Crossover
Segui la storia  |       
Autore: Odinforce    19/08/2015    5 recensioni
In un luogo devastato e dominato dal silenzio, Nul, un essere dagli enormi poteri si diverte a giocare con i mondi esterni per suo diletto. Da mondi lontani sono giunti gli eroi più valorosi, pronti a sfidare le loro nemesi che hanno già sconfitto in passato. I vincitori torneranno al loro mondo, siano i buoni o i malvagi. Saranno disposti ad obbedire alla volontà di Nul?
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo 18
 
Un nuovo giorno sorse sul mondo. Quando i Valorosi si svegliarono, tutti insieme nel loro rifugio, furono delusi di scoprire che l’incubo non era ancora finito: ogni notte si addormentavano con la speranza di risvegliarsi il giorno dopo nei loro letti, nei mondi da cui provenivano... ma ogni giorno, il luogo in cui si erano addormentati era sempre lo stesso. Lo stesso mondo di caos in cui erano prigionieri.
Almeno la notte era trascorsa in assoluta tranquillità. I Valorosi si erano accampati in un luogo ai confini del Cimitero dei Mondi, proteggendolo con tutte le risorse a loro disposizione. Edward aveva trasmutato le rovine per creare una grande cupola di metallo, sigillata e impenetrabile; Harry aveva eseguito i soliti incantesimi di protezione per rafforzare le difese e rendere il luogo invisibile dall’esterno; Jake aveva piazzato alcune trappole lungo il perimetro, che li avrebbero avvisati di un pericolo in agguato. Tutto questo, comunque, si rivelò superfluo, perché nessuno pensò di attaccare il gruppo durante la notte; sembrava che Nul volesse almeno concedere loro quei piccoli momenti di tregua, per prolungare la partita e il suo diletto il più possibile.
Gli otto compagni uscirono quindi dal rifugio, dopo aver consumato una colazione sostanziosa. Con loro grande sorpresa, il Cimitero non aveva fornito solo armi e munizioni, ma anche cibo: Po aveva rinvenuto in quello stesso posto un’intera dispensa, dalla quale aveva fatto un abbondante rifornimento. Così, una volta freschi e riposati, i Valorosi ripresero la marcia verso l’ignoto.
« Ci serve un nuovo piano » dichiarò Harry durante il cammino. « Non possiamo vagare alla cieca senza una meta precisa. Forse dovremmo tornare da Draven e chiedergli nuovi consigli. »
« Ormai siamo troppo lontani dalla sua tomba » disse Jake. « Inoltre ho l’impressione che Draven ci avesse già detto tutto ciò che sapeva... per cui sprecheremmo solo tempo. »
« Già... io non intendo rimettere piede là dentro! » borbottò Edward, lanciando un’ultima occhiata disgustata al Cimitero dei Mondi ormai alle spalle.
« Allora dove andremo? » domandò Po preoccupato.
« Per il momento seguiremo il consiglio di Sora » rispose Jake. « Andremo avanti finché non troveremo qualcosa. »
I Valorosi si voltarono tutti a guardare Sora, che si limitò a ricambiare con un sorrisetto. Il suo ottimismo non era ancora venuto meno.
« Ce la caveremo, amici, vedrete » dichiarò. « Ora siamo pieni di energia e armati fino ai denti, dopotutto. A proposito, Harry, dove hai preso quella spada? »
« Oh... è vero » disse il giovane mago, guardando istintivamente la sua nuova arma: una spada argentata, con l’elsa d’oro tempestata di gioielli. « Non ve ne ho ancora parlato. Questa è la spada di Godric Grifondoro, uno dei fondatori della mia scuola; l’ho estratta ieri dal Cappello Parlante mentre affrontavo il fratello di Ed. Mi ha tirato fuori dai guai un sacco di volte... e se il destino ha voluto che tornasse nelle mie mani ancora una volta, non rifiuterò il suo aiuto. Forse stavolta riuscirò davvero a tagliare la testa a Voldemort con questa. »
Molti Valorosi scoppiarono a ridere. Ormai dovevano ringraziare il cielo per riuscire a godersi ancora questi piccoli momenti di ilarità, di gioia.
