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Autore: Lucash99    04/09/2015    1 recensioni
Erano passati circa tre mesi da quel giorno speciale nel quale i ragazzi avevano salvato la loro amicizia finita sull'orlo di un precipizio, tutto era tornato alla normalità nel gruppo, che si era poi diviso durante le vacanze estive per ritrovarsi successivamente all'inizio dell'anno scolastico, Neiv non aveva più ripensato a quelle voci nella sua testa e si era lasciato quell'istante di malessere alle spalle, anche se in quel periodo non ne aveva compreso il significato. Dalla parte opposta c'era Dortmund, impegnato in tribunale per difendersi dalle accuse di corruzione, l'esito del processo era atteso impazientemente dai giovani giocatori di Cuballs di tutto il mondo, sarebbe stato un gran sollievo quello di sapere che colui che aveva cercato di bruciare Giv non avrebbe più messo piede ad alcun torneo.
Dopo 6 mesi arriva il continuo di "Cuballs", mi impegnerò al massimo con l'intento di soddisfarvi, emozionarvi e divertirvi anche in questa seconda storia della serie, buona lettura!
Genere: Avventura, Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Cuballs'
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Uno sguardo che intimorisce, un rifiuto che infastidisce ed un litigio che traumatizza, la rabbia che innervosisce... porta ad un altro litigio che ancor di più fa soffrire; la mente che ragiona e si pente, la ricerca che scova chi è fuggito, i dubbi che sconvolgono e il definitivo addio. E c'è il desiderio di non arrendersi che urta di faccia contro la consapevolezza dell'essere oramai inutili, la disperazione e l'imputazione delle colpe, la sofferenza ed il ripensamento... che dona la forza di oltrepassare ogni ostacolo. La sensazione, sull'altra sponda, di voler mollare, poi l'ennesimo fattore intermedio che scaccia quel disagio e permette ancora di sperare. L'apertura della porta e il varco della linea, un immenso spazio sconosciuto che dalla meta divide, la nebbia che scende e in pensieri inopportuni fa smarrire, la propria coscienza che al male si oppone... si lascia indietro gli errori e su di loro prevale.
 
E ora sii te stessa, quella che merita chi ti affianca, corri forte ignorando ogni pericolo anche mortale, persegui il tuo obiettivo, fatti guidare dai sentimenti che ardono dentro, cadi e rialzati, ma ritrovalo e a lui ricongiungiti, sii te stessa... una vera amica. Fondi spirito e mente... perché di null'altro necessiterai, insisti e saprai tagliare pure quella nebbia che tanto vuole ostacolarti. E c'è chi da lontano per te e per chi insegui si assilla, spazientito dalle vostre mancanze scatta via ma viene stoppato... ancora da uno degli artefici di tale trambusto, colui che stanco di lacrime e debolezze smentisce pure le scuse che aveva mentalmente avvicinato; e allora il rancore quasi dimenticato sale di nuovo a galla, in risposta ad un'inconsapevole chiamata si ripropone e infiamma ulteriormente la contesa, con foga si tirano in ballo lampanti sbagli... che qualcuno però non reputa più tali. E mentre entità esterne al dibattito, volenterose di intervenire, osservano attonite, accuse gravi volano senza freno alcuno, spinte da coscienze estenuate dalle ingiustizie o contaminate dalla malvagità che attacca e spegne il cervello.
 
E c'è ogni cosa, che potrebbe sgretolarsi in seguito ad un gesto estremo, ci sono la rassegnazione e l'odio che pur facendo a testate lungo il percorso si accorgono di guardare entrambe alla stessa meta, c'era il passato che si dimenticherà, ci sarà il futuro che futuro non ha, e c'è il presente che entrambi beceramente ha macchiato. Una voce pura frena la grande esplosione e spiana la strada di chi spera, ma non abbatte il muro d'ignoranza eretto da chi rimane saldo sulle sue decisioni. 
 
Imprevisti ed illusioni abbondano, esseri umani o vegetali pongono limiti invalicabili, contrattazioni ponderate o urla istintive cercano di cambiare o cambiano le cose. Ci sono momenti in cui ci si deve fermare e pazientare ed altri in cui si deve perseguire il proprio obiettivo, con coraggio ed anche incoscienza, sorvolando su ciò che brucia esternamente e concentrandosi su ciò che arde dentro, il desiderio di riaverlo e di riabbracciarlo.
 
