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Autore: onlypain    06/09/2015    5 recensioni
Quel giorno ricorreva il quarto anniversario della morte di Itachi Uchiha.
Quello era un giorno pieno di ricordi dolorosi, per lui. Rammentava ancora lo scontro avuto con suo fratello e si rammaricava di non avergli dato un ultimo addio come si deve.
Perciò era lì. A Konoha.
[...]
Fu in quel momento che si accorse di una persona che stava entrando nel cimitero, una persona che lui conosceva bene e che gli fece perdere un battito.
Sakura.
[...]
Quando la sua voce gli arrivò forte e chiara, si accorse che stava ancora trattenendo il fiato, che la sua voce aveva assunto un non so che di dolce e materno e che lui non stava sognando.
"Ciao, Itachi - san".
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sakura Haruno, Sasuke Uchiha | Coppie: Sasuke/Sakura
Note: Lime, Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Bentornati, cari lettori!

Come vi avevo già anticipato, questo è l'ultimo capitolo e, ahimé, non ci sarà un epilogo...ce ne sarà una raccolta intera!

Ta-daaaaan!

Siccome sono un'inguaribile romantica, non potevo mica limitarmi a un solo momento sasusaku! Perciò ho deciso che farò una raccolta di flash-fic in cui racconterò la "fine" di questa adorabile coppia!

Ancora devo decidere quali momenti inserire in questa raccolta, quindi ancora non so dirvi quando pubblicherò il primo "epilogo".

Ma ora passiamo a questo, di capitolo!

Ho paura che Sasuke sia leggermente OOC e che sia un po' troppo sdolcinato come capitolo (non per me u.u), ma spero che vi piaccia comunque!

Infine, grazie a tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le seguite, le preferite o tra quelle da ricordare, a chi mi ha lasciato una recensione e a chi ha letto solamente!! Grazie di cuore a tutti voi!

A presto,

onlypain

<< Adesso basta, Sasuke >> disse la rosa, sbarrandogli la strada con le braccia.

 

La guardò negli occhi e vi lesse decisione, determinazione, furia e pensò che aveva il suo stesso sguardo di anni e anni prima, quando lui aveva in mente un obiettivo.

 

Adesso anche lei ne aveva uno.

 

E capì di essere in trappola.

 

 

 

 

Lo guardò negli occhi e, vedendolo riprendere fiato mentre valutava l’avversario – lei, quella volta - si soffermò a guardarlo per pochissimi istanti.

 

Era cresciuto ancora, era cambiato da quando lo aveva visto l’ultima volta, al villaggio, il giorno prima che partisse.

 

I lineamenti del viso, se possibile, erano ancora più squadrati e aguzzi, della stessa carnagione pallida, perlacea che lo aveva sempre contraddistinto. Gli occhi neri – che, durante la corsa, si erano dipinti di rosso – erano impassibili e la scrutavano nella stessa maniera in cui lo stava facendo lei. I capelli scuri erano una massa indomita che troneggiava sulla sua testa, ribelle come lo era sempre stata.

 

Il suo sguardo scese lungo il naso dritto e si soffermò per qualche istante di troppo sulle labbra pallide e sottili; la ragazza si rifiutò di arrossire e di mostrare – ancora una volta – l’effetto che lui le faceva, anche se non poteva negare le innumerevoli volte che si era estraniata da ciò che la circondava per immaginare il loro primo bacio, il suo primo bacio in assoluto.

 

Destandosi dai suoi pensieri, si prese ancora qualche secondo per squadrarlo dal collo in giù, anche se ci trovò solo e soltanto muscoli, muscoli e ancora muscoli – non che fosse un male.

 

Sasuke doveva essersi allenato duramente per ottenere un corpo solido come quello: la stoffa della maglia bianca si tendeva sulle spalle e lasciava scoperta una porzione di petto maggiore di quanto ricordasse; le gambe erano più muscolose di quattro anni prima e, in quell’assurda posizione di attacco, lo facevano sembrare enorme e, soprattutto, pericoloso.

