Capitolo 4
Mentre
il ragazzo e la
ragazza morivano sdraiati nella neve, Quelana osservava curiosa
dall’ombra del
suo cappuccio. Se il cavaliere aveva avuto ragione sul viaggio negli
artigli
del corvo da Lordran, sulla cella nei sotterranei del Rifugio che
ospitava il
suo ‘Prescelto’, e
sulla rinascita
dalle fiamme dopo la morte…persino Quelana avrebbe dovuto
iniziare a dubitare
della sua insicurezza verso di lui. Si girò verso il
cavaliere e, mentre i
giovani esalavano l’ultimo respiro, vide che i suoi occhi
grigi erano sgranati
e avevano una scintilla di entusiasmo puerile mentre fissava il
falò. Quelana
si voltò e dove prima giacevano i corpi vuoti, rimanevano
solo due fosse nella
neve.
Il
fuoco si alzò, le fiamme
rosse protese al cielo che bruciavano la neve che scendeva sopra di
esse.
Questa visione…il suo calore…diede
a
Quelana una pace che non provava da quando il cavaliere
l’aveva rapita dalla
Città Infame. Poi, dal fuoco, apparvero due figure
spettrali, eteree. Ora erano
fumo, un attimo dopo erano fantasmi, poi erano le fiamme stesse.
E
finalmente, erano tornati.
“Due Prescelti…”
mormorò Patches affianco a lei. “Non ci
credo.”
“Questo
è un cambiamento,”
disse Lautrec, annuendo. “È un buon
segno.”
Il
ragazzo e la ragazza
sembrarono congelati per un attimo, e Quelana li pensò
paralizzati. Poi
batterono le palpebre e mossero le labbra e si guardarono intorno,
disorientati
e meravigliati. Il cavaliere si mosse velocemente verso il ragazzo
vuoto,
estrasse uno dei suoi shotel, e spinse a terra il ragazzo.
“Hey!”
urlò l’essere vuoto,
ma il cavaliere piantò rapidamente il ginocchio sul petto
del ragazzo. “Che
succede? Sono…morto?”
“Non
puoi morire,” gli disse
Lautrec. “Lo stesso vale per lei,
ma
questo non vi ha impedito di provarci.”
La
ragazza vuota, Abby, si
stava fissando le mani, girandole con uno sguardo scioccato sul volto.
“Ora
rispondimi: chi sono?”
gli chiese Lautrec. “La mia armatura dorata, la
riconosci?”
“Eh?
Che succede!?” urlò il
ragazzo, dimenandosi sotto il ginocchio del cavaliere. “Io
l’ho uccisa!” Guardò
Abby e poi di nuovo Lautrec. “E tu
hai ucciso me! Perché siamo ancora-”
“Non
urlare e rispondimi,” lo
interruppe il cavaliere. “Vuoi il mio anello? La mia
armatura? Come mi chiamo?”
“Non
lo so! Levati
di dosso!”
“Se
mi menti, non posso
ucciderti, ma conosco decine di modi per farti male,” lo
avvisò Lautrec.
“Un’altra volta, e pensaci bene:
Come
- mi - chiamo?”
Il
ragazzo vuoto fissò il
cavaliere a lungo. Finalmente disse, “Non - lo -
so!”
“Sono
viva…” stava
bisbigliando Abby. “Non sono
nemmeno…ferita?”
Lautrec
tolse il ginocchio
dal petto del ragazzo e si alzò. Guardo per un po’
l’essere vuoto prima di
tendergli la mano. Il ragazzo la strinse esitante e Lautrec lo
tirò su in
piedi. “O abbiamo un paio di bugiardi provetti per le mani,
oppure sono nuovi
Prescelti.” Si grattò la corta barba sul mento.
“È…interessante.”
“Chi
diavolo siete voi?”
chiese il ragazzo,
massaggiandosi la schiena nel punto in cui Lautrec l’aveva
ferito e ucciso
pochi minuti prima.
“Attacchi
sempre prima di chiedere?”
chiese Lautrec, raccogliendo l’arco dell’essere
vuoto e restituendoglielo.
“Sai, io non sono
fortunato come la
ragazza che hai colpito. Se fossi stato colpito…mi avresti
ucciso.”
“Ci stavo provando!”
protestò il ragazzo. “Stavo cercando di uccidere
tutti voi! Pensavo foste…beh, vuoti.”
“Come
te?”
“Io
non sono come gli altri
esseri vuoti,” scattò il ragazzo.
