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Autore: onlypain    30/08/2015    3 recensioni
Quel giorno ricorreva il quarto anniversario della morte di Itachi Uchiha.
Quello era un giorno pieno di ricordi dolorosi, per lui. Rammentava ancora lo scontro avuto con suo fratello e si rammaricava di non avergli dato un ultimo addio come si deve.
Perciò era lì. A Konoha.
[...]
Fu in quel momento che si accorse di una persona che stava entrando nel cimitero, una persona che lui conosceva bene e che gli fece perdere un battito.
Sakura.
[...]
Quando la sua voce gli arrivò forte e chiara, si accorse che stava ancora trattenendo il fiato, che la sua voce aveva assunto un non so che di dolce e materno e che lui non stava sognando.
"Ciao, Itachi - san".
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
Capitoli:
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Ben ritrovati, lettori!
Innanzitutto, vi ringrazio per le recensioni che mi avete lasciato e per aver messo questa storia fra le preferite, le seguite o tra quelle da ricordare!
Poi...la scorsa volta ho dimenticato un piccolissimo - non tanto piccolo, a dire la verità - dettaglio: questa è una mini-fic!
Quindi questo è il penultimo capitolo!
Non so ancora se ci inserirò un epilogo, fatto sta che domenica prossima posterò l'ultimo capitolo!
Scusate, sono molto sbadata a volte...
Comunque, anche questo capitolo è strutturato come il primo: la prospettiva di Sasuke sulla destra, quella di Sakura sulla sinistra;spero di sentirvi numerosi e che questo capitolo vi piaccia!
A presto,

onlypain











Un anno dopo
 

 
Sakura era decisa. L’avrebbe riportato indietro, a casa.
 
Sapeva – o, almeno, sperava con tutto il cuore – che Sasuke sarebbe tornato anche quell’anno al cimitero, nonostante lei l’avesse quasi scoperto.
 
Conoscendolo, non si sarebbe fatto scrupoli a tornare, dopotutto la famiglia è sempre la famiglia. Conoscendolo, avrebbe pensato qualcosa tipo “Diavolo, sono uno dei nuovi ninja leggendari, sono molto più forte di loro, non potranno mai prendermi” e via dicendo.
 
Pensieri alla Sasuke Uchiha, insomma.
 
Peccato che si sbagliasse. Perché lei, Sakura Haruno, aveva preparato un piano. Per riportarlo indietro. O per partire insieme a lui.
 
Per farla breve: per stare insieme.
 
In quei dodici mesi si era allenata duramente, con l’aiuto di validi ninja, come il capitano Yamato, la signorina Tsunade e anche Kakashi – sensei. Le avevano fatto delle domande, ma che avrebbe potuto dire? Quale miglior motivo di voler diventare sempre più forte?
 
Aveva affinato i suoi sensi, in particolar modo l’udito, e si era esercitata nel captare qualsiasi traccia di chakra; aveva imparato a sfruttare la potenza inaudita del byakugou grazie a Tsunade – sama e aveva messo alla prova il suo corpo.
 
Era determinata a testare la sua resistenza, la velocità fino a stancarsi al punto da non riuscire ad alzarsi dal letto la mattina dopo. Ma lei l’aveva fatto comunque, perché doveva diventare più forte. Come lui.
 
Era anche lei una ninja leggendaria e tutti pensavano che lo fosse. Ma prima d’ora, lei era l’unica a sentirsi, sempre e comunque, inferiore a Naruto e a Sasuke. Adesso non lo pensava più, perché sentiva di essere arrivata al loro livello: lo aveva notato un giorno, quando, in missione, aveva annientato un gruppetto di ninja ribelli con le sue sole forze, prima che i suoi compagni potessero dire una sola parola.
 
Naruto si era complimentato subito per l’operato, come suo solito, e lei, per la prima volta, si era detta “Brava Sakura, ce l’hai fatta”. Da quel momento, si era tenuta in costante allenamento, per essere pronta per quel giorno.
 
Ritornò con la mente alla realtà quando scorse Naruto e Hinata seduti da Teuchi a mangiare del ramen e li salutò allegramente con la mano, passando avanti. Non si fermò perché aveva una missione, forse la più difficile della sua vita, e di certo anche la più importante; sperava di rivederli la sera o il giorno dopo, davanti una tazza di tè, con Sasuke al suo fianco.
 
