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Autore: Reaper_Hel    31/08/2015    1 recensioni
"Il mondo è di chi rimane, e tu non devi avere paura. Non sei solo." Questo recita la guida alla sopravvivenza del Superstite Responsabile.
Quando però Miriam si sveglia, quella mattina, non è rimasto più nessuno.
Genere: Horror, Introspettivo, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Le strade erano completamente deserte. C’era solo qualche macchina con le portiere aperte, vuota, ferma sul ciglio della strada. Ce n’era per fino una col motore in folle, a un certo punto, lungo la statale.
Il bosco che circondava la strada proseguiva a perdita d’occhio, affiancando quasi tutto il suo percorso, e di tanto in tanto riusciva a vedere qualche cane in prossimità di una proprietà abbandonata.
Accese la radio. La frequenza in memoria sull’auto stava dando Once upon a time in the West dei Dire Straits mentre i fanali illuminavano una strada d’asfalto scuro. Il cielo sembrava coperto in modo uniforme, quasi meticoloso, da uno strato di nuvole che arrivavano fino all’orizzonte. Sapeva che la città si trovava oltre l’oscurità. Quando vide delle luci accese che perforavano l’oscurità e arrivavano fino a lei, il suo cuore si gonfiò di speranza. Era fatta: l’incubo era finito. Presto avrebbe semplicemente chiuso gli occhi sapendo di potersi concentrare sui suoi genitori e sulla loro scomparsa. Avrebbe potuto fare programmi, progettare la sua vita da Superstite.
Per la prima volta nella sua vita, Miriam era contenta di doversi ritagliare il tempo per fare dei programmi concreti. Per la prima volta aspettava quel momento con ansia, avendo fretta di darsi una svolta e cambiare pagina.
 
La città aveva un aspetto inquietante. Le luci che aveva intravisto da lontano, ora che era giunta a destinazione, erano molte meno di quelle che si aspettava di vedere. Anche l’atmosfera era carica di quell’oscurità tagliata solo dai fanali della macchina. Non vi erano segni di vita, neanche della peggior specie: ogni palazzo era un guscio vuoto e spento, e ogni negozio una finestra per l’oscurità. Nessun segno di effrazioni, vetrine sfondate o atti di vandalismo di Superstiti. Sembrava di trovarsi in un posto bello, ordinato e gradevole, ma buio e privo di vita. Come se la città fosse diventata una grossa casa per le bambole.
Parcheggiò sul bordo di una delle strade principale e decise di proseguire a piedi per poter ascoltare meglio i rumori e, magari, inseguirli. In quel silenzio rotto solo dalle suole delle sue scarpe, proseguendo con la torcia del cellulare a illuminare il cammino, Miriam si sentiva come una specie di alieno sulla terra, come un essere umano su un pianeta diverso.
Se la sera prima, camminando per una Fontanelle illuminata dai lampioni, aveva avuto paura, la città completamente buia, alle dieci di mattina, era ancora più spaventosa. Attraversando la via centrale, il fascio di luce illuminò un autobus fermo, con le porte aperte, in corrispondenza di una pensilina. Vi salì.
Nessun rumore oltre a quello dei suoi passi e del suo respiro. Sui sedili imbottiti c’erano soprabiti abbandonati e qualche borsa. In particolare, in una tracolla di serpente trovò cinquanta dollari. Pensò di prenderli in prestito per, chessò, fare colazione. E poi, se quello che dicevano i giornali era vero, le persone scomparse non facevano ritorno. Era quasi sul punto di prenderli, quando decise di lasciar perdere. Il tempo per diventare ladri non era ancora maturo.
Si incamminò verso una delle luci che aveva visto da lontano, e presto si rese conto che proveniva da un centro di emergenza per i Superstiti. La luce all’interno era stata lasciata accesa, e le porte di vetro dell’accesso erano aperte. Trattenendo il respiro, Miriam si avviò verso il bancone. Sparsi dappertutto c’erano dei leaflet informativi sulla vita da Superstite: le prime cose da fare nel caso in cui la tua famiglia dovesse “scomparire” e come razionalizzare la perdita senza precipitare nella disperazione. Il mondo è di chi rimane, e tu non devi avere paura. Non sei solo.
Quel genere di divulgazione era ormai un po’ su tutti i media dalla prima scomparsa in assoluto: quella del Presidente. E poi un altro Presidente, dall’altra parte del mondo. Poi erano spariti dei funzionari, dei governatori e infine aveva cominciato a sparire la gente comune, ricca e povera allo stesso modo. Da quel momento non si era solo trattato di dispiegare l’esercito per proteggere i pochi (anche perché, quando scompariva un titolato con la scorta, generalmente spariva anche quella), ma di organizzare un’autentica contromisura per impedire che, chi rimaneva solo, non diventasse pazzo o si suicidasse. Erano stati predisposti dei centri come quello in cui si trovava adesso, dei punti d’ascolto d’emergenza per chi, da un momento all’altro, si ritrovava senza nessuno al mondo.
 «Senza nessuno al mondo,» mormorò piano, cercando tra la carta stampata uno di quei prontuari che ogni tanto leggevano per tv.
I motivi dietro all’effettiva sparizione non erano ancora chiari a nessuno. Certo, c’erano delle ipotesi. Ipotesi molto varie e variopinte. Ad alcune persone (come i genitori di Miriam) piaceva l’ipotesi della giusta piaga: quella inflitta da un Dio vendicativo sul suo popolo irrispettoso. I complottisti, invece, ne avevano approfittato per tirare in ballo gli alieni. Gli uomini di scienza non sapevano dove sbattere la testa, ma alcuni di loro avevano timidamente suggerito una anomalia del sistema solare in cui un certo tipo di radiazioni portava a gravi ustioni e morte dei soggetti.
 
