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Autore: theseeker64    02/09/2015    2 recensioni
Il cavaliere Lautrec si è imbattuto in una terribile rivelazione: Lordran è intrappolata in un ciclo di eroi "Prescelti". Ora il suo obiettivo è trovare un modo di mettere fine a questa follia con l'aiuto di Quelana, Madre della Piromanzia, Patches la Iena e altri per risolvere questo eterno conflitto - e rompere il Ciclo.
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4

Mentre il ragazzo e la ragazza morivano sdraiati nella neve, Quelana osservava curiosa dall’ombra del suo cappuccio. Se il cavaliere aveva avuto ragione sul viaggio negli artigli del corvo da Lordran, sulla cella nei sotterranei del Rifugio che ospitava il suo ‘Prescelto’, e sulla rinascita dalle fiamme dopo la morte…persino Quelana avrebbe dovuto iniziare a dubitare della sua insicurezza verso di lui. Si girò verso il cavaliere e, mentre i giovani esalavano l’ultimo respiro, vide che i suoi occhi grigi erano sgranati e avevano una scintilla di entusiasmo puerile mentre fissava il falò. Quelana si voltò e dove prima giacevano i corpi vuoti, rimanevano solo due fosse nella neve.

 

Il fuoco si alzò, le fiamme rosse protese al cielo che bruciavano la neve che scendeva sopra di esse. Questa visione…il suo calore…diede a Quelana una pace che non provava da quando il cavaliere l’aveva rapita dalla Città Infame. Poi, dal fuoco, apparvero due figure spettrali, eteree. Ora erano fumo, un attimo dopo erano fantasmi, poi erano le fiamme stesse.

 

E finalmente, erano tornati.

 

Due Prescelti…” mormorò Patches affianco a lei. “Non ci credo.”

 

“Questo è un cambiamento,” disse Lautrec, annuendo. “È un buon segno.”

 

Il ragazzo e la ragazza sembrarono congelati per un attimo, e Quelana li pensò paralizzati. Poi batterono le palpebre e mossero le labbra e si guardarono intorno, disorientati e meravigliati. Il cavaliere si mosse velocemente verso il ragazzo vuoto, estrasse uno dei suoi shotel, e spinse a terra il ragazzo.

 

“Hey!” urlò l’essere vuoto, ma il cavaliere piantò rapidamente il ginocchio sul petto del ragazzo. “Che succede? Sono…morto?”

 

“Non puoi morire,” gli disse Lautrec. “Lo stesso vale per lei, ma questo non vi ha impedito di provarci.”

 

La ragazza vuota, Abby, si stava fissando le mani, girandole con uno sguardo scioccato sul volto.

 

“Ora rispondimi: chi sono?” gli chiese Lautrec. “La mia armatura dorata, la riconosci?”

 

“Eh? Che succede!?” urlò il ragazzo, dimenandosi sotto il ginocchio del cavaliere. “Io l’ho uccisa!” Guardò Abby e poi di nuovo Lautrec. “E tu hai ucciso me! Perché siamo ancora-”

 

“Non urlare e rispondimi,” lo interruppe il cavaliere. “Vuoi il mio anello? La mia armatura? Come mi chiamo?”

 

“Non lo so! Levati di dosso!”

 

“Se mi menti, non posso ucciderti, ma conosco decine di modi per farti male,” lo avvisò Lautrec. “Un’altra volta, e pensaci bene: Come - mi - chiamo?”

 

Il ragazzo vuoto fissò il cavaliere a lungo. Finalmente disse, “Non - lo - so!”

 

“Sono viva…” stava bisbigliando Abby. “Non sono nemmeno…ferita?”

 

Lautrec tolse il ginocchio dal petto del ragazzo e si alzò. Guardo per un po’ l’essere vuoto prima di tendergli la mano. Il ragazzo la strinse esitante e Lautrec lo tirò su in piedi. “O abbiamo un paio di bugiardi provetti per le mani, oppure sono nuovi Prescelti.” Si grattò la corta barba sul mento. “È…interessante.”

 

“Chi diavolo siete voi?” chiese il ragazzo, massaggiandosi la schiena nel punto in cui Lautrec l’aveva ferito e ucciso pochi minuti prima.

 

“Attacchi sempre prima di chiedere?” chiese Lautrec, raccogliendo l’arco dell’essere vuoto e restituendoglielo. “Sai, io non sono fortunato come la ragazza che hai colpito. Se fossi stato colpito…mi avresti ucciso.”