 

Fu proprio la posizione che il ragazzo aveva assunto a portare Sakura ad alzare gli occhi sul suo viso; tuttavia, non si aspettava quello.

 

Non si aspettava di trovare i suoi occhi rossi.

 

Cercò di sottrarsi a quella morsa che le stavano procurando – che lui le stava procurando – ma si arrese quando capì di non essere più nella foresta. Ora era in un’altra dimensione, da sola.

 

Si guardava intorno, freneticamente, non perché avesse paura di qualcosa, ma perché aveva paura di quello che sentiva. Una sensazione la stava divorando dall’interno.

 

Sentiva un senso di ansia, panico, desolazione. Abbandono.

 

A quel punto, davanti a lei, comparve Sasuke con la solita espressione neutra in faccia e lo sguardo cremisi puntato su di lei. Poi ghignò e dei corvi la attaccarono.

 

Sakura iniziò a urlare e a divincolarsi, per cercare di nuovo – sempre e comunque – il ragazzo con lo sguardo. Allora i corvi la liberarono dalla loro presenza e lei, con orrore, si accorse che i corvi provenivano dal corpo di Sasuke, il quale si stava dissolvendo con lo stesso stupido sorrisetto. Come Itachi.

 

Il nome di Itachi le fece scattare una molla nel cervello e rammentò la promessa che gli aveva fatto.

 

Lo riporterò indietro, Itachi, da te.

 

Allora urlò e, con i polmoni in fiamme, si scaraventò contro la figura del ragazzo, con il pugno in aria, pronta a calarlo su di lui.

 

E, subito, si ritrovò nella foresta, ansimante, con il pugno ancora per aria.

 

Diede un’occhiata all’avversario, che aveva abbandonato lo sharingan e la scrutava leggermente sorpreso ma in allerta, in attesa della sua prossima mossa.

 

La rosa fece ricadere la mano lungo il fianco, sciogliendo la stretta delle dita sul palmo, e, subito dopo, la fece passare tra i capelli, sospirando. Guardò attentamente Sasuke per un istante e poi mosse un passo, poi un altro e un altro ancora.

 

Voleva arrivare davanti a lui, vicinissima, per guardarlo negli occhi e chiedergli – supplicarlo – di tornare insieme a lei a Konoha. Il suo orgoglio le urlava di non farlo, di attaccarlo, di dargli una bella lezione, perché l’aveva attaccata, l’aveva fatta soffrire, se lo meritava.

 

Ma lei continuava a camminare, calma e tranquilla.

 

L’Uchiha, tuttavia, non era della stessa opinione, a quanto pareva, poiché assunse una posizione di difesa, con una mano poggiata sull’elsa della sua katana. Sakura lo ignorò e continuò ad avvicinarsi, lentamente, per non dargli l’impressione di volerlo attaccare.

 

Dovette dargli l’impressione sbagliata, però – o Sasuke era davvero molto stupido – perché, in un lampo, egli sfoderò la lama e si diresse correndo verso di lei, con fare minaccioso e l’intenzione di attaccarla.

 

Sakura sbuffò – ma perché gli uomini devono essere così cretini?! – e, quando se lo ritrovò davanti, bello come un dio, lo superò con un balzo, atterrando alle sue spalle e voltandosi subito a fronteggiarlo. Lui si girò fulmineo e roteò la katana per attaccarla, sfiorandola sul fianco e strappando la casacca rossa. Un rivoletto di sangue sporcò l’indumento e Sakura si infuriò – non per la casacca rovinata, ovviamente.

 

Trovandoselo di fronte, gli tirò un poderoso calcio nell’addome, che il ragazzo non poté evitare perché troppo concentrato su di lei, e lui venne sbalzato all’indietro, volando per parecchi metri.

