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Autore: Ink Voice    30/08/2015    5 recensioni
Come reagireste alla scoperta dell’esistenza di un mondo celato agli occhi della “gente comune”? Eleonora, credendosi parte di questa moltitudine indistinta di persone senza volto e senza destino, si domanderà per molto tempo il motivo per il quale sia stata catapultata in una realtà totalmente sconosciuta e anche piuttosto intimidatoria, che inizialmente le starà stretta e con la quale non saprà relazionarsi. Riuscirà a farci l’abitudine insieme alla sua compagna Chiara, che vivrà con lei quest’avventura, ma la ragazza non saprà di nascondere un segreto che va oltre la sua immaginazione e che la rende parte fondamentale di quest’universo nascosto e pieno di segreti. Ecco a voi l’inizio di tutto: la prima parte della serie Not the same story.
[RISTESURA+REVISIONE - Not the same story 1.2/3]
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Manga, Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Not the same story'
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IV
Nascenti Allenatori

La nostra camera si trovava al primo piano insieme a quasi tutte le altre dei vari “studenti”. Al secondo c’erano svariate aule e qualche stanza che poteva sempre tornare utile a dei nuovi, inaspettati arrivati. Al pianterreno vi era solo la “presidenza” e l’ingresso e poi c’era quello sotterraneo in cui si svolgevano le lotte di allenamento. Non capii bene la spiegazione di Bianca ma avrei saputo tutto perfettamente solo andandoci direttamente, immaginai.
La Capopalestra, prima di andarsene, ci lasciò le chiavi della nostra camera e indicò le scale per salire al piano superiore. Già sapeva che saremmo state aiutate dal professor Rowan, chiunque egli fosse, per la scelta di uno o due Pokémon per cominciare. Io e Chiara entrammo e trovammo le nostre valigie ai piedi di due letti separati, uno addosso alla parete di destra e uno a quella di sinistra. Non c’era molto spazio ma nelle altre due stanze, il bagno e soprattutto una specie di cabina-armadio, avremmo sistemato le nostre cose e recuperato quella mancanza. Due mensole vuote e un comodino di fortuna dietro il letto occupato da Chiara, a destra, furono subito utilizzate.
«Odio la moquette» borbottai pestandola un paio di volte con lo stesso piede.
«Ma come? È così comoda per camminare scalzi!» ribatté Chiara. «Piuttosto, ’ste pareti gialline…»
«Sì, queste sono terribili» ridacchiai. «E la finestra c’è solo in bagno… va be’. Accontentiamoci.»
«Come se dovessimo passare tanto tempo qua dentro! Secondo me ci faranno sgobbare da mattina a sera e quando andremo a dormire non avremo neanche il tempo di lamentarci di qualche disagio.»
«Stando a quanto hanno detto Gold e Bianca, in effetti, si studia sia mattina che pomeriggio… poi prima e dopo la cena ci sono le ore libere. La sveglia è alle sette per tutti e alle otto si comincia… proprio come a scuola, eh?»
«Se è proprio come a scuola mi alzo mezz’ora dopo. Alle sette non ce la faccio.»
Le feci una linguaccia per prenderla un po’ in giro e lei ribatté che la sera non aveva intenzione di andare a letto alle dieci per svegliarsi in tempo. Adorava fare le ore piccole e dormire fino al primo pomeriggio - ero pronta a scommettere tutto quello che avevo che il suo orologio biologico fosse totalmente disastrato.
«Senti, quando credi che dovremo andare da quel professore di cui ho già scordato il nome?» borbottò.
«Direi anche subito, se tu non hai niente da fare» dissi sentendo una stretta allo stomaco al pensiero di ricevere il mio primo Pokémon. Non ero sicura di essere in grado di badare a qualcosa di totalmente nuovo e sconosciuto e confidai questa mia preoccupazione a Chiara, che puntualmente ricambiava quello che io sentivo. Era d’accordo e non capiva perché fin da subito, senza un minimo di preparazione, dovessimo gestire quegli esserini. Sospirai e replicai: «Be’, immagino che rimandare non ci farà bene… almeno cominciamo subito. Andiamo?»
Lei annuì e pochi minuti dopo eravamo al pianerottolo del livello superiore. Tre corridoi si diramavano da esso: uno pieno di porte doveva essere quello delle camere di fortuna, un altro con ulteriori stanze avrebbe potuto essere quello delle aule. Tentammo l’ultimo, abbastanza vuoto, e in effetti dopo aver girato un angolo trovammo un vecchio, vecchissimo signore che ci salutò cordialmente. Era Rowan. Aveva una voce roca da far spavento. Un tempo doveva essere stato molto alto, quasi statuario, e lo si poteva intuire dalla costituzione fisica non troppo rovinata dall’età, ma ormai aveva una gobba non indifferente. Barba e capelli erano di un bianco immacolato che subito mi riportò con la mente al paesaggio perennemente innevato di Nevepoli. Sentii una fitta allo stomaco dovuta a un’improvvisa nostalgia, che sarebbe stata di sicuro una costante nella mia permanenza nell’Accademia.
«Benvenute, benvenute! Voi siete Eleonora e Chiara, giusto?» Annuimmo, fregandocene del fatto che avesse guardato la mia amica pronunciando il mio nome e viceversa. «Ben arrivate! Io sono il professor Rowan e per tutta la mia vita ho svolto ricerche sui Pokémon originari di questa regione. Però ho una buona conoscenza anche di quelli provenienti dalle altre, quindi saprò consigliarvi a scegliere un Pokémon.»
«Allora per il momento è solo uno?» domandai. Avevo un’espressione parecchio crucciata.
«Sì, appena avrete familiarizzato con il primo potrete sceglierne un altro e così via!»
Mi scambiai un’occhiata con Chiara, capendo al volo che Aristide e compagnia avevano considerato il fatto che fossimo totalmente sprovvedute. Rowan ci fece strada dentro la porta a cui sembrava star facendo la guardia.