Nel frattempo, erano giunti in un’altra area che potevano definire bizzarra anche per i loro parametri. Nonostante si fossero ormai lasciati alle spalle le enormi dune formate da armi, ruderi e cianfrusaglie, il Cimitero dei Mondi aveva ancora un’ultima sorpresa per gli otto eroi: un’area che un tempo doveva essere stata un parco pubblico o qualcosa del genere, ormai in rovina. Dove un tempo sorgevano alberi e giostre per i bambini, ora spuntavano dal terreno grossi pilastri di cristallo; erano disseminati dappertutto, circondando i Valorosi come una boscaglia.
Dal momento che quei cristalli apparivano immobili e non dimostravano alcuna minaccia, il gruppo pensò di ignorarli... ma questa iniziativa ebbe vita breve, non appena Lara esclamò per lo sgomento dopo aver dato un’occhiata più da vicino.
« Diosanto! Ci sono delle persone qua dentro! »
Gli altri compagni si voltarono, allarmati. Quando rivolsero lo sguardo sul cristallo, si resero conto che Lara aveva ragione: all’interno del pilastro erano rinchiuse due persone, abbracciate insieme. Un giovane dai capelli biondi a caschetto, non più vecchio di Sora o di Harry, vestito di azzurro e dotato di quella che sembrava una coda da scimmia; stringeva tra le braccia una splendida fanciulla dai lunghi capelli corvini, vestita di bianco. In quell’abbraccio reso eterno dalla prigionia del cristallo era evidente l’amore con cui si guardavano negli occhi; erano felici, benché prigionieri...
Alla base del cristallo, Sora notò una scritta, ma non riuscì a leggerla.
« Che lingua è? Non la capisco nemmeno un po’... Lara, tu riesci a decifrarla? »
« Fammi vedere » disse l’archeologa, chinandosi in avanti. « Ah, è italiano. Una lingua europea, per chi non lo sapesse. Dunque, dice: Gidan, intrepido ladro venuto dal mondo morente... Garnet, principessa invocatrice dei grandi spiriti... il loro amore non sarà dimenticato. E c’è una data... 1999. »
« Una specie di epigrafe, in pratica » disse Jake, con un’espressione amara sul volto. « E questi poveretti sarebbero ibernati qui dentro da anni? Ammesso che in questo mondo il tempo abbia un senso... »
« Se la cosa può farti stare meglio, ti dico subito che non sono vivi » aggiunse Luke. « Non percepisco nessuna forza vitale in loro... e nemmeno negli altri che stanno qui attorno. »
Sora, Harry, Ed e Po si scambiarono un’occhiata sconvolta, e una domanda sorse inevitabile nelle loro menti: chi aveva potuto fare una cosa simile? Chi si era preso la briga di imprigionare quelle persone nei cristalli?
La risposta poteva essere una sola: Nul.
Così i Valorosi proseguirono, cercando di ridurre al minimo gli interrogativi. Non potevano fare a meno, tuttavia, di osservare gli altri cristalli; ognuno di essi imprigionava una coppia di persone, un maschio e una femmina, tutti stretti nello stesso abbraccio caloroso. Ogni tanto Lara si soffermava a leggere le loro epigrafi, scritte nella stessa lingua.
« Raiden... soldato divenuto macchina... non perse mai il suo cuore. Rosemary... non smise mai di amarlo. 2008. »
E nel cristallo, un giovane dal corpo robotico stringeva tra le braccia una donna dai capelli bruni, il loro amore reso eterno come tutti gli altri.
« Ehi, Lara! »
L’archeologa alzò lo sguardo. Sora l’aveva richiamata, invitandola ad avvicinarsi al cristallo presso il quale si era fermato lui. Il ragazzo sembrava ancora più sconvolto di prima, e non capiva perché. Dentro quel cristallo riposava un’altra coppia: lui, un ragazzo alto e biondo, il fisico allenato e abbronzato; lei, una delicata fanciulla dai corti capelli castani, vestita con un abito bianco e azzurro che ricordava i kimono giapponesi. Il loro aspetto non significava nulla per Lara, ma Sora sembrava avere un’opinione molto diversa.
« Che succede? » domandò.
« Ti prego... dimmi cosa c’è scritto qui » disse Sora, indicandole la scritta.
« Vediamo... Tidus, il campione del sogno... Yuna, l’intrepida invocatrice. Diversi come il sole e la luna... insieme per sempre, dopo una lunga attesa. 2004. »
Tornò a guardare Sora, che non aveva mutato espressione. Allora cominciò a capire.
