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Autore: YuGiesse    31/08/2015    2 recensioni
"Era un ragazzo mai visto, aveva un'aria da menefreghista, sedeva su un'antica sedia di legno con le gambe incrociate sul tavolo, i suoi occhi profondi riuscivano a mettere in soggezione anche con un solo sguardo, quel tipo di ragazzi che lui odia."
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Una settimana dopo..
 

“Caesar ,sei ancora a letto? Così farai tardi!”
“Non preoccuparti zia, mi sto preparando.”
Era passato appena un mese dal giorno in cui la sua vita aveva preso una piega completamente inaspettata.

Bella merda.

Tre settimane che stava in quella casa e continuava a sentirsi come un estraneo. A volte pensava che quella sensazione non se ne sarebbe mai andata definitivamente.
Certo, sua zia faceva di tutto per farlo sentire al suo agio, complice il fatto che non aveva mai avuto figli.
 
Ok, prepariamoci sul serio.
 
Era già sveglio da almeno un'ora. La mattina era solito alzarsi presto, lavarsi subito in modo da ributtarsi sul letto e riposarsi qualche altro minuto, per poi iniziare a vestirsi non appena sua zia non l'avrebbe chiamato come al solito.
Si alzò dal letto ed aprii la finestra alla ricerca di un po' di luce, tutto ciò che trovò però non fu altro che il solito clima grigio; il sole timido faceva capolino tra le grandi nuvole che sembravano annunciare un imminente pioggia. Il clima autunnale Londinese era più un inverno bello e buono, quasi come descritto in tutti i libri o i film.
 
Non riuscirò mai a capire cosa ci trova di bello la gente in questo posto.
 
Abbandonando il desiderio di trovare un po' di luce si infilò la felpa, fece il letto alla svelta ed uscii dalla sua stanza. Nonostante l'orario, si concesse tutta la calma del mondo per scendere al piano di sotto,dove, lo stava aspettando la colazione. La scala che suddivideva la casa in parte di Caesar e parte del resto della famiglia era di legno ed affiancata da un'elegante scorri mano in ferro. Durante i suoi primi giorni in quella casa aveva preso l'abitudine di sostare per ore su quelle scale, ascoltando musica, fino ad arrivare al punto di addormentarsi.
Fece uno sbadiglio e si diresse verso la cucina dove con un sorriso lo accolsero i suoi zii.
"Buongiorno." Disse con tono assonnato passandosi una mano tra i capelli.
"Sto preparando la colazione, cosa preferisci?" 
A pronunciare quelle parole fu sua zia Margaret, una donna solare sulla quarantina con gli stessi tratti del ragazzo. Stava preparando del caffè ed era già vestita di punto per andare, probabilmente, al lavoro.
"Niente zia, grazie." Mentre parlava si sedette al tavolo accanto all'altro membro della famiglia, che tranquillamente leggeva il giornale, suo zio.
"Caesar, bisogna fare colazione se no arriverai a fine giornata senza energie. Margaret è pronto il caffè?"
"Ancora qualche minuto ed é pronto. Accidenti, sono in ritardo! A più tardi!"
Affermò la donna che di corsa diede un bacio sulle labbra al marito, uno in fronte al ragazzo ed uscì dalla casa.
"Sempre di corsa quella donna."
Suo zio aveva un portamento davvero goffo, il viso tondo e pochi capelli sulla testa lo rendevano davvero un uomo dall'aspetto simpatico.
L'odore del caffè era una cosa davvero meravigliosa, lui adorava il caffè più di qualsiasi altra bevanda.
Suo zio, consapevole del fatto, gli posò davanti una tazza che lui non rifiutò di certo.
"Il caffè della zia è sempre fantastico, mi sveglierei pure all'alba pur di berlo." Disse Caesar accennando una piccola risata.
"È anche merito mio che l'ho comprato, eh!" affermò lo zio con tono simpatico.
Il moro sorrise per voler compatire il simpatico omone ed avvicinò la tazza alle labbra, che si scottarono appena a contatto con la bevanda. 
"Cazzo, è bollente!" Gridò il ragazzo  tastandosi il labbro inferiore.
Lo zio lo guardò divertito.
"Dovresti smetterla di berlo subito, non scappa mica. Beh ragazzo io vado al lavoro, buona scuola!" Detto questo prese le sue cose e andò fuori. Infondo i suoi zii erano delle persone davvero fantastiche, un po' indaffarati e presi dal lavoro ma erano un'accoppiata forte.
Il ragazzo finì il suo caffè e posò le tazzine con non curanza nel lavabo
 