Mi stupii di essere entrata in quella stanzetta totalmente rivestita di nero, già abituata ai colori caldi e accesi che erano stati usati un po’ ovunque nella struttura dell’Accademia - a parte per il grigio esterno. Era un ambiente molto asettico, delle lampadine di luce bianca illuminavano il pavimento scuro, e se prima si udiva un generale chiacchiericcio di sottofondo, ora c’era il silenzio più totale. La faceva da padrone, nella stanza, un tavolo a forma di spirale che la occupava quasi tutta. Due o tre di Poké Ball per volta erano poste per tutta la sua lunghezza.
«Attraverso la metà rossa e semitrasparente della Ball potrete vedere chi essa ospiti. Se un Pokémon vi attira potete prenderla e farlo uscire premendo il bottoncino» ci istruì il vecchio professore.
Un’altra occhiata con Chiara. Ormai eravamo dipendenti da quel rassicurante contatto visivo. Stavolta fui io a partire per prima, sentendomi fissata da centinaia di occhietti chiusi dentro quelle minuscole sfere, prodigi della tecnologia. Non le guardai proprio una per una perché poi mi sarei sentita infinitamente indecisa.
«A me piace questo qui!» La voce della mia amica risuonò nel silenzio e quasi mi prese un colpo. Mi voltai a guardarla quasi tremante: teneva in una mano una Poké Ball, grande meno del suo palmo, ma non riuscii a vedere il suo ospite. Chiara premette il bottoncino, la sfera si aprì e ne fuoriuscì un essere simile a un pinguino. Era minuscolo: aveva un piumaggio corto e morbido di varie sfumature d’azzurro e bianco, due grandi occhi curiosi e un becco giallissimo piuttosto grande rispetto al resto del corpo.
«Ma tu guarda!» rise Rowan con la sua voce rauca. «Quello è Piplup, un Pokémon di tipo Acqua. Quando il Nemico ancora non c’era e gli Allenatori partivano per il tradizionale viaggio nella loro regione natale, questo era uno dei cosiddetti starter insieme ai suoi colleghi di Erba e Fuoco. È un Pokémon niente male.»
Piplup guardava con i suoi occhioni Chiara e pareva un po’ spaesato. La ragazzina lo prese in braccio e prese subito ad accarezzargli la testa, facendolo sentire a proprio agio. Poi mi guardò mentre Piplup, in estasi, era ad un passo dal mettersi a fare le fusa. «Hai intenzione di guardarmi per tutto il giorno o prendi anche tu qualcuno?»
Accennai un sorriso pieno di disagio - ne uscì fuori una sgradevole, brutta smorfia che mi affrettai a cancellare - e ripresi a sfiorare con lo sguardo pavido le innumerevoli Balls, desiderando di concludere in fretta la faccenda. I Pokémon che non venivano scelti quanto tempo avrebbero dovuto aspettare ancora per ottenere un Allenatore? Provavano invidia, rancore, per non essere stati presi da qualcuno?
Gli occhi mi caddero quasi per miracolo su un Pokémon che mi ricordavo chiaramente di aver visto mentre io e Chiara sfogliavamo l’enciclopedia cartacea a casa di Bianca. Alla pagina di quel piccolo uccello seguiva quella della sua evoluzione che acquisiva il tipo Drago pur rimanendo, nelle fattezze, un volatile. Ero infatti rimasta stranita dal suo doppio tipo, Drago/Volante, se nei fatti rimaneva un uccello in tutto e per tutto.
Decisi di prendere lui perché mi pareva di averlo già conosciuto, avendolo già visto da qualche altra parte, mentre gli altri Pokémon lì presenti me li ricordavo a malapena raffigurati nel librone di Bianca. Era come se già sapessi con chi avrei iniziato quell’avventura e che quindi non mi fosse del tutto nuovo quel compagno - sarebbe stato un po’ come prendere uno Sneasel, visto che avevo già visto il Weavile di Bianca e sapevo con chi stavo per fare le mie prime esperienze di Allenatrice. Speravo, in un certo senso, che mi infondesse sufficiente sicurezza.
Subito liberai un esserino uscito, probabilmente, da un manga pieno di creature tanto assurde e inverosimili quanto tenere e carine alla vista. Chiara commentò la mia scelta con un “kawaii” e le rifilai un’occhiataccia prima di vedere una specie di palla di cortissime piumette blu, cinguettante, rivestita su altre parti di più lunghe e vaporose piume e soprattutto di cotone svolazzare davanti ai miei occhi per poi andarsi a posare sulla mia testa.
«Non facciamola diventare un’abitudine» brontolai. La mia amica scoppiò in una risata mentre l’uccelletto continuava a canticchiare allegramente. Mi chiesi se non fosse stato meglio prendere un Pokémon dall’aspetto più aggressivo, che riuscisse ad intimidire i possibili avversari, insomma. “Va be’, sarà per la prossima scelta…”
«E invece è proprio una caratteristica della sua specie posarsi sulla testa delle persone a mo’ di copricapo!» ridacchiò Rowan. Presi senza troppi complimenti la cosetta che si era appollaiata sulla sua testa e che ebbe la decenza di non ancorarsi ai miei capelli con le sue minuscole zampette.
Le mie mani affondarono nel morbidissimo rivestimento candido che copriva alcune parti del suo corpo. Poi la mia faccia in quel momento si trasformò in quello che doveva essere un enorme, scioccato e comico punto interrogativo. Il cotone e le piume bianche erano le ali. Avevo preso il volatile meno serio sulla faccia del mondo dei Pokémon. Aveva un paio di ciuffi sopra la testa - indistinta dal corpo, era un’unica sorta di pallina blu - e il grosso becco bianco nel mezzo del… muso?… Qualsiasi cosa potesse essere il muso su quella sfera di piume. La coda azzurra si vedeva a malapena, sommersa dalle ali bianche, molto grandi rispetto al corpo.
Aveva due piccoli occhi nerissimi e lucenti che mi guardavano incuriositi. Probabilmente volevano capire che razza di espressione fosse dipinta sul mio viso. Ci fissavamo a vicenda e le mie sopracciglia inarcate dovevano, ormai, essersi fuse con i miei spettinati capelli castani. Forse spiazzata era la parola giusta per descrivermi.