« Li conoscevi? »
« Conoscevo lui... Tidus » mormorò Sora, amareggiato. « Era un mio amico, sull’isola da cui provengo. Ma non ha senso... il Tidus che conosco io aveva la mia stessa età. Questo sembra più grande, ma la somiglianza è enorme. »
Lara rimase senza parole. Vista la situazione, sapeva che sarebbe stato inutile suggerire che forse si trattava di un’altra persona. Ormai poteva dire di conoscere bene il Custode del Keyblade... era certa che non fosse tipo da sbagliarsi così facilmente.
« Uhm, forse viene da un altro mondo » suggerì Ed, « uno dove il tuo amico ha vissuto una vita diversa da quella che conosci. »
« Già... può essere » ammise Sora, pur restando afflitto. « Ho avuto già a che fare con casi del genere, ora che mi ci fai pensare. Eppure tutto questo riesce ancora a sorprendermi... e non ci capisco nulla. »
E proseguirono, facendo cadere l’argomento senza ulteriori giri di parole.
La curiosità attirò più avanti lo sguardo di Hellboy, soffermandosi a guardare un cristallo che rinchiudeva una coppia decisamente insolita: lui aveva sembianze di un uomo grosso e possente, tutto muscoli e con la pelle verde, l’aria di un feroce bruto; tra le sue braccia stava una donna grigia, vestita di un’armatura leggera, con capelli neri raccolti in una lunga coda. Nonostante fossero molto diversi nell’aspetto, il loro amore era ciò che li accomunava al resto delle persone rinchiuse nei cristalli.
« L’incredibile Hulk » lesse Lara sull’epigrafe. « Eroe difensore... esiliato nello spazio. Caiera l’Impetuosa... guerriera ombra. Insieme... sovrani di Sakaar. Un breve amore... che non dimenticherò mai. 2007. »
« Strano, comunque » borbottò Hellboy. « Ok, è tutto strano da queste parti... ma questo posto ha un elemento che stona con tutto quello che abbiamo visto finora. »
« Che vuoi dire? » domandò Lara.
« Il Cimitero dei Mondi trasudava morte da ogni ferraglia su cui abbiamo messo piede » spiegò, « e anche il resto dei luoghi che abbiamo visitato non erano da meno. In pratica, significa che Nul non si è fatto alcuno scrupolo nel far morire tutti i nostri predecessori, e a scaricare i loro resti nel Cimitero. Ma che mi dite di loro? » e indicò i cristalli. « Perché sono stati “conservati” in questa maniera? Possibile che avessero qualcosa di speciale? »
« Be’... è possibile, a giudicare da queste scritte. Sembra che l’artefice abbia deciso di trattare queste persone come dei monumenti... per non dimenticarli. Non ho idea se possa essere stato Nul... ma chiunque, sia stato, la sua idea rimane comunque agghiacciante. »
« Già » fece Jake, sfiorando uno dei cristalli con amarezza. « Tutta questa gente rinchiusa qui dentro... non oso pensarci! »
Le circostanze, fortunatamente, non diedero ai Valorosi la possibilità di ulteriori riflessioni. Poco dopo, infatti, udirono di colpo una musica levarsi nei paraggi, attirando la loro attenzione; un suono leggero ma lugubre, proveniente da quello che sembrava uno strumento a fiato. E il suonatore non era molto abile ad eseguire la melodia, a giudicare dalla scarsa esecuzione.
Gli otto compagni si misero in guardia, procedendo con le armi in pugno. Jake camminava in testa al gruppo come al solito, si acquattò dietro un cristallo e sbirciò verso la direzione da cui proveniva il suono. Guardò per pochi secondi, poi si rivolse al gruppo e fece loro cenno di procedere.
Superato il cristallo, i Valorosi trovarono ciò che gli occhi di Jake avevano individuato: un uomo, seduto sul terreno appoggiando la schiena a un cristallo più grande degli altri, come se fosse il monumento principale. Era alto, sulla trentina, i capelli neri come la pece; vestiva con semplici abiti di città, jeans, una camicia rossa e una giacca nera... e sembrava portarli da giorni, per come apparivano sporchi e rovinati.