Non ho tempo per lavarle, scusa zia. Che rottura la scuola, stavo così bene con il mio caffè.
 

Abbandonò la cucina e prese lo zaino che si trovava accanto all'ingresso, se lo mise in spalla e si infilò di corsa un paio di Nike bianche. 
Prese le chiavi, chiuse la porta e le mise in tasca, diede uno sguardo al pacchetto di sigarette quasi vuoto ma decise di ignorarlo, infondo era mattina. Prese per  la via che portava direttamente alla scuola. Quella strada era sempre molto trafficata, gente che correva nei propri uffici, madri che accompagnavano bambini a scuola e roba così.

Madri...

Una leggera malinconia si fece largo nella sua mente, ma decise di ignorarla, scacciò una pietra fino ad arrivare al portone ed entrò.
 
Che scocciatura.
 


*****

 
Non odiava la scuola, lo annoiava e basta.
Detestava sentire degli uomini fare prediche sull'economia e sullo stato, fare esercizi inutili ed avere delle valutazioni. 
Si, Caesar Jackson odiava essere valutato.
Non poteva concepire che un uomo uguale a qualsiasi altro uomo al mondo potesse dire quanto lui valesse, per questo, già dalle prime settimane della sua permanenza i professori lo avevano segnalato come "il ragazzaccio disadattato con mille problemi"
Il suo posto era accanto alle finestre, il ragazzo che sedeva al suo fianco era un normale ragazzino con l'acne ed i capelli poco curati al quale non dava molto importanza.
 
Qualcuno mi salvi. ADESSO.
 
La lezione corrente era quella di Diritto. Il professore era un tipo abbastanza strano, altezza media, occhiali e probabilmente portava il parrucchino o aveva fatto recentemente un trapianto ai capelli,  si divertiva a fare battute strane e a sbagliare volontariamente i nomi di ogni alunno. Insomma, un soggetto che lo infastidiva, ma uno dei pochi che faceva parte della lista delle persone conosciute.
 
"Jacob! Vuole per caso essere interrogato?"
Tutta l'aula si girò verso Caesar il quale roteò gli occhi e disse:
"Mi chiamo Jackson, se vuole la interrogo un po' io sui nomi di tutti noi."
L'intera aula scoppiò in una risata alla quale non si trasse nemmeno lo strano uomo. Nella sua nuova classe sembrava essere diventato già abbastanza popolare, le ragazze pendevano dalle sue labbra ed i ragazzi lo invitavano a qualsiasi genere di party.
Nonostante questo, sentiva di non essersi ambientato del tutto: si sentiva ancora completamente un estraneo, si era perfino fatto eleggere come rappresentante di classe per cercare di abolire un po' la monotonia ma non ottenne niente.
Dopo 4 anni fantastici nella Sua scuola nel New Jersey quel posto gli sembrava solo una grande seccatura piena di gente strana.
 
"Dunque, visto che il nostro Cesare non vuole accomodarsi alla cattedra, Brown, che ne dice di deliziarci con un'interrogazione?"
 
Non è quello il mio nome, idiota.
 
