Film > High School Musical
Segui la storia  |       
Autore: somewhereonlyiknow    05/02/2009    4 recensioni
TXG Threeshot. Quando l'organizzatore del matrimonio di Sharpay Evans si dimette tre giorni prima della cerimonia, lei chiama Troy e Gabriella, che non si parlano dal liceo, per aiuto. Inevitabilmente si scatena il panico.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Gabriella Montez, Ryan Evans, Sharpay Evans, Troy Bolton
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Capitolo due: Tu salti, io salto, ma devo proprio

 

Capitolo due: Tu salti, io salto, ma devo proprio?

 

Sharpay Evans osservava la scena davanti ai suoi occhi con irritazione. Gabriella, ricoperta di torta, stava strillando a pieni polmoni, ovviamente agitata per qualcosa, ma era piuttosto difficile decifrare ciò che stava urlando. Tutto ciò che Sharpay poteva intendere era “torta” e “spogliarellista” e poche altre irripetibili parole. Troy, d’altro canto, appariva imperturbato e si stava ancora togliendo la glassa dalla fronte per poi mangiarla.

 

“E quando pensi che non puoi cadere più in basso, trovi la porta di un seminterrato!” strillò Gabriella.

 

Sharpay sospirò: “Gabriella, lo dico raramente alle persone che non sono me, ma tu devi smettere di urlare.”

 

“…UNA DANNATA TORTA DA STRIPPER.”

 

“Ed entrambi dovete spiegarmi esattamente che cosa intendete per torta da stripper.

 

“UNA TORTA DA STRIPPER,” ululò la mora “TORTA. DA. STRIPPER.”

 

“Non importa quanto lentamente lo dici, ancora non so cosa vuoi dire,” spiegò la bionda con una pazienza che di solito riservava ai piccoli animali o ai bambini piccoli con difficoltà d’apprendimento “Bolton, esattamente come hai mandato tutto all’aria stavolta? E cos’è, per l’amor di Dio, una torta da stripper?”

 

“Ehi,” protestò Troy con la bocca piena di torta “Come fai a sapere che è colpa mia?”

 

Gabriella strappò un pezzo di torta dai suoi capelli e lo lanciò al suo ex-ragazzo: “CERTO CHE E’ COLPA TUA. SE MI AVESSI ASCOLTATO E FOSSIMO SCAPPATI DA QUEI MATTI CON I COLTELLI AL RISTORANTE INVECE DI ANDARCI A NASCONDERE IN UNA DANNATA TORTA DA STRIPPER…”

 

Sharpay si portò una mano alla fronte: “Qualcuno deve dirmi cosa sta succedendo.

 

“E allora siamo rimasti chiusi in una torta da stripper!” ribattè Troy esasperato “E allora?”

 

“E ALLORA?” Gabriella lo guardò a bocca aperta “GUARDAMI. SONO COPERTA DI TORTA.

 

“Quindi? Ti ho risparmiato dieci dollari di cena.

 

La mora gli lanciò un’occhiataccia: “Sei incredibile,” sibilò “Non sono mai stata più umiliata in tutta la mia vita.”

 

“Sai qual è il tuo problema? Tu non sai come divertirti.

 

La ragazza strinse i denti: “Io mi diverto tantissimo. Tantissimo.

 

“Oh, davvero? E in che modo? Fammi un esempio.”

 

“Non te lo farò.” sbottò Gabriella.

 

Troy rise esageratamente di trionfo: “Perché non ce l’hai.”

 

“Ho un sacco di modi per divertirmi!”

 

“No, non ce li hai.” replicò lui.

 

Gabriella si mise un dito nell’orecchio: “Non ti sento. dichiarò ad alta voce.

 

“Ti uccide completamente che il divertimento più grande che tu abbia mai avuto è stato oggi, con me, nella torta da stripper.”

 

“E’ una stupida bugia.” sbuffò Gabriella.

 

“Non è una stupida bugia,” la imitò Troy “Ti sei divertita in quella torta da stripper!”

 

Sharpay guardava dall’uno all’altro come in una partita di tennis: “Questa torta da stripper è qualche strana metafora?” si fermò e sospirò comprensiva “Oooh, l’avete fatto da qualche parte, ragazzi?”

 

Le narici di Gabriella si allargarono, il suo viso si contorse in una smorfia: “Non ti parlo.

 

“Beh, io ti parlo ancora!”

 

“Se non la smetti di parlare in questo momento, mi metto a urlare!”

 

Troy lasciò scappare un sospiro esasperato: “Perché sei così…” fu interrotto dall’urlo acuto di Gabriella.

Fissandola per un momento, possibilmente dibattendo se mandarla o no in un asilo, saltò sul sofà degli Evans e raggiunse il lettore CD. Girò la rotella del volume al massimo cui poteva andare e spinse play. Le prime note di ‘I feel pretty [Dal musical “West Side Story”, per chi non la conoscesse XD Ndt] si spansero improvvisamente per l’intero salotto, rimbombando attraverso ognuno dei dieci amplificatori installati nella stanza.

 

Gabriella chiuse la bocca per la sorpresa. Il momento in cui smise di strillare, Troy spense la musica: “Non abbiamo finito di parlare!” gridò “Ti sei divertita! Ammettilo!”

 

Le labbra di Gabriella si curvarono e meno di un secondo dopo, aprì la bocca di nuovo per lasciar scappare un altro urlo spacca-timpani.