L’uomo era intento a suonare un clarinetto con aria assente, del tutto disinteressato a ciò che lo circondava; continuò a suonare mentre i Valorosi si avvicinarono a lui, mantenendo la guardia. Si aspettavano di tutto da quel tipo, nonostante apparisse disarmato e decisamente male in arnese: aveva occhiaie profonde, la barba incolta e puzzava di alcol. Inutile dire che stava affrontando un periodo difficile della sua vita.
Quando gli otto compagni lo circondarono, le armi ancora in pugno, l’uomo smise finalmente di suonare e li guardò.
« Uhm? Salve » disse a nessuno in particolare. « Vi è piaciuto lo spettacolo? Vi avverto, non concedo bis... »
« Questo qui è ubriaco fradicio » dichiarò Hellboy. Era un esperto nel riconoscere simili condizioni, dopo anni trascorsi a bere fiumi di birra.
« Sì, be’... capita di diventarlo, dopo aver vuotato questa » e sollevò una mano, mostrando una fiaschetta che un tempo doveva contenere qualche liquore. « Ma questo non mi impedirà di compiere il mio dovere... contro di voi! »
L’uomo si alzò all’improvviso, barcollando. I Valorosi indietreggiarono di un passo, stringendo la presa sulle loro armi.
« Bene, miei cari mostri » borbottò l’uomo. « Dite le vostre ultime preghiere... dopodiché impegnatevi a memorizzare il mio nome: Dylan Dog, l’indagatore dell’incubo! Perché sto per rispedirvi tutti quanti all’inferno.
« Groucho! La pistola! »
L’uomo chiamato Dylan Dog aveva urlato al vento, e il silenzio fu l’unica risposta che arrivò. I Valorosi si scambiarono un’occhiata confusa.
« Oh... giusto. Groucho non c’è più... non ricordo se sia morto o se l’ho licenziato. Well, poco importa... posso cavarmela da solo. »
Dylan scostò la giacca e tirò fuori una pistola; ebbe appena il tempo di sollevarla, prima di vedersela strappar via per mano di Luke... o meglio per mezzo del suo potere. Il Jedi l’afferrò, ma non era un esperto di simili armi da fuoco, così la passò a Lara.
« È scarica » dichiarò, dopo averla controllata.
Dylan scoppiò a ridere, tornando ad appoggiarsi contro il cristallo. C’era poco da fare, era in uno stato pietoso, sembrava a malapena rendersi conto di ciò che faceva. A quel punto i Valorosi accettarono l’idea che quel tipo non poteva essere una minaccia per loro, così abbassarono le armi. Lara si fece avanti per aiutarlo a reggersi.
« Cerca di calmarti » gli disse, esaminando le sue condizioni. « Ti chiami Dylan, giusto? Sei inglese come me, riconosco l’accento... di Londra, scommetto. »
« Brava, hai capito tutto... vorrà dire che ti offrirò una pizza, una volta finito qui. »
« Un cacciatore di mostri » mormorò Jake, osservandolo. « Si direbbe un tuo collega, Red. »
« Può darsi, ma non l’ho mai sentito nominare » ribatté Hellboy. « E comunque, non sembra valere un granché. »
Dylan gli lanciò un’occhiata gelida.
« Ma sentilo, il rosso... si permette di sputare sentenze sugli altri come se li conoscesse da un pezzo. Vieni più vicino e ti faccio vedere cosa so fare! Oh sì, ti farò vedere di che pasta è fatto Dylan Dog, l’acchiappafantasmi, il detective del paranormale, il cacciatore di mostri... eccetera eccetera. Ti dimostrerò, sì, perché sono stato scelto per combattere in questo mondo. »
« Come vuoi » disse Hellboy, facendo un passo in avanti. « Ma poi non lamentarti se ti faccio la bua. »
« Aspetta, Red! » intervenne Sora, che subito si avvicinò a Dylan per difenderlo. « Guardalo bene, ormai è chiaro per tutti... è un altro eroe.
« Non vogliamo farti del male, te lo assicuro » disse a Dylan sorridendo. « Anche noi siamo eroi, giunti da lontano per combattere... come te. Hai detto di essere stato scelto, giusto? Tu cosa sai di questa storia? »
Dylan si limitò a fissarlo con uno sguardo orribile, come per dire “non avete idea di quello che ho passato”.
