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Autore: Jehanne    20/08/2015    2 recensioni
Tutto quello che la giovane Elis desiderava era un'avventura. Voleva solo esplorare la regione di Johto e diventare un'allenatrice. Ma, come molti sapranno, bisogna sempre stare attenti a ciò che si desidera, perché quando l'universo decide di accontentarci il risultato potrebbe non essere quello che si immaginava. Il mondo dei Pokémon sa essere crudele con un'allenatrice alle prime armi con il dono di attirare guai, fortuna (o sfortuna?) che non sarà sola, oh no, la compagnia non le mancherà di certo nel suo viaggio verso la lega. La domanda è: ci arriverà tutta intera?
[“Se hai ancora la mappa possiamo cercare un sentiero”
“Certo che ce l'ho ancora” Rispose acidello Silver, estraendo un foglietto spiegazzato dalla tasca “Ma ovviamente non siamo vicini a nessuna strada”
“Giusto, scusami. La prossima volta che vengo aggredita da un Pokémon gli chiederò se può gentilmente scaraventarmi sul percorso principale, chissà perché non ci ho pensato” ]
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio, Silver
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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Farewell


Silver il navigatore ci aveva visto giusto. Nonostante l'imprevisto con i Tauros eravamo ormai a pochi chilometri da Olivinopoli ed era tardo pomeriggio. Saremo sicuramente arrivati in città prima che facesse buio.  
Mentre camminavamo spediti verso la nostra meta Mihael mi si avvicinò, tirando fuori un argomento di cui avrei preferito non parlare dopo essere stata rincorsa da un grosso Pokémon con corna, criniera e ben tre code.
“Elli, ci hai pensato? Prenderai il mio Charmeleon?” la sua espressione era così piena di speranza e aspettative che dovetti guardare in un altra direzione per non farmi distrarre.
“Non è una decisione semplice, e oggi non ho esattamente avuto molte occasione di rifletterci bene. Lascia almeno che ci dorma sopra”
Lui sospirò e abbassò gli occhi “Lo capisco” e annuì, poi inaspettatamente cambiò argomento “Voi sembrate una bella squadra, viaggiate insieme da molto?”
Mi prese alla sprovvista e non trovai una risposta migliore di un laconico “Un po'” Mick non sembrava ancora soddisfatto quindi mi rivolsi al rosso “Silver, da quanto tempo viaggiamo insieme?”
“Da troppo” fece acido, senza neppure voltarsi a guardarci.
“Antipatico”
Mihael ripartì all'attacco “Come vi siete incontrati?”
Era una domanda innocente, era il suo modo per dimostrarmi che gli importava della mia vita, ma io a quelle domande non volevo rispondere.
“Gli ho tirato un pugno perché mi stava prendendo in giro per avermi battuto” replicai con sincerità, mio cugino restò spaesato dalla mia confessione e io approfittai del momento di silenzio per aggiungere “Dopo la corsa di oggi pomeriggio mi è venuta molta fame, appena arriviamo ho intenzione di spendere tutti i miei risparmi in cibo” e prima che ricominciasse a parlare affrettai il passo e mi finsi molto ansiosa di raggiungere Olivinopoli.  

Ero già stata a Olivinopoli, una sola volta con mia madre e mio fratello, per una settimana di vacanze. Non era successo molto tempo prima quindi ricordavo ancora qualcosa, come le strade di pietre chiare, le case bianche, il faro e il panorama mozzafiato. Ma niente di più purtroppo.
Ci fermammo al centro Pokémon come di consueto, per trovarlo avevamo dovuto chiedere informazioni a un passante perché eravamo troppo stanchi per cercarlo da soli, appena entrati affidammo le nostre squadre alle cure dell'infermiera addetta e prenotammo una stanza a testa. Aquel punto della giornata, con tutto quello che avevamo fatto, una doccia era indispensabile, accennai un “A dopo” ai miei compagni e mi allontanai.
Ero così impaziente di darmi una lavata che ci misi appena un minuto a entrare, sistemare la mia roba, spogliarmi e entrare sotto il getto d'acqua, che regolai perché fosse appena tiepida. Avevo un disperato bisogno di rinfrescarmi, mi sembrava di essere diventata un termosifone, appena guardai i miei piedi mi accorsi che l'acqua aveva un brutto colorito marroncino, colpa della polvere che mi si era appiccicata addosso, la cosa mi disgustò abbastanza quindi mi insaponai e iniziai a sfregarmi con energia. Rimasi a mollo per almeno un quarto d'ora, anche se ero pulita ero ancora molto accaldata.
Uscii dalla doccia, mi asciugai velocemente e mi sedetti a esaminai tutti i graffi e le escoriazioni che mi ero procurata, li disinfettai uno alla volta (soffrendo tremendamente), e su alcuni misi dei cerotti.