Ah giusto, nella lista delle persone strane della sua scuola con le quali aveva, forse, un po’ più di rapporto c'era anche lui. Jonathan Brown, il rappresentate d'istituto. Dalla prima volta che si erano incontrati quel ragazzo sembrava averlo già messo nella sua lista nera. Qualsiasi cosa dicesse o facesse, lui era sempre lì pronto a fissarlo con un'espressione terribilmente schifata in volto. 
Infondo lui non aveva fatto niente di che, gli aveva dato indirettamente del gay, lo aveva seguito fino a casa e lo aveva fatto, probabilmente, litigare con il padre.
 
"Certo Professore."
Il ragazzo detto questo si alzò e mentre si dirigeva verso il fianco dell'uomo mandò un'occhiata glaciale al moro, il quale rispose con una smorfia.
In quel preciso istante la campanella suonò come per interrompere quel bel siparietto.
 
Finalmente ricreazione!
 
Non ebbe nemmeno il tempo di formulare quel pensiero che Jonathan gli disse con voce antipatica: "Dopo scuola c'è il comitato studentesco, sei pregato di non mancare."
Annuì stancamente e si avviò verso il corridoio.
Dormiva pochissimo e male la notte perciò di giorno era molto spossato.
 
Fantastico, ci mancava solo il comitato. Ma poi chi cazzo l'ha votato quel Brown?!
 
Durante la ricreazione l'istituto diventava una sottospecie di piazza affollata di gente che parlava, mangiava e non si faceva i cazzi propri. Decise di fare il solito giro che ormai era diventato un rituale:
Bagno, piano terra, caffè, cortile, scale, classe.
Si avviò verso la prima tappa sperando di non trovare casino.Aprii la porta del bagno e la richiuse nuovamente dopo aver osservato accuratamente la gente che stava lì dentro. Troppa. Decise dunque di passare alla prossima tappa, scendeva le scale tranquillamente tenendo le mani nelle tasche ed evitando che i ragazzi del primo anno gli sbattessero addosso mentre scendevano le scale correndo. Arrivato alla fine delle scale si diresse subito alla macchinetta per il caffè pronto a farsene uno subito, ma la visione che si trovò davanti fu la peggiore di tutte:

 -Guasto-.
 
Porca puttana.
 
Roteò gli occhi e tirò un calcio a vuoto. Bene, le sue prime tappe erano fottute ma, soprattutto, era senza il suo adorato caffè.
 
"Non pensavo di essere così sfigato, Dio."
 
Pensò a voce un po’ troppo alta mentre camminava verso il cortile del piano inferiore. Alta a tal punto da attirare l'attenzione di qualche seccatura.
 
"Ciaaao moretto! Come stai?" 
Era Alison Evans, una di quelle strane ragazze che si divertivano a rompergli le palle.
 
Ah giusto, nella lista c'erano anche loro. Il gruppetto delle ragazze che se la tiravano un po' troppo per i suoi gusti.
 
"Ciao, scusa potresti staccarti dal mio collo?!"
Stava su di lui come un koala, il profumo emanato dai lunghi capelli rossi lo stava soffocando, come le sue braccia.
"Alison, per l'amor di Dio, lascialo stare!" Pronunciò un'altra ragazza, era Sophie Holmes. La più normale, forse.
"Uffa Sophie! Non dire così! Il mio tesoro mi adora!"
 
Se non fosse una ragazza la picchierei, giuro. 
 
Mentre cercava di mantenere il più possibile il controllo arrivò a salvarlo puntualissima, la campanella che segnava la fine dell'intervallo.
 
GRAZIE.
 
Sophie tirò giù l'amica, la quale sbuffò. Caesar guardo la buona come per dirle grazie, mentre all'altra diede un'occhiata vuota di interesse, lei rispose con un bacio.
 
"Beh noi andiamo, faresti meglio ad andare anche tu! Ciao Moretto."
Pronunciò Alison prima di andare via.  
Entrambe lo salutarono con un gesto e sparirono dietro un corridoio.
 
Fantastico! Per colpa della troietta anche la mia sosta al cortile è andata a farsi fottere, Grazie.
 