“Beh,
almeno su questo hai
ragione. E il tuo nome?” chiese il cavaliere.
“Benjamin,”
rispose il
ragazzo. I suoi occhi si spostarono sul resto del gruppo, soffermandosi
abbastanza a lungo su Quelana da fargli provare paura. “E loro chi sono?”
“Io
sono il cavalier Lautrec
di Carim,” si presentò Lautrec, prima di alzarsi e
di fare un cenno verso
Patches. “Questo è il mio…amico,
Patches.”
Patches
annuì facendosi
scappare un risolino dalle labbra.
“La
mia strega, Quelana,”
continuò Lautrec. “Sono certo che scuserai il suo
silenzio.”
Quelana
forse il bavaglio
nella sua bocca e fissò il cavaliere da dentro il cappuccio.
“Una
strega!?” gli fece eco
Benjamin, aggrottando le sopracciglia.
“Viaggi con una strega!?”
“Sì,”
disse Lautrec. “E una potente
per giunta. Limitati a stare
lontano dalle sue mani e dalla sua lingua e non ti farà
nulla.” Si voltò verso
la ragazza vuota. “E questa è…Abby,
giusto?”
La
ragazza sembrava ancora
confusa quando annuì.
“Lei
è come te,” disse
Lautrec. “Prescelta.”
“Scelta
per cosa?”
“Bella
domanda,” ammise
Lautrec. “Una a cui, sperando in bene, troveremo una
risposta.”
Benjamin
guardò la neve in
cielo. La bufera si era un po’ calmata, ma i venti ululavano
ancora sopra di
loro. “Perché mi hai chiesto se sapevo il tuo
nome?”
“Volevo
vedere se eri nuovo,”
spiegò Lautrec. “O se questa non era prima volta
che compi questo viaggio.”
Ben
fissò il cavaliere. “Non
ha senso.”
“Poche
cose ce l’hanno qui,”
disse Lautrec, fece cenno a Patches di avvicinarsi e iniziò
a cercare qualcosa
nella sacca che l’uomo calvo portava sulle spalle.
“Ora, mi aspetto
cooperazione da voi due, o finirete legati come la nostra strega qui.
Come pegno
amichevole della nostra nuova alleanza, vi offro queste.”
Il
cavaliere tirò fuori
delicatamente dalla borsa due strane figure nere. Quelana fece un passo
in
avanti per cercare di capire cosa fossero. Le cose nelle mani del
cavaliere
erano amorfe ora, e solide un attimo dopo. Da esse proveniva uno strano
vocio,
e strisce bianche si muovevano sulla loro superficie come increspature
sull’acqua.
“Cosa
sono?” chiese Abby,
portandosi le mani al petto.
“Sono
ciò che rimuoverà la
piaga dalla vostra carne,” le disse Lautrec.
“Sazierà la fame del vostro
stomaco. Riporterà la vita nei vostri occhi.” Tese
la mano ai due. “Questa è la
forma tangibile dell’Umanità.”
Benjamin
fu svelto ad
afferrare la strana sostanza semisolida. Se la rigirò tra le
mani, facendosela
quasi scivolare tra le dita. La ragazza era più titubante,
così Lautrec fece un
passo in avanti e gliela spinse contro il petto, costringendola a
prenderla per
non farla cadere.
“Cosa
ce ne facciamo?”
domandò Abby.
“Offritela
alle fiamme,”
spiegò Lautrec. “E liberati dalla malattia che la
morte ha steso su di voi.”
“Nella
lingua dei cavalieri
vuol dire ‘sarete di nuovo umani’,”
aggiunse Patches.
Stavolta,
la ragazza fu la
prima a muoversi. Appena Patches disse la parola
‘umani’, si avvicinò al falò
e
tese l’umanità sopra le fiamme. Benjamin si mise
al suo fianco e fece lo
stesso. Quelana aveva già sentito i suoi alunni parlare di
questo rituale, ma
non l’aveva mai visto di persona, quindi osservò
con grande interesse; le
miriadi di poteri che celavano di fiamme non smettevano mai di stupirla.