 

La ragazza lo seguì e, mentre il moro era ancora per aria, prendendolo per il collo senza stringere troppo, lo sbatté sul terreno, facendogli fuoriuscire dalla bocca peccaminosa un lamento di dolore. Spostò la mano dal collo alla maglia e, stringendola nel pugno, gli gridò contro: << Smettila, stupido che non sei altro! >>.

 

 

 

 

Lui incatenò i suoi occhi a quelli della rosa mascherando la sua incredulità e stette lì, fermo, per terra, bloccato da una femmina.

 

Già se lo immaginava: Naruto che lo derideva e sghignazzava nel sentire che era stato steso da Sakura. In sua difesa, però, poteva dire che la ragazza non poteva essere considerata normale, per via della sua forza.

 

Per un momento pensò di dimenarsi e ribellarsi sotto la sua presa, giusto per dare l’impressione che non gli andasse a genio il fatto di essere sottomesso da una donna. Tuttavia, lasciò perdere, perché, dopotutto, a lui piaceva.

 

 

 

 

<< Adesso parliamo, noi due >>.

 

Sakura se ne stava in piedi, davanti a Sasuke seduto per terra, che lei aveva gentilmente liberato dalla sua stretta. Lui aveva raccolto la sua katana e la stava ripulendo in silenzio, quando la ragazza esordì con quelle parole.

 

La guardò con un sopracciglio arcuato e lei, per fargli capire che non c’era nulla da ribattere altrimenti lo avrebbe volentieri sbattuto un altro paio di volte per terra, si mise le mani sui fianchi. Subito dopo, però, se ne pentì.

 

Aveva sfiorato la ferita sul fianco destro, che, nonostante fosse leggera e superficiale, aveva iniziato a bruciare; guardò male la persona davanti a lei e si passò la mano destra sul taglio per sanarlo con il chakra.

 

Pochi secondi dopo, quando si disse soddisfatta, alzò lo sguardo dalla pelle di nuovo perfetta e sorprese il ragazzo a fissarla ardentemente; non riuscì a interpretare quello sguardo, ma si scoprì turbata da quel gesto. Non l’aveva mai guardata in quel modo…

 

Sakura si accovacciò per poter essere alla stessa altezza dell’Uchiha, non distogliendo gli occhi da lui. Era un piacere guardarlo dopo così tanto tempo!

 

<< Come stai? >> gli chiese con voce malferma. Alla fine la preoccupazione aveva avuto il sopravvento sulla rabbia, ti pareva!

 

Vide la strana – e buffa – espressione che assunse per qualche momento il ragazzo; doveva essere rimasto sorpreso da quella domanda, si aspettava una predica, forse?

 

Non ci mise molto, comunque, a riprendersi e a rispondere con un “Mph”. Ah, quanto le erano mancati quei mormorii!

 

Alzò gli occhi al cielo e si sedette anche lei sul suolo umido; era piovuto l’altro giorno e, molto probabilmente, sarebbe piovuto anche quel dì. Sperava solo di tornare a casa in tempo.

 

<< Dai, dico sul serio. Siamo stati tutti in pensiero per te, in questi anni. A me e a Naruto sei mancato molto >> riprovò la ragazza, non ottenendo alcuna reazione da Sasuke se non che abbassasse lo sguardo sulla lama che teneva in grembo, continuando a pulirla.

 

Seguì un momento di silenzio, in cui si fecero sentire solo quel vento fresco tipico dell’autunno e il frusciare delle foglie. Sakura stava valutando se andare dritta al punto o se girare attorno alla questione, quando Sasuke alzò la testa di scatto e la guardò infastidito.

 

<< Che cosa vuoi da me, Sakura? >> le disse con astio, ma la sua mente, più che sul tono, si soffermò sul suo nome detto da lui.

 

Lo aveva detto lentamente, in un modo che a lei era sembrato sensuale, anche se la sua ragione le suggeriva che, in quella situazione, ci fosse ben poco di sensuale. Per parecchi secondi, così tanti che il ragazzo si spazientì, quel suono le vorticò in testa e, solo quando lui abbaiò un “Allora?”, cercò di riprendersi.