Sospirò come per recuperare quel poco di calma che gli rimaneva e si avviò verso l'aula di scienze. Le lezioni di quella materia si tenevano nel laboratorio. Il professore spiegava, faceva dimostrazioni con cose strane e se, malauguratamente, si innervosiva iniziava ad interrogare.
Roteò gli occhi.
Gli piaceva la scienza ma odiava decisamente il professore, era un uomo che pretendeva troppo.
Arrivato davanti l'aula trovò solo qualche suo compagno già pronto a prendere posto, Lui ne scelse uno ben nascosto, per evitare di essere visto. 
 
Altre due ore e sono a casa. Ah no, il comitato.
 
Stese le gambe e sbuffò, senza rendersi conto che tutti i suoi compagni avevano preso posto è che il professore era appena entrato.
 
"Buongiorno, oggi abbiamo due ore? Fantastico! Un'ora si spiega e una si interroga. Iniziamo a spiegare."
 
Fantastico proprio!
 
Il professore iniziò a blaterare ma Caesar nemmeno gli dava ascolto, era intento a riflettere guardando fuori dalla finestra il cielo, ovviamente, nuvoloso.
Non ne poteva più di quel posto, di quelle persone, di quell'accento!
Ma non poteva nemmeno tornare nel New Jersey, nessuno sarebbe stato lì ad accoglierlo.
Il solo pensiero gli provocò un dolore terribile al petto ma non avrebbe pianto, non lì.
Così si affrettò a rimettere la sua maschera d'indifferenza che, oramai, non toglieva più.
Ma andava bene così, si disse, nessuno gli avrebbe fatto provare più quella sensazione di dolore se non avesse fatto avvicinare nessuno.
Che poi lì erano tutti insopportabili, quindi il problema nemmeno sussisteva.
 
"Signor Jackson, potrebbe ripetere quello che ho detto, cortesemente?" Il professore lo distolse dai suoi pensieri.
 
Appunto.
 
"Perché, per caso soffre d'Alzheimer e se l'è già scordato? Certo che qui assumono proprio chiunque."
 
Tutti scoppiarono a ridere, ma si zittirono subito quando notarono lo sguardo rabbioso del professore.
 
Com'è che si chiama? Salatino?
 

L'uomo incominciò a parlare in modo brusco: "Dato che si crede tanto simpatico, mi dica cosa sono le evaporiti. E nel caso se lo stesse chiedendo sono l'argomento di cui stavo trattando con la classe, eccetto lei naturalmente."
 
"Non ne ho idea." Rispose schiettamente.
 
Il professore ghignò: "Bene, allora si accomodi fuori dalla mia classe e le metterò una nota per la sua insolenza."
 
 
Saladin! Ecco come si chiama!
 
Si alzò dal suo posto e, seguito dagli sguardi di tutti i suoi compagni di classe, andò fuori dall'aula come ordinatogli.
 
Proprio ora che mi stavo divertendo.
 
Camminò lungo il corridoio e si sedette su una sedia girevole, dove spesso sostavano i bidelli. In vita sua non era mai stato buttato fuori dalla classe, sì, qualche litigio con i professori c'era stato ma mai fino ad essere cacciato via.
 
Probabilmente, per questo qui è ora di andare in pensione.
 
incrociò le gambe sulla sedia e scrutò una figura che si stava avvicinando verso di lui.
 
No anche lui no. 
 
Preso dal panico di trovarsi a chiacchierare in un momento come quello, si tirò su il cappuccio e si chinò chiudendo gli occhi.
 
"Che ci fai fuori dall'aula, su una sedia e in quella posizione?"
Disse la persona che sostava davanti a lui.
 
"Sono morto."
 
Riconobbe subito la voce poco mascolina del ragazzo che stava davanti a lui: il suo caro compagno Brown.
 