 

Troy roteò gli occhi e spinse ancora play: “Smettila di urlare!” le gridò sopra il caos combinato dello strillo acuto della mora e le parole di ‘so pretty and witty and ga-a-y’.

 

“Ferma la musica!” ribattè la ragazza a pieni polmoni.

 

“Smettila di urlare!”

 

Gabriella gli tirò in testa un cuscino di piume: “Ferma la musica!”

 

“SMETTILA DI URLARE.”

 

“FERMA LA MUSICA.”

 

“SMETTILA DI URLARE.”

 

“FERMA LA…”

 

Un fischio assordante interruppe il pandemonio. Entrambe le parti si zittirono in uno scioccato silenzio e Troy premette il bottone pausa sul lettore CD: “Cosa…” Ryan li guardò a bocca aperta, dall’entrata. Osservò bene Troy e Gabriella, ancora coperti di torta stantia “Che cosa state facendo?” riuscì a borbottare.

 

Troy e Gabriella si fissarono in cagnesco.

 

“Ha incominciato lei!” accusò il ragazzo, in quell’esatto momento la mora disse: “Ha incominciato lui!”

 

Ryan era stordito: “Cosa stavate…? Dove cavolo è Sharpay?”

 

Una testa bionda spuntò fuori da dietro una libreria: “E’ finita?” apparve alla vista, le mani sulle orecchie “Dio, voi due sapete come urlare. L’avete imparato da me?”

 

“Cosa diavolo è successo?” insistette Ryan.

 

“Lei è irragionevole!”

 

“Lui mi ha chiusa in una torta da stripper!”

 

Sharpay si rivolse a Ryan: “Spero che tu sappia cosa significhi, perché io no.

 

“Una torta da stripper?” interruppe una nuova, sconosciuta voce.

 

“Una torta da stripper.” Zeke si era materializzato dal nulla. Ammiccò per un attimo a Troy e Gabriella prima di spiegare: “Come quelle torte a Vegas da dove spuntano le spogliarelliste.

 

Sharpay, Ryan, Troy e Gabriella si girarono per fronteggiare i nuovi arrivati.

 

“Charlie!” Sharpay salutò il suo fidanzato. Il suo sguardo si spostò sull’uomo affianco a lui: “Zeke!” boccheggiò. Incespicò all’indietro come se la sua mera presenza la ripugnasse “Cosa stai… cosa stai facendo…?”

 

“Conosci questo ragazzo, Shar?” Charlie, un bell’uomo alto con un forte accento inglese, chiese alla sua futura sposa. Dandole un bacio sulla guancia, indicò Zeke: “Era sul nostro vialetto. Ha detto che ti stava cercando, quindi l’ho fatto entrare. È qui per il matrimonio?”

 

Sharpay, per la prima volta in tutta la sua vita, sembrava senza parole: “Sì, ehm…” mormorò incerta “Noi… noi una volta…”

 

“…uscivamo insieme,” completò Zeke “Noi una volta uscivamo insieme.”

 

Charlie sembrava insicuro: “Davvero,” disse, fingendo di essere il più noncurante possibile “Ehm, non è… carino?”

 

Ci fu un lungo, scomodo silenzio. Zeke guardava Charlie, Charlie guardava Sharpay, e Sharpay guardava il pavimento.

 

Ryan guardò Troy e Gabriella: “Fate qualcosa!” mimò pericolosamente.

 

Troy guardò Gabriella, che non gli offrì altro che una dispiaciuta scrollata di spalle. Sospirando, spinse di nuovo il play sul lettore CD.

 

I feel pretty

 

Oh so pretty

 

 

###

 

 

Da qualche parte tra l’asciugarsi i capelli e depilarsi le sopracciglia, Gabriella arrivò a sentire la mancanza di Troy. Le ricordava il giorno in cui aveva rotto con lui al liceo. Si era svegliata alle sei come aveva sempre fatto, aveva mangiato una tazza di cereali sfogliando il giornale come aveva sempre fatto, e poi aveva aspettato lo scuolabus come aveva sempre fatto. Era andata al suo armadietto come aveva sempre fatto, aveva preso fuori i suoi libri di Diritto e Letteratura come aveva sempre fatto, e si era girata per parlargli come aveva sempre fatto.

 

Eccetto che quella volta lui non era stato lì.

 

L’aveva visto in classe, ma lui non la guardava mai. L’aveva visto nei corridoi, ma lui si girava e camminava dalla parte opposta ogni volta che lei chiamava il suo nome. Le era mancato terribilmente i primi giorni. Le era mancato il fatto che le teneva un posto in classe, che l’aiutava a falsificare un biglietto cosìcchè poteva saltare ginnastica, le era mancato il modo in cui le lasciava dei semplici bigliettini nell’armadietto, raccontandole alcune barzellette divertenti che aveva sentito mentre camminava dietro a dei primini in corridoio. Ma ormai non era stato più lo stesso. Lui non le aveva più salvato un posto, non c’erano più stati sciocche battute nel suo armadietto tra le lezioni e lei aveva finito per essere bocciata in ginnastica quel semestre perché non riusciva a capire la fisica della pallavolo.

 

 E poi era successa la cosa peggiore. Si era abituata.