I sentimenti vivi che non fanno demordere, un'idea sbagliata da cancellare, due entità che si cercano a vicenda, la corsa di entrambe verso l'altro e l'altra, poi l'incontro e la supplica. 
Il tempo del perdono è passato, gli errori commessi già compresi e gettati, è arrivata l'ora della commozione, dello scherzo, del sorriso, del ritorno alla normalità, tutto racchiuso in un unico grande abbraccio. La nebbia che, perfino lei, si arrende al loro sentimento così intenso, seguendo l'esempio di quegli elementi esterni che erano riusciti a dominare le loro giovani menti solo fino a quando quelle non avevano deciso di ribellarsi; il vaccino trionfante sulla malattia, il periodo di convalescenza terminato, la quiete dopo la tempesta. 
Con passo lento si fa ritorno verso casa, dove le calde braccia di chi ti ha a cuore desiderano condividere con te quel calore, perché a te è destinato. C'è la lieta sorpresa che fa accendere l'euforia, poi un cenno d'estenuazione che temporaneamente la frena, ora nuovamente bisogna sfrecciare... ma col sorriso sulle labbra a fare da accompagnatore. E si fa spazio alle cure e alle parole, tante parole: parole d'elogio, parole di stupore, parole di riso, e parole anche d'amore.
 
Squarci di luce si fanno spazio tra l'oscurità ampliandosi sempre più, assalgono il terreno nemico ma falliscono nella prova di contagio. Il male, riconoscendosi inferiore, crea un'enorme cappa di buio allo scopo d'evitare che i suoi confini vengano varcati e che l'invasione venga compiuta; la malvagità ha portato a compimento le sue conquiste, ed ora che le sue colonie sono minacciate da entità a lei estranee raddoppierà le forze difensive, indurirà la corazza. Egli ha attuato l'assalto in condizioni a lui favorevoli, quando il terreno non era del tutto maturo, egli non ha puntato al tronco dell'albero... bensì alla sua radice; il male è vigliacco e vive di inganni, mai opterebbe per mirare ad un forte fusto rafforzatosi nel corso degli anni, mai tenterebbe di attecchire ad una secolare quercia, mai mostrerebbe il suo vero volto... poiché sa di non aver fascino. Ha poca forza, ma sopperisce a quella mancanza rubandone a chi ne possedeva già in minoranza rispetto a lui; il male è metodicamente geniale, è un freddo calcolatore capace di elaborare terribili piani, ma non dispone di coscienza e non conosce alcuna pietà, carica a testa bassa senza farsi scrupoli, senza chiedersi di quel che sarà della vittima, è mosso esclusivamente da un primordiale impeto espansionistico. Il bene invece sa colpire chiunque, abbisogna solo di tempi maggiori, ma sa che prima o poi dovrà esplodere emanando una luce a cui non ci si potrà sottrarre; lui, al contrario del nemico, non abbisogna di alcun inganno, perché è attraente per natura e non ha bisogno di trucchi. Così, anche se in certe occasioni sembrerà voler dichiarare resa e piangendo parrà dichiararsi sconfitto... nell'intimo sempre saprà di essere il più forte, e prima o poi vincerà, ma servirà pazientare.
 
Il bene, come il male, è abile nel ragionare ed architettare eccezionali strategie offensive, ma da lui si differenzia poiché possiede un'arma in più, la più potente ed inarrestabile che esista al mondo, un'arma che sa puntare dritto al cuore del proprio bersaglio. È un'arma che non vedi ma c'è, dentro di te. O almeno non la vedi fin quando non la lasci libera. E quando sarà libera allora potrai vederla, a meno che non ti abbagli e ti travolga. E se travolgerà allora sarà davvero libera. E sarà condivisa, non più confinata. Avevi bisogno soltanto di lei, così spontanea e genuina, ma non te ne eri accorta. 
                                                                                                                          
E così, entrambi impettiti e sicuri di sé, sono pronti a fronteggiare la controparte, per contendersi l'oggetto tanto ambito ed in fine trionfare, per giungere alla vittoria della guerra o di una semplice battaglia. 
 
Il bene contro il male, Oster contro il male, il passato contro il futuro; c'è chi si è aggiudicato il primo punto e chi si vede costretto a ripartir quasi da zero, c'è chi dovrà basarsi sull'inganno e chi si affiderà alla purezza, c'é chi dovrà attaccare e chi dovrà difendere. Questo é ben più rilevante di un match di Cuballs, in palio non c'é un trofeo... c'é una vita!
 
