-2-
L’ingresso
di casa mia è composto da una stanza che comprende: il
salotto,
l'angolo cucina, nel fondo c’è un bagno piccolo e,
subito sulla
destra, è presente una porta in cui c’è
camera mia.
Questo è
l'appartamento che i miei hanno deciso di acquistare solo per me.Ogni
dieci
del mese il corriere mi consegna puntualmente una busta nella quale
ci sono dei soldi.
Il denaro
viene spedito da papà senza un biglietto che mi assicura
loro come
stanno e viceversa. Non abbiamo chissà quale rapporto, ogni
volta
che ho cercato di instaurare qualcosa mi hanno snobbata o nel
peggiore dei casi, ignorata.
È una situazione sgradevole ma ho fatto l'abitudine.
Le persone
abituandosi ad un determinato tipo di vita, negativo o positivo che
sia, evitano di soffrire.
Che serve
voler cambiare le cose?
Preferisco
lasciar fluire e, come un corso d’acqua che si dirige
progressivamente nell’Oceano, lasciare che il tutto diventi
parte
di me.
Proprio come un camaleonte.
Pensando a quell’animale mi tornano in mente le parole di Sasuke, sorrido amaramente.Vorrei potergli dire che la solitudine che lui riesce a sopportare, a me ucciderebbe.
Siamo due opposti che si rifiutano, non potremo mai trovare un punto in comune sulla quale poter stringere un rapporto. Non avrò la sua ammirazione perché io non c’è l'avro mai di lui.
Mi siedo sul divano guardando un punto indefinito della stanza.
Tornare in questa casa vuota, spoglia, senza che nessuno ti dica “ Bentornata “ è deprimente. Delle lacrime nascono dalle palpebre cadendo caldamente sulle gote arrossate dalla freddezza che regna nella mia vita.
Ho i crampi allo stomaco, questa notte, come tutte le altre , la passerò sola. Inizio a piangere a singhiozzi, mi rannicchio sul divano e le mie braccia cercano di darsi calore intrecciandosi al petto.
Mi sento così fragile, vorrei essere stretta da qualcuno.
Il cuore inizia a battere forte, mi sento mancare l’aria. Mi alzo di scatto e con le mani attorno al collo mi agito ancora di più, in questa casa è presente aria nociva.
Devo scappare.
Con occhi
spalancati dal terrore arrivo all’ingresso e aprendo la porta
mi
ritrovo in strada.
Il respiro
si regolarizza immediatamente, mi rendo conto che continuando di
questo passo diventerò pazza.
Sorrido
pensando a poco fa, meglio rientrare, iniziare a cucinare e
impegnarsi con i logaritmi.
Mi volto e
mi trascino in casa ma una sagoma cattura la mia attenzione. Degli
occhi oscuri mi osservano e sapevo anche a chi appartenevano.
<< Perché sei piombata in strada in quel modo? >> mi chiede stranito e guardandomi come se fossi una pazza da legare.
Lo fisso prima corrugata poi gli sorrido snobbandolo, si trova nel posto e soprattutto nel momento sbagliato.
<< Non sono affari tuoi, tornatene a casa Sasuke Uchiha >> gli dico mentre torno dentro sventolandogli una mano in segno di saluto.
Improvvisamente
vengo spinta e i miei iridi vedono quel tossico tatuato in casa mia,
inizio ad innervosirmi e a guardarlo maligna.
Che
diamine vuole adesso da me?
<< Che bel appartamentino che hai, scommetto che sei una riccona figlia di paparino che ottiene tutto ciò che vuole >> lo vedo addentrarsi nelle stanze senza un minimo di contegno.
Vorrei tirargli una sberla da fargli cascare quel dilatatore ridicolo.
<< Basta così. Meglio che tu ne vada >> lo spingo ma è grosso, non riesco a spostarlo di un millimetro.
<< Si, adesso posso andare >> mi sorride impercettibile e va via lasciandomi confusa.
Avrà capito che ho pianto e voleva assicurarsi che nessuno mi avesse fatto del male? Sarà possibile una cosa del genere?
Rido di gusto, è impossibile, lui ha solo trovato un'altra occasione per ferirmi. Mi tocco il petto e con la solitudine incollata alla schiena mi avvio in cucina in cerca di qualcosa da mettere sotto i denti.
Apro il frigorifero e, per mia sfortuna, non ho trovato nulla da mangiare.
La indole
“donna di casa” è scarsa in me, devo
ammetterlo, però per
fortuna ho una domestica che un paio di volte alla settimana mi aiuta
con la casa.
Sei la mia
salvezza Karin!
Sbuffo annoiata, per non rimanere digiuna decido di andare al supermercato che si trova a due isolati. Indosso un pantalone alla turca grigio e un semplice maglioncino nero e attraverso la porta d’ingresso. Ho gli occhiali da studio e il portafoglio alla mano, non è il mio solito vestiario, generalmente indosso vestitini per sembrare agli occhi degli altri più femminile e aggraziata possibile ma per adesso al diavolo tutto, voglio del gelato.
Cammino
velocemente, vorrei poter subire meno freddo possibile visto il
periodo invernale, arrivo in meno di dieci minuti al supermarket,
prendo la vaschetta di gelato al cioccolato, pago ed esco da
lì.
La mia
mente è già proiettata a casa, davanti alla stufa
con il gelato
alla mano mentre leggo il libro di matematica.
Avrei conseguito l'utile al dilettevole.
Ad un certo punto un uomo sdraiato su una panchina cattura la mia attenzione. Rattristo all’idea che quella persona è stata logorata dalla solitudine e sta sfiorando appena la disperazione.
Non voglio finire così.
Mordo il
labbro inferiore e mi avvicino a lui, mi blocco improvvisamente
spalancando gli occhi dallo sconcerto.
Che ci fa
Sasuke in queste condizioni?
Ha il viso pallido, al che inizio a preoccuparmi, mica sarà in ipotermia? Faccio cadere violentemente la busta sull'asfalto e gli controllo le mani, sono gelate.
Maledizione!
Lo chiamo, lo scuoto, ma non si muove. Devo portarlo a casa perchè ha bisogno di calore, lo prendo sotto spalla e riesco ad alzarlo ma è impossibile per me trascinarlo fino all’appartamento, ho bisogno di aiuto.
Un taxi passa proprio sul vialotto, lascio Sasuke per un attimo e riesco ad attirare il conducente verso la mia direzione, gli spiego la situazione e senza esitazioni il vecchio mi aiuta a caricarlo in macchina. Ci dirigiamo verso casa e l'uomo, una volta arrivati e portato Sasuke sul divano, non ha voluto i soldi visto che il tragitto è stato breve ma io ho insisto regalandogli un bigliettone da venti, mi ringrazia sorridente.
Chiudo la porta alle mie spalle e realizzo per un attimo cosa stava succedendo, perché diamine ho aiutato quell'odioso Uchiha?
Lo guardo mentre è sdraiato, sembra così indifeso nonostante la stazza. Avrà camminato a lungo con il freddo glaciale per ritrovarsi così. Provo tenerezza, gli sorrido docilmente mentre mi avvicino a lui. Noto con felicità che sta iniziando a riprendere colorito sul viso, come per magia anche la mia casa rimasta a lungo grigia e solitaria, ha iniziato a brillare di colori.
Non so il motivo, ma vorrei che lui stesse ancora un po' qui con me.