 

Si era abituata allo spazio vuoto accanto a lei di notte. Si era abituata a saltare le partite di basket e a Sharpay che si lamentava di non riuscire mai a capire niente di ciò che faceva nel decathlon. Si era abituata a portarsi i libri tra le classi e prendersi la sua gelatina alla fila per il pranzo. Si era abituata alla vita senza di lui.

 

Ma questa volta, era diverso. Questa volta, quasi cinque anni dopo, lei iniziava davvero a sentire la sua mancanza, e lui era solamente dall’altro lato della casa. Non aveva realizzato quanto stava bene con lui, quanto si divertiva con lui, finchè non era rimasta da sola. E questa volta, aveva paura. Aveva paura che si sarebbe abituata di nuovo.

 

Prese il suo spazzolino e il tubetto di dentifricio sul comodino. Senza pensare, perché avrebbe mollato se ci avesse pensato troppo, buttò il tubetto di dentifricio pieno nel pattume. Camminò fuori dalla sua stanza, nel corridoio e fino alla camera in cui dormiva lui.

 

La porta era aperta e lo poteva sentire cantare ‘Limbo Rock’ sottovoce. Rimase sull’entrata per un momento, guardandolo mentre era steso sul letto, che tirava una palla da basket di gommapiuma su e giù, su e giù. Tamburellò con le nocche contro la porta: “Posso prendere un po’ di dentifricio?” domandò dolcemente.

 

Lui non la guardò: “In bagno.”

 

Entrò lentamente nel bagno, aspettando che parlasse. Non lo fece. Lei aspettò, si lavò accuratamente i denti, dentro e fuori, tutt’attorno come il dentista le aveva insegnato quando aveva cinque anni. Sputò, fece i gargarismi, passò quattro volte il collutorio, due volte il filo interdentale, ma ancora, lui non disse niente.

 

Quando la sua bocca stava iniziando ad essere insensibile per l’uso spropositato di prodotti per l’igiene dentale, uscì, respirando pesantemente. Si appoggiò allo stipite e lo fissò dolcemente: “Mi sono divertita. disse alla fine.

 

Lui smise di tirare la palla. La sua testa si girò verso di lei, cadendo sul cuscino: “Sì?” sorrise forzato.

 

Lei ricambiò il sorriso: “Sì.” rispose piano.

 

“Scusa per la musica.”

 

“Scusa per le urla.”

 

Lui rise: “Avevo torto, sai,” disse lentamente dopo un momento. I suoi occhi le scrutarono il viso “Quello che ho detto ieri. Sei cambiata. Non sei più quella ragazza timida ed ingenua che eri al liceo.

 

“Certo che non lo sono. Cosa pensavi sarebbe successo?” domandò lei incredula.

 

“Non lo so,” Troy scosse le spalle “Pensavo che quando ci saremmo rivisti… sarebbe stato come era sempre stato. Che saremmo state le stesse persone che siamo sempre state.

 

“Sono cresciuta. E tu anche. Non abbiamo più diciotto anni,” disse gentilmente Gabriella. Sospirò e chiuse per poco gli occhi “Credo di essere più… coi piedi per terra. Meno idealista. Più realista. Ma sono sempre io. Solo una versione migliore. Stare lontano da casa, da mia mamma, dalla mia piccola zona di conforto… mi ha insegnato molto.”

 

Troy si spostò sulla schiena: “Eravamo così…” si fermò, pensando “Giovani,” terminò infine “Eravamo così giovani. Pensavamo che saremmo rimasti insieme per sempre.

 

“Avevamo diciotto anni.”

 

“Lo so. Come ho detto, giovani.”

 

“E stupidi.”

 

Molto stupidi.” concordò Troy.

 

“Ti ricordi di Taylor?” domandò Gabriella dopo un istante. Scosse i capelli come se il ricordo della sua vecchia amica le facesse male alla testa “Era la mia migliore amica. Avevamo promesso di chiamarci. Di scriverci. esitò “Non l’abbiamo mai fatto. L’ho chiamata una volta quando ero a Parigi, e lei ha lasciato un paio di e-mail, ma dopo un po’, ci siamo scordate.” sospirò “Pensavamo che saremmo state migliori amiche per sempre.”

 

“Le promesse sono stupide.”

 

“Ne abbiamo fatte molte al liceo, vero?”

 

“Prometto che ti amerò per sempre,” sbottò all’improvviso Troy. Le sorrise: “Suona come qualcosa che noi due da diciottenni avremmo detto, giusto?”

 

“Sharpay diceva sempre che eravamo disgustosamente sdolcinati.

 

“Eravamo diciottenni.”

 

“Giovani.”

 

“Stupidi.”

 

Molto stupidi.”

 

Lui annuì e si sforzò di sorridere: “Posso chiederti una cosa?”

 

“Qualunque. La mia vita è un libro aperto. fece una pausa, gli occhi che brillavano “Parlerò di qualunque cosa eccetto me e il presidente.”

 

Lui rise nervosamente e si sedette dritto, le mani che stringevano i lati del letto. Rimanendo in un silenzio leggero, deglutì: “Eri davvero così infelice quando eri con me?” chiese infine. Lo disse dolcemente, come se questo in qualche modo potesse mascherare il dolore che ancora lo imbarazzava avere “Quando ci siamo lasciati, hai detto che era perché eri molto triste. Ero…?” la sua voce si spense, lontana, i suoi occhi guardavano un buco nel tappeto “Voglio dire, ho davvero…?”