"È fondamentale che non realizzi che il mio obiettivo principale è lui, devo assolutamente evitare di fare il suo nome. Considerata la sua diffidenza una buona riuscita non è del tutto sicura, ma se non mi arresi quel maledetto giorno... vorrà dire che non demorderò neppure oggi. Neiv, durante la mia vita ho risollevato chi era caduto molto più in basso di te, saprò riportarti in alto." 

L'area - o arena che dir si voglia - da loro impiegata appariva vuota e solitaria, come se fosse stata creata per concedere alle loro ricche parole di volare libere, senza che nessuno si permettesse di frenarle. Il deflusso del restante pubblico era stato molto rapido ed ordinato, agli occhi dei ragazzi addirittura inesistente; questo grazie alle numerose pratiche uscite della struttura, ben costruita e ben gestita, ed al loro esteso ritardo. 
 
Un'area o arena vuota, priva di turisti o residenti del posto, poiché di abitazioni non ve n'era neppure l'ombra; l'evento stava per realizzarsi, lontano da occhi indiscreti... ma solo da quelli indiscreti. Tutto sembrava essere pronto ed anzi tutto era realmente pronto - nonostante l'aria illusoria - e non mancava niente per renderlo un momento memorabile. Tutto era pronto, e soprattutto lei era pronta... Oster, era pronta. 
 
"Sono... pronta!" 
 
La giovane ragazza, nella quale si erano riaccesi antichi ricordi, afferrò una cassa da frutta che era lì gettata, la pose dinanzi a sé e si sollevò su di essa, quasi ad ergersi capopopolo.
 
"Questa è una buona occasione per aiutare anche gli altri ragazzi, non bisogna dimenticare che è proprio dai problemi di Giv e Zadi che sono scaturiti certi comportamenti, se non aiuterò loro e Grey a cambiare mi sarà impossibile condizionare i ragionamenti di Neiv e farlo tornare ad amare il bene. Siamo un gruppo, e dato che del gruppo sono io la più matura è compito mio andare in contro ai problemi di ogni diverso componente, non posso dedicarmi esclusivamente a Neiv soltanto perché adesso l'attenzione è focalizzata principalmente su di lui, noi supereremo questo momento... insieme. Si è pianto insieme, ci si è arresi insieme, si è odiato insieme, ma adesso insieme andremo avanti. Insieme combatteremo, insieme ci aiuteremo, insieme cammineremo e cresceremo, insieme rideremo ed insieme saremo felici, insieme saremo tutti... non uno di meno. Perché, come in una guerra, sarebbe forse più facile lasciar morire i compagni più deboli che con le sole proprie forze non riuscirebbero ad avanzare, ma proprio come in guerra sarebbe da vigliacchi farlo, perché... se si è perso insieme, allora insieme si vincerà, tutti insieme." 
 
La piccola leader preparò le proprie corde vocali, lanciò una veloce occhiata ad ogni spettatore presente e poi diede finalmente il via al discorso: 
 
«Cari colleghi, quest'oggi abbiamo vissuto una vicenda ricca di inconvenienti e di... » 
 
Ma venne subito bruscamente interrotta, e a quanto pare l'area creata ad arte per contenere le sue parole era stata nulla più di una suggestiva ipotesi: 
 
«No, zitta! Io non ho alcuna intenzione di sprecare ulteriore tempo con voi dormienti, ho una missione da compiere e queste buffonate da leader politici non sfiorano neppure lontanamente i miei interessi. Vi saluto... perdenti.»
 
Tentava in vano di allontanarsi dimenticandosi di chi con la forza l'aveva trattenuto lì: Delph lo teneva per il busto e non si slegava, sapeva di essere l'unico che poteva fisicamente reggerlo. Ma il suo aiuto era oramai considerato superfluo ed inutile, Oster glielo lasciava intendere
chiaramente: 
 
«No. Per favore mollalo, hai già profuso troppe energie in un problema che non ti riguarda, questa storia appartiene a noi... ed odio che terzi ne rimangano coinvolti. Ti ringrazio per ciò che hai fatto, ma adesso ti prego di staccarti da lui, mostrarci le spalle ed avviarti verso la tua auto con cui tornerai a casa dalla tua famiglia, non preoccuparti per noi... perché ce la caveremo. Mollalo.»
 
L'uomo mise per la prima volta da parte quella rigidità da coriacea guardia che da qualche tempo lo contraddistingueva, sganciò il suo braccio dal corpo di Neiv e si voltò, esaudendo le volontà dell'adolescente; aveva compreso il suo stato d'animo, gli era bastato avvertire quella scolorita tonalità d'implorazione. 
 