 

Ci stavo provando!” protestò il ragazzo. “Stavo cercando di uccidere tutti voi! Pensavo foste…beh, vuoti.”

 

“Come te?”

 

“Io non sono come gli altri esseri vuoti,” scattò il ragazzo.

 

“Beh, almeno su questo hai ragione. E il tuo nome?” chiese il cavaliere.

 

“Benjamin,” rispose il ragazzo. I suoi occhi si spostarono sul resto del gruppo, soffermandosi abbastanza a lungo su Quelana da fargli provare paura. “E loro chi sono?”

 

“Io sono il cavalier Lautrec di Carim,” si presentò Lautrec, prima di alzarsi e di fare un cenno verso Patches. “Questo è il mio…amico, Patches.”

 

Patches annuì facendosi scappare un risolino dalle labbra.

 

“La mia strega, Quelana,” continuò Lautrec. “Sono certo che scuserai il suo silenzio.”

 

Quelana forse il bavaglio nella sua bocca e fissò il cavaliere da dentro il cappuccio.

 

“Una strega!?” gli fece eco Benjamin, aggrottando le sopracciglia. “Viaggi con una strega!?”

 

“Sì,” disse Lautrec. “E una potente per giunta. Limitati a stare lontano dalle sue mani e dalla sua lingua e non ti farà nulla.” Si voltò verso la ragazza vuota. “E questa è…Abby, giusto?”

 

La ragazza sembrava ancora confusa quando annuì.

 

“Lei è come te,” disse Lautrec. “Prescelta.”

 

“Scelta per cosa?”

 

“Bella domanda,” ammise Lautrec. “Una a cui, sperando in bene, troveremo una risposta.”

 

Benjamin guardò la neve in cielo. La bufera si era un po’ calmata, ma i venti ululavano ancora sopra di loro. “Perché mi hai chiesto se sapevo il tuo nome?”

 

“Volevo vedere se eri nuovo,” spiegò Lautrec. “O se questa non era prima volta che compi questo viaggio.”

 

Ben fissò il cavaliere. “Non ha senso.”

 

“Poche cose ce l’hanno qui,” disse Lautrec, fece cenno a Patches di avvicinarsi e iniziò a cercare qualcosa nella sacca che l’uomo calvo portava sulle spalle. “Ora, mi aspetto cooperazione da voi due, o finirete legati come la nostra strega qui. Come pegno amichevole della nostra nuova alleanza, vi offro queste.”

 

Il cavaliere tirò fuori delicatamente dalla borsa due strane figure nere. Quelana fece un passo in avanti per cercare di capire cosa fossero. Le cose nelle mani del cavaliere erano amorfe ora, e solide un attimo dopo. Da esse proveniva uno strano vocio, e strisce bianche si muovevano sulla loro superficie come increspature sull’acqua.

 

“Cosa sono?” chiese Abby, portandosi le mani al petto.

 

“Sono ciò che rimuoverà la piaga dalla vostra carne,” le disse Lautrec. “Sazierà la fame del vostro stomaco. Riporterà la vita nei vostri occhi.” Tese la mano ai due. “Questa è la forma tangibile dell’Umanità.”

 

Benjamin fu svelto ad afferrare la strana sostanza semisolida. Se la rigirò tra le mani, facendosela quasi scivolare tra le dita. La ragazza era più titubante, così Lautrec fece un passo in avanti e gliela spinse contro il petto, costringendola a prenderla per non farla cadere.  

 

“Cosa ce ne facciamo?” domandò Abby.

 

“Offritela alle fiamme,” spiegò Lautrec. “E liberati dalla malattia che la morte ha steso su di voi.”

 

“Nella lingua dei cavalieri vuol dire ‘sarete di nuovo umani’,” aggiunse Patches.

 

Stavolta, la ragazza fu la prima a muoversi. Appena Patches disse la parola ‘umani’, si avvicinò al falò e tese l’umanità sopra le fiamme. Benjamin si mise al suo fianco e fece lo stesso. Quelana aveva già sentito i suoi alunni parlare di questo rituale, ma non l’aveva mai visto di persona, quindi osservò con grande interesse; le miriadi di poteri che celavano di fiamme non smettevano mai di stupirla.

