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Autore: Jailer    01/09/2015    3 recensioni
"La vita è un’onda, il Cancro lo sa perché è un segno che viene dal mare.
La vita è acqua che si schianta, acqua che può distruggere e tornare al mare o rimanere sulla roccia ed evaporare via. Un fluido che sale e scende, senza certezze e senza requie.
Come può saperlo il Fuoco, che brucia come se non ci fosse un domani, per poi spegnersi senza rumore?
Manigoldo guardò allora il mare e chiuse gli occhi, il suo mantello oscillava lieve ad una brezza leggera e intristita.
Che lui lo avesse voluto o no, la vita lo aveva condotto fin lassù.
Davvero è un’onda, pensò.
"
Storia di certezze che vanno e vengono.
[Sisifo x Manigoldo]
Genere: Drammatico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Cancer Manigoldo, Nuovo Personaggio, Sisifo di Sagitter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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3

Manigoldo intonò una canzone fischiettando e, volgendosi verso la città, iniziò a camminare in direzione della piazzetta centrale.
“Vuoi aspettare qui che cali il buio? Guarda che poi ingaggiano anche te.”
La leggerezza di un'altalena, la sfrontatezza di un gatto non toccato da nulla della scena che gli si consuma davanti – erano irritanti tanto quanto capaci di esercitare un sortilegio a cui era impossibile sottrarsi.
Manigoldo non era un superbo, e per questo era tollerabile ed enigmatico. La sua sicurezza derivava da una sorta di noncuranza balorda – e tuttavia gli importava, perché, da quando aveva la Cloth, non aveva mai fallito, e non poteva essere stata fortuna.
Una calma sibillina e provocatrice – che cosa nascondeva?
Niente, Manigoldo non nasconde niente, e questo è vero – ed è ciò che fa paura. Una sincerità candida e crudele come quella dei bambini.

 
Fa un caldo tremendo, pensò Sisifo con le labbra impastate dall'afa, infiacchito dal caldo e dalla salsedine che gli era addosso dal viaggio.
"Ti offro da bere”, lo anticipò il compagno, indicando una piccola osteria a pochi passi dal molo in cui la nave con cui erano arrivati era ormeggiata.
Sisifo esitò un'istante, tentato al pensiero della birra. Se la sentiva già giù per la gola, un fiume dorato e frizzantino capace di ristorargli il corpo e l'umore cupo di quei giorni.
“Non bevo mai in missione.”
“Suvvia, Sisifo”, innanzi al suo nome pronunciato con tale persuasività, Sagittarius rabbrividì “una birra. Nemmeno la senti, e poi di qui a quando cala il buio ti passa.”

L'uomo dalle crine paglierine assottigliò le labbra un singolo istante, Manigoldo aveva uno sguardo profondo e indescrivibile, sembrava già ebbro.
“Una sola.”
Sisifo se ne pentì immediatamente.

"Una, dai, per la nostra prima missione”, Cancer guardò verso il mare quieto con nostalgia e pensò alla vita, di qui aggiunse: “Vuoi rischiare di morire senza aver bevuto un'ultima birra?”

Dalla una finestrella della locanda si vedeva il sole declinare lentamente.
Il posto si chiamava la Bella Bionda, “perché qui non se ne vede mai nessuna”, disse il gestore, un uomo robusto e perennemente scocciato ma loquace.
“Quest'osteria è sempre piena, perché qui non c'è nulla da fare”, aggiunse. “Confidiamo nell'accidia della gente.”
“Doppio malto per me e una chiara per lui” annunciò Manigoldo, lasciando roteare sul banco un paio di monete di basso valore.

Manigoldo indicò un tavolo in un angolo; Sisifo apprezzò: per quanto riparato, teneva d'occhio tutti gli altri, “Ottima scelta”, disse.
“Mi piace un po' forte, la birra.”
“Il tavolo, dico”, e Sisifo indicò la sala, ma sapeva che Cancer aveva capito benissimo fin dall'inizio. “Potrebbero esserci alcuni di loro...”
“Oh, sì, anche.” Lo interruppe Manigoldo assottigliando gli occhi con un sorriso sornione e, per contrario, scrollando le spalle come se non gli importasse.
Il moro lo guardava intensamente, come se fosse un oggetto del tutto nuovo.