In un momento successivo realizzai di star tenendo tra le mie mani tremanti, all’altezza del cuore, uno pseudo-uccello batuffoloso e di starci scambiando un lungo sguardo; da parte mia, con gli occhi mezzi fuori dalle orbite, scandalizzato e incredulo; dalla sua abbastanza vispo e curioso.
Esalai una risatina nervosa appena mi figurai la situazione in testa. Non ci credevo. Stavo toccando un essere chiamato Pokémon. Smisi di tenerlo tra le mani, pensando che si sarebbe dissolto davanti ai miei occhi insieme a quel maledetto sogno da cui non volevo saperne di svegliarmi, o che fosse caduto miseramente a terra rivelandosi per il peluche che era. Invece riprese a svolazzare e, per completare il quadro, tornò sulla mia testa. “Ma porca…!”
Se Chiara si era messa a ridere anche solo per la mia risatina nervosa, immaginai che fosse lì lì per dire addio ad un polmone appena il Pokémon diede segni di ribellione al comando, rimettendosi sul mio capo quando invece avevo espressamente detto di non farla diventare un’abitudine. Come se quella cosa potesse capirmi.
«Tutto bene…?» Per qualche miracolo la voce roca di Rowan mi arrivò sopra le risa della mia compagna.
«Meravigliosamente. Com’è che si chiama ’sto Pokémon?»
Era evidente che doveva aver appena snocciolato parecchie informazioni su di esso perché sospirò e disse molto brevemente: «Si chiama Swablu, di tipo Normale e Volante, e proviene da Hoenn.»
«E la sua evoluzione come si chiama?» chiesi. Sinceramente mi aveva incuriosito di più il Pokémon sulla pagina successiva dell’enciclopedia che la pallina da tennis con qualche vizio di troppo.
«Oh… è Altaria. Si evolve al livello 35.»
Subito Chiara gli chiese cosa fossero i livelli - totalmente dimentica delle spiegazioni di Bianca, di sicuro - e Rowan, per spiegare velocemente, ci confuse ancora di più le idee. La mia amica per fortuna capì che non era il caso di trattenerci un momento di più in quel posto, anche dopo aver visto le mie reazioni in seguito ai primi contatti con Swablu, ed ero pronta a scommettere che il mio colorito non fosse dei migliori. Salutammo Rowan, non feci nemmeno caso a quello che gli dissi - sempre che gli avessi detto qualcosa, visto che mi pareva di aver dimenticato di essere in possesso di corde vocali - e corremmo in camera. O meglio, le nostre intenzioni erano quelle; perché, ad un passo dalla porta della stanza in cui ci trovavamo, quella si aprì e per poco non me la beccai sul naso. Swablu cinguettò - tanto per cambiare, stavolta spaventato.
Entrò una ragazza con al seguito un Pokémon, una specie di cagnolino dal pelo rosso, nero e ocra chiaro. Subito lei mi rimase impressa nella mente per la sua matassa di lunghi capelli ricci di un castano rossiccio. Ci guardammo per un po’. Aveva gli occhi verdi come me, ma i miei erano un po’ più scuri - e a volte diventavano quasi totalmente grigi. La sua pelle era di carnagione abbastanza chiara e vi risaltavano parecchie lentiggini.
Arrossii di colpo quando capì che non stava guardando solo me, ma anche il dannatissimo Swablu sulla mia capoccia. «Eh, scusa… Scusa!» balbettai come se le avessi fatto un torto. «A quanto pare è un’abitudine…»
La ragazza sorrise gentilmente. Mi riuscì subito simpatica perché non rise di me, paura che già si era instillata dentro la preoccupata sottoscritta. «Mi sembrate delle facce nuove. Siete appena arrivate?»
«Sì, da pochissimo…»
Le avrei pure detto che non conoscevo i Pokémon e le avrei chiesto, se fosse stata in grado di darmelo, un aiuto per dialogare con Swablu e farlo smettere di appollaiarsi sulla mia testa. Ma Rowan mi interruppe; Chiara, mentre i due parlavano, mi ricordò che dovevamo scendere nella nostra camera.
«Ciao, Ilaria!»
«Ilenia, prof» ridacchiò la ragazza. Sorrisi anche io. Mi aveva fatto davvero una buonissima impressione, Ilenia. «Senta, avrei bisogno della Pietra per Growlithe, ormai è ora…»

Chiara chiuse la porta alle sue spalle e quasi si dimenticò di lasciar entrare Piplup, che aveva cercato di stare al suo passo mentre correvamo febbrilmente verso la nostra stanza. Il pinguino geneticamente modificato si infilò per miracolo nello spiraglio rimasto disponibile prima che la sua Allenatrice sbattesse la porta e vi si appoggiasse, per poi lasciar andare un sospiro stremato. Scivolò con la schiena lungo essa e si sedette a terra. Piuttosto, si accasciò.
«Non è il momento» sbottò rivolta al suo Pokémon che subito le prese la gamba dei pantaloni con l’ala e la strattonò, desiderando un po’ di coccole. Piplup emise un lamento penoso.
“Cominciamo bene i nostri rapporti” borbottai mentalmente. Mi rigiravo tra le mani la Ball di Swablu finché non mi accorsi di averla resa scivolosa, tanto sudavo per l’ansia e l’adrenalina. Mi buttai sul letto e il mio nuovo compagno, dopo un cinguettante volo di ricognizione per la camera, si posò sulla mia schiena rivolta al soffitto. Mi alzai di scatto e capì, o almeno sperai, che non era il caso di continuare a quel modo.
Sentimmo bussare alla porta. Chiara si rimise in piedi e aprì senza darmi neanche il tempo di mettermi a sedere sul letto. Ancora mezza sdraiata su di esso e con Swablu che si lamentava per non potersi poggiare su una qualche parte del mio sventurato corpo, riconobbi la vaporosa chioma di Ilenia. La mia amica si trattenne dal chiedere, sgarbatamente per la stanchezza, cosa diavolo volesse e la salutò con quel po’ di cordialità che aveva ancora.