 

Decise di essere diretta e lo guardò dritto in volto: << Voglio che torni a casa con me >>.

 

L’Uchiha impallidì ancora di più, se possibile, e, con uno “Tsk!” sprezzante, si alzò.

 

<< Casa, dici? >> disse, con tutta la calma del mondo. Sakura lo imitò, alzandosi da terra lentamente. Annuì velocemente, chiedendosi come gli fosse possibile non mostrare alcuna delle emozioni che gli vorticavano dentro.

 

<< Io non ce l’ho più una casa! >> sibilò il ragazzo all’improvviso, rivolgendole un’occhiataccia con espressione dura.

 

<< Sasuke, non dire così… >> lo implorò lei, devastata dal sentire quelle parole.

 

<< Smettila! >> tuonò imperioso, lui. Facendo vorticare la katana in aria fra di loro, la rinfoderò e il sonoro scatto dell’elsa che sbatteva contro il fodero della lama riempì il silenzio che era sopraggiunto sulle loro teste.

 

Nello stesso momento, un fulmine si librò nel cielo e a Sakura ricordò tanto la tecnica che Sasuke aveva imparato dal loro maestro. Passò qualche secondo carico di tensione e il rombo del tuono rimbombò sulle loro teste, fra gli alberi delle foreste.

 

Guardò Sasuke e si maledì interiormente quando non vide più nessuno davanti a lei, ma divenne di pietra quando una mano pallida e callosa proveniente dalle sue spalle le bloccò il collo, in modo che potesse guardare solo davanti a sé.

 

Il ragazzo l’aveva bloccata in quell’assurda – ma che le faceva venire le farfalle nello stomaco – posizione; lei, in quel modo, riusciva a sentire tutti i suoi muscoli del petto e dell’addome e arrossì leggermente.

 

Lui si avvicinò con il viso al suo orecchio destro e, dopo averle fatto una carezza lungo il collo scoperto con quella stessa mano che la teneva ferma, sussurrò lentamente con tono brusco: << Konoha non è più la mia casa >>.

 

Detto ciò, l’Uchiha la liberò dalla sua presa. Si aspettava di sentirlo andare via, ma lui rimase fermo lì, immobile, come se non volesse davvero andarsene.

 

Sakura sentì gli occhi pieni di lacrime e alzò gli occhi al cielo; non riusciva a capire se l’avesse fatto per trattenerle o per pregare ancora una volta Itachi di non farle questo, di renderla finalmente felice, perché lei aveva sofferto tanto, troppo e sentiva di meritarsi la felicità con la persona che amava, che aveva sempre amato.

 

Un tuono esplose di nuovo sopra di loro e qualche goccia di pioggia andò a posarsi sulla fronte di Sakura, sulla guancia sinistra, sulle sue labbra. L’odore di pioggia e la freschezza delle poche lacrime cadute dal cielo sulla sua pelle la riportarono indietro, alla realtà.

 

La rosa si ricordò della sua parola, del suo obiettivo e strinse i pugni, voltandosi per fronteggiare ancora una volta l’amato.

 

<< Ti sbagli, Sasuke >> disse con tono deciso, per fargli capire che era convinta di ciò che diceva. L’interlocutore la guardava a braccia conserte, impassibile, in attesa di una spiegazione. Quando passò qualche secondo e lei ancora non aveva aperto bocca, decise di prendere la parola.

 

<< So quel che dico. Perché credi che me ne sia andato? Konoha non è più casa mia, non lo è mai stata da…da quando… >> sospirò pesantemente e Sakura completò la frase nella sua testa. Da quando erano morti i suoi genitori e suo fratello era diventato un traditore.

 

<< Quello che voglio dire è che non voglio vivere in un posto dove non fanno altro che scansarsi quando passo per le strade, bisbigliare quando mi vedono, guardarmi come se dovessi essere morto >> mormorò il moro, sotto lo sguardo colpevole della ragazza.