Strinse piano la presa sul mazzo di fiori che, come tutti gli anni dalla morte di Itachi, portava sulla sua tomba; stavolta, però, gliel’aveva preparato Ino, perché lei aveva da fare. Stava pensando a un piano per riuscire a parlare con Sasuke e a convincerlo a tornare a casa, anche se l’amica credeva che si dibattesse fra un impegno e l’altro all’ospedale.
 
Perciò, Itachi – san, mi dispiace. Avrei voluto farlo io, il mazzo di fiori. Ma avrai qualcosa di più da me, te lo prometto. Avrai tuo fratello nella vostra casa, prima o poi, fosse l’ultima cosa che faccio!
 
Si diresse, quindi, verso ovest, dove si trovava il cimitero. Man mano che si avvicinava all’entrata di questo, il cuore iniziò a batterle sempre più forte, fino a doversi fermare un momento per calmarsi: doveva sembrare tranquilla, come se non stesse succedendo niente, come se non ci fosse nessuno che la stesse guardando.
 
Si impose di mantenere il controllo, inspirò ed espirò profondamente e rinchiuse in un angolino buio della sua mente i brutti pensieri e si concentrò; le vennero i brividi, ma non seppe dire se per il tempaccio di quei giorni o per il suo – probabile ma non sicuro – incontro con il ragazzo che non aveva mai dimenticato.
 
Quando si sentì abbastanza stabile sulle gambe da non insospettire la sua “preda”, varcò la soglia del cimitero come farebbe una qualunque persona che andava a trovare i suoi cari defunti. Mise in allerta i suoi sensi, per captare ogni minima traccia di chakra, di rumore o di odore e, per avere più tempo per raccogliere informazioni ed elaborarle e pensare al da farsi, passò a far visita non solo ai suoi genitori prima di andare da Itachi, ma anche al povero Neji, morto in guerra, al maestro Asuma e al maestro Jiraya.
 
Si soffermò in particolar modo da Neji, in parte perché le serviva più tempo, in parte perché era da tanto che non passava da lui: certo, non erano mai stati molto in confidenza né migliori amici, però era leale e onesto e, come tutte le vittima della guerra, non meritava di fare quella fine.
 
Ricordava quanto fosse stata male Hinata quando seppe che era morto, ma sorrise furtivamente quando le venne in mente che Naruto si era accorto di provare qualcosa di più della semplice amicizia per lei proprio standole accanto in quel brutto momento. Così, l’aveva invitata ad uscire, si erano frequentati per un po’ sotto il rigido controllo del padre di lei e, alla fine, erano diventati una splendida coppia.
 
Lei era comprensiva e amorevole con Naruto e lui era dolcissimo e molto protettivo nei suoi confronti; si completavano a vicenda in un modo tutto loro e Sakura invidiava parecchio il loro rapporto, perché era quello che avrebbe sempre voluto. E, forse, l’avrebbe ottenuto.
 
Passò alle lapidi dei suoi genitori, più vicine, rispetto alle altre, ai pochi pini che costeggiavano il muro di cinta del cimitero.
 
E lo sentì.
 
Era debolissimo, ma si concentrò ancora di più e lo percepì chiaramente. Era lui.
 
Si accovacciò davanti a ciò che rimaneva dei suoi genitori, per riflettere e dare le spalle al punto dal quale sentiva provenire quel flusso di chakra; si sforzò di mantenere la calma, di non agitarsi – per mantenere il battito cardiaco quasi invariato – e di pensare a come agire: forse era meglio avvicinarsi ancora di più, per raggiungerlo più in fretta.
 
Fece un profondo respiro, si alzò e depositò un leggero bacio sulle tombe dei suoi. Poi, con fare noncurante – anche se era consapevolissima dello sguardo del ragazzo su di sé – si diresse da Itachi.
 
Itachi – san, aiutami, ti prego.
 
 
 
 
Eccola. Se la ricordava proprio così.
 