In realtà, quel cielo fitto di nuvole e nero non sembrava voler dire nessuna delle tre cose, o tutte e tre messe assieme. Che il sole stesse per morire, Dio avesse voglia di un divertissement o gli alieni stessero giocando a mah-jong con le vite dell’umanità – a Miriam non importava molto.
Prese il volantino della Guida alla Sopravvivenza per Superstiti e cominciò a leggerlo ad alta voce per scacciare quel silenzio soffocante.
 «Chiama il numero di emergenza che puoi trovare su tutti i giornali. Fatto. Chiedi aiuto: spiega la situazione, specifica dove abiti e, se puoi, spostati verso un centro d’emergenza per superstiti. Non rimanere dove sono scomparsi i tuoi cari: non è salutare e non è nemmeno sicuro. Beh, l’ho fatto»
Andò a sedersi ad una poltroncina nella sala d’attesa e agguantò una caramella sul tavolino pieno di riviste sui superstiti e su come si erano ricostruiti una vita dopo aver perso madri, figli o coniugi. Facce sorridenti sulla carta patinata.
 «Ora: rivolgiti al personale esperto e ricordati che non sei solo. Piangi, se devi, sfogati e lascia che la tristezza faccia il suo corso. Poi, fatti forza e guarda dritto in avanti verso il futuro. La tua vita è appena cambiata inesorabilmente, ma non deve per forza essere un cambiamento peggiorativo. Wow, che spazzatura
 «Ricordati che non è ancora detta l’ultima parola e che un giorno, i tuoi cari, potrebbero fare ritorno. Nel frattempo, cerca distare sempre dove altre persone possono vederti, cerca di uscire almeno due o tre ore al giorno e parlare con le persone. Un po’ di contatto sociale non può che farti bene. Il governo americano ha stabilito per il momento, che tenere un funerale per una persona scomparsa è illegale: siccome le speranze che queste tornino sono alte, secondo alcune teorie scientifiche europee, è opportuno non dare niente per scontato. Ricordati che lo Stato pensa a te. Hai diritto a un esonero dal lavoro fino a 40 giorni e…»
Miriam abbassò il volantino e si guardò attorno.
 «C’è nessuno, qui? Ho bisogno delle mie due ore di conversazione,»
A risponderle, solo il ronzio del neon.
Qualcuno ci doveva pur essere. Non potevano essere scomparsi tutti nel giro di una mattinata d’ozio. Non poteva essere sola al mondo.
 «Il mondo è di chi rimane, e tu non devi avere paura. Non sei solo,» ma lei sola ci si sentiva eccome, e avrebbe volentieri dato tutto quello che aveva per scomparire in quel preciso momento.
Tirò fuori dalla tasca il cellulare e si collegò a Facebook. La sua lista contatti era praticamente morta: a parte i soliti “finti online”, sembrava che nessuno fosse connesso. Con stupore che, più realizzava, più diventava orrore, si accorse che il suo newsfeed non registrava nuovi messaggi da almeno 20 ore. Provò a contattare Derrick, un ragazzo europeo conosciuto su un FPS.
“Ci sei?”
Non avrebbe saputo dire che ore fossero in Europa, ma non le sembrava il momento di farsi scrupoli. Ripose il cellulare e uscì dal centro d’emergenza per i Superstiti.
 
