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Autore: Elsa Maria    23/08/2015    3 recensioni
Nella città di Tokyo si è diffusa una strana disperazione … Si celano nella folla, cacciano gli umani per cibarsi delle loro carni: gli uomini li chiamano ghoul.
L’intrecciarsi del destino di due esseri di differente razza farà nascere una relazione dalle macabre sfaccettature.
“L'uomo è il mostro più orrido sulla faccia della Terra.”
“Dio non esiste, se esistesse, allora l’omicidio non avrebbe motivo di esserci.”
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Tokyo Ghoul!AU (non è un crossover, è stata ripresa solo l'ambientazione e non è necessario conoscere la storia originale ai fini della storia)
Coppia principale: MidoTaka
Coppie accennate/relazioni particolari: AkaMidoTaka, AoKuro, KuroMomo, NijiAka, kasaKise, OtsuMiya, MomoRiko
Buona lettura!
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Seijuro Akashi, Shintarou Midorima, Takao Kazunari, Tetsuya Kuroko
Note: AU, Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 2
Destino


Se esistesse qualcuno in grado di decidere la morte di un altro, che sia bianco, nero, asiatico, buono o cattivo, questo è l’uomo, non Dio. 
Dio non esiste, se esistesse, allora l’omicidio non avrebbe motivo di esserci. 

 
 