Con i capelli di un rosa pastello così delicato da sembrare quasi naturale, con la bocca piena e rosea, con le gote leggermente arrossate che davano maggior risalto agli occhi smeraldini.
 
Qualcosa era cambiato, però. Non seppe dire cosa, ma ne aveva la certezza. Forse aveva un’aria più determinata dello scorso anno, forse gli sembrava un po’ diversa – fisicamente parlando – forse erano solo i propri occhi che gli facevano pensare queste assurdità.
 
Doveva ammetterlo Sasuke: era da un anno che non faceva altro che pensare a ciò che era accaduto quello stesso giorno, anche se non era successo proprio niente.
 
Più che altro non riusciva a togliersi dalla mente l’immagine di Sakura che andava a fare visita a suo fratello, che gli portava dei fiori, che gli parlava, mentre lui se ne rimaneva nascosto, a guardare quella pietra dura e fredda e a rimembrare il passato.
 
Quel gesto l’aveva colpito molto e, anche se il suo orgoglio urlava a gran voce dentro di lui che non era per niente vero, sentiva che ad averlo colpito era stata anche – e soprattutto – lei.
 
Era diventata bella. Molto, molto bella.
 
Arrossì riportando alla memoria quei momenti in cui, pensando a lei, aveva sentito qualcosa e si era sentito uomo. L’aveva sognata qualche volta e aveva provato desiderio.
 
Di averla, di stare con lei e di farla sua, non solo fisicamente.
 
Perciò, quando la vide accucciarsi, sentì di dover distogliere lo sguardo prima di incappare in una situazione imbarazzante e scomoda. La tenne d’occhio comunque, come suo solito, e pensò che tutti i suoi dubbi sul tornare o no, solo quel giorno, a Konoha fossero infondati.
 
Era molto improbabile che Sakura, l’anno prima, l’avesse visto, figuriamoci riconosciuto. O, almeno, questo si diceva l’Uchiha per non cedere a inutili preoccupazioni e nervosismi.
 
Certo, lo scricchiolio del ramo sul quale era poggiato era arrivato alle sue orecchie e aveva attirato la sua attenzione, ma lui era balzato via in fretta senza guardarsi indietro, velocissimo.
 
Con la cosa dell’occhio, vide la ragazza rialzarsi, lasciare un bacio ai suoi genitori e tornare – anche questa volta – da Itachi.
 
Sasuke guardò il cielo: non seppe dire che ore fossero, perché quelle nuvole plumbee nascondevano del tutto il sole, ma capì che fosse passato un bel po’ di tempo da quando era arrivato, la mattina presto.
 
Dopo qualche oretta, aveva visto l’Haruno comparire nel cimitero e, guardandola mentre si dirigeva lontano da lui – da Itachi – e da sua madre e suo padre, si era chiesto il perché: aveva aguzzato la vista, aveva attivato, per un attimo solo, lo sharingan e aveva riconosciuto i nomi sulle lapidi dove lei si era diretta.
 
Quel ragazzo, lo Hyuuga, si ricordava che fosse deceduto in battaglia; per quanto riguarda gli altri due, il maestro e il ninja leggendario, non sapeva nemmeno che fossero morti.
 
Tornò con lo sguardo e con la mente alla ragazza davanti alla tomba di suo fratello e si perse di nuovo nella sua contemplazione.
 
 
 
 
Ecco, ci siamo.
 
Il cuore di Sakura ormai batteva all’impazzata e le sue gambe avevano ricominciato a tremare. Lo sentiva vicinissimo.
 
Salutò a voce alta Itachi – san, come aveva sempre fatto, ma continuò a parlare con lui dentro di sé, nella sua mente, perché sentiva di doverlo pregare, di dovergli chiedere di essere con lei in quello che stava per fare.
 
Ti prego, Itachi – san, aiutami a riportarlo a Konoha.
 
Fa’ che sia sempre lui, quel ragazzino che era prima che iniziasse tutto ad andare storto e di cui mi sono innamorata.
 
Dammi una mano, te lo riporterò indietro, da te.
 
 
 
 
Sasuke si chiedeva perché Sakura rimanesse zitta. Che avesse capito che c’era lui in ascolto, a spiarla, vicino a lei?
 
No, è impossibile, si disse.
 
