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Autore: dreamfanny    30/08/2015    2 recensioni
Questa storia ha come protagonista Laxus, che dopo l’ennesimo litigio tra suo padre e suo nonno, è partito senza salutare nessuno viaggiando per due anni tra una città e l’altra. Sentendone la mancanza e a corto di soldi, ritorna finalmente a Magnolia per trovarsi ad affrontare alcuni fantasmi del passato e ritrovare gli amici più cari. Forse anche innamorarsi.
Piccolo avvertimento: alcuni personaggi potrebbero metterci qualche capitolo per comparire, ma essendo Laxus il protagonista dovrete pazientare. Se siete interessati per lui, invece, buona lettura!
*Le età dei personaggi sono leggermente diverse da quelle del manga: Laxus e altri hanno solo due anni o poco più di differenza con gli altri ragazzi più giovani, invece di quattro anni come nella storia originale.*
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Il Raijinshuu, Lisanna, Luxus Dreher, Mirajane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Bentornato? 
 


Il locale era vuoto. Le luci spente, si poteva vedere appena dove fossero i tavoli. La porta si aprì lentamente e si richiuse dopo pochi secondi. Un uomo sui vent’anni, capelli biondi, alto e con una cicatrice sull’occhio destro entrò e si incamminò verso il bancone. Posò la sacca sopra uno degli sgabelli e si diresse verso gli scaffali pieni di alcolici.
«Sei tornato» una voce dalle scale al fondo del locale lo fece voltare. Un anziano di piccola statura lo fissava arrabbiato e contento allo stesso tempo.
«Sono solo di passaggio, mi fermo per qualche giorno e poi riparto. Non ti darò fastidio, tranquillo. Ho solo bisogno di un posto dove dormire» rispose, mentre si versava qualcosa in un bicchiere.
«Bene. Dovrai dare una mano al bar se vuoi restare» disse l’anziano, voltandosi e scomparendo nella porta dell’appartamento situato al secondo piano.
«Tsk. Dannato vecchio» mormorò tra sé dopo aver bevuto in un solo sorso dal bicchiere. Prese la sacca e andò verso le scale. Quel locale era stata la sua casa per 15 anni e lo aveva amato fin dal primo momento che vi era entrato. Erano cambiate tante cose da quel giorno, ma rivederlo sempre uguale dopo tanti anni era in qualche modo confortante. Forse sarebbe rimasto per più di qualche giorno. Forse.
 
«Ma che…» aprì gli occhi e saltò sul letto, dopo che una secchiata di acqua ghiacciata lo aveva colpito in pieno viso. «Ehi, vecchio! Ma che fai?»
«Ti ho chiamato più volte, Laxus. A quanto pare hai ancora il sonno pesante, non ho trovato altra soluzione che questa. Muoviti, tra qualche ora apre il locale e devi andare a comprare alcuni prodotti al mercato».
«D’accordo, d’accordo. Mi faccio una doccia e vado. Lasciami la lista sul comodino»
Alcune cose potevano anche cambiare. Essere svegliati in quel modo non era una cosa che gli mancava, per niente. Dannato vecchio, sempre uguale.
Andò nel bagno di fianco alla sua camera e si lavò velocemente. Dopo essersi rasato, si pettinò, si vestì e scese al piano di sotto. Si bloccò sulle scale. Una ragazza canticchiava dietro al bancone, mentre asciugava i bicchieri che aveva appena lavato. I lunghi capelli bianchi le cadevano morbidi sulle spalle, un vestitino rosa senza spalline e lungo fino al ginocchio delineava le sue forme perfette. Stupenda, pensò Laxus. Sarebbe rimasto lì per ore ad osservarla e a sentirla cantare, ma qualcosa lo colpì in testa.
«Lei è off-limits. Dimenticatela»
«Tsk. Sei troppo vecchio per lei, dovresti pensare a qualcuna più della tua età sai? Ormai potresti essere…»
Un altro colpo in testa «Ehi! Smettila!»
«Stupido ragazzo. Non riusciresti nemmeno a tenerle testa, quindi lasciala perdere prima che lei ti dia una lezione» e scese le scale.
«Mira, come mai sei qui a quest’ora? Il tuo turno inizia oggi pomeriggio.»
«Lo so, Master. Ieri non avevo finito di ripulire e sono passata prima di andare a lezione. Me ne vado subito» rispose la ragazza con un bellissimo sorriso sul volto. Più si avvicinava e più le sembrava una dea, le sue curve, il suo viso, i suoi occhi. Occhi? Erano stupendi opali. Scosse la testa energicamente per distogliersi da questi pensieri idioti.
«Io vado, ci vediamo più tardi» disse uscendo. La ragazza lo guardò confusa, non si era accorta di lui fino a quel momento. Gli sorrise ugualmente e tornò ad asciugare i bicchieri.
«Mio nipote, Laxus» sentì dire dal vecchio mentre la porta si chiudeva.
 