“Oh, un problema.” 
E che problema! Era mai possibile che dovesse sempre incontrare un uomo mentre tranquillamente cenava? Neanche a dire che mieteva così tante vittime: una a notte, quale tragedia poteva essere? Lui non ci vedeva nulla di male, era pur sempre la sua natura, eppure molte altre persone non erano dello stesso parere, proprio come quell'umano pietrificato di fronte a lui. Lentamente si alzò in piedi, lasciando cadere dalle mani il pezzo di carne di cui si stava cibando, procurando un suono molle che coprì lo strusciare della suola sull'asfalto. Si leccò le labbra, per poi tirare su con il naso e pulirsi la bocca con il palmo; azioni ben scandite, come in una sequenza di frame, con il preciso intento di catturare totalmente l'attenzione. 
“Ultime parole?” Gli venne spontaneo chiedere, volendo sciogliere quella situazione troppo tesa per i suoi standard. Inclinò il capo. “Che fai? Non rispondi?” Passò il cadavere, evitando di schiacciare ciò che era ancora un buon pasto, per avvicinarsi a quella che doveva essere la sua nuova vittima... Se fosse stato un qualunque ghoul. Quale senso aveva porsi una morale e un obiettivo se poi non si rispettavano? Come gli diceva il suo senpai: “Solo i rammolliti si fregano da soli.” o parole diverse con significato simile, fatto stava che era diventato come un motto in momenti simili, che lo costringeva a trattenersi. 
Ad illuminare il vicolo c'era solo la sua "ala" che immetteva quella luce dai colori caldi e risplendeva come perfetta cornice della sua figura, però preferì ritirarla ritenendo quell'uomo innocuo.
Comunque gli si avvicinò, con l'intento di capire meglio chi fosse la persona di fronte a sé. Poté percepire il respiro dell'intruso: vivo e vegeto, anche se aveva iniziato a dubitarne, essendo rimasto totalmente immobile. A guardarlo in quegli occhi, che gli sembravano di un bel verde, dava l'idea che lo stesse esaminando in tutto. Si chinò in avanti con il busto per poterlo osservare meglio, da una prospettiva diversa, posta in basso, puntando il dito contro lo sterno. 
“Mica ti mangio la lingua, non mi piace, è molle... Come una gelatina più consistente.” Fece quella battuta, assottigliando lo sguardo: vedeva un'espressione persa, spaventata, ma anche... Meravigliata. Possibile?
Indietreggiò di un passo, mettendosi in posizione di difesa. Che fosse un ispettore alle prime armi? Non lo convinceva. 
Tirò nuovamente fuori la kagune, sentendo che l'altro stava per agire. 
“Se non hai nulla da dire, allora...” Si leccò il labbro inferiore per poi mostrare i denti. “Ti divorerò!”
Ma ecco un evento inaspettato: la sua preda era scappata a gambe levate, lasciandolo sorpreso per quello scatto improvviso; tanto maleducato da andarsene mentre parlava, senza neanche salutare, gli umani non smettevano di sorprenderlo. 
Ma il peggio era stata la fuga, aveva veramente agito a quella maniera tanto pietosa? Sperava che a farlo muovere fosse stata la disperazione e non la furbizia, perché tutto era tranne che un azione intelligente. Sospirò piano prima di fare un salto in direzione del palazzo alla sua destra, usandolo come leva verso il palazzo opposto e arrivando infine sul tetto del palazzo da cui era partito; corse su questo spingendosi più verso l'esterno che affacciava sulla strada. Lo vide immediatamente: continuava a correre e anche velocemente per un umano. Gli venne naturale sorridere a quella considerazione, lanciandosi poi verso terra, in picchiata, roteando prima di atterrare con un tonfo. Toccata terra in un affondo, rimase in quella posizione fino a che l'altro non tornò a fissarlo attonito, questa volta ansimante per la corsa rendendo la scena ancor più succulenta e dinamica. La speranza umana la trovava una qualità eccezionale, qualcosa che ai ghoul mancava essendo sempre a contatto con la morte. Invidiabile.
“Ancora voglia di scappare?” Gli chiese mentre lentamente si alzava gustandosi quel momento in ogni suo attimo e dettaglio che lo rendeva unico. C'era un qualcosa nello sguardo dell'altro che lo stava facendo infiammare, spingendolo a prolungare l'attesa, la tortura con protagonista l'ansia e l'angoscia dell'imprevedibile. 
Fece un passo in avanti. 
Si stava alzando la nebbia. 
Un altro passo.  
Il silenzio inghiottiva tutto. 
Era pronto ad avventarsi quando una veloce camminata, precisa e felpata, lo mise in allerta: avrebbe saputo riconoscerli fra mille. Scattò in avanti verso l'altro per coprirgli la bocca e trascinarlo con sé, aggrappato con il braccio attorno il collo. “Se taci e te ne vai senza dire una parola del nostro incontro allora ti risparmierò la vita, affare fatto?” Gli sussurrò ad un orecchio a denti stretti, addentrandosi in uno dei numerosi vicoli che accoglievano un'oscurità a lui favorevole. “Basta annuire.” Aggiunse, aspettandosi che accettasse l'accordo; ma il problema era un altro. Infatti, si accorse solo in quel momento d'attesa di come l'altro si stesse piegando su di lui, contorcendo la schiena messa a dura prova, causa della notevole differenza d'altezza; la sua forza da ghoul gli era venuta utile in quella situazione. Lo lasciò andare più per pietà che per altro; inoltre non poteva permettersi di farlo morire d'infarto.
“Neanche un grazie?” Tentò ancora di farlo parlare pur cosciente dell'impossibilità dell'impresa, non distogliendo lo sguardo, tornato allo stato umano, dalla figura slanciata curva su se stessa intenta nel riprendere il respiro. Gli venne rivolta solo un'occhiata di sbieco, nulla di più, non riusciva a decifrare cosa fosse: paura, sollievo, odio? Non poteva rimanere per scoprirlo. 
“E va bene, questo rimarrà il nostro piccolo segreto, io non ho visto te, tu non hai visto me, affare fatto?” Propose allungando la mano per dargli una stretta, ma non gli venne concesso. Non poteva rimanerci male, però.
“Addio!” Esordì pronto ad andarsene quando l'altro catturò nuovamente la sua attenzione con un gesto della mano e strani suoni simili ad un mix fra parole e respiri veloci.
“Come ti chiami?”
Sorrise beffardo.
“Mi chiamano Occhio di falco, ti piace?” Gli chiese, aspettando una risposta anche se non interessato a riceverne una. Ci fu un veloce scambio di sguardi.
“Si addice ad un ghoul.” Una risposta piuttosto scettica che gli procurò una risata. 
“È questo l'unico commento?” 
“Cosa avrei dovuto dire?” 
“Potevi mostrare più entusiasmo con un: “veramente bello!” oppure spaventarti, dato che possedere un nome del genere significa essere ricercati.” Spiegò con quel tono allegro e ironico che era proprio. Sempre e in una qualunque situazione non si mostrava mai preoccupato o agitato, viveva la sua vita con spensieratezza ben conscio che prima o poi sarebbe arrivata la sua ora. Faceva parte della sua natura di ghoul, non poteva che accettarla. 
La sua non-vittima fece per parlare, ma un rumore di passi impercettibile, lo portò a tappare la bocca della nuova conoscenza. 
“È stato un piacere poterti risparmiare la vita, mi hai reso la serata interessante.” E gli fece un occhiolino malizioso prima di portar fuori la sua forza di ghoul e scappar via, lasciandolo solo, in quel vicolo buio e desolato. 