La
‘malattia’, come l’aveva
chiamata Lautrec, iniziò a svanire immediatamente. La pelle
grigia e morta
delle loro braccia, facce e colli prese colore, i buchi neri delle loro
orbite
fecero posto a begli occhi azzurri per la ragazza e marrone scuro per
il
ragazzo. Mentre l’umanità si espandeva dentro di
loro, Quelana notò che i due
sarebbero potuti essere fratello e sorella. Erano quasi alti uguali, ma
Ben era
leggermente più alto. Avevano entrambi i capelli castani;
quelli di lei le
cadevano sulle spalle in morbide onde; quelli del ragazzo erano corti e
arruffati. Sembravano entrambi giovani, forse non avevano
più di ventun anni.
Anche le loro reazioni erano simili: guardarono prima le proprie mani,
poi
l’altro, sorridendo.
“Non
ci posso credere!” urlò
Abby, asciugandosi gli occhi umidi. “Non…non sono
un mostro!”
“Non
finché non muori di
nuovo,” le disse Lautrec.
Ben
corrugò la fronte. “Che
vuoi dire?”
“Ce
ne occuperemo quando sarà
ora,” disse Lautrec, guardando il cielo.
“Però siamo stati qui a lungo, e
presto calerà la notte. Preferirei non trovarmi ancora nel
Rifugio dei Non
Morti allora. Dobbiamo sbrigarci.” Abbassò lo
sguardo e fissò Ben. “Un’altra
cosa. Esattamente come sei scappato
dalla tua cella?”
“Un
altro cavaliere,” ammise
il ragazzo, grattandosi la nuca. “Anche se la sua armatura
non era certo
dorata. Non so perché l’abbia fatto,
ma…è morto ora. Mi ha lanciato una chiave
da un buco nel soffitto della mia cella, si è sdraiato, mi
ha dato un paio di fiaschette
e un’altra chiave e…beh, poi è
morto.”
Lautrec
annuì. “Sì, ha
senso.” Si girò verso l’enorme portone
dall’altra parte del cortile e si portò
una mano alla fronte per ripararsi gli occhi dalla neve. “Ho
sentito di questa
parte del viaggio più di una volta. Una bestia gigantesca ci
aspetta oltre
quelle porte.”
“Una
bestia?” chiese Abby.
“Un
demone, immagino sia la migliore
descrizione di cosa sia quella
creatura,” si corresse Lautrec. “Il demone
del Rifugio.”
“Come
fai a sapere tutte
queste cose!?” domandò Abby. La ragazza si
passò una mano fra i capelli e
deglutì.
“Cioè…sei…sei un Dio o
qualcosa del genere?”
Lautrec
sorrise.
“Sfortunatamente no. Voi
potreste
esserlo però.” Guardò Benjamin.
“Uno di
voi…entrambi…nessuno…chi
può dirlo?”
“Io potrei essere un Dio?” disse
Abby, tornando a fissare le fiamme.
“Una
cosina piena di dubbi
per essere un Dio, non è così?”
scherzò Patches. “Ci vogliamo dare una mossa o
cosa? Sapete cosa dicono: Il tempo vola come una freccia; la frutta
vola come
una banana! Hihi!”
“Io
sono pronto,” disse
Benjamin. “Ho passato abbastanza tempo in questo posto da
bastarmi per una vita
intera…o due, immagino,
nel mio
caso.”
“Hihi!
Questo è lo spirito!”
esultò Patches dandogli una pacca sulla spalla.
Lautrec
si spostò davanti a
Quelana. Lei girò la testa per evitare i suoi penetranti
occhi grigi. La mano
di lui cadde sulla sua spalla e la strinse. “Ascolta, strega,
lo so che non ti
piaccio per ciò che ho fatto, ma il punto qui è
che potrebbe esserci un
avversario potente che ci aspetta oltre quelle porte. Ti ho rapita
così che
potessi aiutarci a sopravvivere a
tali incontri. Ho bisogno di sapere che ora sei dalla mia
parte.”
Quelana
fissò il falò,
ignorando il cavaliere, chiedendosi a quale gioco crudele stava
giocando parlandole
senza che lei potesse rispondergli.
“Ehi,”
disse lui, girandole
il braccio cosicché lei dovesse guardarlo.
Quelana
grugnì e si divincolò
dalla sua presa, ma pestò le sue vesti col tallone, e senza
le braccia per
bilanciarsi, inciampò all’indietro e cadde
atterrando in un mucchietto di neve,
che sibilò e diventò acqua attorno a lei quasi
istantaneamente. Il cappuccio le
era caduto, e lei giaceva lì inerme, con la neve che le
scendeva e si
scioglieva sul viso, guardando il cavaliere che troneggiava su di lei.
“Ti
serve aiuto con la
strega, Lautrec?” chiese Patches.