 

La ‘malattia’, come l’aveva chiamata Lautrec, iniziò a svanire immediatamente. La pelle grigia e morta delle loro braccia, facce e colli prese colore, i buchi neri delle loro orbite fecero posto a begli occhi azzurri per la ragazza e marrone scuro per il ragazzo. Mentre l’umanità si espandeva dentro di loro, Quelana notò che i due sarebbero potuti essere fratello e sorella. Erano quasi alti uguali, ma Ben era leggermente più alto. Avevano entrambi i capelli castani; quelli di lei le cadevano sulle spalle in morbide onde; quelli del ragazzo erano corti e arruffati. Sembravano entrambi giovani, forse non avevano più di ventun anni. Anche le loro reazioni erano simili: guardarono prima le proprie mani, poi l’altro, sorridendo.

 

“Non ci posso credere!” urlò Abby, asciugandosi gli occhi umidi. “Non…non sono un mostro!”

 

“Non finché non muori di nuovo,” le disse Lautrec.

 

Ben corrugò la fronte. “Che vuoi dire?”

 

“Ce ne occuperemo quando sarà ora,” disse Lautrec, guardando il cielo. “Però siamo stati qui a lungo, e presto calerà la notte. Preferirei non trovarmi ancora nel Rifugio dei Non Morti allora. Dobbiamo sbrigarci.” Abbassò lo sguardo e fissò Ben. “Un’altra cosa. Esattamente come sei scappato dalla tua cella?”

 

“Un altro cavaliere,” ammise il ragazzo, grattandosi la nuca. “Anche se la sua armatura non era certo dorata. Non so perché l’abbia fatto, ma…è morto ora. Mi ha lanciato una chiave da un buco nel soffitto della mia cella, si è sdraiato, mi ha dato un paio di fiaschette e un’altra chiave e…beh, poi è morto.”

 

Lautrec annuì. “Sì, ha senso.” Si girò verso l’enorme portone dall’altra parte del cortile e si portò una mano alla fronte per ripararsi gli occhi dalla neve. “Ho sentito di questa parte del viaggio più di una volta. Una bestia gigantesca ci aspetta oltre quelle porte.”

 

“Una bestia?” chiese Abby.

 

“Un demone, immagino sia la migliore descrizione di cosa sia quella creatura,” si corresse Lautrec. “Il demone del Rifugio.”

 

“Come fai a sapere tutte queste cose!?” domandò Abby. La ragazza si passò una mano fra i capelli e deglutì. “Cioè…sei…sei un Dio o qualcosa del genere?”

 

Lautrec sorrise. “Sfortunatamente no. Voi potreste esserlo però.” Guardò Benjamin. “Uno di voi…entrambi…nessuno…chi può dirlo?”

 

Io potrei essere un Dio?” disse Abby, tornando a fissare le fiamme.

 

“Una cosina piena di dubbi per essere un Dio, non è così?” scherzò Patches. “Ci vogliamo dare una mossa o cosa? Sapete cosa dicono: Il tempo vola come una freccia; la frutta vola come una banana! Hihi!”

 

“Io sono pronto,” disse Benjamin. “Ho passato abbastanza tempo in questo posto da bastarmi per una vita intera…o due, immagino, nel mio caso.”

 

“Hihi! Questo è lo spirito!” esultò Patches dandogli una pacca sulla spalla.

 

Lautrec si spostò davanti a Quelana. Lei girò la testa per evitare i suoi penetranti occhi grigi. La mano di lui cadde sulla sua spalla e la strinse. “Ascolta, strega, lo so che non ti piaccio per ciò che ho fatto, ma il punto qui è che potrebbe esserci un avversario potente che ci aspetta oltre quelle porte. Ti ho rapita così che potessi aiutarci a sopravvivere a tali incontri. Ho bisogno di sapere che ora sei dalla mia parte.”

 

Quelana fissò il falò, ignorando il cavaliere, chiedendosi a quale gioco crudele stava giocando parlandole senza che lei potesse rispondergli.

 

“Ehi,” disse lui, girandole il braccio cosicché lei dovesse guardarlo.

 

Quelana grugnì e si divincolò dalla sua presa, ma pestò le sue vesti col tallone, e senza le braccia per bilanciarsi, inciampò all’indietro e cadde atterrando in un mucchietto di neve, che sibilò e diventò acqua attorno a lei quasi istantaneamente. Il cappuccio le era caduto, e lei giaceva lì inerme, con la neve che le scendeva e si scioglieva sul viso, guardando il cavaliere che troneggiava su di lei.