 “Adesso facciamo un gioco!”
Cancer batté il pugno sul tavolo, Sisifo sussultò come se quel colpo lo avesse davvero sorpreso e lo guardò stranito.
Chissà perché tutti se la fanno nelle braghe quando esordisco così davanti ad una birra, si chiese Manigoldo, con un lieve e sadico compiacimento verso se stesso.

“E adesso dimmi: se questa fosse l'ultima birra della tua vita e tu andassi a morire subito dopo, a cosa brinderesti?”
Il Sagittario guardò meglio l'uomo che aveva davanti: delle mille sfumature del suo sorriso, sembrava sopravvissuta solo quella della debolezza. E Manigoldo sembrò invecchiare di colpo, come se solo la curiosità che gli bruciava negli occhi fosse l'unica cosa capace di tenerlo appeso alla vita.
Non era un gioco: egli voleva davvero sapere a cosa – a chi - sarebbe stato rivolto il suo ultimo augurio.
“Non è una domanda qualsiasi, sai”

 Sisifo in risposta guardò il fondo del bicchiere, corrugando la fronte e pensandoci intensamente.
“Saprei di andare a morire?”, chiese Sisifo. Il colore della birra era uguale alle crine di Ilias e Regulus e al colore di un buon miele che era solito mangiare da bambino.
“Nella vita lo sai che vai a morire?”, rispose Manigoldo, guardando le sfumature corpose della bevanda.
“So che morirò, sempre e con certezza, ma non lo so mai con precisione”, Manigoldo sorrise, apprezzando quella risposta. Sisifo chiuse gli occhi per un lungo istante, poi riprese a parlare:
“Domanda difficile... Fammi un esempio”
“Se te lo faccio cade il senso ultimo del gioco.”

Il biondo si morse le labbra, rispondere significava svelarsi. La birra tremolava invitante nel bicchiere, egli ardeva all'idea di bere.
“Bene... Allora brinderei... Brinderei alla morte che cancella tutto fuorché l'onore, alla morte che mette tutte le malelingue a tacere.”
Sisifo si rovesciò fra le labbra un lungo sorso, come a cancellare quanto detto. Manigoldo sorrise annuendo, con la faccia di uno che la sa lunga.

 “Faccio questa domanda per capire chi ho davanti.
Rasgado mi disse che avrebbe brindato alla buona sorte di quelli che lo uccideranno, perché è triste la morte dei nostri assassini, se questi sono degni di ucciderci, e se abbattono il Toro lo sono, ha detto – non è stupido, quello lì.
Kardia brinda all'Inferno, che sia un bel posto, almeno quello. E ha più ragione di tutti.”
Risero assieme e poi tacquero, Sisifo assaporò un'altra sorsata, le bollicine gli solleticavano piacevolmente la gola. Ora si sentiva allegro, leggermente alticcio – non era abituato a bere ed era arrivato stanco alla locanda.

Egli si incurvò sulle spalle e poggiò pesantemente i gomiti sul tavolo. Non badava più alla gente nella sala e fissò Manigoldo: “E tu? Tu a cosa bevi?”
Il moro allargò le labbra nel suo sorriso birbone: “Alla salute, la mia, visto che nessuno di noi pensa mai a se stesso”

“Prima di morire brinderesti alla tua salute.”
“Se non prima di morire, quando?”
“Quando la salute ti serve di più”

“Brindare è un augurio, mica una preghiera. È soprattutto prima di morire che me la auguro, perché io mica lo so che vado a morire, diversamente da voi tutti, che sembra abbiate la sfera magica.
Io morirei con la volontà di vivere un giorno di più.
Cin cin!”
Sisifo rise e fecero tintinnare i boccali, sebbene già mezzi vuoti, l'uno contro l'altro, e anche Manigoldo accostò le labbra al vetro e chiuse gli occhi.

Il fuoco si spegne piano, e lo sa che va a morire, per questo vive e muore triste. L'onda mica lo sa quando urterà troppo forte contro lo scoglio e perderà tutta la sua forza, sa solo che un giorno accadrà – ma gioca gagliarda comunque tutta la vita, e soprattutto nell'ultimo dei suoi atti.

   
 
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