 
 
Era davvero possibile che di una città di oltre 50.000 abitanti fosse davvero l’unica superstite? Avrebbe voluto essere in grado di godersi quel momento: l’idea insalubre che tutto fosse ora a sua completa disposizione: dalla piscina della sua ex compagna di classe ricca sfondata al negozio di make-up e abbigliamento che non avrebbe mai potuto permettersi, nemmeno tra dieci milioni di anni.
Sebbene nel leaflet della guida al Superstite Responsabile ci fosse scritto che “I Superstiti, qualora dovessero identificare una casa in cui apparentemente non abita più nessuno, non devono arrogarsi il diritto di prendere o rompere cose che non hanno personalmente comprato o per cui non hanno mai chiesto il permesso”, Miriam sentì l’impulso di non andare per il sottile. Per prima cosa, aveva bisogno di una torcia decente, se quel buio proprio non voleva andarsene di lì. Secondo, aveva decisamente bisogno di quel vestito che aveva visto sulla terza strada qualche giorno prima. Terzo e forse più importante, doveva trovare il modo di raggiungere quante più persone possibile al più presto. Se qualcuno era vivo, probabilmente era smarrito almeno quanto lei. A meno che non si trattasse di un adulto, ovviamente. Miriam, dall’alto dei suoi diciannove anni, era praticamente certa che un trentenne potesse avere la situazione perfettamente in pugno. Doveva solo avere fiducia e, come le aveva spiegato sua madre da bambina nel caso in cui si fosse persa, cercare una persona grande e di cui fidarsi.
Per prima cosa, lasciò un messaggio sulla sua bacheca Facebook e sulla bacheca Facebook dei suoi amici:
“Non so se anche voi siete rimasti soli. Sono una Superstite della zona di Fontanelle: sono scomparsi tutti. Per favore, venite a prendermi! Xxx Miriam”
No, lei non era una leader: non avrebbe mai e poi mai scritto: “Dobbiamo formare un gruppo e riorganizzarci”. Miriam sperava con tutte le sue forze di potersi accodare ad un gruppo già formato, con regole ferree di cui lamentarsi e proseguire la sua vita di ribellione al tramonto dell’adolescenza.
Rimase una decina di minuti abbondanti avvolta nell’oscurità rischiarata solo dal monitor del telefono continuando ad aggiornare la pagina in attesa di una notifica. Non che fosse la prima volta nella sua vita. Attese pazientemente, ma non ebbe risposta. Si sfregò la faccia e rifletté qualche secondo: forse poteva fare di più. Forse la radio poteva aiutarla. Doveva solo arrivare allo studio della radio locale e intromettersi nella programmazione con un messaggio.
 
 
Individuare la torre di trasmissione non fu difficile: ci aveva lavorato per qualche settimana come porta-caffè e addetta alle fotocopie. Un lavoro rispettabile che le aveva fruttato pochi dollari e l’estate meno divertente di cui avesse ricordo.
La porta era chiusa, ma non a chiave. Probabilmente il disc-jockey del turno di notte era scomparso proprio mentre si trovava dentro. Si avventurò lungo la scala di ferro e raggiunse lo studio di trasmissione.
«Hank? Patty?» domandò a voce alta senza farsi grosse speranze.
Mise gli occhi sul pannello di registrazione e si accorse che la trasmissione era attiva. Indossò le cuffie e batté il dito sul microfono, rendendosi conto che poteva registrare.
«Salve. C’è nessuno a Fontanelle e ditorni? Sono Miriam, una Superstite. Ho bisogno del vostro aiuto, sono rimasta completamente sola. Potete aiutarmi? Nelle prossime due o tre ore sarò al MacDonald’s sulla cinquantaquattresima. Per favore…»
Per favore.
   
 
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