 

Sì, Sakura si sentiva in colpa, perché non se n’era mai accorta o forse aveva fatto finta di non vedere. Perché non aveva fatto nulla per evitarlo, tipo mandarli a quel paese o rimproverarli.

 

Ma ti prometto, Sasuke, che, se tornerai, mi prenderò io cura di te e non subirai più tutte queste angherie e ingiustizie.

 

<< Perciò non torno >>.

 

Sakura sentì rimbombare come un’eco quelle due parole nella sua mente, fino a farle dimenticare ciò che doveva fare, ciò che voleva dire, tutto.

 

Non torno.

 

Non torno.

 

Non. Torno.

 

<< No! >> urlò, ma un tuono scelse proprio quel momento per sovrastare la sua voce.

 

<< Aspetta, Sasuke! Aspetta! >> gli andò incontro, mentre lui le dava le spalle e iniziava ad andare per la sua strada. Afferrò la sua maglia e lo fece girare bruscamente, in modo da guardarlo in viso, e solo allora si accorse che stava piovendo e che loro erano ormai fradici.

 

<< Devo andare, Sakura >> disse atono lui e strattonò il braccio per liberarlo dalla presa della rosa, ma lei urlò di nuovo un “no!” e i loro occhi rimasero incollati.

 

<< Ti ringrazio per…per Itachi, per avergli fatto visita ogni anno. Grazie >> le sue labbra si soffermarono su ogni singola lettera di quella parola che, per tanto tempo, era rimasta sospesa fra di loro e il cui significato ancora le era ignoto.

 

Che la stesse congedando?, si chiese. Vuole abbandonarmi così? Di nuovo con un “grazie”?

 

<< Ascoltami, per favore >> disse la ragazza in tono sommesso, mollando la presa.

 

Abbassò per un momento lo sguardo e, subito dopo, lo riportò su di lui, che la guardava dall’alto in basso; eh sì, era cresciuto parecchio.

 

<< Un luogo non può essere la tua casa >> mormorò << Konoha non è la casa di nessuno, nemmeno la mia >> il ragazzo sbuffò, roteando gli occhi.

 

Sakura cercò di non dare tanta importanza a quella buffa espressione facciale, una delle poche che aveva mai visto su Sasuke, e continuò a parlare, fregandosene della pioggia e del freddo che si stava impossessando del suo corpo.

 

<< La casa di ciascuno di noi risiede nelle persone a cui teniamo, a cui vogliamo bene, che amiamo >> allungò una mano e gliela passò sulla guancia umida, guardandolo intensamente negli occhi << capisci? La mia casa erano i miei genitori, sono Naruto e i nostri amici,ma anche la signorina Tsunade, il capitano Yamato, Kakashi – sensei… >>.

 

La rosa inspirò profondamente e sganciò la bomba.

 

<< La mia casa sei tu >>.

 

Il moro sgranò leggermente gli occhi, ma non disse niente e allora Sakura continuò.

 

<< Perché vi voglio bene, tengo tantissimo a voi, siete la mia famiglia! >> fece ricadere il braccio lungo il fianco e capì che ancora doveva convincerlo.

 

<< Tu…tu stesso prima l’hai detto! >> gli fece notare. Lui sollevò un sopracciglio, cercando di riportare alla memoria il momento in cui aveva detto una tale sciocchezza.

 

Nel momento in cui lo capì, Sakura lo espresse a parole: << Hai detto che, dopo la morte dei tuoi genitori e-e dopo che tuo…tuo fratello se ne fu andato, non ti sei più sentito a casa al villaggio. Ed è normale, perché avevi perso la tua famiglia, le persone alle quali eri più affezionato; però, prima di allora, non consideravi Konoha come casa tua? >>.

 

Il ragazzo non rispose, non fece alcun cenno finché Sakura, duramente, lo spronò a confermare la sua ipotesi. Lui annuì una sola volta e distolse brevemente lo sguardo, che riportò sulla figura della ragazza non appena lei ricominciò a parlare.