"Se il professore ti trova fuori non te la farà passare liscia."
Disse il ragazzo.
"Pensa per te e torna tu in classe."
"Stavo chiedendo alla Hamilton il permesso per avere l'aula magna libera questo pomeriggio. Ti sei fatto buttare fuori, vero?" 
"Forse."
Alzò un attimo il viso e si soffermò suo ragazzo che accennava una risata.
Solo allora si rese conto che dietro di lui c'era un'altra ragazza, era la bionda del sestetto, Bethany.
Lei si avvicinò e Caesar si appuntò mentalmente di evitare il più possibile lei e la ragazza rossa, Alison.
 
"Ciao Caesar, chi ti ha buttato fuori?" Chiese con voce gentile.

 Eh? Ma non era Sophie quella dolce?

"Saladin" rispose semplicemente.
 
La ragazza fece una smorfia, evidentemente anche lei aveva avuto problemi con lui.
Infatti disse: "Quello è uno stronzo, ama mettere in soggezione gli alunni e poi ha anche un ghigno malefico, è il peggiore di tutti qui."
 
Jonathan ovviamente non la pensava come lei perché affermò in modo antipatico: " Non parlare di un professore in questo modo, Turner. E poi da quando in qua sei gentile con qualcuno? Ti piace Jackson? Mi era parso che piacesse pure alla tua amichetta Evans, che c'è fate a turno? Siete arrivate a questi livelli?"
Bethany divenne di un colore indefinito e digrignò i denti.
Evidentemente era il tipo di persona che non teneva le cose dentro infatti parlò con voce carica di risentimento e rabbia.
"Ma come ti permetti?! Tu non sai nulla di noi eppure ti metti a giudicare. Non sai niente né di me né di Alison  né delle altre, però parli a sproposito. Non pensare di poter comprendere un libro solo dalla copertina, Brown. Devi leggere l'interno. E ti assicuro che se la gente come te, che parla senza sapere di cosa, lo facesse allora molti dissapori sparirebbero. Noi eravamo pronte a sotterrare l'ascia di guerra ma evidentemente tu NO."
Detto ciò fece un brusco cenno di saluto a Caesar, il quale stavolta la salutò  davvero interessato.
 
"Perché devo avere a che fare con gente così? Quelle ragazze sono tutte schizzate, come si permette lei di parlarmi con quel tono?"
Il moro osservava la ragazza che camminava verso la sua classe senza badare al ricco, che stava andando su tutte le furie.
Con il suo discorso era riuscita ad attirare l'attenzione del nuovo arrivato, il quale scosse la testa e volse i proprio sguardo sull'altro.
 
"Non la penso così."
"Come?"
"Secondo me è interessante"
Scostò la sedia e si alzò per stirarsi un po' la schiena.
"Se per te una ragazzina che urla frasi fatte al vento è interessante sei davvero superficiale." Disse John roteando gli occhi.
Caesar addrizzò gli occhi e si avvicinò al viso del riccio quasi a farsi toccare, fece un sorriso malizioso e disse:
"Geloso?"
Il riccio arrossì e scostò l'altro spingendolo con le mani.
"IDIOTA." 
Detto questo gli lanciò un'occhiata glaciale e si incamminò verso la classe.
 
Idiota lui semmai. 
 
Fece spallucce ed accennò una risata volgendo un altro sguardo verso la classe della ragazza.
 
Forse non è poi così male
 


Angolo autrice-
Salvee! Eccoci qui con il quarto capitolo. Questa volta ho voluto provare a mettermi in gioco scrivendo dal pov di Caesar e devo dire che è stato moolto difficile ma mi sono anche divertita tantissimo. Questo capitolo darà diviso in due parti, quindi per ora è solo un capitolo di passaggio, nel prossimo entreremo un pò più nel vivo della storia.
Voglio ringraziare sempre coloro che mi seguono e chi recensisce, NobodyUnderstandsMe e FRAMAR. Grazie anche alla mia Cleo che mi ha aiutata tantissimo anche questa volta. Continuate a seguirmi e a recensire! Alla prossima!
-YuGiesse
 
   
 
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