 

Gabriella chiuse gli occhi mentre il suo stomaco si agitava. Per auto-odio o perché davvero non avrebbe dovuto comprare quel burrito dal ragazzo in strada, non lo sapeva. Ma sperava che fosse la seconda: “Non eri…” rispose velocemente “Non era…”

 

Lui alzò gli occhi per guardarla tristemente: “Mi dispiace. si allungò e coprì la mano con la sua. Era tiepida e leggermente sudata e lei dovette stringere un lembo dei suoi pantaloncini per impedirsi di tremare “Avrei dovuto prestarti più attenzione. Avrei dovuto ascoltarti di più.

 

“Tu eri il migliore ragazzo che una diciottenne me poteva avere.” insistette piano Gabriella.

 

“Eri davvero così triste?” premette lui “Ho…?” si fermò triste “Ti ho davvero resa così maledettamente infelice?”

 

Gabriella avvertì la gola chiudersi, la testa muovere una specie di infausta guerra contro il cuore: “Io…”

 

Slam.

 

Sia Troy che Gabriella scattarono fuori dalla loro conversazione e sobbalzarono al suono improvviso.

 

“Che cos’era?” sussurrò Gabriella.

 

Slam.

 

Un quadro cadde dal muro, seguito da uno strillo molto familiare.

 

“La Shar-diavolo è a casa,” Troy rabbrividì “Cosa dobbiamo fare?”

 

“Nasconderci?” suggerì Gabriella.

 

Slam.

 

Un vaso crollò da una libreria.

 

“Forse non si accorgerà che siamo qui.”

 

“GABRIELLA. BOLTON.” i tacchi di Sharpay tuonarono lungo le scale, senza dubbio bruciando un buco nel tappeto. Arrivò ai piedi della stanza di Troy, il viso rosso di furia e i denti scoperti, come se una risposta sbagliata sarebbe stata punita con un sfortunato pranzo –sfortunato nel senso che loro sarebbero stati il pranzo “PERCHE’ AVETE PORTATO LUI QUI?” strillò.

 

Simultaneamente Troy e Gabriella si coprirono le orecchie per fermare lo scampanellio.

 

“Lui chi?” Troy finse confusione “Dio? Beh, è lusinghiero, ma era già qui quando sono arrivato.”

 

“SAI CHI INTENDO.”

 

“GABRIELLA. TROY.” un’altra serie di passi rimbalzò su per le scale. Ryan arrivò senza fiato all’entrata di Troy, il cappello di traverso: “PERCHE’ AVETE PORTATO LUI QUI?” gridò.

 

“Beh, come appunto stavo spiegando a tua sorella qui…”

 

Sharpay si voltò verso Ryan: “Di’ alla mafia di finire subito la loro fottuta crociera!” urlò “Devono sparare alle persone, dannazione!”

 

“E’ solo successo,” s’inserì velocemente Gabriella, nel tentativo di allentare la potenzialmente esplosiva situazione “Stavamo cercando qualcuno che ti preparasse la torta. E non potevamo trovare nessuno che l’avrebbe fatto con così poco preavviso, quindi siamo andati a trovare Zeke. E dato che voi due eravate… voglio dire, dato che noi tutti eravamo così uniti al liceo, ho pensato che lui avrebbe potuto essere capace di darci una mano.

 

“DARCI UNA MANO?” s’infuriò Sharpay “PERCHE’ NON MI HAI SEMPLICEMENTE PUNTATO UNA PISTOLA ALLA TESTA E NON MI HAI SPARATO, INVECE?”

 

“Avremmo dovuto farlo, invece.”

 

“Beh, qual è il problema?” chiese Gabriella “Non vi siete divertiti a cena? Pensavo che sarebbe stato divertente per tutti voi frequentarsi.

 

“Divertente come l’herpes, forse,” commentò Ryan alzando gli occhi al cielo “Zeke vuole parlare.”

 

Parlare?” esclamarono all’unisono Troy e Gabriella, con la stessa enfasi.

 

Parlare,” confermò il biondo “La cena è stata come mangiare in una camera ardente, e dopo, Zeke si è preso la briga di chiedere a Sharpay se potevano parlare privatamente.”

 

“E che ha detto Charlie?”

 

“Cos’avrebbe dovuto dire?” gemette Sharpay “Ha solo detto buona notte ed è andato a casa!”

 

Gabriella emise un suono comprensivo: “Allora cosa farai?”

 

“Non lo so!” la bionda sembrava prossima alle lacrime “Neanche per idea noi possiamo parlare!”

 

“Che ne dici di usare le vostre bocche e lingue?” osservò impassibile Troy.

 

“Lui dirà che vuole che torniamo insieme e poi farà quella stronzata deldevi fare una scelta’! E io non voglio ferirlo! Non lo voglio davvero! Ma amo Charlie,” esclamò Sharpay. Appoggio la testa allo stipite, emettendo un rumoroso sospiro “Sul serio. E Zeke è un ragazzo così caro; non voglio ferirlo. Ma io amo Charlie.

 

“Tu provi amore?” Troy sollevò le sopracciglia. Si fermò opportuno “Davvero?” domandò scettico, l’espressione contorta.

 

Gabriella gli diede una gomitata nelle costole: “Shar, mi dispiace,” mormorò comprensiva. Si alzò e diede alla sua vecchia amica un caldo abbraccio “Lo sono davvero. Se c’è qualcosa che possiamo fare…”

 

Sharpay tirò su con il naso: “In realtà…” s’illuminò visibilmente, cosa che portò Troy a fare una sorta di strano suono come di clacson dal profondo della gola.

