava completamente il volto. Inoltre era dotato di due grandi ali nere da uccello, piegate in quel momento lungo i lati del trono di spade. In quel momento Nul appariva irrequieto, a giudicare dalla sua posizione e da come tamburellava le dita sul trono, come un sovrano capriccioso.
« Era ora che arrivaste » sussurrò con voce glaciale. « La puntualità non è il vostro forte, a quanto pare. »
« Manca ancora qualcuno » osservò Quaritch, guardandosi intorno. « Dov’è Vader? »
« Non fate caso a lui... sta agendo esattamente come mi aspettavo. »
« Vuoi dire che ha disertato? » obiettò Ansem. « Dunque non gli importa affatto della proposta di tornare in vita. »
« È buffo che tu lo chieda » ribatté Nul. « Non mi pare di averti visto nei dintorni ultimamente, alla ricerca del tuo piccolo nemico. Nemmeno voi due » aggiunse, guardando Voldemort e Natla. Quest’ultima si teneva una mano sul collo, cercando di nascondere una ferita ancora fresca.
« Niente da dire? » continuò Nul, alzandosi dal trono. « Va bene, vedrò di spiegarlo io. Fino a pochi minuti fa, infatti, qui vicino infuriava una notevole battaglia tra gli eroi e un numero fin troppo ridotto di membri del vostro gruppo. E, indovina un po’? Questi quattro geni » e indicò Nuada, Al, Quaritch e Tai Lung, « non appena hanno capito di essere in inferiorità numerica... hanno deciso di battere in ritirata.
« Tuttavia, questo non sarebbe successo se i miei otto ragazzi avessero deciso di lavorare insieme fin da subito. Se avessero unito le forze, studiato un piano accurato per stanare i loro bersagli e poi massacrarli di brutto, a quest’ora il Cimitero dei Mondi avrebbe sicuramente accolto le loro carcasse senza troppi convenevoli. Invece no... i miei otto ragazzi hanno deciso di agire di testa propria e di andare ognuno per la sua strada! E infatti Vader ha proseguito per quella strada, fregandosene di cos’avevo in serbo per lui. »
« Mio signore » intervenne Natla, cercando di mantenere un’aria rispettosa. « Riconosco di aver sbagliato. Ho agito da sola perché ero convinta di poter eliminare subito la mia nemesi... ma ho sottovalutato la situazione. Lara Croft si è ormai unita a un folto gruppo di eroi, e non si separerà da loro. Non ho speranze di ucciderla con le mie uniche forze. »
Nul la scrutò attentamente, e anche se non era più alto di lei dava comunque la stessa impressione di un’aquila con un verme fra gli artigli. E Natla era il verme, in quel momento.
« Bene » sussurrò alla fine, distogliendo lo sguardo da lei. « La nostra regina di Atlantide, qui, ha imparato la lezione... e voi? C’è qualcuno che ha bisogno di un ripasso? Che mi dici di te, Tom? » aggiunse, rivolto a Voldemort. « Sei ossessionato dal raggiungere il tuo occhialuto amichetto, ma finora non hai fatto un granché. »
Voldemort sibilò qualcosa, visibilmente irritato.
« Tu... osi chiamarmi... »
« Sì, io oso, Tom – Orvoloson – Riddle! » le ultime parole esplosero dalla bocca di Nul con una forza tremenda, e nel frattempo spalancò le ali, sempre più minaccioso. « Io oso perché so tutto di te. So del tuo stupido padre Babbano che non ti ha mai voluto... della tua debole madre strega che si è lasciata morire anziché prendersi cura di te... e della tua fottuta paura di morire. So persino che preferiresti ingoiare un serpente vivo, piuttosto che tornare a frignare sotto quella sedia per l’eternità... luogo da cui io stesso sono venuto a prenderti! Perciò, se davvero desideri tornare al tuo mondo e alle tue abitudini di genocida razzista, dovrai ricordarti che qui comando io. Io oso perché ho il potere. Sono stato chiaro? »
Voldemort tacque. Nul non aveva usato nient’altro che la sua voce, le sue parole, per frenare il temperamento irritante del mago. Proprio per questo gli altri Risorti rimasero al loro posto, perché se un essere del genere era riuscito a fermare il Signore Oscuro solo con le parole, non osavano immaginare di cosa fosse davvero capace.
« ... Sì » fu tutto quello che riuscì a dire lo stregone, chinando il capo.
« Molto bene » dichiarò Nul. « Amici come prima, allora. »
Lanciò un’ultima occhiata all’intero gruppo prima di parlare ancora.