Una volta finito di rammendare i miei poveri arti lasciai il bagno, scoprii con disappunto che mi era rimasta una sola maglietta pulita e un solo paio di pantaloni, anzi a dire la verità era una salopette. Me li infilai senza fare storie, anche perché gli altri disponibili erano quelli del pigiama, sembravo un idraulico ma almeno il top a righe bianche e arancioni si intonava abbastanza bene al resto.
-Sempre meglio di niente...- pensai mentre mi chiudevo la porta alle spalle e scendevo le scale, non mi ero neppure degnata di asciugarmi i capelli ma con quel caldo non sarebbero rimasti bagnati a lungo.
Al piano di sotto trovai Mihael con vestiti puliti e senza lo zaino che mi aspettava.
“Ho trovato un posto dove cenare, ti va di venire con me?” la sua bocca si aprì in un sorriso
“Va bene, lo chiedo anche a Silver” Mick annuì e appena Silver scese l'ultimo scalino glielo proposi. Il rosso guardò prima me, poi mi cugino e disse “Non ci penso nemmeno” e sparì.
-Che amore di ragazzo-
Leggevo nell'espressione di Mihael che non sapeva se essere offeso o felice che avesse rifiutato, mi ci era voluto un po' ma adesso avevo capito che Silver lo metteva a disagio. Sinceramente non potevo dargli torto.
Il ristorante che aveva trovato il biondino era uno di quelli in cui si poteva mangiare fino a scoppiare pagando sempre la stessa somma. Non poteva farmi un regalo migliore, osservai la grande varietà di pietanze che il locale offriva con le lacrime agli occhi.
“Tu sei un dono del cielo” gli ripetei per la seconda volta della giornata prima di iniziare ad abbuffarmi.
 *    *    *

La mattina seguente mi ero pentita di aver mangiato per un esercito, mi sentivo ancora terribilmente appesantita e, cosa molto insolita, non avevo nessuna voglia di fare colazione.
Alzarsi dal letto fu un po' come fare sollevamento pesi, e il peso era quello del mio corpo. C'erano alte probabilità che pesassi almeno una decina di chili in più della sera prima.
Mi vestii con lentezza, senza fare nessun movimento che potesse alterare il delicato equilibrio raggiunto dal mio stomaco. Prima di uscire mi assicurai di avere tutto quello che mi serviva (-chiavi, borsa, pokeball-), dopodiché chiusi la porta e mi diressi al piano inferiore.
Quasi mi aspettavo di trovare mio cugino ad aspettarmi e invece non c'era nessuno, beh, nessuno di mia conoscenza almeno, il centro Pokémon era molto più affollato di ieri e io non avevo troppa voglia di starmene chiusa fra tutta quella gente. Feci uno slalom tattico per raggiungere l'ingresso, dove le porte automatiche percepirono la mia presenza e si aprirono per farmi passare.
Volevo farmi un giretto della città prima che iniziasse a fare troppo caldo, come del resto facevo ogni volta che arrivavo in un nuovo posto. Era molto utile, non solo per il mio spirito da turista/vagabonda, ma perché con un po' di memoria e senso dell'orientamento potevo imparare dove si trovavano i luoghi 'd'interesse', per così dire. Ovvero: la palestra, il pokémart, eventuali edifici con importanza storica o culturale e ovviamente i ristoranti e i bar con i prezzi migliori.
Ero intenta a bere da una fontanella pubblica quando nella mia visuale, storta per colpa della mia posizione, fece la sua entrata Silver. Deglutii l'acqua e mi raddrizzai, ora che lo guardavo per il verso giusto sembrava arrabbiato, più del normale almeno. Gli fischiai come se fosse una bella donna e io un marinaio appena sbarcato. Si voltò di scatto come se gli avessi mancato di rispetto così tanto da meritare un'aspra punizione, ma a me interessava solo essere riuscita ad attirare la sua attenzione quindi non ci feci caso.
-Forse credeva che qualche marinaio lo avesse davvero scambiato per una ragazza...-
Appena vide che si trattava di me si calmò un po, anche se rimaneva comunque molto nervoso, e si diresse verso di me.
“Ti sei alzato con la luna storta o ti è successo qualcosa?” chiesi con quanta più gentilezza riuscii a raccogliere.
Ebbi l'impressione che stesse per rispondermi male, con una raffica di insulti come solo lui e io sapevamo fare, poi che non volesse rispondermi affatto e tirare dritto verso chissà dove.
“Il capopalestra non c'è” ringhiò, sorprendendomi per avermi risposto come una persona quasi civile.
“Non mi sembra così grave. Vuol dire che ci fermeremo qui qualche giorno in più, non è poi così male, possiamo prenderci una vacanza e andare al mare”
“No. Non capisci. Non si tratta di solo qualche giorno, il Pokémon del faro si è ammalato e il capopalestra è lassù a perdere tempo con quello. Quindi sarà impossibile sfidarlo per un tempo indeterminato.”