 

Si tuffò a capofitto nel cuscino come un bambino insolente: “No,” protestò con voce smorzata “No! Sono stanco! Voglio andare a letto! Non voglio passare tutta la notte a massaggiarti i piedi e a lavarti con la spugna!”

 

“Troy…” lo ammonì Gabriella.

 

“No! È stata Gabriella a dire ‘se c’è qualcosa che noi possiamo fare’! Non c’è nessunnoi’! Io sono un pronome involontario!”

 

E’ colpa tua,” disse cupa Sharpay “Ora, grazie a te, il ricordo del mo fidanzamento sarà macchiato per sempre.”

 

Ryan e Gabriella annuirono comprensivi, mentre Troy fece un altro bizzarro suono di gola: “Non m’importa di quello che dici,” ribattè testardamente “Vado a letto.”

 

“Il giorno più importante della mia vita,” Sharpay tirò drammaticamente su con il naso, mentre Ryan le sventolava un fazzoletto davanti al viso “Ro- rovinato.” balbettò lacrimosa.

 

Troy non mosse la testa e invece alzò la mano nella maniera ‘ragazza, per favore’ o ‘parla alla mano’.

 

Gabriella sospirò e con un’altra occhiata sprezzante allo strano ed effeminato gesto di Troy, si voltò verso la sua bionda amica: “Io ti aiuterò, Shar,” esclamò “Qualunque cosa ti serva. So che stai attraversando un momento difficile. E per quanto valga, ci dispiace di aver trascinato Zeke in questa cosa.”

 

“Beh, ecco tutto,” rispose Sharpay “Devi parlare di questo con Zeke al posto mio. Devi dirgli che mi sto per sposare… no, che mi voglio sposare. Devi dirgli che non voglio ritornare insieme a lui.”

 

Gabriella alzò un sopracciglio: “Non pensi che dovresti farlo da sola?” dopo l’occhiata truce di Sharpay e l’inizio del discorso ‘prima di tutto, voi due mi avete ficcata in questo’, continuò frettolosamente “Lo andrò a trovare domani.

 

“No,” Sharpay scosse la testa “Devi andarlo a trovare stanotte. Domani c’è la cena di prova e non voglio che ci siano questioni irrisolte tra di noi, se capisci cosa intendo.”

 

“Sharpay, è l’una del mattino,” protestò Gabriella “Lo andrò a trovare domani, per prima cosa.”

 

Lo sguardo della bionda si oscurò ancora, e Ryan intervenne velocemente: “Sharpay ha detto che l’avrebbe incontrato al ristorante in mezz’ora.

 

Gabriella si alzò e si trascinò alla porta: “Okay, va bene,” borbottò incerta “Ma penso ancora che sia una cosa che dovresti fare tu stessa.” guardò Troy che era ancora steso sul letto, il cuscino sopra la testa “Vieni, Troy?”

 

“No.” grugnì lui.

 

Ryan si girò per lanciarle un’occhiata comprensiva, ma Gabriella alzò la mano e mimò ‘aspetta’. Contò i secondi sulle dita, e nel momento in cui il mignolo si chiuse sul palmo, Troy si lasciò scappare un suono frustrato e si alzò riluttante dal letto, lamentandosi sotto voce.

 

Gabriella sogghignò: “Te l’avevo detto.”

 

 

###

 

 

La corsa al ristorante fu silenziosa tranne che per due casi. Il primo fu quando Troy le chiese se aveva fame e lei rispose di no, e si fermarono ad un supermercato notturno e comprarono comunque una barretta al cioccolato e una brioche alla marmellata. Lui la conosceva troppo bene, pensò Gabriella di malumore, quando la corsa era finita e lei aveva l’incarto spiegazzato di una mega confezione di Mars sulle gambe e la marmellata di albicocca attorno alla bocca. Il secondo fu quando lei gli chiese se avesse allacciato la cintura e lui rispose che l’aveva fatto.

 

Senza la (rumorosa) presenza dei gemelli Evans, d’improvviso, si ritrovarono da capo. Non proprio amici, non proprio nemici. La conversazione era stentata e l’atmosfera era imbarazzata; i rimanenti segni del loro precedente discorso soffocavano la loro curiosa, quasi-ma-non-proprio relazione.

 

Troy parcheggiò fuori dal ristorante, i lampioni che si dimostravano inutili, fornendo poco più di una pallida illuminazione dei dintorni. Socchiuse gli occhi quando uscì dalla macchina, cercando qualche segno di Zeke.

 

“Non vedo nulla,” osservò Gabriella. Le venne la pelle d’oca quando entrò in contatto con il vento gelido, dimostrando che anche la soleggiata California non era immune al tempo freddo.

 

Allacciandosi le braccia al petto, si calciò mentalmente per non essersi cambiata; la sua vecchia maglietta, il cardigan tarmato e i pantaloni del pigiama di Spongebob non erano solo un crimine contro la moda, ma anche contro degli innocenti membri della società che avrebbero voluto conservare la loro vista. Una veloce occhiata a Troy mostrò che a lui non stava andando molto meglio; i suoi pantaloni avevano un enorme buco in un ginocchio, e ovviamente aveva preso in prestito degli accessori di stile da Sharpay; nei piedi indossava delle ciabatte rosa pelose.