Mentre la colonna sonora si limitava ad un grigio rombo d'auto che andava scemando man mano, un deserto d'asfalto faceva da sfondo ad un palco sfollato di chiunque non fosse protagonista di quella sempre più reale tragedia. Corpi immobili, occhi spenti, cuori infranti, e nulla pareva poter spezzare quel silenzio, pure chi prima si era riempito di tante parole di speranza adesso si ammutoliva, forse proprio nell'attesa che fossero altri a compiere un passo verso di lei, considerato che i suoi erano già stati frenati una volta; alcuni secondi e quel movimento arrivò: una delle sette figure cominciò a distanziarsi da quelle alle sue spalle, ora non più nella direzione ad ella opposta, bensì in quella che portava proprio faccia a faccia con lei.
 
Chissà che forse quei toni così miti non avessero raggiunto i sentimenti di chi aveva precedentemente deciso di aprire gli occhi, chiudendo però le porte del cuore. Lui avanzava lentamente, mirando dinanzi a sé, con volto né cupo né sereno, facendo salire la tensione ad ogni centimetro che percorreva; lei attendeva pazientemente, scorgendo qualcosa di nuovo all'orizzonte, con occhi speranzosi, sognando di scendere il prima possibile quel gradino che divideva dalla gioia; il terzo osservava silenziosamente, fissando il centro, quel punto d'incontro dove avvertiva che un avvenimento importante avrebbe avuto presto luogo, col cuore che correva a mille, sempre più in apprensione ogni qualvolta che la lancetta dei secondi batteva, pronto a scattare... perché ne respirava già il bisogno, pur mancandogli l'aria. 
 
Tutto sommato l'atmosfera è però quieta, i protagonisti vivi ma senza agitazioni, le variazioni moderate che fan presagire solo qualcosa di positivo, pure lo spettatore comincia a limitare la sua eccessiva ed insensata ansia.
 
Ma è una fase dell'evento destinata a durare poco. D'un tratto niente è più come prima: passi più decisi, maggiore attesa, battiti più frequenti.
  
Come un nuovo Big Bang, dopo l'infinita tranquillità c'è quel frangente brevemente immenso, quasi inesistente ma più che reale, che pur essendo padrone di pochi millesimi di secondo domina il palco per un'eternità; per un istante tutto si ferma, il vento non soffia e non fa rumore, il tempo arresta il suo infinito corso... come se si stesse preparando anche lui per quell'interminabile attimo, un ulteriore secondo ed ogni cosa si trasformerà.
 
Il sole va in stand-by e i ghiacciai non si stanno sciogliendo, le nuvole, senza venti, non sono più spinte, e il mondo non gira più, deve vivere quegli attimi con gli occhi puntati sulla scena, come ogni grande evento... anche lui deve goderselo fino in fondo. L'universo, per colpa di quell'eterno lavoro di espansione, è dovuto mancare già a troppe dirette storiche, perciò in questa occasione si permetterà anche lui una piccola eccezione, uno stop dalle sue eoniche fatiche; stavolta la differita non gli basterà e pretende il fascino del live, anche se in futuro dovrà farsi perdonare quei micron di spazio che ci sottrarrà.
                             
Il cuore per un istante non batte, dacché deve prepararsi allo sprint più forte che abbia mai affrontato; il busto interrompe la lieve flessione verso il basso, perché l'alta tensione ha causato un'istantanea paralisi dei muscoli, pur non essendo di quella elettrica; la gamba resta sospesa a mezz'aria, senza lasciar intendere a nessuno le sue future intenzioni, anche se quel sangue che pompa impetuoso ne sta prevedendo già di disastrose.
 
L'esito del quadro è incerto, ma nessuno ha timore di osservare il tutto con le pupille sgranate. In ogni grande scena prende forma sempre lo stesso dubbio che secondo logica dovrebbe allontanare lo spettatore, ma che invece, sfruttando la sua impotenza, causa l'effetto opposto alimentando ulteriormente l'attenzione che era nata in lui. La positività o la negatività del risultato finale non modificano questo parametro, in entrambe le eventualità nessuno potrà sottrarsi dal tenerle lo sguardo incollato addosso, ed è quello che fa di lei una grande scena; la strana sensazione che assale nei momenti di suspence, qualunque sia la percentuale di rischio di un esito sgradito, sopraffarà sempre la paura.
  