«Rowan ha detto che si è dimenticato di darvi delle cose e che siete andate via appena gli è venuto in mente. È fatto così, sono passati tanti anni dai suoi tempi d’oro!» ridacchiò la ragazza. Posò una busta di plastica sul letto di Chiara e subito elencò una serie di nomi appartenenti a vari aggeggi elettronici, o qualsiasi cosa fossero, che mi dovetti far ripetere una dozzina di volte per impararli. Quasi tutti.
«Il Pokédex è l’enciclopedia elettronica. Il PokéGear contiene mappe delle regioni e funziona da cellulare, potete mandarci messaggi e fare telefonate. Il PokéKron ha l’aspetto di un orologio da polso con molte applicazioni. Gli altri strumenti sono richiesti dai professori perché è un po’ un dovere esserne in possesso… ma quelli utilizzati prevalentemente sono questi tre.» Gli altri due oggetti a cui si riferiva erano, imparai in seguito, il PokéNav e l’Interpoké. In ogni caso tutti abbreviavano i nomi togliendo la parte “poké”.
Restammo per un po’ in silenzio. Io avevo subito indossato il PokéKron e giocherellavo con le sue funzioni. Guardai la schermata della squadra Pokémon che si limitava a sei posti: c’era una sagoma in pixel di Swablu con sotto una barra piuttosto spessa, lunga quanto le dimensioni della sua immagine. Mi chiesi in silenzio cosa fosse. Poi guardai Ilenia che non accennava a volersene andare e ci guardava sorridente. Ricambiai, forzandomi un po’.
«Da dove arrivate?» si interessò, appoggiandosi alla porta che aveva tranquillamente chiuso lei stessa.
«Da Nevepoli.» Mi occupai io di rispondere alle sue domande.
«Ah, vi siete fatte un bel viaggetto! Io pure sono originaria di Sinnoh ma ho vissuto per parecchio tempo con la mia famiglia a Kanto. Poi sono venuta qui tre anni fa con Charmander e Ponyta. Adoro i Pokémon di tipo Fuoco.»
«Quindi tu eri già a conoscenza dei Pokémon quando sei arrivata qui?»
La ragazza annuì. «Sì, tutta la mia famiglia li allena. Voi invece siete palesemente nuove di tutto questo mondo, a giudicare dalle vostre facce spaesate! Cosa avete fatto finora?»
Le raccontai che venerdì pomeriggio, due giorni prima, avevamo trovato il quartiere nord di Nevepoli nascosto dalle barriere, che per qualche motivo erano state fatte abbassare. L’incontro con Bianca, gli Snover al Lago, Gold e poi la partenza… mi pareva fosse successo tutto terribilmente in fretta ma anni ed anni fa.
«Oh, Gold lo conosco. Nel senso che l’ho già visto in giro, siamo in corsi diversi.»
«Come funziona qui? Ci sono delle classi, lezioni da seguire…?»
«Sinceramente… è tutto talmente complesso che alla fine si fa un po’ come ci pare!» rise Ilenia. «L’importante è lavorare e passare i test. Essere al passo con il programma, insomma, poi potete anche starvene a bighellonare per tutto il giorno e allenarvi e studiare per conto vostro. Ma è meglio che per i primi tempi facciate le studentesse modello, anche per il vostro bene, soprattutto se siete molto inesperte.»
«Be’, lo siamo.»
Ilenia rise di nuovo. «Mi chiamo Ilenia, ho diciassette anni. Voi chi siete?»
Avrei voluto dirle che il suo nome l’avevo già sentito ma mi trattenni. Essere tesa mi portava al limite della mia diffidenza e mi faceva dire cose stupide. «Io sono Eleonora, ho quattordici anni, e lei è Chiara, di tredici.»
«Chiara? Come una Capopalestra di Johto! Allena Pokémon di tipo Normale.»
La mia compagna annuì con un sorrisetto senza rispondere nient’altro. Ilenia chiese che ore fossero: era passata l’una. Esclamò: «Ora di pranzo, quindi! Vi va di venire con me? Posso presentarvi a qualche mio amico.»
Ebbi una stretta allo stomaco per l’ansia di fare nuove conoscenze, mi sentivo fuori luogo e la mia insicurezza avrebbe fatto sicuramente una bruttissima impressione. Ma non potevo rifiutare l’invito di quella ragazza tanto gentile, disponibile e amichevole. E poi se lei era così carina e cordiale la sua compagnia, i ragazzi a cui ci avrebbe presentate, non poteva essere diversa da lei. La ringraziai sorridendo ed essere ricambiata, con quell’espressione quasi immutabile che comunicava sicurezza in sé stessa e gentilezza, mi fece sentire un po’ meno tesa.
Così andammo alla mensa che si trovava sullo stesso piano. Era una grossa stanza che pareva in ogni aspetto la sala da colazione di un hotel piuttosto buono: tavoli e tavoli spostati in ogni modo per mettere insieme gruppi di amici chiassosi e rumorosi, una grande porta-finestra sul lato opposto all’entrata - persino un balconcino! - e un lungo bancone pieno di cose da mangiare si presentò agli occhi curiosi miei e di Chiara. Swablu e Piplup non avevano voluto saperne di starsene nelle proprie sfere e li tenevamo in braccio per impedire che facessero casino - o peggio ancora che il mio Pokémon mi salisse sulla testa - insieme ai loro simili, di cui la mensa pullulava.
Nessuno si accorse di noi, tutti troppo intenti a chiacchierare e a mangiare. Ilenia ci fece strada fino a un paio di tavolini accostati per dare posto a quattro persone. Ci lasciò sole con i tre occupanti che la stavano aspettando per andare a recuperare un altro tavolo, dopo aver detto che eravamo due nuove arrivate. Mi chiesi se fossi pallida o semplicemente rossa dall’attaccatura dei capelli fino alla base del collo.