 

Lui la catturò intenta nell’osservare la sua curiosa scelta di calzature: “Avevo freddo ai piedi,” borbottò in difesa “E le mie scarpe si stanno ancora asciugando dalla torta.”

 

“Ho dei bellissimi gioielli francesi,” esclamò innocente Gabriella “Ti farebbero risaltare i tuoi bellissimi occhi blu.”

 

“Ehi, non fare la spiritosa. Non sono adatti a me.

 

Gabriella sbadigliò e si appoggiò all’auto, tremando di freddo: “Non posso credere che siamo di nuovo qui,” commentò. Ispezionò assonnata la strada “Siamo fortunati che è l’una del mattino e quegli chef che ci stavano seguendo…”

 

La mano di Troy volò improvvisamente contro la sua bocca e lui si voltò in fretta: “Non guardare,” disse piano, la voce pericolosamente bassa “Non guardare, non parlare.”

 

Gabriella tolse irritata la mano di Troy: “Qual è il problema con te?” sibilò.

 

“Non guardare,” rispose lui a denti stretti, e si spostò in modo che le sue larghe spalle le coprissero la visuale.

 

“Non guardare cosa?”

 

“Il cuoco,” bisbigliò lui il più silenziosamente possibile, dando ancora le spalle al ristorante “Che ci stava seguendo stamattina. È alla porta.”

 

Gabriella cercò di aprire la gola per respirare. Stringendo forte la mano di Troy, si alzò appena per sbirciare oltre la spalla del ragazzo. Poteva vedere la grande, massiccia figura del cuoco che chiudeva le porte del ristorante.

 

“Magari lui non…” deglutì invece di finire la frase.

 

“Voi due laggiù,” rimbombò l’inequivocabile voce dell’uomo. Dopotutto, non dimentichi spesso la voce di un uomo che ti ha rincorso con un coltello “Voi laggiù?”

 

“Non rispondere,” mormorò Troy “Non fare movimenti improvvisi,” lentamente, cercò le chiavi dell’auto nella tasca “Ora, vai lenta verso la portiera.”

 

“Ehi!” esclamò il cuoco “Mi avete sentito?”

 

“Va tutto bene,” grugnì Troy, varie ottave sotto il suo normale tono di voce.

 

Ricordandosi di respirare, Gabriella si tolse lentamente dalla presa di Troy e si mosse verso la portiera.

 

“E’ l’una del mattino,” disse lo chef. Gabriella poteva sentire i suoi passi avvicinarsi alla loro auto. Più lui veniva vicino, più il cuore le batteva forte. Per favore non riconoscerci, per favore non riconoscerci, si ripeteva nella testa come un mantra. “Che state facendo qui fuori? Se state qui a fare casino come quelle altre bande…” posò una mano ferma sulla spalla di Troy e lo fece voltare. Ci mise un secondo, ma la realizzazione colpì comunque il cuoco “Tu!” boccheggiò.

 

Troy tentò un sorriso: “Ehilà.” esclamò docilmente.

 

“Hai fegato!” gridò. Si elevò a tutta la sua altezza, di parecchi centimetri più alta di Troy “Entri nel mio ristorante! Mi rubi Dio solo sa quanti soldi! Mi rovini la giornata! E torni di nuovo?” scosse la testa come se potesse appena crederci. Stringendo il polso di Troy, il suo viso si contorse in una smorfia “Bene, adesso ti ho preso! Ti porto dritto alla stazione di polizia!”

 

“Mi dispiace?” Troy sfoderò il suo sorriso più affascinante.

 

“Oh, davvero?” ringhiò il cuoco “Faresti bene! E anche la tua ragazza!” volse la testa verso Gabriella.

 

“Oh lei non è la mia ragazza,” corresse Troy nello stesso momento in cui Gabriella si affrettava ad esclamare: “Oh, non stiamo insieme.”

 

Il cuoco aveva l’aria di uno a cui non gliene fregava niente: “Non me frega niente.” disse esasperato.

 

“Ma non è questo che mi dispiace.” continuò Troy.

 

“Ah sì?”

 

Senza preavviso, il pugno del ragazzo volò contro la faccia dello chef. Mentre quest’ultimo gemeva di dolore, Troy liberò il polso dalla presa del suo rapitore: “Forza!” gridò a Gabriella che ancora fissava ammutolita il sangue che sgorgava dal naso del cuoco. Le prese la mano e sfrecciarono lungo la strada.

 

“Gli hai appena dato un pugno!” gemette Gabriella senza fiato mentre correvano “Sarebbe stato molto più semplice se avessimo solo chiesto ad una giuria di metterci in prigione dai cinque ai dieci anni!”

 

Ci fu un ruggito di rabbia dal fondo della via, seguito da una serie di imprecazioni in una lingua straniera. Potevano sentire il turbinio dei passi dietro di loro mentre il cuoco li seguiva. Troy guardò Gabriella e sorrise birichino: “Déjà vu?” scherzò.

 

“Ti odio, Troy Bolton,” sibilò lei “Se ci uccide, non ti parlerò mai più.”

 

“Posso convivere con questo.”

 

“E poi dirò a tutti delle tue ciabatte!”

 

Troy chiuse immediatamente la bocca. Rubando un’occhiata dietro di lui, potè vedere il cuoco conquistare lentamente terreno contro di loro. Si morse il labbro e si girò ancora; le morbose grida di “Vi ucciderò!” del cuoco stavano incominciando a sconcertarlo. Si guardò attorno urgentemente.