La spesa al mercato richiese più tempo del previsto. I commercianti, che lo conoscevano da tempo, lo fermavano per salutarlo e chiedergli informazioni sulla sua assenza in città. Rispondeva sempre con poche parole, ma senza essere scortese. In fin dei conti, non era colpa loro tutto quello che era successo. Era partito due anni fa perché non ne poteva più della guerra tra suo padre e suo nonno, odiava essere messo in mezzo e dover prendere sempre le parti di qualcuno. Quell’ultima volta… era stata la goccia, doveva andarsene. Subito. E così aveva fatto. Un unico biglietto sul tavolino del soggiorno della casa in cui viveva con suo nonno, una sacca piena di qualche vestito e dei documenti ed era uscito dalla porta senza ripensamenti. Non aveva salutato nessuno. Non che sarebbe mancato a qualcuno, in realtà. Forse anche per quello era voluto andarsene così. Aveva girato di città in città, trovando qualche lavoro e imparando molti più mestieri di quanto avrebbe pensato. Dopo due anni, però, si era reso conto che gli mancava casa. Le strade conosciute, i volti visti e rivisti migliaia di volte. Il locale e la palestra in cui si era allenato per anni. Persino quel vecchio e il suo bastone. A una cosa non aveva mai pensato in tutti quei mesi, a suo padre. E tanto gli era bastato per rendersi conto che doveva tornare. Doveva rivedere quei luoghi e capire cosa fare della sua vita, perché fino a quel momento non aveva concluso poi molto.
Dopo due ore tornò al bar, finalmente pensò. Era ancora chiuso, ma alcuni camerieri e cuochi erano già arrivati. Suo nonno era seduto su uno degli sgabelli e parlava con un ragazzo dai capelli rosa. Gli ricordava qualcuno, ma non riusciva a…
«Laxus!» gli gridò allora, correndo verso di lui.
«Natsu» disse lui senza espressione. Posò le buste e gli scontrini sul bancone. «Li devo portare in cucina o..?»
«Li prendo io» una ragazza dai capelli rossi afferrò le buste con forza e scomparve in cucina.
«Oi! Dove sei stato tutto questo tempo? Non hai nemmeno salutato. Dai, racconta!»
Si voltò verso Natsu e vide che lo guardava con ammirazione e aspettativa. Era cresciuto molto in questi due anni, chissà se era migliorato anche nelle arti marziali.
«In giro per il paese».
«Uo! Bello! Sarei venuto anche io se me l’avessi detto. Anche se in effetti avrei dovuto prima diplomarmi…» all’improvviso diede un colpo sul bancone «Sono in ritardo per la lezione! E chi la sente Lisanna ora? Ciao nonnetto. Ciao Laxus, non scomparire ancora! Mi devi la rivincita» e scappò fuori dal locale.
«Ancora con quella storia?» disse fra sé e sé, sorridendo.
«Si è impegnato molto in questi mesi. Suo padre è mancato, sai? L’anno scorso. Un incidente d’auto.»
Laxus fissò il vecchio per qualche minuto. Natsu adorava quel uomo, lo idolatrava. Doveva essere stata dura accettare la sua morte. «E dove vive ora?»
«In un appartamento nel quartiere, la loro casa era troppo costosa ed è dovuto andarsene. Lavora qui, nel turno serale.»
«Mi dispiace» disse sincero, voltandosi per nascondere la tristezza che lo pervadeva in quel momento. Sicuramente a lui non sarebbe mancato suo padre, ma il vecchio… lui sì. Poteva solo immaginare cosa stesse provando Natsu.
«Allora, cosa devo fare nel locale?» chiese per cambiare argomento.
«Ricordi ancora come si preparano i cocktails, vero?»
«Tsk. Certo»
«Bene, allora lavorerai come barista. Entrambi i turni.»
«Sia a pranzo che a cena? La mia stanza non vale così tanto»
«Hai detto che resterai solo per qualche giorno, giusto? Non credo che tu abbia altro da fare» lo rimbeccò suo nonno, dirigendosi verso l’ufficio sotto le scale.
«E tu che ne sai?» disse infastidito, sapendo che la conversazione era già finita. «Tsk. Ho molte cose da fare, invece» borbottò.
 
 
   
 
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