Mormorai il mio nome e lo stesso fece Chiara. Prima che i tre si presentassero, però, Ilenia arrivò e ci fece accomodare senza neanche lasciarci il tempo di andare a prendere qualcosa da mangiare. Però stranamente avevo lo stomaco chiuso, cosa che mi succedeva molto di rado.
Al tavolo erano presenti un ragazzo dagli arruffati capelli scuri e dall’espressione cordiale e simpatica come quella di Ilenia, che doveva avere la sua età, e una tipa dai corti capelli biondo platino vestita come una punk. Mi sembrò un po’ fuori luogo insieme a quei due, anche perché doveva avere anche lei più o meno diciassette anni, ma ne dimostrava quasi venti. L’altra persona era un ragazzetto che sembrava capitato lì per caso. Doveva avere circa a mia età e lo trovai, a prima vista, molto carino. Mi colpirono i suoi intelligenti e vivaci occhi blu. Quando ci sorrise appena dopo essere state presentate come “novelline” mi diede subito l’idea di essere astuto e beffardo.
In ordine erano Lorenzo, Cynthia e Daniel. I primi due avevano diciassette anni, ci avevo visto giusto; l’ultimo non ne aveva ancora compiuti quindici. Ne dimostrava di meno per gli occhi grandi che aveva, per quel po’ di lentiggini sul naso che, come per Ilenia, risaltavano sulla pelle chiara - anche se lei ne aveva molte di più, e per i capelli castani che continuava a riavviarsi, dandosi forse un po’ di arie, non acconciati in alcun particolare modo. Al contrario quando faceva proprio quell’espressione beffarda, quasi ironica, sembrava più grande.
Ripetemmo un po’ tutto quello che avevamo già detto ad Ilenia, ovvero che non conoscevamo praticamente nulla del mondo dei Pokémon, aggiungendo che non sapevamo nemmeno come relazionarci con quelli appena ricevuti. Lorenzo sorrideva gentilmente, somigliava tantissimo alla ragazza che ci aveva invitate a stare insieme a loro; Cynthia ghignò a sapere delle nostre scarse conoscenze e sulle prime non mi stette particolarmente simpatica, ma mi costrinsi ad andare oltre le prime impressioni. Daniel sembrava un momento interessato e altri due no.
«Be’, siete al tavolo di quattro persone che hanno sempre vissuto a contatto con i Pokémon» disse Lorenzo. «Ma non dovete preoccuparvi troppo di nulla. Ci farete l’abitudine senza troppa difficoltà.»
«Ci dovrete fare l’abitudine» disse Cynthia. Aveva un pesante trucco nero attorno agli occhi grigio-azzurri che si abbinava al resto del look, orientato sui colori scuri e su un’abnorme quantità di borchie, in contrasto con la pelle e i capelli chiari. Mi parve strano che si fosse limitata agli orecchini e non avesse aggiunto piercing un po’ ovunque sul suo viso dai lineamenti affilati. Aveva il naso piuttosto lungo e le labbra sottili. «In qualche modo dovrete diventare Allenatrici invidiabili anche voi. Stare al passo, insomma. Tra qualche giorno si ricomincia.»
«Le lezioni riprenderanno la settimana prossimo» precisò Ilenia.
Mormorai un “oh” con una vocina intimidita che fece sorridere Lorenzo e Cynthia e ridacchiare Daniel. Arrossii - tanto per cambiare - e chiesi: «Dobbiamo fare qualcosa di particolare prima di cominciare?»
«Magari conoscere i vostri strumenti da Allenatrici e…»
«Avete provato a fare una lotta?» Cynthia interruppe la ragazza e ci squadrò da capo a piedi. Poi si concentrò su Swablu e Piplup e capii che una tipa come lei non poteva permettersi di avere Pokémon tanto kawaii - per dirla come Chiara - in squadra. Facemmo entrambe di no con la testa.
Lei si rivolse a Daniel. «Tu non hai quei due o tre amici che ancora hanno dei Pokémon a livelli bassi? Perché non li chiami così dopo pranzo non fanno una “lotta di benvenuto” con loro due?»
Probabilmente si era già dimenticata i nostri nomi. Daniel annuì e silenziosamente si spostò ad un altro tavolo ma io non lo seguii con lo sguardo. Cynthia si dimostrò schietta e senza peli sulla lingua dicendo semplicemente: «Scusate se non siamo noi a darvi il benvenuto con una lotta ma siamo ad un livello avanzato. Vi stracceremmo anche con Pokémon di bassissimo livello» sorrise con aria di sfida, schernendoci palesemente.
Lorenzo la rimproverò e Ilenia scosse la testa. Io scambiai un’occhiata con Chiara che fumava dalle orecchie: sembrava pronta a saltare addosso a Cynthia per strangolarla da un momento all’altro.
«Io… cioè, noi non sappiamo cosa sono i livelli» dissi imbarazzata.
«Non c’è problema!» esclamarono all’unisono Lorenzo e Ilenia anticipando una velenosa risposta della bionda. Il ragazzo continuò: «Dico sul serio, non preoccupatevi di nulla! Avete tempo per abituarvi e ce la farete.»
Daniel tornò prima che lui potesse andare avanti con le rassicurazioni di cui avevamo così bisogno e al seguito aveva due ragazze. Una era delle più stravaganti che avessi mai visto. I capelli bianchissimi e lisci le arrivavano oltre la vita e gli occhi dalle iridi lilla comunicavano una strana espressione malinconica, persa nei suoi pensieri. Ci rivolse un etereo sorriso appena accennato mentre stringeva le piccole mani magre. Era filiforme.
Non come la ragazza che sembrava il suo esatto opposto: pelle piuttosto scura, una treccia di capelli neri - anche essi lisci e lunghi, il naso un po’ schiacciato al contrario di quello della specie di albina, piccolo e all’insù. Portava gli occhiali e i grandi occhi neri sembravano intelligenti e allegri. Era più bassa dell’altra e aveva un fisico normale - un po’ come il mio. Ci sorrise calorosamente. Si chiamava Melisse, l’altra era Sara.