 

All’improvviso, Gabriella gli tirò il polso: “Troy,” ansimò “L’hotel!” indicò il grande e lussuoso hotel aldilà della strada, le sue luci chiare richiamavano letti comodi, un pasto caldo e un rifugio da uno chef pazzo che cercava di ucciderli.

 

Schizzarono tra il traffico e fino alle scale dell’hotel, investendo nel processo il cameriere e il fattorino con un carrello di bagagli. Potevano sentire le urla maniache del cuoco dietro di loro e un’altra sinfonia di auto suonanti mentre attraversava la strada.

 

“Andiamo.” esortò Troy e la tirò di nuovo per mano, volando dentro l’hotel.

 

La reception era vuota a quell’ora del mattino tranne che per poche solitarie donne delle pulizie. Stravagante com’era l’hotel, avevano ovviamente adattato una strategia decorativa delmeno è più’, che non serviva vantaggi a coloro che cercavano di nascondersi da un assassino.

 

“L’ascensore.” boccheggiò improvvisamente Gabriella. Corsero dentro un ascensore, proprio mentre il cuoco irrompeva nell’hotel.

 

“Oh, merda,” imprecò Troy mentre premeva quanti pulsanti riusciva con il pugno. Il cuoco li individuò dall’altra parte della reception e lanciò un grido, scavalcando con un salto una pianta e slittando verso di loro “Oh, merda, oh, merda.

 

“Vai, vai, vai,” Gabriella cercò di incoraggiare l’ascensore. Ad un tratto, come se l’avesse sentita, un campanello suonò e le porte si chiusero. Mentre la musica dell’ascensore iniziò a suonare un’allegra ed inappropriata canzone per l’occasione, videro qualche pelo dei baffi del cuoco catturato tra le porte “Oh, Dio,” la mora lasciò andare il fiato che aveva trattenuto “Oh, Dio, pensavo ci avesse preso. Che facciamo adesso?”

 

Troy le prese di nuovo la mano quando le porte si aprirono: “Torniamo giù. rispose e premette il pulsante per la reception.

 

Gabriella si accigliò: “Come hai detto?”

 

“Torniamo giù,” spiegò il ragazzo “Senti, lui si aspetta che noi andiamo su, e ci aspetterà su. Ma noi andiamo giù e lasciamo l’hotel.”

 

“Suona troppo ovvio per essere una buona idea.

 

“Fidati di me.”

 

Le porte dell’ascensore si aprirono di nuovo, e davanti a loro apparve la reception dell’hotel. Uscirono cauti, controllando l’area alla ricerca del cuoco. Poiché lui non era in vista, uscirono completamente, cercando di sembrare più casuali possibili. Camminarono mano nella mano per l’ingresso, gli occhi in cerca del loro inseguitore.

 

Quando arrivarono alla porta, tirarono entrambi un sospiro di sollievo: “Ce la siamo scampata per miracolo. Pensavo che stessimo per…” Gabriella fu interrotta da un urlo dall’altra parte dell’atrio. La coppia si girò per vedere il cuoco emergere da una scala, urlando a pieni polmoni, agitando le braccia sopra la testa.

 

Troy lanciò un’occhiataccia a Gabriella: “Hai gufato. la rimbeccò, prima di tirarla ancora per mano e sfrecciare fuori dalla porta. Corsero attorno al lato dell’hotel, prima di trovarsi ad affrontare un recinto di metallo. Guardandosi velocemente attorno per assicurarsi che lo chef fosse ancora ad una distanza considerabile, sollevò Gabriella sul recinto: “Scala.” le istruì mentre il cuoco balzava fuori dall’hotel in un attacco di rabbia “Vai, vai, vai,” la esortò.

 

“Sto andando.” grugnì Gabriella, ed atterrò con un tonfo dall’altro lato dello steccato, seguita poco dopo da Troy.

 

Corsero lungo il lato del costoso hotel, senza parlare (od urlare) questa volta per risparmiare energie. Gabriella non aveva fatto così tanto esercizio dall’ultimo anno di liceo e trovò il suo cuore battere innaturalmente contro il suo petto e il sangue affluirle in viso. Si appuntò di ringraziare sua madre per la figura esile, visto che era sicura che senza i giusti geni, sarebbe stata obesa in quel momento.

 

“Oh, ragazzi,” grugnì Troy quando raggiunsero la fine della lunghezza dell’hotel. Non c’era assolutamente un posto dove nascondersi. Nient’altro che una piscina olimpionica e qualche albero antico occupavano l’area nel retro dell’hotel.

 

“L’albero,” boccheggiò Gabriella, senza fiato. Indicò uno degli alberi imponenti “Non c’è altro posto dove nascondersi se non lassù.

 

Troy annuì e con uno sguardo veloce dietro di lui, sollevò gentilmente Gabriella su un nodo del tronco dell’albero più grande. Lei iniziò ad arrampicarsi lentamente e lui poteva sentirla imprecare a bassa voce.

 

“Questo non è un buon momento per dirti che ho paura delle altezze, vero?” sussurrò.

 

“Gabriella,” replicò urgentemente Troy dietro di lei “Spicciati, o non arriverai mai più così in alto. Sei metri sotto terra, se capisci ciò che intendo. rimase zitto un secondo “E sì, ti sto guardando il sedere.”