“Oh, per tutti i cieli” sbuffai esasperata “Perché non può andarci una cosa cosa per il verso giusto di tanto in tanto?”questa volta capivo perfettamente l'irritazione di Silver e la condividevo.
 “Non lo capisco, se non possono combattere i Pokémon sono inutili, è solo tempo perso, del  mio tempo soprattutto”
Su questo punto non ero d'accordo con lui ma ormai ero partita in quarta con le lamentele “È il capopalesta, non il guardiano del faro o un medico, il suo dovere è stare in palestra. Sul serio non c'era nessun altro in tutta la città che potesse occuparsi del Pokémon del faro?!” brontolai “Cosa avrà mai di così grave da dover scomodare il capopalestra in persona?”

Dopo aver parlato a vuoto della nostra frustrazione, lamentandoci ognuno di cose diverse e senza ascoltarci davvero, decidemmo di tornare al centro Pokémon.
 Questa volta c'era davvero Mihael ad attenderci, era tranquillamente seduto su una sedia dall'aria comoda e guardava le notizie alla televisione nella sala.
Mi avvicinai e lo salutai, prima che potessi dire altro quello fiutò la mia tensione come un segugio “È successo qualcosa?”
“Ho appena scoperto che il capopalestra mancherà per un po'” sbuffai.
“In effetti ho sentito qualcosa, due allenatori ne parlavano stamattina. Forse dovresti andare al faro, magari riesci a dare una mano”
“E in che modo, scusa? Le mie conoscenze mediche si fermano agli umani, anche se con più di una lacuna, ma sui Pokémon non so praticamente nulla. E comunque non sono affari miei, non sono mica il facchino prescelto, che leva le baccastagne dal fuoco a tutti per vocazione. Non è di mia competenza e non mi interessa.”
Lessi chiaramente la delusione sul viso di Mick e, ancora incastrata nel vortice del mio egoismo, lo ignorai. Mi rivolsi a Silver perché sapevo che mi avrebbe capito, infatti non disse nulla per contestarmi e mi sentii piacevolmente soddisfatta di avere la sua complicità. Non credevo che mi sarebbe mai capitata una cosa del genere e invece il tempo mi aveva smentita, stavo iniziando a trattarlo come un amico.
“Visto che abbiamo tempo da perdere, vuoi venire ad allenarti sul percorso 39?” chiesi “L'ultima volta è stata proficua, mi sembra”
“Mh” sembrò pensarci per un attimo poi scrollò le spalle e mi superò, avviandosi verso la porta “Va bene”
A quel punto mi rivolsi a mio cugino che ancora non riusciva ad accettare il mio lato egoista. Prima si toglieva dalla testa l'idea che io ero una creatura perfetta e meglio era per tutti.
“Quando parte il tuo traghetto?” lui sbiancò. Non mi ero accorta che l'idea di partire lo sconvolgesse a tal punto da essere quasi terrorizzato, forse perché al suo posto io mi sarei sentita più eccitata che spaventata.
“Stasera”
“Ti va di venire con noi? Magari ti posso insegnare qualcosa” accettò e mi seguì fuori, Silver ci aveva aspettato ma appena ci vide uscire iniziò a camminare.
Una volta arrivati al percorso 39 imboccammo un piccolo sentiero laterale e ci sistemammo in uno spazio ombreggiato. Io liberai miei Pokémon, Rossino andò a posizionarsi a distanza di qualche metro e fece lo stesso.
“Vorrei lavorare un po' con Eevee e Mareep oggi”dissi di malavoglia, volevo portare la pallina di pelo e la palla di lana ad un livello di abilità che almeno si avvicinasse a quello degli altri.
Sil capì e lanciò Murkrow, quello che per quanto ne sapevo era l'ultimo arrivato nel suo team “Pronti”
E non capii bene se era una affermazione o una domanda, comunque non era importante. Feci cenno a Mareep di avvicinarsi, il quale era ben felice di mettersi alla prova e trotterellò davanti all'uccellaccio.
“Voglio avvisarti Mick: questa lotta sarà molto noiosa ma breve” lui sorrise tranquillo, guardandoci interessato, un po' mi metteva a disagio sapere che avevo uno spettatore così attento.
“Mareep, vai con tuonoshock” prima di eseguire batté i piedini a terra tutto eccitato, lo trovai adorabile.
Silver non attese un secondo di più per dare ordini al suo Pokémon “Usa inseguimento”
Con mia sorpresa i due attacchi andarono a segno quasi all'unisono, Murkrow era più veloce e colpì Mareep facendolo cadere a terra in una nuvoletta di scintille. Il Pokémon Lana riuscì comunque a lanciare un fulmine prima che il volatile si allontanasse troppo, colpendolo in pieno nonostante l'altro avesse tentato di schivarlo. Controllai il pokédex, a quanto pareva si erano fatti parecchi danni a vicenda e il prossimo attacco poteva essere quello decisivo.