 

<< E la consideravi tale perché era lì che vivevano i tuoi genitori, tuo fratello, i tuoi parenti >> finì il suo discorso con gli occhi lucidi, ma non si vergognò nel farlo notare al ragazzo, anche se, con tutta quella pioggia, non era certa che lui potesse accorgersene.

 

<< Ora, quindi >> tirò su col naso, sentiva proprio freddo << dov’è la tua casa? >>.

 

 

 

 

Eh già, Sasuke, dov’è la tua casa?

 

Chi è la tua casa?

 

Sasuke sentiva che stava per crollare. Troppe, troppe emozioni a cui non era abituato, troppi ricordi che non spolverava da tempo.

 

Vide che Sakura indietreggiava di pochi passi e la sua mano che si tendeva nello spazio fra di loro, con il dorso rivolto al cielo.

 

 

 

 

Prendi la mia mano, Sasuke.

 

 

 

 

Prendila, prendi la mano che ti porge.

 

Torna a casa, torna con lei. Da lei.

 

 

 

 

Coraggio, affronteremo questa vita insieme.

 

Nessuno ci guarderà male, nessuno parlerà di noi malignamente, nessuno più si scanserà al nostro passaggio, perché ci sarò io con te.

 

 

 

 

Non voglio più sentirmi così solo.

 

 

 

 

Non lo sarai più, Sasuke.

 

Vieni con me.

 

 

 

 

Va bene.

 

Verrò con te.

 

Verrò a casa.

 

Sasuke prese la mano che la rosa gli stava porgendo e fece qualche passo nella sua direzione, fino a ritrovarsi vicinissimi, con i nasi che si sfioravano, le mani strette in quelle dell’altro, gli occhi incatenati.

 

Sentiva il profondo desiderio di farle capire che stava facendo sul serio e capì che doveva fare solo una cosa.

 

Seguì il suo istinto e inclinò la testa, avvicinandosi sempre di più al volto della ragazza; la vide socchiudere le labbra e abbassare le palpebre e avvicinarsi piano a sua volta.

 

Quando le loro labbra si sfiorarono, Sakura gemette e il ragazzo non poté non sogghignare dentro di sé, ammettendo, però, che anche lui si sentiva come lei, soddisfatto e, soprattutto, completo.

 

La bocca di Sakura era morbida al punto da fargli perdere la ragione e lui non perse tempo: passò languidamente e lentamente la lingua sul labbro inferiore di lei, per assaporare la dolcezza di quel miele che, lo sapeva, aveva fatto suo.

 

Lei socchiuse ancora di più le labbra e il moro non si fece pregare oltre: infilò la lingua in quella cavità candida, cercando e trovando la sua; al loro contatto, l’aria fra di loro si infiammò e un piccolo gemito della rosa si perse in lui.

 

Portò le sue mani sui fianchi morbidi di lei e, a malincuore, si staccò per riprendere fiato.

 

<< Ti amo >>.

 

Sentire quelle due parole uscire dalla bocca di Sakura gli fece sciogliere il cuore e promise a se stesso che, prima o poi, gliel’avrebbe detto anche lui, perché sentiva che loro due erano fatti per stare insieme.

 

<< Io…io… >> non si accorse nemmeno di aver aperto bocca Sasuke, finché la rosa non lo zittì poggiando la punta delle dita sulla sua bocca.

 

<< Imparerai ad amarmi anche tu, lo so >> gli sorrise dolcemente e, al posto delle dita, lasciò sulle sue labbra un piccolo e dolcissimo bacio.

 

Guardò le iridi smeraldine della ex compagna di team e si compiacque nel vedere un leggero rossore campeggiare sulle gote di lei; tolse le mani dal suo corpo e la prese per mano.

 

<< Torniamo a casa >> disse sommessamente.

 

E, sotto la pioggia battente, due cuori vennero uniti, due persone si ritrovarono e un corvo spiccò il volo.

   
 
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