Daniel disse che erano praticamente compagni di corso anche se lui era un po’ più avanti. Subito la ragazza dai capelli neri ne approfittò per dire che non dovevamo fidarci e che “quello lì” si riempiva di arie. Ridacchiai, più perché voleva metterci anche lei a nostro agio che per quello che esclamò. Daniel non era offeso e replicò con una frecciatina che non capii, troppo appartenente al mondo dei Pokémon perché io la afferrassi.
Finalmente toccammo cibo, distrarmi aveva risvegliato il mio famelico stomaco. A Swablu e Piplup ci dissero di dare da mangiare dei cosini chiamati Poffin; controllammo il loro gusto preferito sul Pokédex che conteneva le schede con le informazioni su di loro. Solo allora scoprii che Swablu era una femmina - Piplup invece un maschio - e che c’era la possibilità di dare un soprannome ad ognuno dei propri Pokémon. Ci avrei pensato in seguito.
Dopo pranzo io e Chiara finimmo sotto la tutela di Sara e Melisse. Prima che potessimo uscire dalla mensa e cercare un posto in cui provare una lotta Pokémon, però, una loro amica si unì a noi. Si chiamava Angelica. Aveva anche lei gli occhiali, come Melisse, e una chioma castana simile alla mia - anche se lei si era fatta qualche colpo di sole. I suoi luminosi occhi azzurri sorridevano più della sua bocca. Era magrolina e non molto alta.
La cordialità che quasi tutte le persone incontrate fino ad allora avevano mi lasciò di stucco. Sara era molto riservata e parlava a bassa voce, timidamente, Daniel non si era interessato più di tanto alle due novelline e Cynthia non mi aveva fatto una bella impressione, troppo arrogante per i miei gusti. Però tutte le altre persone si erano rivelate essere simpatiche e aperte, allegre. Evidentemente sapevano che non bisognava essere scontrosi e rifiutare chi avrebbe potuto aiutarli, un giorno, a combattere quella guerra. Avrei dovuto prendere esempio.
Quindi anche io iniziai a ridere e sorridere più sinceramente e calorosamente, suscitando la sorpresa di Chiara, che però capì subito e mi imitò. Ci rilassammo, sicure che non potessero dirci niente di cattivo o di ostile ora che eravamo tutti sulla stessa barca. E prima o poi forse ci saremmo ritrovati fuori dall’Accademia a combattere una vera guerra, seppur silenziosa e invisibile agli occhi di miliardi di persone. La fiducia sarebbe stata la colonna portante delle Forze del Bene e fin da subito bisognava riporla nel prossimo, ottenendo il giusto contraccambio.
Angelica e Melisse erano arrivate lì da un anno, Sara invece da tre ma da poco aveva iniziato ad allenare i suoi Pokémon. Tutte loro, comunque, avevano quindici anni compiuti da più o meno tempo. Melisse era chiacchierona più delle altre due messe assieme e parlava soprattutto con Angelica - che preferiva farsi chiamare Angie; Sara fu molto carina e gentile e chiese un po’ di cose a noi due. Ripetemmo per la terza o quarta volta in quella giornata di come eravamo entrate nel mondo dei Pokémon.
«Deve essere stata una grossa sorpresa» disse. Il sorriso timido e l’espressione malinconica erano i suoi marchi di fabbrica. «Certo, venire a sapere di una guerra in corso ed essere quasi costrette a prendervi parte è un po’ una crudeltà. Ma vi assicuro che i Pokémon, in questo caso, sono una benedizione.»
Prima di risponderle mi sentii un po’ in colpa nei confronti di Swablu, che fino a poco prima avrei sperato se la potesse cavare anche da sola e che smettesse di scocciarmi con il suo vizio di farmi da cappello. «Il mio problema e credo anche quello di Chiara, al momento, è che non mi fido per niente di questi… esseri sconosciuti. Non so come relazionarmici né come trattarli. Ho paura di fallire in ogni sfida che mi sarà proposta. Sono appena arrivata e già mi hanno dato un Pokémon da gestire e una miriade di cose da imparare… sta succedendo tutto troppo in fretta. Abbiamo pure ricevuto parecchie rassicurazioni prima di arrivare ma mi sembra di essermele dimenticate appena ho dovuto scegliere il mio Pokémon e ho dovuto tenerlo tra le mani. Come se non fossi più preparata.»
Quando mi resi conto che Melisse e Angelica si erano messe in ascolto, arrossii. Credevo di star parlando solo alla ragazza dai chilometrici capelli bianchi - e a Chiara. La prima delle due sorrise per la mia reazione. «Ci siamo passate tutte e tre, sai? Io non conosco molto bene Lorenzo e Cynthia ma so che loro sono nati e cresciuti insieme ai Pokémon, non incontrando difficoltà per allenarli. Lo stesso vale per Daniel e Ilenia. Ma la maggior parte delle persone in quest’Accademia hanno cominciato da zero, noi comprese, eppure non siamo meno brave di altri che hanno sempre vissuto a contatto con i Pokémon. Solo che li abbiamo conosciuti dopo.»
«Poi nel nostro caso abbiamo iniziato da pochissimo!» s’inserì Angelica, indicando sé stessa e Melisse. «Ma ce la stiamo mettendo tutta non solo perché abbiamo obbiettivi da raggiungere prima di iniziare a combattere sul serio. Alla fine è inevitabile affezionarsi ai Pokémon, ve lo assicuro! C’è chi all’inizio è affascinato da loro e fin da subito studia e riserva loro moltissime attenzioni, altri che invece sono un po’ diffidenti come hai detto tu, Eleonora. Non dovete credervi meno capaci o meno portate quando non avete ancora cominciato! E poi, è vero che ricevere subito un Pokémon può essere un bel colpo… ma allora in che modo vorresti iniziare? Studiando? Ma per favore!»
Se non fossi stata occupata ad assorbire tutte le belle parole che ci stavano dicendo - quelle le imparai subito e le ricordai per sempre, probabilmente le avrei abbracciate commossa come una scema. Mi ero fatta tanti problemi per scoprire che non c’era un bel niente di cui avere paura, perché quasi tutto sarebbe venuto da sé. Bastava un po’ di sicurezza in sé stessi e nei Pokémon. Tutta rossa in viso per l’emozione, mormorai un grazie. Chiara lo esclamò.