 

“Ti serve aiuto con la strega, Lautrec?” chiese Patches.

 

Gli occhi del cavaliere restarono fissi in quelli di lei. “No…andate verso la porta. Devo scambiare una parola con lei.”

 

Patches annuì, raccolse quel poco di bagaglio che avevano, e guidò i due giovani nella neve. Appena furono soli, Lautrec le s’inginocchiò affianco. Quelana fissò l’uomo, chiedendosi se poteva incendiarlo senza appicare il fuoco alle sue stesse vesti.

 

Lautrec sorrise. “Le fiamme bruciano persino nei tuoi occhi, strega.”

 

Delle fiammelle le salirono dalle dita.

 

Il sorriso del cavaliere si allargò quando vide le sue mani, per poi tornare a guardarla. “Se ti tolgo il bavaglio…mi stregherai? Sarò alla tua mercé?”

 

Quelana lo fissò.

 

Lautrec guardò il resto del gruppo che aspettava alle porte. “Immagino di poter correre il rischio,” disse, si piegò in avanti per portare le mani dietro alla sua testa, e slegò il bavaglio.

 

Tolto lo straccio dalla sua bocca, Quelana si leccò le labbra. Guardò in su, verso l’uomo, facendo del suo meglio per controllare la rabbia. “Accenderò i tuoi falò ma non starò mai al tuo fianco in battaglia,” scattò lei. “Che il demone ti ammazzi per i tuoi crimini…patetico cavaliere.”

 Lautrec scosse la testa, mantenendo il sorriso. “Stai dando un ottimo esempio del perché ti dovrei tenere imbavagliata per il resto del nostro viaggio.”

 

“Avanti, imbavagliami,” gli disse Quelana. “Non ho niente da dire a te o ai tuoi ‘compagni’. Siete in una missione inutile che porterà solo a fallimento, morte e terrore. Come fanno tutte le cose.”

 

“Come fecero le tue sorelle?”

 

Le parole del cavaliere colsero Quelana di sorpresa. Indietreggiò come colpita da un pugno, poi la rabbia prese il soppravvento e aprì la bocca per urlare al cavaliere-

 

-ma lui alzò il bavaglio e scosse la testa, così lei la chiuse di nuovo, riprendendo compostezza e continuando a voce bassa.

 

“Come osi nominare le mie sorelle…non sai niente di-”

 

“So abbastanza,” la interruppe Lautrec. “So che il Caos che prese Izalith prese anche loro. Le deformò. Ne fece mostri. So che tu fosti l’unica a riuscire a scappare.” Fece una pausa, guardando il cielo. “Strega, guardati attorno. Qualsiasi cosa io abbia fatto venendo qui, ho già cambiato qualcosa. Questo tempo, il freddo…la coppia di Prescelti che tu stessa hai visto rinascere dalle fiamme dopo la morte.” Tornò a guardarla. “Chissà che cambiamenti ci attendono a Lordran. Che cambiamenti potrebbero aver agito sui suoi abitanti…sulle tue sorelle.”

 

“Tu…” iniziò lei, ma poi comprese il peso delle sue parole e le tornarono in mente loro. I volti delle sue sorelle di fronte al caos le balenarono in mente; volti belli, giovani, ancora incontaminati dalla piaga di distruzione che li aveva distorti. “Non è possibile,” bisbigliò, scacciando via quei folli pensieri dalla testa. “Ciò che fatto, è fatto.”

 

“Ma potrebbe essere disfatto,” aggiunse Lautrec. “Ti propongo questo patto, strega: Aiutami contro i miei nemici, e giuro che ti porterò a Izalith. Ti porterò dalle tue sorelle. E allora vedremo che cambiamenti abbiamo portato in questo nostro mondo crudele.”

 

“Quanto può valere la promessa di un cavaliere disonorevole?” chiese Quelana.

 

“Non ho disonorato nessun giuramento cavalleresco, strega,” le spiegò Lautrec. “I giuramenti che ho fatto…li ho portati tutti a termine. E continuerò a fare così. Ora, abbiamo un accordo?”