« Dio, che sete » borbottò, lanciando un’altra occhiata alla sua fiaschetta vuota. « Se avete qualcosa per rinfrescarmi la gola... vi dirò tutto. »
« Dai qua » intervenne Harry, e gli prese la fiaschetta dalle mani. Puntò la bacchetta e disse « Aguamenti »; la fiaschetta si riempì istantaneamente di acqua. La passò a Dylan che, ammirato, bevve tutto d’un fiato.
« Umm, niente male » commentò. « Un gran bel trucco, non c’è che dire... poi mi spiegherai come hai fatto. Sai com’è, non credo nella magia... »
« Mi sembra strano, visto il lavoro che fai. »
Dylan si alzò di nuovo.
« Già... il mio lavoro. Cominciamo da quello, visto che siete così interessati a me. Ho cominciato facendo il poliziotto a Scotland Yard, ma ho mollato a causa di vari problemi. La morte della mia ragazza ribelle, tanto per cominciare... e la mia caduta verso l’alcolismo. Ho lasciato la polizia e mi sono messo in proprio, indagando sui fatti paranormali che affliggevano le persone di Londra e dintorni. Non dico che il paranormale abbonda dalle mie parti... ma sono sempre riuscito a tirare avanti con quel poco che guadagnavo.
« Avevo un assistente, Groucho, un tipo sbucato dal nulla con la passione per le barzellette antiche... utile quanto una pistola scarica, il più delle volte... ma era mio amico. Insieme abbiamo visto gli orrori più atroci che abbiano mai colpito il nostro mondo: abbiamo affrontato creature diaboliche e scacciato spiriti dai frigoriferi, e ucciso innumerevoli mostri, quelli veri... gli uomini cattivi. Insomma... ho fatto la parte dell’eroe un sacco di volte, anche se i giornali continuavano a darmi del ciarlatano; deve essere per questo che alla fine sono stato scelto per partecipare a questa guerra. »
Molti dei Valorosi trattennero il fiato. Finalmente Dylan stava per rivelare ciò che gli interessava.
« Sono stato reclutato tempo fa » disse, « insieme ad altri strani personaggi. Me li ricordo bene... c’erano un papero parlante mascherato... un ragazzo biondo con uno spadone... un tipo con una tuta arancione, in grado di volare e far diventare i suoi capelli d’oro... e poi la ragazza cinese, aveva un vestito azzurro e un gran paio di cosce... un gran bel bocconcino.
« La nostra missione era sconfiggere i cattivi... come al solito, del resto. Nul li aveva recuperati dall’aldilà per farli combattere contro di noi, sfruttando il loro desiderio di vendetta. Così abbiamo combattuto... e ho avuto la peggio. C’è stata un’esplosione pazzesca che mi ha messo ko... e quando ho ripreso i sensi, intorno a me non c’era più nessuno... vivo: i miei compagni, morti o spariti nel nulla; il mio nemico, morto anche lui... ma non per mano mia. E da allora sono bloccato in questo dannato posto.
« Fine della mia grande storia » concluse Dylan. « Spero che sia stata di vostro gradimento. »
« Mica tanto » commentò Po, rattristato.
« Quello che ti è accaduto è terribile, non possiamo negarlo » disse Jake. « Ma c’è una cosa che non capisco... se il tuo nemico è morto e la battaglia a cui hai partecipato si è ormai conclusa, tu perché sei ancora qui? Per quanto ne sappiamo noi, Nul avrebbe dovuto riportarti nel tuo mondo. »
« Già... be’, chiedeteglielo pure perché non è più tornato a prendermi... ammesso che riusciate a trovarlo » rispose Dylan. « Giuda ballerino... ho vagato per quella discarica per giorni, alla ricerca di quel bastardo... e non l’ho mai trovato. Ormai ho raggiunto il limite, non so più niente... è già tanto se riesco ancora a ricordarmi chi sono e come suonare Il trillo del diavolo con il clarinetto. Questo, almeno, è un posto tranquillo dove passare il tempo che mi resta. »
L’uomo posò una mano sul cristallo a cui era appoggiato, con fare nostalgico. I Valorosi alzarono lo sguardo, osservando la coppia sigillata al suo interno: un giovane alto dai corti capelli biondi, vestito di arancione, recava sulle guance dei segni simili a baffi di animale; la ragazza tra le sue braccia aveva invece lunghi capelli corvini e un viso gentile, con due grandi occhi perlacei. Si guardavano negli occhi con passione, perdendosi ognuna nello sguardo dell’altro. Agli occhi dei Valorosi, quella coppia non sembrava molto diversa da tutte le altre rinchiuse nei cristalli; eppure quei due erano esposti come se fosse il pezzo migliore di quella grottesca collezione, il più importante. Lara si chinò per decifrare l’iscrizione, in cerca di risposte.