L'immutabilità apparentemente eterna è giunta al termine, farà spazio alla vera azione; dopo la suggestiva, illusoriamente immensa, attesa... giunge il tempo della fulminea risoluzione, come in un calcio di rigore.
E come in un calcio di rigore la gamba è sospesa a mezz'aria, e adesso scatta... ma non per colpire un pallone. Il crollo di una cassetta fa crollare le speranze, un calcio che abbatte fa battere il cuore, uno scatto d'ira fa scattare in corsa, poi scattano tutti. Pure il mondo scatta... una fotografia, che in pochi avranno il coraggio di guardare. 
 
Oster, a terra, che istintivamente si sfiora la coscia ha dinanzi a sé un fierissimo Neiv, che ormai totalmente posseduto dal suo insensato odio ignora pure chi sta per coglierlo alle spalle. Tutti gli spettatori presenti, ampiamente scossi dall'accaduto, si sono mossi, ma soltanto uno è avanzato in prima linea; Giv, sotto l'effetto di un'incontenibile ira, è ora capace di qualsiasi gesto, non ha più il controllo del suo corpo... che agirà soltanto d'istinto ignorando ogni possibile conseguenza, pure la più devastante che si possa immaginare. 
 
Il big bang ha generato un universo che adesso i suoi stessi pianeti, collidendo tra loro, distruggeranno. Non è più un semplice litigio, non è più neppure una lotta tra bene e male, non è il preludio di un addio, è qualcosa di ben più grande e grave. Ma non sarà neppure la fine del mondo... perchè agli occhi di chi la vive è più terrificante, il peggior disastro naturale non è neanche lontanamente comparabile a ciò che rappresenta nel cervello e nel cuore dei protagonisti quella forsennata rissa.
 
Tutto si è assurdamente ribaltato, ma il fattore intermedio in questa occasione non è stato frutto di una casualità, è stato maledettamente voluto da qualcuno o qualcosa di non ben identificabile. Corpi che prima si trovavano in fase di staticità sono adesso coinvolti in una situazione d'attività oltremodo estrema: chi in un folle assalto, chi in un'impossibile difesa e chi in un disperato tentativo di arresto della lotta, sono tutti impegnati. Volano mani, che colpiscono, si proteggono, trattengono, tremano. Al vento... tutto, ciò che si era costruito, che si era pianificato, che si era sfiorato. Al vento nuove lacrime, che stavolta nessuno raccoglierà, nessuno noterà; lacrime disperate bagnano mani disperate, che vanamente tentano di raccogliere la poca dignità che è rimasta. Le mani vengono trascurate, e nel trambusto pure scacciate, tanto chi le noterà? Qualcuno le ha mai realmente notate? Forse solo in parte. 
 
E mentre quelle mani, inumidite da lacrime stanche, arretrano dove nessuno le cercherà, altre mani continuano a dimenarsi dimenticando pure il perché della loro presenza lì.
Bisogna stoppare quel groviglio di mani, che in soli pochi secondi hanno già generato l'irreparabile, e serve una voce che le schiacci, che potentemente le sovrasti; di nuovo quella voce, che era stata prima pronta, poi attiva, dopo spezzata ed infine spenta. Ora il black out vocale è finalmente concluso, una volta riconnesse le corde il circuito può tornare in funzione: 
 
«Questo non è un far west, smettetela! Vi siete trasformati in bestie?» 
 
Una voce che dopo tanti tentativi si impone, con le sue vibrazioni paralizza le mani, i corpi, le menti. E paralizza l'aria, che nessun'altro oserà occupare con la propria voce. Tutti fermi, tutti muti, pure i più irrefrenabili. Tutti immobilizzati, tutti zittiti, da un urlo capace di scioccare chiunque. 

«Guardatevi dico, guardatevi!» 
 
Tutti con gli occhi bassi, tutti a guardare le proprie mani, capaci di qualcosa di cui neppure loro si rendevano più conto. Tutti partiti con uno scopo e rimasti per non averne, tutti inizialmente consci di ciò a cui andavano in contro ma in chiusura inconsapevoli delle oscenità che stavano andando a produrre. Tutti tranne Neiv, che le proprie mani non scrutava, ma che comunque
avvertiva una strana sensazione di disagio, che lo lasciava impietrito ed incapace di reagire con la sua tipica sfacciataggine. Grey e Boost, vicini tra loro, venivano catturati con aria di rimprovero dalla compagna, indignati delle loro stesse azioni: 
 