 

Quelana soppesò le sue opzioni, non vide alcun pro nel rifiutare l’offerta del folle, e posò gli occhi su di lui. Per un breve istante, vide ancora i volti delle sue sorelle, ma svanirono appena chiuse gli occhi. La possibilità che venire qui le avesse salvate in qualche modo dai mostri che erano divenute era piccola…ma era una possibilità. “Va bene. Abbiamo un accordo. Riportami a Izalith, e…il mio fuoco distruggerà i tuoi nemici.”

 

Le mani di Lautrec la presero per le spalle e la sollevarono in piedi. “Bene,” disse lui, riabbassandole il cappuccio sul volto. “Ora fai del tuo meglio per non stregare nessuno dei miei compagni di viaggio e mantieni quel tuo ‘patetico cavaliere’ al minimo e non ti dovrò imbavagliare.”

 

Quelana fissò il cavaliere negli occhi per un momento prima di annuire e di mettersi dietro di lui. Si diressero dall’altra parte del cortile e raggiunsero gli altri alle porte del Rifugio.

 

“Lautrec, non si sente un accidente qui dietro,” disse Patches, l’orecchio premuto contro le porte. “Sicuro che ci debba essere un gran demone bastardo qui dietro?”

 

“Positivo;” rispose Lautrec. “State pronti.”

 

“Cosa faccio io?” chiese Abby. La ragazza sembrava terrorizzata nelle sue vesti bianche e rosse da sacerdotessa, la mazza stretta appena nella mano destra, un talismano dall’aspetto logoro nella sinistra.

 

“Fai miracoli?” chiese Lautrec.

 

La ragazza guardò il suo talismano, si leccò le labbra, annuì. “Non molto bene,” ammise, arrossendo.

 

Lautrec e Patches si scambiarono uno sguardo. “Magari per stavolta…resta in disparte.”

 

La ragazza annuì con fare sollevato.

 

Benjamin estrasse una freccia dalla faretra e si avvicinò a loro. “Io sono pronto. Cosa c’è di cui aver paura? Non possiamo morire.”

 

Voi no,” lo corresse Patches. “Noi sì.”

 

“Quindi combattete bene,” disse Lautrec, appoggiò le mani alle porte e spinse.

 

Il bordo metallico delle porte strisciò per terra mentre si aprivano, producendo un rumore forte e lacerante che rimbombò nella stanza all’interno. Una terribile folata d’aria fredda spirò da dentro mentre Lautrec forzava le porte quanto bastava per farlo passare. Quelana lo seguì, Patches dietro di lei, e i Prescelti in fondo. La stanza era un’ampia sala dal soffitto alto che forse un tempo sarebbe potuta essere una chiesa o una cattedrale. I muri erano pericolanti e cadevano a pezzi, così come il pavimento. Un buco nel soffitto lasciava entrare un fascio di luce e neve in un angolo.

 

“Gli Dei ci salvino…” mormorò Patches, che aveva superato velocemente Quelana per avanzare nella sala.

 

“Che diavolo…” disse Lautrec.

 

Quelana si spostò affianco all’alto uomo calvo per vedere cosa li sconcertasse tanto.

 

“Cos’abbiamo fatto…” sussurrò Patches.

 

Dall’altra parte della sala una massa enorme era distesa al suolo. Quelana strizzò gli occhi per mettere a fuoco l'essere prima di accorgersi che qualsiasi cosa fosse: era viva. O almeno ci provava. Aveva una piccola testa sopra a un corpo massiccio e rotondo e sulla tempia un enorme tumore sbilanciava il demone, facendogli penzolare la testa da un lato mentre giaceva lì, gemendo. Quelana vide, con orrore, che la cosa aveva tre braccia che spuntavano dal suo corpo gonfio, ma uno dei tre non si era completamente sviluppato. Era esile e più debole degli altri e graffiava il terreno cercando di alzare in piedi il mostro. Sangue e pus colavano su tutta la sua faccia, e vide rivoli rosso scuro scendere dal naso del mostro. Una lingua nera sbucava dalle labbra, leccando il sangue mentre gli occhi del demone si guardavano in su, davanti, e poi da un lato all’altro senza scopo.

 

“Cos’è quella cosa?” disse Abby da dietro con una vocina spaventata.

 

Patches si voltò verso Lautrec. “E così questo sarebbe il tuo ‘Demone del Rifugio’?” L’uomo calvo si girò di nuovo verso la creatura. “Immagino che nessuno dei tuoi Prescelti abbia mai menzionato che era un mostro storpio e deforme con un tumore, no?”

