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Autore: Nadie    29/08/2015    5 recensioni
Un giorno ha chiesto cosa fosse quell’amore ripetuto dai dischi in vinile di papà.
«Una cosa che aggiusta tutto.» gli hanno risposto.
«Come una super colla?»
«Proprio come una super colla.»
Adesso che il bambino che è stato lo ha abbandonato, capisce che gli hanno mentito.

[Ben e Prudence]
[La Legge del Resto - sentivo il bisogno di cambiar titolo]
Genere: Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Temporale '
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23. Sii forte




«Alla mamma farebbe piacere vederti.»
Occhi Bui non stacca lo sguardo dallo schermo del televisore, dove un film ormai conosciuto a memoria si trascina lentamente avanti.
Ma lui segue la pellicola con l’attenzione di uno spettatore ingenuo, come se non sapesse che alla fine, come tutte le altre volte, Robert De Niro perderà i soldi, gli amici e la donna amata.
«Ben, sai quanto le manchi.»
Una delle sue scene preferite ruzzola davanti ai suoi occhi, quasi fosse capita per sbaglio in quel posto, in quel momento.
Elizabeth McGovern è di una bellezza quasi dolorosa mentre ascolta ad occhi bassi una dichiarazione d’amore che, come fosse una noce di cocco, finirà spaccata a metà da poche parole, taglienti al punto giusto.
Ma la scena muore nel buio del televisore appena spento, appena oscurato dal gesto secco e deciso di suo fratello Jack.
Occhi Bui non si muove, non apre bocca perché conosce suo fratello e la sua invidiabile, sconfinata perseveranza.
Spesso, in passato, avrebbe voluto chiedere a sua madre e al Dio un po’ annacquato dalla sua poca fede perché non ne avessero donata un pizzico anche a lui, di perseveranza, per vincere le partite della vita che invece lo hanno sempre lasciato col fiato corto e la sconfitta tra le dita.
Ma stavolta non vincerà nessuno dei due.
«Sai già come va a finire. Lui perde, perde tutto.» gli dice Jack, indicando il vuoto rimasto al posto del film.
«Secondo te se lo merita?»
«Non si tratta di meritarselo, è il corso delle cose.»
«Il corso delle cose?»
«Niente va mai come vorresti.»
«Vorrei che ti sbagliassi.»
Suo fratello rimane in silenzio, stavolta ha perso ogni parola e gli resta solo lo sguardo di chi non sa come aggiustare le cose rotte.
Ma Occhi Bui si alza svelto e scivola lontano, oltre la porta di camera sua, dove spera di non essere più raggiunto dagli ormai insopportabili ‘Ben, bevi troppo. Ben, smettila di rovinarti il fegato. Ben, basta alcol. Ben, dimmi qual è il problema’.
Ma Ben non ha niente da dire, nessun problema da raccontare, nessuna giustificazione da dare – e da darsi – per le troppe bottiglie abbandonate sul pavimento. E non ci sono spiegazioni neanche per le notti passate sveglio a fumare sigarette sul balcone di camera sua, mentre sotto ai suoi occhi di spettatore della vita i passanti passano, gli innamorati si amano e i disperati si disperano.
Si tiene stretta sotto la pelle una storia da cui non sa scappare via, di cui non sa scordarsi.
 
 
                                              
«Ben, tu hai un problema.»
Mentre affonda il cucchiaio tra i cereali che galleggiano nella sua ciotola colma di latte, Occhi Bui non può fare a meno di sorridere.
«Già, questi cereali diventano subito mollicci.»
Seduto di fronte a lui, Jack lo osserva preoccupato e sembra non avere alcuna voglia di ridere.
Jack vorrebbe solo andare al lavoro, fare quello che deve fare, commentare a bassa voce la partita di calcio insieme ai suoi colleghi, lamentarsi della dannata pausa pranzo che non gli basta neanche per bere uno schifo di caffè, tornare a casa stanco da morire e trovare suo fratello sobrio e felice, così come dovrebbe essere.
Invece ha di fronte un uomo che passa le sue giornate a rovinarsi fegato e polmoni quasi stoicamente, come se fosse un dovere e non un vizio nato dalla disperazione.
E Dio solo sa quanto deve fargli male la mano destra, bendata da una garza ormai sudicia di sangue rinsecchito.
Dio solo sa cosa sogna di notte e a cosa pensa di giorno. Dio solo sa come e perché si è ridotto così.
«Spiegami cosa c’è che non va.»
«Non c’è niente che non va.»
I cereali non gli vanno più e non gli va neanche di parlare, lo sguardo compassionevole di suo fratello gli fa passare l’appetito e gli toglie le parole di bocca.
Non sopporta l’idea di impietosirlo e vorrebbe urlargli in faccia che non ha capito nulla, che non ne sa niente di lui e dell’amore deturpato che continua a provare, con una lancinante intensità, per Prudence. Non sa che da qualche parte sotto la sua pelle si agita una rabbia che a volte gli frantuma le costole e gli toglie il respiro.
Non capisce che l’alcol gli serve a cancellare Prudence dalla sua testa, oscurarne il ricordo perché quasi gli viene da impazzire quando La vede dove non dovrebbe vederLa e Prudence tra le pieghe del cielo nel tardo pomeriggio; Prudence negli angoli più remoti della notte; Prudence in mezzo alle sue ossa doloranti; Prudence impigliata tra le nubi durante i temporali; Prudence nascosta nelle fresche estati inglesi; Prudence addormentata tra le pagine di un libro; Prudence nelle curve delle strade e sulle panchine dei parchi.
Prudence dovunque, dovunque, dovunque.
«Fanculo questi cereali, mi è passata la fame.»
Allontana la ciotola e si alza, mentre gli occhi di suo fratello lo seguono attenti e potrebbero sventrarlo come un pesce per andare alla ricerca, là sotto la carne, della radice del problema.
Ma suo fratello e la sua dannata perseveranza non sanno aggiustare i cuori spaccati.
Spaccati.
 