« Ascoltate attentamente, perché non lo ripeterò un’altra volta. I vostri nemici sono in movimento, e si preparano a ricevere un vostro nuovo attacco. Non si faranno cogliere impreparati... vi conoscono bene, e state certi che presto condivideranno le informazioni per affrontarvi adeguatamente. Perciò, se volete avere una possibilità per annientarli, dovrete collaborare. È come dice quel Sora... “tutti per uno, uno per tutti”: non è una frase da pivello, credetemi, perché ha ragione! Quel moccioso e i suoi amici hanno trionfato perché credevano nella forza di un’alleanza... e se davvero desiderate tornare in vita, dovrete cominciare a crederci anche voi! »
Nul non aggiunse altro. Lasciò che i suoi uomini si guardassero a vicenda con aria turbata. Lo avevano deluso, non avevano imparato la lezione con cui avevano pagato perdendo la vita; perciò dovevano farsene una ragione, o avrebbero perso un’altra volta.
A Nul, tuttavia, non importava di cosa avrebbero deciso di fare. Il comportamento di quegli uomini non avrebbe influito minimamente sulla sorte che aspettava tutti, alla fine del gioco. Comunque andassero le cose, tutto procedeva secondo i suoi piani.
Ognuno dei Risorti rispecchiava una reazione diversa: Tai Lung era seccato; aveva sempre agito da solo, dedicando la sua intera vita al raggiungimento del potere supremo. Nuada era più ragionevole; anche se odiava la razza a cui appartenevano la maggior parte dei suoi alleati, doveva ammettere che il loro aiuto sarebbe stato fondamentale... non poteva farcela da solo. Quaritch accettava la situazione senza replicare; dopotutto lui era il più debole fra tutti... il più umano, e non poteva cavarsela da solo in una guerra del genere. Ansem era contrario, eppure non osava replicare; come servo dell’Oscurità non poteva accettare per natura l’idea di essere aiutato... ma aveva fallito troppe volte per aver mantenuto un simile atteggiamento. Natla era d’accordo, ed era stata la prima ad accettare la realtà dei fatti; nelle sue condizioni, non era in grado di proseguire da sola. Voldermort, infine, era il più contrario di tutti: aveva agito autonomamente fin dalla nascita, circondandosi solo di miserabili sudditi da sacrificare; per lui, il Signore Oscuro, l’idea di dover dipendere da qualcun altro era intollerabile.
Ma questo errore gli era costato la vita già in passato... a causa di un ragazzo che aveva contato sulla forza degli amici.  
« E sia » dichiarò Voldemort, inespressivo. « Faremo come hai consigliato... mio signore. »
« Non ripeteremo più lo stesso errore » aggiunse Nuada. « Muoviamoci e riprendiamo la caccia... dove si sono diretti quei bastardi? »
« Non guardare me, scoprilo da solo » rispose Nul indignato. « Questa è la vostra caccia, non la mia! Con i consigli che vi ho dato ho già fatto anche troppo... quindi voltatevi e iniziate a camminare, se volete ritrovare i vostri amichetti del cuore. »
I Risorti lo guardarono male, come se avesse detto una battutaccia. Tuttavia, non appena compresero che da lui non avrebbero ricevuto altri aiuti, si voltarono uno dopo l’altro e si misero in marcia.
« Avrò bisogno di nuove armi » borbottò Quaritch mentre si univa al gruppo. « Dobbiamo fare rifornimento in questo posto, prima di cercare i nostri nemici. »
« Sì, anche a me serve qualcosa di potente » convenne Natla, camminando al suo fianco. « Qualcosa che mi permetta di schiacciare Lara una volta per... ugh! »
Mentre parlava, la donna alata fu colta da una fitta di dolore, partita dal suo collo e diffondendosi per tutto il corpo. Il morso inflittole dal vampiro, giorni prima, non era ancora guarito del tutto. Tuttavia cercò di non darlo a vedere, anche perché non era in compagnia di persone che si preoccupavano per lei.
Non aveva da secoli, a dire il vero, qualcuno che si preoccupasse per lei.
Nul tornò a sedersi sul trono di spade, osservando attentamente il gruppo dei Risorti mentre lasciava quel luogo.
« Bah... idioti » borbottò, non appena sparirono tutti all’orizzonte. « Se continua così, cadranno tutti uno dopo l’altro. Non deve succedere. Sarà meglio che mi procuri una “polizza assicurativa”. »
Detto questo, Nul si alzò dal suo posto e cominciò a rovistare tra le macerie ai suoi piedi, afferrando di tanto in tanto un’arma o un oggetto. Su quella duna in particolare erano conservati i resti delle battaglie più terribili verificatesi nei cicli passati, armi e oggetti appartenuti agli esseri più potenti che si potessero immaginare.