Gli
occhi del cavaliere
restarono fissi in quelli di lei. “No…andate verso
la porta. Devo scambiare una
parola con lei.”
Patches
annuì, raccolse quel
poco di bagaglio che avevano, e guidò i due giovani nella
neve. Appena furono
soli, Lautrec le s’inginocchiò affianco. Quelana
fissò l’uomo, chiedendosi se
poteva incendiarlo senza appicare il fuoco alle sue stesse vesti.
Lautrec
sorrise. “Le fiamme
bruciano persino nei tuoi occhi,
strega.”
Delle
fiammelle le salirono
dalle dita.
Il
sorriso del cavaliere si
allargò quando vide le sue mani, per poi tornare a
guardarla. “Se ti tolgo il
bavaglio…mi stregherai? Sarò alla tua
mercé?”
Quelana
lo fissò.
Lautrec
guardò il resto del
gruppo che aspettava alle porte. “Immagino di poter correre
il rischio,” disse,
si piegò in avanti per portare le mani dietro alla sua
testa, e slegò il
bavaglio.
Tolto
lo straccio dalla sua
bocca, Quelana si leccò le labbra. Guardò in su,
verso l’uomo, facendo del suo meglio
per controllare la rabbia. “Accenderò i tuoi
falò ma non starò mai
al tuo fianco in battaglia,” scattò
lei. “Che il demone ti ammazzi per i tuoi
crimini…patetico cavaliere.”
Lautrec scosse la testa,
mantenendo il
sorriso. “Stai dando un ottimo esempio del perché
ti dovrei tenere imbavagliata
per il resto del nostro viaggio.”
“Avanti,
imbavagliami,” gli
disse Quelana. “Non ho niente da dire a te o
ai tuoi ‘compagni’. Siete in una missione
inutile che porterà solo a
fallimento, morte e terrore. Come fanno tutte le cose.”
“Come
fecero le tue sorelle?”
Le
parole del cavaliere
colsero Quelana di sorpresa. Indietreggiò come colpita da un
pugno, poi la
rabbia prese il soppravvento e aprì la bocca per urlare al
cavaliere-
-ma
lui alzò il bavaglio e
scosse la testa, così lei la chiuse di nuovo, riprendendo
compostezza e
continuando a voce bassa.
“Come
osi nominare le mie
sorelle…non sai niente
di-”
“So
abbastanza,” la
interruppe Lautrec. “So che il Caos che prese Izalith prese
anche loro. Le deformò.
Ne fece mostri. So che
tu fosti l’unica a
riuscire a
scappare.” Fece una pausa, guardando il cielo.
“Strega, guardati attorno.
Qualsiasi cosa io abbia fatto venendo qui, ho già cambiato qualcosa. Questo tempo, il
freddo…la coppia di Prescelti
che tu stessa hai visto rinascere
dalle fiamme dopo la morte.” Tornò a guardarla.
“Chissà che cambiamenti ci
attendono a Lordran. Che cambiamenti potrebbero aver agito sui suoi
abitanti…sulle tue sorelle.”
“Tu…”
iniziò lei, ma poi
comprese il peso delle sue parole e le tornarono in mente loro. I volti
delle
sue sorelle di fronte al caos le balenarono in mente; volti belli,
giovani,
ancora incontaminati dalla piaga di distruzione che li aveva distorti.
“Non è
possibile,” bisbigliò, scacciando via quei folli
pensieri dalla testa. “Ciò che
fatto, è fatto.”
“Ma
potrebbe essere disfatto,”
aggiunse Lautrec. “Ti
propongo questo patto, strega: Aiutami contro i miei nemici, e giuro
che ti
porterò a Izalith. Ti porterò dalle tue sorelle.
E allora vedremo che
cambiamenti abbiamo portato in questo nostro mondo crudele.”
“Quanto
può valere la
promessa di un cavaliere disonorevole?” chiese Quelana.
“Non
ho disonorato nessun
giuramento cavalleresco, strega,” le spiegò
Lautrec. “I giuramenti che ho
fatto…li ho portati tutti a termine. E continuerò
a fare così. Ora, abbiamo un
accordo?”
Quelana
soppesò le sue
opzioni, non vide alcun pro nel rifiutare l’offerta del
folle, e posò gli occhi
su di lui. Per un breve istante, vide ancora i volti delle sue sorelle,
ma
svanirono appena chiuse gli occhi. La possibilità che venire
qui le avesse
salvate in qualche modo dai mostri che erano divenute era
piccola…ma era una
possibilità. “Va bene. Abbiamo un accordo.