“Cosa hai fatto tu?!”
“Non c'è bisogno di alterarsi tanto, Miyaji-san.” 
“Oh no, io mi altero eccome! Hai lasciato a piede libero una...” Si trattenne, mordendosi la lingua mentre si guardava velocemente intorno. Si chinò su di lui. 
“Una vittima.” Concluse il discorso con un tono più moderato, non privandolo però di quell'accento irritato e rabbioso, perfetto riflesso del suo stato d'animo. 
“E con ciò?” 
“Potrebbe rivelare la tua sistemazione, hai lasciato la quindicesima per delle distrazioni o sbaglio?”
“Questa non è una distrazione, ho sbagliato coscientemente.”
“Il che è anche peggio.”
“Tanto gli ispettori sanno benissimo che mi sono spostato, non cambio il mio modo d'agire.” 
“Per questo ti beccano sempre.” Strinse la destra sul tavolo in un pugno, con tale forza da far diventare le nocche bianche. Respirò poi, rilassando i nervi e la mano che passò fra i capelli biondo grano. 
“In conclusione vuoi dirmi che fra un paio di giorni verrò a riprendere la tua carcassa priva di kagune in un qualche angolo sperduto?” Chiese guardandolo dritto negli occhi azzurri, l'opposto di quelli della sera precedente intrisi di nero e rosso. 
“No, voglio dire che non devi preoccuparti, so cavarmela da solo, tu rilassati e... Sta a vedere! Per ora pensa alla tua zona di caccia e bevi meno caffè.” Dicendo ciò gli allontanò la tazzina ormai vuota da davanti. “Secondo me ti rende nervoso.” Precisò, non distogliendo lo sguardo certo delle sue parole. 
“Piccolo insolent-”
“Altri due caffè per voi, offre la casa.” Si intromise d'un tratto un uomo più massiccio, ma basso del suo amico, che con aria pacifica e scherzosa aveva offerto loro le due bevande fumanti. 
“Kimura-san!” Esordì sollevato nel vederlo. Salvato all'ultimo secondo. Miyaji di contro sospirò, accettando di buon grado quell'offerta, fulminando il compagno con lo sguardo d'orato.
“Dovresti dirgli qualcosa anche tu.” 
“Ma sappiamo entrambi che poi farà come vuole.” E Takao annuì concorde a quell'attenta previsione che procurò un ulteriore sospiro nell'altro: si sentiva abbandonato alla propria opinione. 
“Inoltre Miyaji-san anche tu hai un caro amico umano, o sbaglio?” 
“Non sa cosa sono Takao, ed è amico, non vittima.” 
“Eppure sono certo che Otsubo-san non ti farebbe nulla se glielo dicessi.”
“È questo che mi preoccupa di te.” 
“Lo so, lo so, ma io accetto la mia vera natura e non me ne vergogno.” 
L'atmosfera si fece più pesante a quell'affermazione, i due si congelarono. 
Le parole di Takao erano vere, nessuno di loro se ne vergognava, ne andavano persino fieri, però...
“Tu sì, gli altri no.” Questa fu la risposta di Miyaji che fulminò, mettendo a tacere, Takao, il quale abbassò finalmente lo sguardo. Se l'argomento che più bruciava agli umani era sentire il numero di morti, quello che più colpiva i ghoul era il proprio stato di discriminati, l'essere costretti a nascondersi e mentire per essere accettati, per essere qualcosa che mai avrebbero voluto essere. 
Si alzò dal suo posto, bevve tutto d'un fiato il caffè, lasciando poi alcune monete sul tavolo. Girarono prima di ricadere sul piano, catturando l'attenzione di Miyaji che stava pensando ad altro, l'aveva capito dallo sguardo perso e gli occhi più assottigliati del solito: preoccupazione. 
“Io vado a lavoro, non mi sembra il caso di arrivare in ritardo.” Spezzò quella tensione con un sorriso rivolto ad entrambi gli amici. “Salutami Otsubo-san.” E detto questo, con un cenno della mano, se ne andò. 
Spesso, quando camminava fra la folla fingendosi un normale umano, si guardava attorno analizzando ogni possibile anomalia e nel momento in cui si rendeva conto che non ce ne erano, che tutto era così morbosamente normale, confinato in una perfetta routine, ringraziava di essere diverso. Agli umani, sotto sotto, i ghoul non dispiacevano, interrompevano con un taglio netto quella normalità, non era forse positivo? O era l’unico a pensarla a quel modo in un mondo dove, di fatto, il positivo non sarebbe dovuto esistere? Forse l’idea di fondo, di ghoul ottimista poteva essere una barzelletta: destinato a morire, senza una ragione di vivere, nascosto nel terreno come un verme; che senso aveva vedere le cose positivamente. Ma lui era così, pur sapendo che poteva morire in quel momento come fra anni, era ottimista. Sperava in un qualcosa di migliore: una giornata come la sua intera esistenza. Era quasi certo che il suo essere ghoul, in particolare un ricercato, lo rendeva capace di apprezzare anche una mattinata di sole; a lui piaceva, perché non apprezzarlo? Probabilmente era assurdo trovare del buono in qualcosa di tanto semplice, era assurdo pensarla tanto semplicemente, era assurdo ritenersi fortunati di essere un mostro.
Rallentò il passo, quando dal cielo limpido spostò lo sguardo sul lato opposto della strada: un uomo camminava veloce, scappando da un altro che dietro di lui lo seguiva con la testa bassa e le mani in tasca dell’impermeabile beige chiaro. Ispettori. E quello che scappava chi poteva essere se non un ghoul? Neanche lo conosceva il poveretto, sperava che avrebbe avuto la meglio, d'altro canto lui non poteva permettersi di intervenire per quanto fosse fastidioso e frustrante; era costretto a mettere prima se stesso.
Voltò lo sguardo, pronto a riprendere il ritmo del passo più affrettato, sentendosi improvvisamente congelare. Un brivido lungo la schiena lo scosse da cima a fondo. Trattenne il respiro come se qualcuno fosse dietro di lui, ma non c’era nessuno. Era stato tutto una percezione, uno sguardo che gli era stato lanciato poco prima che lui distogliesse il proprio. Con uno scattò tornò alla scena precedente. 
Capelli rossi mossi non dalla brezza, ma da un’aura terrificante che persino lui riusciva a percepire. Chi diamine era quell’ispettore, così spaventoso con una tale sente di sangue? 
In sé desiderò di non incontrarlo mai più e si sbrigò ad allontanarsi da tutto quello. 
 