“Di nuovo tuono shock, svelto!” cercai di metterci più enfasi possibile volevo che capisse che era importante che eseguisse in fretta il mio ordine.
“Ancora inseguimento” I movimenti di Murkrow erano rallentati visibilmente, anche Silver doveva averlo notato, si era innervosito, probabilmente si stava chiedendo chi avrebbe colpito per primo.
Vedendo il nemico avvicinarsi si spaventò, perse concentrazione e mancò il bersaglio, ci riprovò immediatamente a lanciare un altro attacco ma prima che potesse raccogliere abbastanza energia l'uccello lo aveva già colpito.
Ci fu una nuova scarica di scintille, più grossa della precedente, che scoppiettarono nell'aria insieme a un po' di polvere. Il mio Pokémon era stato sconfitto, si alzò e venne verso di me barcollando. Neppure Murkrow sembrava messo bene, nonostante avesse vinto sembrava molto stanco e si muoveva molto lentamente e con fatica. Ritirai Mareep nella sua sfera e presi quella di Eevee.
“Non vantarti troppo, stavolta è stata tutta fortuna” dissi al rosso
“Il tuo Pokémon è un incapace” alzò le spalle e osservò il suo pokemon saltellare stanco per il campo, con un gesto della mano gli ordinò di tenersi pronto quando mi vide liberare Eevee.
“Ti ho detto di non offendere la mia squadra” la pallina di pelo si strofinò affettuosamente ai miei polpacci, mi accorsi che non aveva intenzione di sostituire Murkrow “Credo che sarebbe meglio se lo facessi riposare” protestai.
“Fatti gli affari tuoi” neppure considerò la mie parole, come succedeva quasi sempre del resto.
“Volevo solo evitare che si facesse male, sei sicuro di volere che continui ad allenarsi?” fu come parlare al vento, mi rispose con uno sguardo assassino e mi lasciò la prima mossa.
“Eevee, azione”  eseguì senza esitazione, mi faceva piacere vedere che si impegnasse così.
“Beccata” Ordinò Sil. Vidi Eevee correre verso l'avversario e centrarlo perfettamente senza che  quello facesse niente, mi sembrò molto strano che fosse diventato improvvisamente così lento, e mi sembrò ancora più strano sentire di nuovo un rumore di scintille elettriche.
 “Di nuovo” Il mio Pokémon si stava divertendo molto e non se lo fece ripetere due volte. Il secondo colpo mandò Murkrow KO senza che potesse eseguire mezzo attacco. Eevee salterellò felicissimo della vittoria e andò a 'congratularsi' con il suo avversario leccandogli le piume sulla testa.
Il rosso emise un suono gutturale e ritirò il suo Pokémon “Te l'avevo detto che avresti dovuto metterlo a riposo prima” dissi, evidentemente il mio commento lo offese perché mi lanciò di nuovo lo sguardo del zitta-o-ti-uccido.
Mick alzò la mano, va bene che gli avevo detto che potevo insegnargli qualcosa ma non doveva  comportarsi come se fosse uno studente davanti alla maestra.
“Sì?”
“Che cosa è successo?” e non sapevo rispondere con chiarezza, anzi, ci avevo capito poco anche io ma non potevo farglielo intuire.
“Immagino ti riferisca al 'cambiamento' di Murkrow” feci con aria professionale e falsamente sicura mentre mi affrettavo ad afferrare il pokédex. Lui annuì scuotendo la massa di capelli biondi come un maraca. Lessi svelta e trovai una risposta in tempo record “Il Pokémon di Silver era stato paralizzato parzialmente dall'abilità di Mareep: statico. Ecco perché si muoveva molto più lentamente”
Mick sembrò soddisfatto della risposta e mi ringraziò, invece il mio momento da saputella avevo offeso ancora di più Silver che mi passò accanto a testa bassa farfugliando uno sei suoi soliti sproloqui dove insultava i più deboli senza pietà, ormai non ci facevo neppure più caso.
“Che spreco di tempo” riuscii a cogliere poche altre frasi poco gentili prima che fosse troppo lontano per il mio udito.
“Silver? Dove vai?” Nessuna risposta, nemmeno rallentò “Silver!” che era un tipo strano lo avevo capito da un pezzo ma questo genere di stranezza non l'avevo ancora vista.
Adesso che il mio compagno di allenamento mi aveva abbandonato non sapevo davvero cosa fare. Guardai Mihael in cerca di risposte, aveva la mia stessa espressione un po' stupita e un po' confusa allo stesso tempo, non potevo certo chiedergli di sostituire Rossino ma non volevo tornare al centro Pokémon e starmene con le mani in mano.