«Allora, dov’è la vostra camera?» chiese Melisse.
«Al primo piano… perché?»
«Come perché? Per la lotta! Non vorrete mica occupare un intero campo per un combattimento tra principianti, no?» ribatté lei ammiccando. Mi chiesi se la nostra piccola stanza sarebbe andata bene.
E sì, era un buon posto. Sara, Melisse e Angelica si sedettero sui letti. Io e Chiara credevamo che sarebbero state loro a sfidarci ma invece volevano prima farci da maestre lasciando che fossero i nostri Pokémon a lottare. Quindi Swablu contro Piplup. Ci dissero di prendere il Pokédex e seguimmo le loro istruzioni finché non apparve una scheda che mostrava le mosse conosciute da Swablu, il suo stato, le statistiche e il famoso livello. Mi sembrò più che mai di essere in un videogioco nel vedere tutte quelle informazioni. Il Dex sembrava un Nintendo DS.
«Ora, non affidatevi troppo a quello che dice il Dex» ci avvisò Angelica. «Quello mostra dati generici, quindi non sempre è molto preciso. Il livello è un modo per misurare la crescita del Pokémon che cresce accumulando dei Punti Esperienza. L’evoluzione avviene intorno ad un certo livello, non è detto che tutti gli Swablu evolvano in Altaria al livello 35 o i Piplup in Prinplup al 16. Lo stesso vale per la barra dei punti salute, o PS, che mostra le energie del Pokémon. Quando la barra si svuota, sviene: è detto K.O. e non può più combattere. Quando la lotta finirà vi porteremo in infermeria per rimettere in sesto i vostri Pokémon. Comunque ci sono tante cose che possono influenzare la sua salute, come l’avvelenamento, la paralisi, la scottatura, il congelamento.»
«Stai scherzando?» esclamai. «Cosa diavolo devono sopportare? Come fanno a non morire avvelenati?»
Angelica fece spallucce. «Non è nella natura di un Pokémon uccidere intenzionalmente. Non si sa ancora come spiegare questa resistenza ad attacchi che potrebbero ammazzare un qualunque essere umano. Fatto sta che non muoiono se non si infierisce su di loro dopo lo svenimento. Ovviamente è vietato.»
Non ero proprio convinta ma Angelica - che con quegli occhiali sembrava una professoressa in miniatura - andò avanti. «Non affidatevi più di tanto nemmeno alle statistiche. Va bene vedere in quale delle sei va meglio e va peggio il proprio Pokémon, ma non fate troppa attenzione ai numeri indicati, pure quelli sono generici in base alla specie del Pokémon. Guardate bene invece la Natura e l’Abilità, quest’ultima può essere utilissima!»
Chiara disse che Piplup aveva Acquaiuto e le ragazze le spiegarono in cosa consistesse. Io controllai e vidi che Swablu aveva Alternacura. Mi dissero che sostituendola con un altro Pokémon curava i problemi di stato - proprio l’avvelenamento eccetera - e la trovai sorprendentemente utile. La sua Natura era Cauta, quella di Piplup era Mite. «Una Natura favorisce una statistica, anche se io la chiamerei più attitudine, e ne sfavorisce un’altra. Ma non mi chiedete di ricordarmele tutte, so solo quelle dei miei Pokémon! È una mia lacuna…!» rise Melisse.
Ci pensò Sara a dircele, lei le sapeva. «La Natura di Swablu favorisce la Difesa Speciale e sfavorisce l’Attacco Speciale. Quella di Piplup favorisce l’Attacco Speciale e sfavorisce la Difesa. Per Swablu non è affatto male, Piplup sarebbe stato meglio che avesse avuto una diminuzione dell’Attacco o della Velocità.» Chiara fece una smorfia buffa ma accarezzò il suo Pokémon. Scoprii che non me ne importava più di tanto, per lo meno al momento.
Poi controllai le mosse e il livello. Sia Swablu che Piplup erano al livello 5; la mia compagna aveva già quattro mosse su quattro, ovvero Beccata, Ruggito, Sgomento e Canto. “Ecco perché non la smette di cinguettare neanche se la ammazzi.” Non dissi le mosse di Swablu a Chiara e lei non mi lesse quelle di Piplup.
La lotta cominciò ma continuai a guardare il Pokédex per vedere gli effetti delle mosse. Scoprii che anche esse avevano un tipo - ad esempio Sgomento era Spettro - e che se si usava una mossa dello stesso tipo del proprio Pokémon, questi sarebbe stato in grado di usarla con maggiore efficacia rispetto alle altre.
Quindi iniziai io con Beccata, di tipo Volante. Chiara borbottò qualcosa a proposito di un brutto colpo registrato dal Dex e io mi chiesi cosa significasse, ma le altre non fecero in tempo a spiegarmelo che subito fece reagire il suo Piplup con Botta. Provai Sgomento, incuriosita dal tipo Spettro, e l’avversario tentennò. Era di nuovo il mio turno: poiché non mi interessava vincere ma solo sapere cosa fosse in grado di fare la mia compagna, non insistetti con il debole Sgomento fino a mandarlo K.O. e provai Canto. Ma la durata della mossa era troppo lunga perché avesse un effetto e Piplup riuscì a usare di nuovo Botta. I colpi ricevuti dai due Pokémon inizialmente mi preoccuparono, temevo che si facessero male, ma non c’era traccia di neanche un livido o un’ammaccatura anche se Swablu aveva meno della metà dei PS. Controllai la descrizione di Ruggito e decisi che non m’interessava. Feci ripetere Beccata, Piplup insisteva con Botta, ma alla fine ebbi la meglio io con Sgomento e poi un’altra Beccata.
«Chià, ma le altre mosse ti facevano tanto schifo?» ridacchiai mentre la ragazzina si precipitava a prendere tra le braccia il suo compagno. Mi lanciò un’occhiataccia.
«Non è colpa mia se di mosse ne ha solo due.»