“Sei in ritardo, Takao.” Ringhiò uno dei suoi colleghi che l’aveva beccato ancora con la giacca e non con la divisa verde che a quell’ora avrebbe dovuto avere indosso. 
“Yuuya sei più terrificante di tuo fratello quando fai così.” Ridacchiò ben poco convinto, non dando a vedere la paura che stava provando. Quel ragazzino poteva essere molto più spaventoso di Miyaji, se voleva… E voleva sempre. 
Si sbrigò a prepararsi, pronto ad iniziare quello che era il secondo giorno di lavoro nel nuovo ospedale in cui era stato trasferito. Prima di chiudere l’armadietto, in cui aveva appeso la giacca e lasciato gli effetti personali, si promise che avrebbe svuotato la mente, evitando di pensare a quella sensazione che ancora aveva sulla pelle e qualunque altro problema, come l’uomo della sera prima. 
“Eccomi!” Annunciò con slancio, avvicinandosi all’altro che iniziò ad elencargli ciò che avrebbero dovuto fare durante la giornata. 
“Oggi sarai affiancato ad un dottore che non lavora nella sezione pediatrica.”
“Va bene.”
“Si chiama Midorima Shintaro ed è… Il dottore laggiù.” E mentre si muovevano in direzione di questo, lo indicò.
Quell’altezza, il colore strano di capelli, avevano un che di familiare. 
“Dottor Midorima, Takao Kazunari, l’infermiere che l’aiuterà oggi.” Lo presentò Yuuya, come se lui fosse incapace di farlo. 
“Piacere di fare la vostra…” Raggelò. “Conoscenza.” Mormorò. 
Si guardarono. 
Rimasero immobili e scioccati. 
I loro volti sembravano indicarsi a vicenda, segnalando il colpevole di un crimine. 
“Tu.”
“Proprio io.” Sorrise, beffardo, come il destino che li aveva fatti incontrare. 









Angolo dell'autrice: 
Non ho molto da dire, se non: si è probabilmente capita la coppia portante dell'intera storia... O forse no? Non per mantenere il mistero, ma non ci sarebbe divertimento se rivelassi tutto e subito. 
A parte ciò, già il fatto che qualcuno stia leggendo questo capitolo è un gran traguardo, per cui vi ringrazio! Spero che la caratterizzazione dei personaggi non vi stia deludendo, ma non è affatto facile dare a Takao il suo essere Takao nei panni di un ghoul, tutto sommato, sadico; ma è probabilmente il personaggio che più preferisco. 
Non credo debba spiegare molto e vorrei rimandare ancora il discorso 'ispettori/colombe' per quanto, spero, la loro figura si capisca da sé. 
Per quanto riguarda il dettaglio del caffè, è l'unica cosa che i ghoul possono mangiare senza che gli faccia schifo e funge un po' come 'tappa stomaco' quando hanno non poca fame. 
Detto ciò credo non ci sia, veramente. altro da aggiungere.  GRAZIE PER AVER LETTO!

Here we Go! 

   
 
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