“Potremo andare al faro” mi sorprese lui.
Sembrava un opzione accettabile anche se sapevo che stava subdolamente cercando di convincermi ad aiutare il capopalestra, comunque al momento non avevo di meglio da fare ed ero ferma nelle mie convinzioni, i suoi occhietti dolci non mi avrebbero convinta a fare niente che non volessi.
“Va bene, ma prima prendiamo qualcosa per pranzare” e stupidamente, tutto ad un tratto mi venne da chiedere se Silver avrebbe mangiato o se avrebbe trascurato i suoi bisogni fisiologici pur di allenarsi. Quel pensiero se ne andò con la stessa velocità con cui era arrivato e mi impegnai per non farlo tornare, se iniziavo a preoccuparmi così per lui avrei dovuto iniziare a chiedermi chi ero, perché non potevo più essere tanto sicura di essere la stessa persona di qualche settimana prima.

Il faro si trovava su un promontorio ad est della città, le sue dimensioni e la sua posizione rialzata resero facile trovare la strada, per raggiungerlo però fummo costretti ad attraversare la città, fu piuttosto piacevole perché esplorammo la parte più vicina al mare di Olivinopoli, ma la passeggiata ci portò via più tempo del previsto.
L'ultimo tratto di strada era costituito da una serie di scalini bassi che con molta calma salivano verso la costruzione, non erano affatto ripidi, in compenso erano tantissimi, sembrava che non finissero mai e io avevo cominciato ad aver il fiatone già dopo le prime rampe. E pensare che pochi giorni prima credevo che la mia forma fisica stesse migliorando.
Una volta arrivati mi consolai per le mie scarse prestazioni quando mi accorsi che mio cugino era messo molto peggio di me.
 -Sono una brutta persona se trovo conforto nella sofferenza degli altri?-
La risposta probabilmente era sì e, essendo un pessimo essere umano, mi andava benissimo.
Con il fiato corto e le gambe molli Mick mi si avvicinò “Entriamo”
“Prima ricomincia a respirare normalmente, sono quasi sicura che dentro ci aspettino altre scale” io mi stavo già riprendendo, lui annuì soltanto. Aspettare lì fuori non era poi così male, il calore del sole era reso sopportabile dalla piacevole brezza che veniva dal mare.
“Pronto?” chiesi dopo un po'
“Sì, saliamo!” rispose con energia, mi fece sorridere.
Il piano terra non era affatto come me lo aspettavo, me lo ero immaginato molto più piccolo e vuoto, mi aspettavo mura circolari con dentro poco o nulla, magari qualche vecchio oggetto per la pesca. Invece era una bella stanza ordinata, pulita, molto luminosa e arredata con sedie, tavoli, qualche tappeto e anche due divani, sembrava un rifugio tenuto molto bene.
In fondo alla sala c'era una rampa di scale normalissima, come quella che si trovano nelle case a più di un piano, mi sorprese perché credevo di vedermi davanti un'infinita scala a chiocciola pericolante. Salimmo al piano superiore, era molto simile a quello inferiore solo un po' più spoglio e più piccolo. A poca distanza da noi faceva bella mostra di se la salvezza per le gambette da pollo di mio cugino (e i miei polmoni anche se non volevo ammetterlo): un ascensore.
Ci avvicinammo, premetti il pulsante senza pensarci troppo e poco dopo le porte si aprirono, fortuna che funzionava. Entrai dentro ad occhi chiusi e mi avvinghiai al braccio di Mihael, il quale selezionò l'ultimo piano come destinazione.
“Hai paura degli ascensori” mi toccò la spalla con la mano libera, cercando di rassicurarmi.
“Ho le mie buone ragioni, ma ti prego di non chiedermi di elencarle” ci stavo mettendo tutta me stessa per non ricordarmi della mia disavventura al centro commerciale di Fiordoropoli.
“Va bene” rispose comprensivo.
Appena l'ascensore cominciò a muoversi gli stritolai il bicipite e cominciai a cantare piano, rifiutandomi di aprire gli occhi. Fu una lunga salita, la mia voce diventata sempre più acuta e cantavo a volume sempre più alto, quando finalmente ci fermammo, con un piccolo sobbalzo, le note della canzone mi si bloccarono in gola ed emisi un ridicolo rumore strozzato. Aprii gli occhi solo dopo che Mick mi ebbe guidato fuori da quella trappola di metallo semovente.
Eravamo sulla cima del faro, la saletta era più piccola delle altre e molto più luminosa, la differenza fondamentale stava nelle pareti, infatti tre quarti della lunghezza del muro era occupata da grandi finestre di vetro molto spesso. L'effetto era mozzafiato, straordinario per qualcuno che non soffriva di vertigini, in quel caso diventava molto spaventoso.