«Grey - ci furono pochi istanti di pausa che volevano introdurre il discorso - sempre pacato e ragionevole, nonostante il tuo rancore verso Neiv tu eri chiaramente partito con il solo scopo di dividere i due litiganti. Non si può negare che l'azione fosse condita anche di un pizzico di inevitabile odio, però... malgrado tutto restava più che ammirevole il tuo sforzo di mettere da parte i problemi personali per porre al primo posto quelli di squadra. Insomma eri nient'altro che tu, che ti mettevi in gioco per preservare la stabilità del gruppo, rinunciando alla vendetta che aspettavi e che ora ti era stata servita su un piatto d'argento. Queste buone intenzioni poi però devono esserti cadute di tasca, dato che dopo non le hai trovate più, pare. E così... una volta entrato nella mischia hai dimenticato tutto, e non agivi più da spartiacque, bensì scagliavi tutto l'odio represso nei confronti del tuo avversario. È pazzesco pensare che tu sia riuscito ad avverare proprio tutto quel che volevi evitare.» 
 
Una tonalità del genere non la si era mai udita prima, mista tra amarezza, rimprovero e, nonostante il tentativo di celarlo per conservare una figura autoritaria, anche molto affetto.         
 
I suoi stupendi occhi azzurri scolorivano al contatto con quell'aria contaminata d'indecenza, che con la sua pesantezza andava invece a piazzarsi nella sua gola. Era sì la più matura mentalmente ed anagraficamente, l'unica che aveva avuto il coraggio di stringere tra le mani le redini del gruppo ed ora pure compostamente arrabbiata, ma si evinceva che rimaneva comunque non immune a certe sensazioni, che assalgono ad ogni età e dovunque ci si trovi. 
 
Si concesse alcuni secondi di pausa nei quali non perse l'occasione di scrutare ancora una volta gli occhi di Grey, la cui colorazione diventava sempre più simile a quella dei suoi; amari e ottenebrati apparivano, almeno attenendosi all'immagine che si riuscì a catturarne... prima che essi calassero definitivamente verso il suolo per la vergogna. 
 
Poi riprese, facendo il punto su un diverso protagonista. E pareva incattivirsi, ma certamente non per assaporare il gusto di sentirsi superiore al compagno: 


«Poi c'eri tu, Boost. Nulla mi sorprese mai più di questo tuo comportamento, di questa tua insensata trasformazione. Tu non serbavi rancore nei confronti di nessuno, e posso esserne sicura perché ho imparato a conoscerti, sei un collega di cui non dubiterei mai, che se tu mi dovessi dire che il fuoco non è pericoloso non esiterei a metterci la mano sopra. È proprio per questo che non posso capacitarmi di ciò che ho visto, le tue mani che spaziavano di qua e di là colpendo chiunque gli si trovasse affianco senza alcun pretesto logico, come se fossero controllate da un joystick sul quale camminava un gatto. Non ho capito più se quello eri tu oppure una tua controfigura, non ho voluto neppure capire fino in fondo dove sei realmente voluto andare a parare con quei tuoi movimenti sconnessi. Come è stato realizzabile che uno come te si sia lasciato travolgere da quel parapiglia, da quella baraonda? Uno come te che mi aveva dato la forza di tornare a credere in voi, in noi, che mi aveva fatto ritrovare la voglia di lottare e di sperare ancora nel bene. Cosa e come è potuto accadere?» 
 
Una domanda che non cercava una risposta comunicata con parole, ma che andava a cogliere inevitabilmente quella dell'espressione facciale, che distintamente, anche con l'aiuto di una movenza del capo, trasmetteva un umiliato "non lo so". 
 
Un intermezzo più breve attese le parole dedicate a Giv, che arrivarono molto più austere ed intransigenti rispetto alle antecedenti: 
 
«Giv, per te spenderò poche parole, il tuo comportamento è stato letteralmente inaudito. Sappiamo tutti che sei molto impulsivo ed un po' irruento, ma io mai avrei voluto vederti come un'autentica belva che non risponde delle proprie azioni e si fa guidare solo dall'istinto. Non siamo un branco di animali... se nell'impeto te ne sei accorto.» 
 
Poi frenò sul nascere qualunque suo tentativo di risposta, velenosamente: 
 
«E per questa volta fai qualche respiro profondo prima di agire o rispondere in maniera avventata e non consona.»
 
Parole di rimprovero più o meno pungenti che stavano a descrivere un far west, come l'aveva definito lei, che l'aveva lasciata in una condizione di stupore non molto positiva.
Ma chissà che quel far west non potesse avere anche riscontri positivi, che lei non considerava. 
 