Riportami a Izalith, e…il mio fuoco
distruggerà i tuoi nemici.”
Le
mani di Lautrec la presero
per le spalle e la sollevarono in piedi. “Bene,”
disse lui, riabbassandole il
cappuccio sul volto. “Ora fai del tuo meglio per non stregare
nessuno dei miei
compagni di viaggio e mantieni quel tuo ‘patetico
cavaliere’ al minimo e non ti
dovrò imbavagliare.”
Quelana
fissò il cavaliere
negli occhi per un momento prima di annuire e di mettersi dietro di
lui. Si
diressero dall’altra parte del cortile e raggiunsero gli
altri alle porte del
Rifugio.
“Lautrec,
non si sente un
accidente qui dietro,” disse Patches, l’orecchio
premuto contro le porte.
“Sicuro che ci debba essere un gran demone bastardo qui
dietro?”
“Positivo;”
rispose Lautrec.
“State pronti.”
“Cosa
faccio io?” chiese Abby.
La ragazza sembrava
terrorizzata nelle sue vesti bianche e rosse da sacerdotessa, la mazza
stretta
appena nella mano destra, un talismano dall’aspetto logoro
nella sinistra.
“Fai
miracoli?” chiese
Lautrec.
La
ragazza guardò il suo
talismano, si leccò le labbra, annuì.
“Non molto bene,” ammise, arrossendo.
Lautrec
e Patches si
scambiarono uno sguardo. “Magari per
stavolta…resta in disparte.”
La
ragazza annuì con fare
sollevato.
Benjamin
estrasse una freccia
dalla faretra e si avvicinò a loro. “Io
sono pronto. Cosa c’è di cui aver paura? Non
possiamo morire.”
“Voi no,” lo corresse Patches.
“Noi
sì.”
“Quindi
combattete bene,”
disse Lautrec, appoggiò le mani alle porte e spinse.
Il
bordo metallico delle
porte strisciò per terra mentre si aprivano, producendo un
rumore forte e
lacerante che rimbombò nella stanza all’interno.
Una terribile folata d’aria
fredda spirò da dentro mentre Lautrec forzava le porte
quanto bastava per farlo
passare. Quelana lo seguì, Patches dietro di lei, e i
Prescelti in fondo. La
stanza era un’ampia sala dal soffitto alto che forse un tempo
sarebbe potuta
essere una chiesa o una cattedrale. I muri erano pericolanti e cadevano
a
pezzi, così come il pavimento. Un buco nel soffitto lasciava
entrare un fascio
di luce e neve in un angolo.
“Gli
Dei ci salvino…” mormorò
Patches, che aveva superato velocemente Quelana per avanzare nella sala.
“Che
diavolo…” disse Lautrec.
Quelana
si spostò affianco
all’alto uomo calvo per vedere cosa li sconcertasse tanto.
“Cos’abbiamo
fatto…” sussurrò
Patches.
Dall’altra
parte della sala
una massa enorme era distesa al suolo. Quelana strizzò gli
occhi per mettere a
fuoco l'essere prima di accorgersi che qualsiasi cosa fosse: era viva.
O almeno
ci provava. Aveva una piccola testa
sopra a un corpo massiccio e rotondo e sulla tempia un enorme tumore
sbilanciava il demone, facendogli penzolare la testa da un lato mentre
giaceva
lì, gemendo. Quelana vide, con orrore, che la cosa aveva tre braccia che spuntavano dal suo corpo
gonfio, ma uno dei tre non
si era completamente sviluppato. Era esile e più debole
degli altri e graffiava
il terreno cercando di alzare in piedi il mostro. Sangue e pus colavano
su
tutta la sua faccia, e vide rivoli rosso scuro scendere dal naso del
mostro. Una
lingua nera sbucava dalle labbra, leccando il sangue mentre gli occhi
del
demone si guardavano in su, davanti, e poi da un lato
all’altro senza scopo.
“Cos’è
quella cosa?” disse
Abby da dietro con una vocina spaventata.
Patches
si voltò verso
Lautrec. “E così questo sarebbe il tuo
‘Demone del Rifugio’?” L’uomo
calvo si
girò di nuovo verso la creatura. “Immagino che
nessuno dei tuoi Prescelti abbia
mai menzionato che era un mostro storpio e deforme con un tumore,
no?”