Guardandomi introno notai due figure accucciate per terra, dovevano essere il capopalestra e il Pokémon del faro. Il primo si era voltato verso l'ascensore dopo aver sentito le porte aprirsi, non doveva aspettarsi visite.
Prima che potessi fare qualsiasi cosa Mihael si avvicinò piano ai due, non lasciandomi altra alternativa che seguirlo, rimasi a qualche passo di distanza di distanza mentre lui si inginocchiava accanto a loro.
“Buon pomeriggio” salutò, tenendo il tono di voce basso “Abbiamo sentito che il Pokémon del faro sta male, possiamo renderci utili?” che infame a coinvolgermi così.
Il capopalestra, o meglio: la capopalestra di Olivinopoli ci guardò con gratitudine, poi si rivolse esclusivamente a mio cugino.
“Mi fareste un enorme favore ragazzi” accarezzò quello che solo ora notavo essere un Ampharos, lo conoscevo perché mi ero informata sulle evoluzioni di Mareep “Ci sarebbe una cosa che potreste fare, lo farei io di persona ma non me la sento di lasciare Amphy da solo” in effetti aveva proprio l'aria di chi ha visto giorni migliori.
“Ci pensiamo noi, non si preoccupi” Mick era sempre più convinto di quello che diceva, al contrario di me.
La ragazza gli sorrise “Non mi permetterei di chiedervi di andare fino a Fiorlisopoli...” fece con infinita cortesia.
“Non c'è nessun problema, davvero” mi indicò e all'improvviso mi trovai coinvolta in una conversazione a cui non avrei mai voluto prender parte “Lei è un allenatrice e sta collezionando le medaglie di Johto, quindi Fiorlisopoli è una delle sue tappe”
In realtà le mie conoscenze geografiche si fermavano ad un immagine un po' sfocata della cartina della regione.
“Lo faresti, non è troppo disturbo?” mi chiese lei con gli occhi che brillavano di speranza, e chi ero io per infrangere le speranze di quella giovane capopalestra tanto gentile?
Maledetto cugino.
“Tranquilla, nessun problema” sentivo il mio viso che non sapeva qual'era l'espressione giusta da assumere, perché anche se mi sentivo presa per i fondelli e sfruttata dovevo mentire e apparire come se fossi effettivamente felice di aiutare.
La ragazza si alzò e mi si avvicinò “Ti ringrazio infinitamente...”
“Elis”
“Grazie Elis, grazie a tutti e due” sorrise a entrambi, molto più sollevata. Si mosse e prese un taccuino dalla borsetta che aveva abbandonato vicino al Pokémon “A Fiorlisopoli c'è una farmacia, non è difficile da trovare, è l'unica in città. Di' al proprietario che ti manda Jasmine, la capopalestra di Olivinopoli”  scribacchiò sul primo foglio libero alcune frasi e me lo consegnò.
La calligrafia era perfettamente leggibile nonostante avesse scritto in fretta, erano riportati un nome che non avevo mai sentito prima e la sua firma.  
“Ecco, se gli consegni questo sapranno cosa fare”
“Mi servirà del tempo...” balbettai, non avevo ancora idea di come avrei potuto raggiungere Fiorlisopoli, che a quanto ricordavo se ne stava su un isoletta a largo di Olivinopoli.
“Lo so. Mi state già aiutando tantissimo, non voglio mettervi fretta, quindi prendetevi tutto i tempo che vi serve. So che non è un viaggio semplice da affrontare e per questo vi ringrazio”
Lei parlava al plurale perché non poteva sapere che Mick sarebbe partito stasera, lasciando a me tutto il lavoro. Era più o meno questo che volevo evitare, e invece per colpa del mio cugino dal cuore tenero adesso mi sarei dovuta fare carico di una missione che non avrei voluto veder diventare una mia responsabilità.
“Arrivederci Jasmine, cercheremo di fare più in fretta possibile” dissi mettendo in tasca il foglietto, Mihael sembrava voler prolungare i saluti ancora un po', era un'abitudine di famiglia non riuscire a dire un chiaro e conciso “Ciao” e andarsene senza averlo ripetuto almeno venti volte.
Feci la parte della cugina bisbetica e lo spronai a sbrigarsi con un innocente colpo di tosse, per fortuna capì cosa volevo senza che fossi costretta a passare ad altri metodi di convinzione e mi seguì verso l'ascensore.
Avrei voluto sgridarlo, dirgli che non aveva il diritto di coinvolgermi, o almeno tenergli il muso per un po', invece non feci niente, dopotutto stava per partire ed era già agitatissimo anche senza il mio aiuto. Tornammo in città e scegliemmo un posto calmo e fresco dove parlare, mentre eravamo seduti a mangiare un gelato lui continuava a lanciare sguardi verso il mare o all'orologio.