Quell'arena, durante lo svolgersi dei fatti, aveva subito ripetute variazioni di tonalità: in partenza un rigoglioso verde speranza si era lanciato nel tentativo di diffusione, con i suoi rampicanti che man mano crescevano ed invadevano ogni zona limitrofa; seguentemente però un'ardente fiamma rossa d'odio era improvvisamente esplosa autoalimentandosi ed aveva raso al suolo ogni macchia di vegetazione presente, lasciando dinanzi a sé un terreno totalmente arido colorato soltanto di alcune foglioline appassite. L'estintore intento a contenere il divampare delle fiamme - almeno per quanto potesse rientrare nei suoi poteri - era invece stato reputato superfluo, considerato anche che ciò che poteva dare l'aveva già dato; perché un enorme potere d'azzurro vivo avrebbe presto inondato tutto il paesaggio, ammutolendo le rosse fiamme e permettendo alla fiorente vegetazione d'abbracciare ogni angolo coi suoi larghi rami. E dopo una lunga lotta, dove per qualche istante l'incendio pareva dovesse conquistare l'intero pianeta, quel verde così colmo di speranza aveva finalmente trionfato, anche se abbastanza prepotentemente; e purtroppo quella sua irruenza l'aveva fatto apparire a degli occhi un po' offuscati e troppo stanchi come un severo grigio scuro; anche se c'era chi, con occhi nuovi bagnati da quella fresca e limpida acqua azzurra, aveva riacquisito a pieno le sue capacità visive e riusciva ora a cogliere quello splendido ed abbagliante colore.
Ma solo uno tra tutti quegli sguardi aveva afferrato il vero messaggio che era stato voluto trasmettere, mentre i rimanenti restavano profondamente feriti dalla cupezza di quel grigio: c'era chi fissava le sue mani e le sue braccia per comprendere se quel dannato corpo sporcato d'indecenza fosse effettivamente ancora il suo, c'era chi il coraggio di guardare se stesso lo aveva invece pure perso, e c'era chi percepiva sul dorso il peso dei propri errori come un distruttivo macigno che era caduto sul loro mondo di amicizia. Ognuno di loro viveva negativamente quel clima, ognuno a modo suo: chi si sentiva confuso, chi in colpa e chi era malato senza neppure capirne la causa, che colpe sicuramente non aveva... perché di certo non aveva fumato; ma forse sarà che il fumo passivo fa addirittura più male di quello attivo.
 
Però quelle parole, seppur potessero essere sembrate maligne, non erano state plasmate per raggiungere tale scopo; Oster, che ora piantava i palmi delle mani sull'asfalto per darsi spinta verso l'alto, ci teneva fortemente a precisarlo; passarono solo alcuni secondi, che la tredicenne sfruttò per ricomporsi, prima delle parole di chiarimento.
 
«Ah... amici, con lo scorrere del tempo le nuvole sono state scacciate via dal soffiar del vento, e adesso si può ammirare uno splendido cielo stellato. Credo sia arrivato anche per noi il momento di mandar via tutti questi musi lunghi, magari proprio a partire dal mio.», affermava tornando ad indossare nuovamente il suo proverbiale sorriso.
 
Avvertiva una strana sensazione in quel preciso momento, ma la ignorava e proseguiva: 
 
«Su, muovete quelle gambe! Dai, che sembrate tutti usciti da una scena tragica d'un qualche scadente film d'amore!», affermava con voce squillante e solare. 
 
Comprese che così non avrebbe ricevuto alcuna reazione dai suoi compagni imbambolati, ed allora tentò l'atterraggio nel campo delle offese gravi... 
 
«Quelli tratti dall'omonimo libro, noiosi da far cascare le braccia. Con la stessa trama delle venti pellicole precedenti, con i bulli, il fratello dispettoso e il diario segreto. E una regia degna del cane che non ho. Un cane ubriaco, sia chiaro.» 
 
…notando però che nemmeno quest'approccio gli strappava una flebile risata. E allora tornò sui suoi passi, passando nuovamente il microfono di scena al proprio cuore; dolcemente, come una mamma saprebbe fare, si piegò sulle ginocchia e si propose a loro con tono delicato ed alquanto rassicurante: 
 
«Ma riesco ad intendere che state vivendo una situazione complicata, beh... non certo come quelle immaginarie dei viziatelli da romanzo rosa.»
 