“Abbiamo…cambiato
delle
cose,” disse Lautrec camminando in avanti.
Il
demone emise un suono
patetico iniziando ad agitare di nuovo le sue piccole braccia. I suoi
occhi si
fermarono sul cavaliere, ma mantenere la concentrazione sembrava
causargli
dolore, così scosse la testa e altro sangue gli
uscì dal naso. Il tumore che
spuntava dalla sua testa colpì il terreno e la creatura
emise un ululato acuto
e straziante.
Loro
cinque stettero lì a
guardare in silenzio mentre i suoi occhi sfrecciavano, scuoteva la
testa e
tirava fuori la lingua finché finalmente Lautrec si
voltò verso Quelana e
disse, “Brucia quell’essere, strega. Brucialo e
rispediscilo all’inferno da cui
è venuto.”
“Tu hai fatto questo,” disse
Quelana. “Volevi cambiare le cose e
così hai fatto. Non hai mai considerato che avresti potuto
cambiarle in peggio. Le mie
sorelle…” Le immaginò
contorcersi per il dolore come stava facendo in quel momento il demone
e le
fece venire la nausea. “Cos’hai fatto?”
“Brucialo,”
insistette. “Se
non perché te lo ordino io, fallo per mettere fine alle sue
sofferenze.”
Lei
tornò a guardare la
creatura. Stava pateticamente cercando di avvicinarsi strisciando, ma
non aveva
né la forza, né la consapevolezza che solo una
delle sue tre braccia si stava
muovendo. Si girò verso il cavaliere, e i due si fissarono.
Lautrec si spostò
al suo fianco.
“Magari
possiamo aiutarlo…”
sussurrò Abby.
“Non
dire stupidaggini, è già
morto,” le disse Ben. “Solo…solo che non
lo sa ancora.”
“Va
e fa’ la tua magia,
strega,” disse Patches. “Non lo voglio
più sentire piangere.”
Quelana
guardò loro tre, poi
Lautrec, e infine il demone. Si avvicinò lentamente, alzando
le mani legate
quanto più possibile, i palmi in fuori, producendo fiamme
attorno alle dita.
Gli occhi della creatura caddero su di lei mentre attraversava la
cattedrale e,
gemendo, tese la testa verso di lei. Il tumore colpì ancora
una volta il suolo,
provocando un orribile grido dalle labbra nere e insanguinate. Le
fiamme
attorno alle sue dita si estesero ai palmi e avvamparono alte. La
mascella del
demone si mosse su e giù, facendosi scappare un suono che
sarebbe potuto
sembrare un pianto.
Quelana
gli si mise di
fronte, appena fuori dalla presa del suo braccio sottosviluppato, e
guardò la
bestia. Vicino al mostro, una tristezza incredibile le strinse il
cuore, e le
ricordò ancora una volta il caos che aveva preso le sue
sorelle. Le fiamme si
alzarono ancora attorno alle sue mani e lei sussurrò una
parola al demone sotto
di esse, “Riposa.”
Fasci
di fiamme rosse e
arancioni eruttarono dalle sue mani, avvolsero l’intero corpo
del mostro, e ne
arsero la carne. Le urla che aveva ruggito prima non erano niente a
confronto
dei suoi ultimi ululati. Tuttavia, le fiamme di Quelana erano potenti,
e il
demone tacque in fretta.
Quando
ebbe finito, davanti a
lei rimase solo l’enorme cadavere ardente del mostro; nero,
carbonizzato e
decisamente morto.
Lautrec
le si avvicinò e
guardò il demone. Toccò la testa con la punta del
suo stivale per controllarne
la condizione. “Ben fatto.”
Quelana
si voltò verso di
lui. “Non fare il sorpreso, cavaliere. Conosco il fuoco. Era
un compito
semplice.” Guardò la testa annerita del demone.
“La domanda è, quali altri
‘cambiamenti’ tu abbia causato a Lordran venendo
qui. Quali altre mostruosità
ci attendono?”
Lautrec
fissò la bestia a
lungo prima di dire piano, “Immagino che lo scopriremo
presto.”
E
con queste parole, li
raggruppò, li guidò fuori dalla cattedrale nella
bufera, su per un basso pendio
sassoso verso il nido del corvo. L’enorme volatile si vedeva
in lontananza, una
massiccia figura nera nel bianco caos della neve, e stava arrivando.
A quale nuova terra li stesse portando, Quelana non lo sapeva.