“Ho deciso, accetto di occuparmi del tuo Pokémon” lo presi di sorpresa e per poco non si strozzò con i gelato.
“Davvero?” doveva essere molto felice di sentirmelo dire, aveva un sorriso che andava da un orecchio all'altro. Aveva già tirato fuori la pokéball di Charmeleon.
“Sì, ti ho detto che ti avrei aiutato e mi sembra un buon modo per farlo. Magari Liz mi tornerà utile, chissà” mi affrettai a prendere la sfera del Pokémon che avevo deciso di scambiare e la misi davanti a lui. “Qui dentro c'è Golbat, non l'ho allenato molto a dire il vero... Spero che sia felice con te” e in un attimo lo scambio era fatto.
Ci fu un momento di silenzio, mi aspettavo che iniziasse con i ringraziamenti a raffica e le lacrime di commozione, invece sospirò e fissò il tavolino.
“Credi che stia facendo la cosa giusta?” chiese ad un tratto.
“Ad affidarmi Liz? Se hai cambiato idea possiamo scambiarli di nuovo. Comunque non faccio poi così schifo come allenatrice...”
“No, non quello. Intendo a partire, non è una pazzia?”
“Certo che lo è!” a giudicare dalla faccia sconfortata che fece non doveva aspettarsi quella risposta, però non avevo ancora finito “Ma credo che questa pazzia sia esattamente quello che ti serve. Sei a un passo dal tipo di avventura che hai sempre voluto, vuoi davvero tirarti indietro adesso?”
“E se avessi fatto tutto per niente? Se arrivo a Sinnoh e sono lo stesso incapace che sono a Johto?” Mi fu chiaro che Mihael stava annegando nelle sue ansie, non poteva essere felice come meritava se prima non si dava una calmata e tornava a galla.
“Non vedo il problema Mick, se vuoi essere più forte allora impegnati per diventarlo, allenati e non arrenderti. Lo so che è più facile pensare che non ce la farai e non provarci neppure, piuttosto che lavorare sodo e vedere che comunque c'è qualcuno pronto a prenderti a calci nel culo. Fidati, lo so bene. Ma Mihael, non puoi vivere nella paura di non essere abbastanza, devi avere coraggio, buttati e se non va come sognavi pazienza, almeno ti sei dato una possibilità. Se resti qui non avrai neppure quella e lo rimpiangerai, perché potevi avere quello che volevi ma ti sei tirato indietro. Adesso basta chiacchiere e finisci il gelato, si sta sciogliendo a vista d'occhio.”
 *    *    *

Il tramonto si avvicinava, così anche l'ora 'X' per il biondino. Per distrarsi mi portò a fare spese, anche se avevo deciso di adottare il look idraulico in infradito durante la mia permanenza a Olivinopoli non potevo viaggiare in ciabatte, ecco perché ero alla ricerca di un paio di scarpe sportive. Grazie a lui che chiedeva indicazioni a chiunque trovammo un negozio sorprendentemente in fretta.
A me non importava un fico secco che le calzature si intonassero al mio outfit, a Mick invece sì e si sentì in dovere di togliermi dalle mani quelle che avevo scelto perché erano rosse e non stavano bene con la mia maglietta arancione. Aspettai con pazienza che lui scegliesse vari modelli e colori e me li sottoponesse, ne provai più di una dozzina prima di trovarne un paio comode ma dall'aspetto resistente. Erano bianche e questo mi fece storcere un po' il naso perché sapevo bene che quel candore sarebbe durato pochissimo ai miei piedi.
Riuscimmo a uscire prima dell'ora di cena perché io ero troppo stanca per contestare le sue scelte e la sua nave sarebbe arrivata a breve.
Tornammo al Pokémon center per lasciare il mie acquisti e prendere la sua roba. Prima di unirmi di nuovo a Mick andai a bussare alla porta della stanza di Silver, speravo che fosse rientrato, allenarsi così a lungo non poteva fare bene né ai suoi Pokémon né a lui.
Sentii dei rumori dietro la porta e poco dopo mi aprì, ero sollevata anche perché non avevo sbagliato porta, non avrei fatto una bella figura. Mise fuori la testa, non mi invitò ad entrare e non chiese niente, aspettò che fossi io a spiegarmi.
“Accompagno Mihael al porto, se vieni poi ci fermiamo a mangiare da qualche parte”
Sbuffò abbastanza sonoramente e si allontanò dalla porta, credevo di doverlo prendere per un rifiuto ma mi stupì, un attimo dopo era fuori con la giacca in mano e il portafoglio in tasca. Non so come avevo fatto a convincerlo, diamine, non sapevo neppure cosa mi era preso per invitarlo, qualsiasi cosa fosse non mi dispiaceva.
Quando Mihael vide che sarebbe venuto anche Sil perse una sfumatura di colore, l'espressione omicida del rosso lo spaventava davvero tanto, cosa che rendeva l'altro stranamente soddisfatto di se stesso.