« Naruto Uzumaki... portatore del demone volpe, salvatore del mondo. Hinata Hyuga... principessa del Byakugan... prima fra tutti a dirgli “ti amo”. Ho atteso sette anni... per vedervi insieme. Siete i migliori. 2014. »
I Valorosi restarono a guardare e ad ascoltare. Alla fine, tuttavia, ne sapevano quanto prima, mantenendo il silenzio che aleggiava improvvisamente intorno a loro. Dylan intercettò la loro aria perplessa, e decise di intervenire.
« Eh... non sono carini? » disse, indicando i due ragazzi nel cristallo. « Sembra che il proprietario del terreno li abbia nominati “miglior coppia del secolo” o roba del genere... questo spiega la loro permanenza là dentro, alla faccia di tutti gli altri concorrenti. »      
« Ma che significa tutto questo? » intervenne Harry. « Cos’è questo posto? Chi è stato a rinchiudere qui tutte queste persone? È stato Nul? Perché? »
« Whoa, rallenta, ragazzo... ho un gran mal di testa. Sono ancora ubriaco, se l’hai dimenticato.
« Davvero volete saperlo? Be’, a me piace chiamarlo “il giardino dell’eterna illusione”... e ovviamente con questo nome mi riferisco all’amore, quello con la “A” maiuscola. L’amore vero, eterno e passionale, quello su cui fantasticano tutti... me compreso.
« E in questo giardino... sono raccolti parecchi tizi che hanno coronato il loro sogno d’amore » proseguì Dylan, allargando le braccia come per mostrare il luogo nella sua interezza. « Eroi venuti dai loro mondi con le loro fidanzate, mogli o amanti... ognuno di loro aveva una commovente storia romantica di cui andare fieri. Hanno combattuto e sono morti, dal primo all’ultimo. Tuttavia, sembra che qualcuno abbia apprezzato le loro storie a tal punto da concedergli quella che lui considera una “degna sepoltura”... li ha rinchiusi in questi cristalli, una coppia dopo l’altra... per non dimenticarli. Non ho idea di chi sia stato... ma di certo è un gran sentimentale. »
I Valorosi rimasero in silenzio, assimilando le nuove, ultime informazioni fornite dal detective. Le cose stavano più o meno come le avevano immaginate, ma con le parole usate da quell’eroe caduto in disgrazia, avevano un altro sapore, decisamente più amaro. Dylan aveva parlato per tutto il tempo con tono ironico, come se non gli importasse affatto di tutta quella gente; qualunque cosa gli fosse accaduta durante la sua battaglia, doveva averlo stravolto profondamente.
« E tu perché sei qui? » gli domandò Jake, spezzando il silenzio ancora una volta. « Perché hai deciso di fermarti in questo posto? Se non conosci nessuno di loro, che cosa ti impone di restare qui in eterno? »
Dylan si accasciò nuovamente a terra. Lara si offrì di aiutarlo ad alzarsi, ma lui rifiutò; afferrò di nuovo la fiaschetta e bevve un sorso, anche se si trattava di acqua.
« Perché... li invidio » rispose, levando lo sguardo al cielo. « Li invidio tutti, dalla prima all’ultima coppia di piccioncini. Tutti questi eroi... hanno trionfato su una cosa in cui ho sempre fallito... hanno trovato l’amore. Mentre io, fin da quando ho cominciato ad interessarmi alle donne... non sono stato capace di tenerne una al mio fianco per più di qualche mese.