Nul afferrò quindi un lungo pugnale ondulato, osservandolo per un po’: sulla sua lama era incisa la parola “Tremotino”, un nome che riportava alla memoria tutto ciò che riguardava il suo ultimo proprietario. Nul scosse la testa e lo scartò. Poi prese una lunga bacchetta argentata, rinvenuta tra le rovine di una grossa tavola di pietra spezzata a metà; essa era in grado di pietrificare le persone... un potere niente male, ma sprecato nelle mani della persona che lo possedeva. Scartò anche questo. Più avanti rinvenne un grosso elmo metallico, dalle fattezze demoniache, gelido come se fosse appena stato tirato fuori da un blocco di ghiaccio: interessante, ma non era ancora soddisfatto. Aveva bisogno di malvagità pura.
Alla fine lo trovò: un anello dorato, dalla superficie liscia e priva di incisioni... almeno in apparenza. Nul era certo che con lui poteva andare sul sicuro; così, dopo aver fatto un sorriso che nessuno avrebbe mai visto, gettò l’anello oltre la duna. Ora doveva solo aspettare che quel sassolino provocasse la frana da cui nessuno avrebbe trovato scampo.
E l’ultima battaglia si sarebbe conclusa, con sua somma gioia.
 
Poco più tardi, una creatura che ormai da lungo tempo vagava in quel luogo desolato, trovò finalmente ciò che stava cercando. Gollum non aveva mai smesso di cercare, di sperare, di osare: la sua mente spezzata lo conduceva verso l’unico oggetto che bramava al mondo, e ora la sua ricerca poteva dirsi compiuta. Il tesoro era lì, davanti a lui: un anello brillava alla luce del tramonto, abbandonato in mezzo ai rottami ai piedi della duna dove Nul e i Risorti si erano riuniti.
Gollum lo prese subito, immensamente sollevato. Restò a fissarlo a lungo, immobile, col sorriso più largo che potesse fare, in estasi per averlo finalmente trovato. Nulla era importante, a parte l’anello, tornato tra le sue mani ancora una volta.
« Siiiii! » esclamò, pazzo di gioia. « Tessoro! Tessoro! Oh, mio tesoro! »
Cominciò a saltellare dappertutto, in quella che solo lui poteva definire una danza gioiosa. Avrebbe fatto pena a chiunque lo avesse guardato in quel momento, se solo ci fossero state persone ancora vive nelle vicinanze. Ma a Gollum non importava di essere solo, né ridicolo, in quel momento; gli importava solo di aver trovato il suo tesoro: perciò, conclusi i festeggiamenti, cercò di infilarlo al dito, per scoprire che era troppo grande.
« Oh, ma è troppo grande adesso! » brontolò. « Non si può indossare così, non ci renderà invisibili! »
« Dovremmo bagnarlo, forse » suggerì a se stesso. « Tante cose si restringono nell’acqua, tesoro mio. »
« Oh, sì, cerchiamo uno stagno! Ma è proprio un peccato... volevo metterlo subito! Perché ora il tessoro è così grande? Troppo troppo grande per le mie piccole dita! Guarda come invece s’infila bene su questo dito. »
Mentre parlava, Gollum aveva individuato un grosso guanto metallico, dalle dita affilate; senza pensarci due volte, infilò l’anello sul dito medio.
« Visto, tesoro? Gli calza come un guanto! Oh, lui sì che lo porta bene... argh! »
Gollum cadde all’indietro, improvvisamente spaventato. Il guanto si era mosso, chiudendosi a pugno. La sudicia creatura non più grande di un bambino indietreggiò mentre qualcosa di enorme emergeva dai rottami che aveva di fronte: una mano, poi un braccio, infine un corpo. E una voce oscura, cavernosa, iniziò a risuonare nell’aria, raggelandola.
I rottami furono spazzati via con un solo gesto, permettendo al nuovo individuo di fare la sua comparsa sulla scena: alto due volte un uomo, interamente ricoperto da un’armatura terrificante; il suo volto era celato da un grande elmo dotato di corna metalliche rivolte al cielo, come una corona. L’anello brillava sul suo dito, recando ora una frase a lettere infuocate nella lingua nera del suo padrone.
« Un anello per domarli. Un anello per trovarli. Un anello per ghermirli. E nell’oscurità incatenarli. »
Sauron, l’Oscuro Signore di Mordor, era risorto. La volontà di Nul risuonava nella sua mente... sapeva già cosa fare; così brandì la sua fedele arma, una possente mazza ferrata, pronto a mettersi in marcia. Prima di muoversi, tuttavia, rivolse lo sguardo su Gollum, ancora tremante ai suoi piedi.
« T-tesoro... » gemeva, « mio... mio tessoro... »
L’ultima cosa che vide furono gli occhi di Sauron riempirsi di fiamme, prima di essere incenerito nel giro di un istante. Il tempo di Gollum, eterno cercatore dell’Anello, era finito. Quello di Sauron, solo e unico padrone dell’Anello, era ricominciato.    
   
 
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