“Hai preso tutto?”
“Tutto a posto, ho il bagaglio, il biglietto e ho riconsegnato la chiave della stanza all'infermiera” sorrise “E siamo in anticipo”

Arrivammo al porto che ancora mancavano dieci minuti all'arrivo del traghetto, decidemmo che c'era tempo per un ultimo giro turistico e passammo il tempo camminando sulla spiaggia. Fu una passeggiata molto breve, io facevo la scema saltellando sul bagnasciuga, fiera degli schizzi che producevo quando tiravo i calci alle onde, Mick rideva e Silver mi stava molto lontano per non rischiare che lo bagnassi.
Lontano fra le piccole onde apparve un puntino scuro, quando il puntino fu abbastanza vicino da assumere la forma di una nave tornammo al porto, ci sedemmo su un muretto e aspettammo che attraccasse.
I miei occhi si spostarono in alto verso la prua dove, appoggiato a una sottile ringhiera bianca, se ne stava un ragazzo dai capelli scuri, lo notai perché stava agitando una braccio e guardava nella nostra direzione. Anche Mihael se ne accorse e prese a salutarlo con altrettanta energia.
“È lui! È lui!” fece tutto eccitato.
“Lo avevo intuito” intanto il ragazzo era sparito solo per ricomparire qualche minuto dopo davanti a noi.
Era un tipo che rispondeva al mio concetto di 'attraente', aveva dei bei lineamenti non troppo duri, capelli neri e occhi chiari, snello e alto almeno una spanna più di me.
Mi feci passare la cotta-colpo di fulmine e tornai alla realtà dove i bei ragazzi non mi guardano nemmeno per sbaglio e si buttano fra le braccia di mio cugino, eseguendo uno degli abbracci più lunghi a cui avessi mai assistito. Si staccarono dopo un bel po' e si guardavano come se allontanarsi costasse loro molta fatica, erano più affiatati di quanto avessi capito dalle (poche) parole di Mick.
Era bello vederli felici ma sperai comunque con tutta me stessa che il momento delle smancerie fosse finito, era stato abbastanza imbarazzante per me e il rosso osservare il loro ricongiungimento, preferivamo non ripetere l'esperienza.
“André, lei è mia cugina Elis e lui è il suo compagno di viaggio Silver” come avesse fatto a guardarlo e dire il suo nome senza balbettare o svenire era un mistero, forse il suo amico esercitava un effetto benefico su di lui.
 Il ragazzo dagli occhi azzurri ci salutò con la mano, e io ero solo felice che mi avesse presentata come 'Elis' e non come 'Elizaveta'.
“Piacere di conoscervi”
“Piacere mio” in altre circostanze lo avrei accolto con i miei soliti modi rozzi ma stavolta volevo provare a non fare la figura della selvaggia.
Rossino era rimasto a debita distanza e ricambiò il saluto solo con un cenno.
“Mihael, credo che sia meglio andare” Aveva una voce così musicale...
“Giusto. Aspetta solo un attimo” Credevo volesse solo dirmi qualcosa prima di andarsene quindi non fui preparata per uno dei suoi abbracci piega costole. Siccome era l'ultima volta che lo vedevo decisi di smetterla di fare il tronco di legno e ricambiare la stretta.
Pessima idea, lo sentii singhiozzare piano sulla mia spalla, mi strinse ancora più forte, sollevandomi da terra e togliendomi quasi tutto l'ossigeno.
“Grazie” Un altro singhiozzo “GrazieGrazieGrazie” mi lasciò “Sei la migliore, Elli”
Non sapendo cosa dovevo dire feci un sorrisetto scemo e “Chiamami qualche volta”
“Certo, lo farò sicuramente” si asciugò le lacrime “È stato bello averi rivista”
“Vale lo stesso per me”
“Ti voglio bene”
“Anche io”  mi strinse ancora una volta, brevemente, appena sciolse l'abbraccio fece due passi indietro.
“Grazie. Arrivederci” si stava già allontanando.
“Fate buon viaggio!” gli gridai dietro prima che la distanza diventasse troppa.

La nave accese i motori e io non volevo rimanere lì a guardarla allontanarsi come la moglie di un marinaio, mi rivolsi a Silver che aveva aspettato pazientemente poco lontano per tutto quel tempo.
Fu lui a parlarmi per primo appena mi vide avvicinarmi “Forza, io sono venuto con te per il cibo non per la scena lacrimosa”
Risi, mi erano quasi mancate questo genere di frasi “Conosco un bel posto, seguimi”  



Note:
Lo ammetto, ho sfera emozionale di un sasso e in questo capitolo ero molto fuori dalla mia "comfort zone".
Spero che non faccia troppo schifo.
  
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