 

Gabriella roteò gli occhi: “La notte che ti ha fatto, Dio doveva essere stato ad una grande festa.

 

Ci fu un turbinio di passi quando il cuoco arrivò a loro. Gabriella e Troy si arrampicarono nei confini frondosi dell’albero mentre il cuoco controllava la zona, sempre imprecando ad alta voce: “So che siete qui!” gridò “Venite fuori! Ho ancora intenzione di uccidervi appena vi trovo!”

 

Il vento aumentò e Gabriella deglutì la sua brioche mentre l’albero ondeggiava da una parte e dall’altra, e la loro posizione così in alto era precaria.

 

Una raffica particolarmente violenta fece agitare le foglie attorno a loro e i rami dell’albero si mossero pericolosamente. Un gridolino smorzato scappò dalle labbra di Gabriella e con un lampo d’orrore negli occhi, Troy le premette la mano sulla bocca.

 

Ma era troppo tardi. La testa del cuoco scattò nella loro direzione e i suoi occhi brillarono vittoriosi. Corse alla base dell’albero, e con una risatina maligna che Gabriella pensava non esistesse al di fuori delle favole, iniziò ad arrampicarsi. La sua corporatura pesante lo rendeva molto lento e faticava a farsi strada nell’albero, ma questo non eliminava il fatto che erano intrappolati. Non c’era nessun luogo dove andare, tranne giù, e questo era molto fuori discussione a meno che non volessero fare la conoscenza del marciapiede.

 

Gabriella strinse forte il braccio di Troy, gli occhi ancora puntati sullo chef che si stava divertendo con tutti i vari modi di morte che avrebbe potuto infliggere loro: “Beh,” disse lei deglutendo “E’ stato bello conoscerti. Ho vissuto una bella vita, davvero. Ho viaggiato. Ho visto il mondo. Credo che mi sarebbe piaciuto vedere la mamma un’ultima volta ma…”

 

Troy la interruppe: “Nuotare.”

 

Gabriella lo fissò: “Cosa?”

 

I suoi occhi erano fissi sulla piscina sotto di loro: “Sai nuotare?” ripetè.

 

Gli occhi di Gabriella si spostarono dai suoi alla piscina e poi ancora agli occhi blu prima in incredulità poi in sgomento ed orrore: “La domanda rilevante non è sai volare?” scattò.

 

“Devi imparare ad essere più positiva.”

 

“Sono positiva che non posso farlo! Sono positiva che moriremo!”

 

“Potrebbe andare peggio,” rimbeccò Troy “Potrebbe non esserci la piscina. Potrebbe esserci la piscina senza acqua.”

 

“E’ meraviglioso! Ho sempre voluto farmi una nuotata prima di morire!”

 

Troy guardò il cuoco e poi Gabriella. Si tolse i pantaloni e li tirò allo chef, che lanciò un urlo e cadde a terra per la sorpresa: “Svestiti. la istruì.

 

Gabriella lo fissò: “Lo attacchiamo con i nostri pigiama?”

 

Troy si tolse la maglietta e la tirò giù: “Gabriella, svestiti. Vorrai il meno possibile addosso quanto cadiamo in acqua.

 

“Troy, non voglio morire in biancheria!”

 

“Mi dispiace! Se avessimo saputo che avremmo fatto questo stanotte, avremmo potuto fare shopping. Ora svestiti!”

 

Con un ultimo sguardo allo chef, che si trascinava sempre più vicino, Gabriella tirò un sospiro riluttante e si tolse le scarpe, lanciandole con un tonfo sull’erba. I suoi pantaloni furono i successivi ad andarsene, prima che notasse Troy sogghignarle compiaciuto, gli occhi che scorrevano sopra il suo corpo tremante: “Ti odio, Troy Bolton. borbottò mentre si toglieva la maglietta

 

Lui ghignò: “Stai benissimo.” disse, muovendo le sopracciglia.

 

“Taci.”

 

“Ora quando lo dico, mi stringi forte la mano e salti, okay?”

 

Gabriella si spostò nervosamente sul ramo, sporgendosi per ispezionare l’acqua scintillante. Deglutì: “Troy, io non penso che…”

 

“E’ tutto okay, stai bene.”

 

Lei lo fissò sprezzante.

 

“Fidati di me,  le disse rassicurante “Quando te lo dico, prendi un respiro, chiudi gli occhi e salta.” rubò un’occhiata dietro di lui e vide il cuoco sempre più vicino. La guardò, calmando l’incontrollabile tremito della sua mano con una stretta forte “Pronta?”

 

“No…” Gabriella deglutì, sembrando sul punto di vomitare.

 

“Uno…”

 

Poterono sentire il cuoco arrancare verso di loro, ed il ramo curvarsi per il peso.

 

“Due…”

 

La piscina brillava sotto di loro, una straordinaria fusione di blu, verde ed argento.

 

“Tre.”

 

Presero un respiro all’unisono.

 

E saltarono.

 

 

 

 

To be continued

 

 

 

Ed anche il capitolo due è andato. Forse questa storia è un po’ paradossale, ma a me piace proprio così XD

 

Grazie a lovely_fairy, Angels4ever, armony_93 e Tay_ e a chi commenterà o leggerà!

 

Baci, la vostra

 

Hypnotic Poison

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > High School Musical / Vai alla pagina dell'autore: somewhereonlyiknow