La osservò attentamente, mentre lei continuava a dargli le spalle, e si accorse che stava poggiando il piccolo mazzo di fiori davanti a lei, chinandosi.
 
Sasuke arrossì e mormorò un’imprecazione a denti stretti, distogliendo lo sguardo.
 
Poi accadde.
 
 
 
 
Sakura si decise: era giunto il momento.
 
Lanciò un bacio con la punta delle dita al monumento commemorativo di Itachi e lentamente si chinò – sentiva bruciare la schiena sotto lo sguardo di lui – e depositò i fiori sulla pietra grigia e fredda.
 
A quel punto, sentì qualcosa. Qualcosa che aveva detto lui.
 
Sembrava un’esclamazione, le era parsa come un’imprecazione.
 
Rialzandosi, decise di agire. E agì.
 
Velocemente, si girò, corse per darsi lo slancio e saltò; balzò proprio su un ramo dietro di lui e ghignò quando, dopo pochissimi secondi, lui scappò.
 
Mantenendo gli occhi saldi su quella schiena forte e muscolosa, si lanciò all’inseguimento.
 
 
 
 
Stava ancora tentando di riassumere il controllo del suo corpo – nervoso ed eccitato – quando, con la coda dell’occhio, captò un movimento velocissimo.
 
Riportando lo sguardo sul punto in cui lei stava in piedi, pochi attimi prima, non ci trovò nessuno.
 
Dove … dove diavolo è andata?!
 
Poi si irrigidì, a tal punto che i muscoli della schiena e delle spalle, intorpiditi dal lungo appostamento, si fecero sentire sonoramente. Era dietro di lui!
 
Mi ha scoperto.
 
Scappa, Sasuke, scappa più veloce che puoi.
 
Con un movimento quasi impercettibile ad occhio nudo, aggirò la ragazza e corse. Saltava di ramo in ramo, correndo sul tetto di qualche casa quando se le trovava davanti, lanciando talvolta uno sguardo dietro di sé: la rosa gli stava alle costole.
 
Correndo, giunse presto ai confini di Konoha e, senza farsi vedere dalle guardie appostate alla grande entrata del villaggio, sparì nella fitta foresta.
 
Sperava di seminare in fretta la giovane kunoichi, ma, concentrandosi, percepì ancora la sua presenza dietro di lui.
 
Da predatore, sono diventato preda, diamine!
 
Attivò lo sharingan e cercò un posto dove potersi nascondere o dove poterla ingannare, perché non voleva arrivare allo scontro corpo a corpo. Era una sua vecchia compagna di team, dopotutto! Era quella stessa ragazzina che lui e Naruto, sia nelle vecchie missioni quando erano ancora un team unito e affiatato, sia nello scontro con Madara durante la guerra, si ostinavano a proteggere, facendole da scudo con i loro corpi. Non poteva assolutamente pensare di battersi con lei.
 
Ma se hai tentato perfino di ucciderla!
 
Se proprio sarà necessario, allora la affronterò, si disse il ragazzo.
 
Scosse la testa a quei pensieri e si concentrò: se la ricordava meno forte, pensava che sarebbe stato facile far perdere le sue tracce, ma dovette ricredersi quando la vide correre al suo fianco.
 
La guardò intensamente, con uno sguardo di sfida, e lo sorprese notare un sorrisetto astuto sulle sue labbra. Il cuore, anche a causa della corsa – soprattutto, gli disse l’orgoglio – aumentò considerevolmente il battito, tanto che Sasuke non riusciva a sentire altro se non quello.
 
Spinto dalla paura e dal panico, deviò a sinistra, accelerando il passo, ma dovette fermarsi all’improvviso quando Sakura gli comparve proprio di fronte, così velocemente che, se non fosse stato attento, le sarebbe andato addosso.
 
<< Adesso basta, Sasuke >> disse la rosa, sbarrandogli la strada con le braccia.
 
La guardò negli occhi e vi lesse decisione, determinazione, furia e pensò che aveva il suo stesso sguardo di anni e anni prima, quando lui aveva in mente un obiettivo.
 
Adesso anche lei ne aveva uno.
 
E capì di essere in trappola.
   
 
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