« A questo punto vorrete chiedermi “perché, Dylan? Perché non hai trovato il vero amore?”. Nel mio cuore ci sono state centinaia di donne – non vi prendo in giro, è la verità – le ho amate davvero, per la maggior parte... e le ho viste sparire tutte dalla mia vita per diversi motivi: io lasciavo lei... lei lasciava me... lei era il colpevole... lei moriva. Ecco, questa è un’altra costante della mia vita: tutti muoiono intorno a me... mentre io sopravvivo. »
E chinò il capo, facendosi afflitto tutt’ad un tratto.
« Una cosa è sicura... se c’è un problema nella mia vita, quel problema sono io. Ora mi è tutto chiaro, dopo anni passati a restare chiuso nel mio guscio fatto di stronzate. Le mie abitudini... i miei valori... mi hanno marchiato per tutto questo tempo: Dylan Dog il vegetariano, il claustrofobico, l’ambientalista, l’anti-tecnologico... un uomo la cui vita sociale si riduce in tre fasi: pizza, cinema e sesso occasionale! Un uomo che preferirebbe morire... piuttosto che adattarsi al progresso e ai cambiamenti della società. Uno stupido che non crede nemmeno nel lavoro che fa... nonostante abbia affrontato mostri e incubi a centinaia. »
E tacque di nuovo. Lara si chinò su di lui, cercando di scuoterlo, ma non servì a molto. Lei e i suoi compagni avevano di fronte un uomo distrutto.
« Sei troppo duro con te stesso » gli disse. « Ti stai prendendo colpe eccessive, credi che tutto sia perduto e non puoi farci niente. Puoi ancora rimediare, basta volerlo. »
« Volerlo? Ma certo che lo voglio » sbottò Dylan, che in un attimo si rialzò in piedi, così forte da spingere Lara all’indietro. « Ho sempre voluto qualcosa dalla mia vita, senza mai capire cosa fosse... ma ora è tutto chiaro. Io voglio quello che vogliono tutti... voglio quello che volevano loro » e si voltò a guardare i due ragazzi nel cristallo, « e che hanno ottenuto nel momento in cui si sono baciati al chiaro di luna, o dovunque fossero... felicità! Tutta questa gente... tutti questi cuori ardenti di passione... hanno avuto la felicità in pugno dopo aver trionfato sulle forze del male, come tutti i veri eroi. Mentre io, nonostante abbia fatto le stesse cose... per decenni... mi trovo ancora così: solo e pieno di angoscia... e incubi. Chiunque viva lassù » e indicò il cielo « non vuole che io sia felice! Mi ha maledetto con una vita di orrori! »
Grosse lacrime sgorgarono dai suoi occhi, colando lungo le sue guance per poi cadere a terra. Non c’era uno tra i Valorosi che non fosse turbato per tutto questo: lo stato pietoso in cui versava quell’uomo e la sua tragica storia. Che cosa potevano fare per aiutarlo? Cosa potevano dire?  
Ancora una volta, Sora cercò di risolvere la situazione, e si avvicinò ulteriormente a Dylan.
« Non puoi mollare così, amico » gli disse. « Sei un eroe, dopotutto... non pensi mai alle vite che hai salvato? A tutta quella gente che ha avuto un futuro grazie a te? Non puoi aver dimenticato tutto ciò che hai fatto di buono durante la tua “carriera”. La tua vita sarà stata piena di oscurità... ma io ho imparato da tempo che dentro tutta quella oscurità c’è una luce che non si spegne mai. Forse la tua luce è piccola, debole... ma c’è ancora, fidati. Noi possiamo aiutarti a farla brillare ancora di più, se lo vorrai; unisciti a noi, Dylan... combatteremo insieme per tornare a casa. »
E gli tese la mano, convinto di ogni singola parola pronunciata. Dylan fissò il ragazzo a lungo, in silenzio, assimilando lentamente il discorso che gli era stato rivolto.
Alla fine allungò una mano verso quella di Sora. Ma la respinse.
« No » dichiarò l’uomo, scuotendo la testa. « Apprezzo la vostra offerta, ragazzi, ma la rifiuto. È meglio per voi fare a meno di me, dal momento che ho l’abitudine di far morire tutti quelli che mi stanno vicino. Inoltre, anche se dovessimo riuscire nell’intento... io non sarei per niente contento di tornare a casa... a quella vita di cui sinceramente sono arcistufo. »
Dylan vide gli otto compagni assaliti dallo stupore mentre dava la sua risposta, ma non gli importava.