Spezzava con quella battuta, che racchiudeva un significato che veniva probabilmente non colto, e poi proseguiva sulla sua linea:  
 
«Però avete bisogno di rimanere tranquilli, dato che tutta questa agitazione non fa altro che ingigantire ulteriormente i problemi che già esistono. In fondo siete... non piccoli, ma comunque... giovani, e quindi siete ancora molto vulnerabili. Non è un qualcosa da usare come scusante per qualunque fatto si verifichi, ma non è neppure una vostra colpa. Insomma... è una vostra caratteristica, che va analizzata e corretta, con calma. E poi dobbiamo renderci conto di ciò
da cui tutto questo è scaturito...»
 
Ed arrivata in quella porzione di discorso si avvicinò, non proprio casualmente, a Giv, per farlo sentire più vicino al punto che stava toccando:      
 
«… e chiederci se ne è veramente valsa la pena, di svenarci e di mettere in dubbio i nostri migliori amici per un'idiozia pronunciata da una persona che... o ha perso la testa oppure aveva un po' di tempo libero da occupare.» 
 
Chinando il capo in direzione di Giv percepiva subito che sentir parlare di Grodig lo rendeva ancora nervoso: 
 
«E so che certe illazioni possono infastidire e pure non poco, ma ne è pieno il mondo di idiozie – si chinò nuovamente sulle gambe ponendosi faccia a faccia con l'amico – e noi non possiamo comporre un'apocalisse ogni qualvolta che una di queste ci sfiora personalmente.» 
 
Forse fu un eccesso di confidenza con lui... ma, dinanzi all'espressione sconsolata del suo volto, le venne spontaneo di accarezzare delicatamente il suo capo; sarebbe stato un modo di approcciarsi più indicato per una scena tra madre e figlio, ma poca importanza avevano le formalità in quel quadro così brillantemente armonioso. 
Quella mano, in seguito all'affettuoso gesto, gliela porse per fargli segno di rialzarsi, sia tecnicamente che figuratamente; con l'aiuto di Oster egli si tirò su, mentre anche gli altri emulavano la sua mossa. 
 
«Abbiamo bisogno soltanto di rilassarci, tornare lucidi. Oggi si è creata una gran confusione e quella confusione ha travolto un po' tutti, addirittura io in principio mi ero fatta assalire da essa. Gli eventi si sono concatenati ed i guai sono raddoppiati per ognuno di questi che si è verificato, si sono oltrepassati dei limiti che non si vorrebbero e non si dovrebbero mai superare e... ed è andata come è andata. Impareremo a fermarci e ragionare prima di varcare le soglie che ci dividono da ciò che ci fa del male.»
 
Piccola nella statura, giganteggiava con le sue profonde parole; adulta nel pensiero, conservava la stessa sensibilità con la quale era nata e cresciuta. Cos'altro narravano quelle labbra, se non la storia di una guerriera che ha trionfato e trionfa in battaglie di spirito contro le beffe e gli scherzi del crudele destino e del pensiero umano, che nella sua immensità tanto spaventoso può diventare? Quegli occhi, nei quali si poteva leggere ancora la stessa purezza della sua bambinesca età, riferimento ideale per chiunque cercasse riparo dai propri dolori e dubbi, che avevano dato a chi la attendeva con impazienza la tanto agognata risposta, finalmente autentica e sincera. 
 
Dopo tante stupide, complesse e ricercate... ma in fondo vuote, parole, frutto di un artificio intento a convincere con ogni mezzo, è bastato lasciarsi andare a quel profondo potere; un solo
sguardo e l'utilizzo di quell'arma hanno saputo dire tutto ciò che andava detto, senza necessità di sforzi mirati per sviare, poi confondere e poi... in fondo ingannare. 
 
Il bene non incarna certi atteggiamenti, o almeno non ha efficacia nel caso ne faccia uso. 
Il bene produce un effetto duraturo soltanto se il microfono di scena lo impugna il cuore, altrimenti è un inganno... come potrebbe esserlo il male. 
 
E la sua interprete solo parlando senza macchia aveva fatto colpo, aveva finalmente donato ciò che nel silenzio le era stato chiesto in regalo. L'aveva compreso, e aveva accettato, senza ormai più paura di fallire, la recondita proposta.  
 
Chi gioca le sue carte col cuore in mano non fallisce mai, neppure se ai più sembra uscire sconfitto dal campo. E chi sa leggere gli occhi, chi sa leggere il cuore... dichiara vincitore chi ha parlato il suo stesso linguaggio.
  
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