 
 
E venne la notte e venne il giorno, fu buio e fu luce e i giorni si trascinarono avanti strisciando i loro piedi sulla terra umida del tempo, ma Occhi Bui sembrava non sapersi cavare via dal petto l’abisso scuro in cui era annegato il suo cuore.
Quando si svegliava riverso sul pavimento di camera sua si rendeva conto del pozzo in cui stava scivolando, ma quasi gli spiaceva fermare la caduta.
E la rabbia gli stringeva il respiro, gli esplodeva tra le costole e non sapeva come fare per strizzarsela via di dosso.
Fu solo allora che capì.
Quando incontrò il suo sguardo spento nello specchio, quando scoprì la ferita sporca sulla mano e il viso sudato e stanco capì che l’amore era fuori dalla sua portata.
Si ricordò di sua madre, della tenacia spropositata con la quale affrontava i problemi che si annidavano in casa loro.
Si ricordò dei litigi disseminati nella storia della loro famiglia, i litigi scoppiati la mattina e risolti sempre la sera prima di andare a dormire.
E nonostante la stanchezza e la monotonia della vita sempre uguale, sempre faticosa e senza sconti, l’amore di suo padre e di sua madre era sopravvissuto, immutato, per quasi quarant'anni, radicato da qualche parte dentro di loro. Più vecchio delle rughe e dei capelli bianchi.
Lui non ce la faceva, ad amare così.
Con calma, con pazienza e tolleranza che chi va piano va lontano. Lui aveva una foga, una fretta quasi disperata, doveva dare tutto subito e con un’intensità che a volte quasi lo spaventava.
Quasi lo sfiniva.
E così si era perso nel pantano fangoso degli amori senza speranza, perché l’aveva capito subito che lui e Prudence erano senza speranza.
Benché  avesse compreso che entrambi facevano da guardia a certe verità come cani ben addestrati, e benché avesse capito sin dall’inizio che, malconci com’erano, non sarebbero arrivati lontano, aveva lasciato germogliare un amore con la data di scadenza.
E quell’insopportabile, sfiancante sentimento avvelenato rimase, chissà dove, a ferirlo, e la colpa – stavolta l’aveva capito – era solo sua.
Prudence c’entrava poco e niente con le sue occhiaie e le sue sbronze, lui s’era sbranato da solo, aveva insistito per salvare qualcosa che era perduto. E che andava lasciato perduto.
Gli ritornò in mente un carme latino letto chissà quanti anni prima, e chissà perché rimastogli ficcato da qualche parte nella testa.
Lavò via il sangue secco dalla sua mano ormai immune al dolore e le parole quasi gli strisciarono di fronte agli occhi.
Quod vides perisse perditum ducas.
‘Ciò che vedi essere morto, consideralo morto.’
Lasciò cadere lo sguardo oltre lo specchio e ingoiò riluttante l’immagine stravolta di sé.
Nec quae fugit sectare, nec miser vive, sed obstinata mente perfer, obdura.
‘Non inseguire colei che fugge, non vivere infelice, ma, con animo fermo, resisti, sii forte.’
Tirò fuori dal pacchetto l’ultima sigaretta e andò, come sua abitudine, ad affacciarsi alla finestra di camera sua.
Obdura. Obdura. Obdura.
Sii forte. Sii forte. Sii forte.
 
 
 
 
Ciao a voi, ciurma!
Come state? Spero le vacanze siano andate/vadano per il meglio!
Mi scuso, come sempre, di questo ritardo... purtroppo il tempo a disposizione per scrivere è quello che è, e il momento attuale non è dei migliori. Mi scuso davvero, cercherò di migliorare.
L'ultima parte del capitolo è scritta al passato perché segna la chiusura di questa triste parentesi della vita di Barny. Dal prossimo capitolo tenterà di rimettersi in carreggiata, con qualche acciacco, ma pur sempre in carreggiata.
Mille grazie del tempo che mi dedicate e del grande incoraggiamento,
a presto(spero per davvero!),
C.

P.S: A fine capitolo ho citato l'ottavo carme di Catullo... nel caso vi andasse di cercarlo e leggerlo per intero, ne vale la pena!
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
  
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