« Non dire assurdità! » sbottò Hellboy. « Sei davvero stanco di vivere? Ti senti davvero così annientato da voler restare a marcire in questo posto? »
« Mah, a dire il vero speravo di esalare l’ultimo respiro in una comoda suite imperiale... ma per il momento questo è tutto ciò che passa il convento. Dopotutto, è destino che io finisca le mie avventure a mani vuote... perché dovrei rompere la tradizione proprio adesso? È giusto così, ragazzi... non voglio tornare indietro. Sono certo che l’aldilà non sarà così male... in fondo, zombi a parte... non è mai tornato nessuno per lamentarsi. »
Il suo sguardo rimase fisso sui Valorosi, che ormai lo guardavano con aria rassegnata. Erano ancora disposti a portarlo con loro, anche con la forza se necessario, ma ormai era chiaro che avrebbero agito contro la volontà di quell’uomo. Non era abbastanza simile a loro. Non potevano capirlo.
Ma lui poteva capire loro, almeno un po’.
« Uhm... visto che mi siete simpatici, farò qualcosa per voi. Non posso seguirvi, ma almeno posso aiutarvi. Ho cercato Nul dappertutto, in questa città, ma senza alcun successo. Ho capito che la sua dimora non è da queste parti, ma in un luogo più lontano... se volete raggiungerla, dovete lasciare la città e proseguire oltre. Il modo più rapido... è prendere il largo. Se procederete in quella direzione » e indicò alla sua destra « arriverete al porto. »
I Valorosi guardarono nella direzione indicata. In lontananza potevano scorgere uno spazio vuoto tra gli edifici che delimitavano il parco, offuscato dalla nebbia. Da quella distanza non riuscivano a vedere altro, ma volevano comunque fidarsi.
« Sei certo di ciò che dici? » domandò Jake.
« Sì... » rispose Dylan. « Mi fido del mio istinto... o, come lo chiamavo nel mio mondo... il mio quinto senso e mezzo.
« Andate, adesso. Spero di non rivedervi più... perché vorrà dire che sarete riusciti a tornare a casa... o che sarete tutti morti. In entrambi i casi, vi auguro buona fortuna. »
« Ehm... grazie » commentò Edward, mentre muoveva i primi passi verso la direzione indicata.
Uno dopo l’altro, i Valorosi si allontanarono, lasciando Dylan Dog al suo destino. L’ultimo a salutarlo fu Po, che prima di partire decise di fare qualcosa per lui.
« Tieni » disse, porgendogli un pacchetto avvolto in un tovagliolo. « Sono un po’ delle nostre provviste... ti sentirai meglio dopo aver mangiato qualcosa, spero. E c’è anche qualcosa da parte di Red... mi ha detto lui di dartele, in caso di pericolo. Be’, buona fortuna per tutto. »
Il panda fece un inchino e gli voltò le spalle, ricongiungendosi al suo gruppo.
Dylan li seguì a lungo con lo sguardo, finché non sparirono tra la nebbia oltre i cristalli. Lui rimase dov’era, seduto ai piedi del pilastro dove lo avevano trovato.
« Bah... che Dio li aiuti, o chi per lui » mormorò. Aprì dunque il pacchetto che gli aveva dato Po e vide il cibo; non c’era nulla che contenesse carne, perché il panda si era ricordato che era vegetariano. Uno dei pochi valori a cui ancora riusciva a dare importanza, in quel mondo spezzato.
Poi vide il dono di Hellboy... non aveva dubbi che potesse essere da parte sua: una scatola di proiettili, compatibili per una pistola a sei colpi come la sua.
Dylan scoppiò a ridere, mentre una buona idea gli illuminò il cervello; così, dopo aver finito di mangiare quell’ottimo pasto che gli fu donato, prese la pistola e la caricò. Si alzò in piedi e si rivolse alla coppia dentro il cristallo, eroi di un altro mondo favoriti dalla pietà di una volontà superiore.
Se solo fosse riuscito anche lui a trovare il vero amore, a quest’ora avrebbe ottenuto lo stesso privilegio... invece di stare ai piedi di quel gelido feretro, mentre si puntava la pistola alla tempia.
« Essere o non essere » recitò sorridendo. « Questo è il problema. »
   
 
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Crossover / Vai alla pagina dell'autore: Odinforce