«Come due? Swablu ne ha quattro!»
«Salendo di livello ne imparerà altre» assicurò Angelica mentre uscivamo per andare in infermeria, una grande sala al piano sotterraneo. Richiamammo i nostri Pokémon nelle rispettive Ball e li consegnammo ad una signorina, la quale le ripose in un macchinario che li avrebbe rimessi in sesto. «Per convenzione c’è un limite di quattro mosse e per il momento ci si attiene a quello, quasi fingendo che un Pokémon ne dimentichi una in favore di un’altra. Ma può ricordare in ogni momento quelle dimenticate, pur sacrificandone qualcuna, grazie ad alcuni esperti.»
Parlò degli Esperti Mosse presenti all’Accademia disponibili in ogni momento mentre aspettavamo che le sfere di Swablu e Piplup ci fossero riconsegnate dall’infermiera. Poi accennò a strumenti chiamati Macchine Tecniche e Macchine Nascoste, dischetti che se inseriti nel Pokédex facevano imparare una mossa ad un Pokémon in grado di apprenderla. Anche quelle erano messe a disposizione dall’Accademia ma ci voleva un permesso per utilizzarle: i professori volevano che facessimo del nostro meglio senza prendere troppe scorciatoie.
Io e Chiara tornammo nella nostra camera dopo aver scambiato i numeri di PokéGear con tutte e tre le ragazze. Anche Ilenia ci aveva dato il suo mentre andavamo a pranzo. Ci salutarono allegramente e ci dissero di contattarle appena avessimo voluto provare una lotta, o semplicemente chiacchierare, anche con loro.
Sia io che la mia amica eravamo felicissime di quelle prime esperienze. Io soprattutto capii di essere stata una sciocca a farmi tanto problemi: avevo iniziato a considerare ovvio che lì tutti fossero disponibili, alcuni un po’ a modo loro e ovviamente con qualche menefreghista che faceva eccezione. Mi sentivo in un ambiente sicuro e protetto dall’ansia che la sola notizia della guerra, quando ci era stata comunicata da Bianca, mi aveva messa in difficoltà. C’erano persone disponibili ad aiutarci e a farci fare strada. Non potevo chiedere di più.
Swablu uscì dalla sua Poké Ball senza che io le dicessi niente e la cosa mi stupì. Mi chiesi come fosse l’ambiente nella sfera, cosa facesse il Pokémon lì dentro, ma a giudicare dagli occhietti curiosi e vivaci che mi guardavano non sembrava turbata dall’esperienza. Si posò sul cuscino e continuò a guardarmi mentre io mi sedevo sul letto, con la schiena sulla parete, e ricambiavo la sua occhiata. Sorrisi un po’ imbarazzata. Chiara era corsa in bagno e Piplup era rimasto nella sua Ball in attesa che la sua Allenatrice lo coccolasse un po’ dopo la sconfitta subita. La presi tra le mani, affondando le dita nelle sue morbide ali di cotone, e mi sorpresi di quanto fosse una bella sensazione. Le feci un po’ di grattini proprio in vari punti delle ali e il Pokémon cinguettò vivacemente, in stato di adorazione.
Ridacchiai e stavolta fui io a mettermela sulla testa, facendola esclamare di sorpresa. «Allora la tua evoluzione si chiama Altaria, eh? Proprio come la stella… so che non è molto originale, ma da oggi tu ti chiami Altair. È il tuo soprannome, almeno sarà adatto anche quando ti evolverai… e poi non ho ancora molte idee su di te!»
Quella che ormai si chiamava Altair cantilenò qualcosa di dolce e allegro. Sospirai. «Mi chiedo se tu mi capisca quando parlo… Allora Altair, va bene? Ehm… puoi darmi una conferma o…?»
La Swablu balzò giù dalla mia testa, mettendosi su una delle mie ginocchia - avevo le gambe incrociate - e fece come per annuire, muovendo tutto il corpo visto che la testa non era proprio nettamente separata da esso. Risi per il suo tentativo di farsi capire e la accarezzai. Strizzò gli occhi per il piacere. Chiara uscì dal bagno e mi chiese con chi stessi parlando. Le indicai Swablu, sorridendo, e le dissi che le avevo dato un soprannome.
«Altair, uhm? Io non pensò che darò un soprannome a Piplup. Non voglio ricadere nella banalità come te ed il rischio è alto» mi prese un po’ in giro. Le mostrai la lingua e per un po’ fummo concentrate sui nostri Pokémon.
«Siamo Allenatrici» constatai a bassa voce. «Siamo Allenatrici di Pokémon.»
«Eh già…» fece Chiara distrattamente. «Ce ne toccano almeno altri cinque di questi qui.»
«Sai che ti dico, Chià?» La ragazza si fece più attenta e sorrise nel vedere la mia espressione. Era di sfida. Perché volevo sfidare me stessa ad apprezzare quelle creature, ad essere un’Allenatrice senza rimpianti, ma soprattutto senza avere paura di quel mondo. «Credo di essermi letteralmente innamorata di Swablu e dei suoi simili, già mi piacciono tantissimo. Non vedo l’ora di prendere i miei prossimi Pokémon!
»





Angolo ottuso di un'autrice ottusa
Che è tornata il 30 e non il 31. Gioia! Queste due settimane lontana da casa sono volate, mi aspettavo di fare chissà cosa e invece sono già di ritorno su queste frequenze. Non che mi dispiaccia, anzi! Non vedevo l'ora di riprendere il mio fiacco pc - che ci ha messo ore solo per riaprire efp - e pubblicare questo capitolo. Spero v'abbia aggradato, gente (?). Ho qualche recensione a cui rispondere, per non parlare di una dozzina da scriverne - pregate per me - e adesso me ne occuperò. Ho anche un mucchietto di compiti ancora, perché sono stata così brava da non fare una mazza a luglio. La mia non è stupidità né pigrizia, ma consapevolezza di essere in un periodo di vuoto e di divertimento.
Ripeto, spero vi sia piaciuto questo capitolo; ci rivediamo tra una settimana, as usual!
Ink
  
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