 

“Abbiamo…cambiato delle cose,” disse Lautrec camminando in avanti.

 

Il demone emise un suono patetico iniziando ad agitare di nuovo le sue piccole braccia. I suoi occhi si fermarono sul cavaliere, ma mantenere la concentrazione sembrava causargli dolore, così scosse la testa e altro sangue gli uscì dal naso. Il tumore che spuntava dalla sua testa colpì il terreno e la creatura emise un ululato acuto e straziante.

 

Loro cinque stettero lì a guardare in silenzio mentre i suoi occhi sfrecciavano, scuoteva la testa e tirava fuori la lingua finché finalmente Lautrec si voltò verso Quelana e disse, “Brucia quell’essere, strega. Brucialo e rispediscilo all’inferno da cui è venuto.”

 

Tu hai fatto questo,” disse Quelana. “Volevi cambiare le cose e così hai fatto. Non hai mai considerato che avresti potuto cambiarle in peggio. Le mie sorelle…” Le immaginò contorcersi per il dolore come stava facendo in quel momento il demone e le fece venire la nausea. “Cos’hai fatto?”

 

“Brucialo,” insistette. “Se non perché te lo ordino io, fallo per mettere fine alle sue sofferenze.”

 

Lei tornò a guardare la creatura. Stava pateticamente cercando di avvicinarsi strisciando, ma non aveva né la forza, né la consapevolezza che solo una delle sue tre braccia si stava muovendo. Si girò verso il cavaliere, e i due si fissarono. Lautrec si spostò al suo fianco.

 

“Magari possiamo aiutarlo…” sussurrò Abby.

 

“Non dire stupidaggini, è già morto,” le disse Ben. “Solo…solo che non lo sa ancora.”

 

“Va e fa’ la tua magia, strega,” disse Patches. “Non lo voglio più sentire piangere.”

 

Quelana guardò loro tre, poi Lautrec, e infine il demone. Si avvicinò lentamente, alzando le mani legate quanto più possibile, i palmi in fuori, producendo fiamme attorno alle dita. Gli occhi della creatura caddero su di lei mentre attraversava la cattedrale e, gemendo, tese la testa verso di lei. Il tumore colpì ancora una volta il suolo, provocando un orribile grido dalle labbra nere e insanguinate. Le fiamme attorno alle sue dita si estesero ai palmi e avvamparono alte. La mascella del demone si mosse su e giù, facendosi scappare un suono che sarebbe potuto sembrare un pianto.

 

Quelana gli si mise di fronte, appena fuori dalla presa del suo braccio sottosviluppato, e guardò la bestia. Vicino al mostro, una tristezza incredibile le strinse il cuore, e le ricordò ancora una volta il caos che aveva preso le sue sorelle. Le fiamme si alzarono ancora attorno alle sue mani e lei sussurrò una parola al demone sotto di esse, “Riposa.”

 

Fasci di fiamme rosse e arancioni eruttarono dalle sue mani, avvolsero l’intero corpo del mostro, e ne arsero la carne. Le urla che aveva ruggito prima non erano niente a confronto dei suoi ultimi ululati. Tuttavia, le fiamme di Quelana erano potenti, e il demone tacque in fretta.

 

Quando ebbe finito, davanti a lei rimase solo l’enorme cadavere ardente del mostro; nero, carbonizzato e decisamente morto.

 

Lautrec le si avvicinò e guardò il demone. Toccò la testa con la punta del suo stivale per controllarne la condizione. “Ben fatto.”

 

Quelana si voltò verso di lui. “Non fare il sorpreso, cavaliere. Conosco il fuoco. Era un compito semplice.” Guardò la testa annerita del demone. “La domanda è, quali altri ‘cambiamenti’ tu abbia causato a Lordran venendo qui. Quali altre mostruosità ci attendono?”

 

Lautrec fissò la bestia a lungo prima di dire piano, “Immagino che lo scopriremo presto.”

 

E con queste parole, li raggruppò, li guidò fuori dalla cattedrale nella bufera, su per un basso pendio sassoso verso il nido del corvo. L’enorme volatile si vedeva in lontananza, una massiccia figura nera nel bianco caos della neve, e stava arrivando.

 

A quale nuova terra li stesse portando, Quelana non lo sapeva.

   
 
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