Bentornati, cari lettori!
Come vi avevo già anticipato, questo è l'ultimo capitolo e, ahimé, non ci sarà un epilogo...ce ne sarà una raccolta intera!
Ta-daaaaan!
Siccome sono un'inguaribile romantica, non potevo mica limitarmi a un solo momento sasusaku! Perciò ho deciso che farò una raccolta di flash-fic in cui racconterò la "fine" di questa adorabile coppia!
Ancora devo decidere quali momenti inserire in questa raccolta, quindi ancora non so dirvi quando pubblicherò il primo "epilogo".
Ma ora passiamo a questo, di capitolo!
Ho paura che Sasuke sia leggermente OOC e che sia un po' troppo sdolcinato come capitolo (non per me u.u), ma spero che vi piaccia comunque!
Infine, grazie a tutti coloro che hanno inserito la mia storia tra le seguite, le preferite o tra quelle da ricordare, a chi mi ha lasciato una recensione e a chi ha letto solamente!! Grazie di cuore a tutti voi!
A presto,
onlypain
<<
Adesso
basta, Sasuke >> disse la rosa,
sbarrandogli la strada con le braccia.
La
guardò
negli occhi e vi lesse decisione, determinazione, furia e
pensò che aveva il
suo stesso sguardo di anni e anni prima, quando lui aveva in mente un
obiettivo.
Adesso
anche lei ne aveva uno.
E
capì di essere in trappola.
Lo
guardò negli occhi e, vedendolo riprendere fiato mentre
valutava l’avversario –
lei, quella volta - si
soffermò a
guardarlo per pochissimi istanti.
Era
cresciuto ancora, era cambiato da quando lo aveva visto
l’ultima volta, al
villaggio, il giorno prima che partisse.
I
lineamenti del viso, se possibile, erano ancora più
squadrati e aguzzi, della
stessa carnagione pallida, perlacea che lo aveva sempre
contraddistinto. Gli
occhi neri – che, durante la corsa, si erano dipinti di rosso
– erano
impassibili e la scrutavano nella stessa maniera in cui lo stava
facendo lei. I
capelli scuri erano una massa indomita che troneggiava sulla sua testa,
ribelle
come lo era sempre stata.
Il
suo sguardo scese lungo il naso dritto e si soffermò per
qualche istante di
troppo sulle labbra pallide e sottili; la ragazza si rifiutò
di arrossire e di
mostrare – ancora una volta – l’effetto
che lui le faceva, anche se non poteva
negare le innumerevoli volte che si era estraniata da ciò
che la circondava per
immaginare il loro primo bacio, il suo
primo bacio in assoluto.
Destandosi
dai suoi pensieri, si prese ancora qualche secondo per squadrarlo dal
collo in
giù, anche se ci trovò solo e soltanto muscoli,
muscoli e ancora muscoli – non
che fosse un male.
Sasuke
doveva essersi allenato duramente per ottenere un corpo solido come
quello: la
stoffa della maglia bianca si tendeva sulle spalle e lasciava scoperta
una
porzione di petto maggiore di quanto ricordasse; le gambe erano
più muscolose
di quattro anni prima e, in quell’assurda posizione di
attacco, lo facevano
sembrare enorme e, soprattutto, pericoloso.
Fu
proprio la posizione che il ragazzo aveva assunto a portare Sakura ad
alzare
gli occhi sul suo viso; tuttavia, non si aspettava quello.
Non
si aspettava di trovare i suoi occhi rossi.
Cercò
di sottrarsi a quella morsa che le stavano procurando – che lui le stava procurando – ma si
arrese
quando capì di non essere più nella foresta. Ora
era in un’altra dimensione, da
sola.
Si
guardava intorno, freneticamente, non perché avesse paura di
qualcosa, ma
perché aveva paura di quello che sentiva.
Una sensazione la stava divorando dall’interno.
Sentiva
un senso di ansia, panico, desolazione.
Abbandono.
A
quel punto, davanti a lei, comparve Sasuke con la solita espressione
neutra in
faccia e lo sguardo cremisi puntato su di lei. Poi ghignò e
dei corvi la
attaccarono.
Sakura
iniziò a urlare e a divincolarsi, per cercare di
nuovo – sempre e comunque – il ragazzo
con lo sguardo. Allora i
corvi la liberarono dalla loro presenza e lei, con orrore, si accorse
che i
corvi provenivano dal corpo di Sasuke, il quale si stava dissolvendo
con lo
stesso stupido sorrisetto. Come Itachi.
Il
nome di Itachi le fece scattare una molla nel cervello e
rammentò la promessa
che gli aveva fatto.
Lo
riporterò indietro, Itachi, da te.
Allora
urlò e, con i polmoni in fiamme, si scaraventò
contro la figura del ragazzo,
con il pugno in aria, pronta a calarlo su di lui.
E,
subito, si ritrovò nella foresta, ansimante, con il pugno
ancora per aria.
Diede
un’occhiata all’avversario, che
aveva abbandonato lo sharingan e la
scrutava leggermente
sorpreso ma in allerta, in attesa della sua prossima mossa.
La
rosa fece ricadere la mano lungo il fianco, sciogliendo la stretta
delle dita
sul palmo, e, subito dopo, la fece passare tra i capelli, sospirando.
Guardò
attentamente Sasuke per un istante e poi mosse un passo, poi un altro e
un
altro ancora.
Voleva
arrivare davanti a lui, vicinissima, per guardarlo negli occhi e
chiedergli – supplicarlo
– di tornare insieme a lei a
Konoha. Il suo orgoglio le urlava di non farlo, di attaccarlo, di
dargli una
bella lezione, perché l’aveva attaccata,
l’aveva fatta soffrire, se lo
meritava.
Ma
lei continuava a camminare, calma e tranquilla.
L’Uchiha,
tuttavia, non era della stessa opinione, a quanto pareva,
poiché assunse una
posizione di difesa, con una mano poggiata sull’elsa della
sua katana. Sakura
lo ignorò e continuò ad avvicinarsi, lentamente,
per non dargli l’impressione
di volerlo attaccare.
Dovette
dargli l’impressione sbagliata, però – o
Sasuke era davvero molto stupido
– perché, in un lampo, egli
sfoderò la lama e si diresse correndo verso di lei, con fare
minaccioso e
l’intenzione di attaccarla.
Sakura
sbuffò – ma
perché gli uomini devono
essere così cretini?! – e, quando se lo
ritrovò davanti, bello come un dio,
lo superò con un balzo, atterrando alle sue spalle e
voltandosi subito a
fronteggiarlo. Lui si girò fulmineo e roteò la
katana per attaccarla,
sfiorandola sul fianco e strappando la casacca rossa. Un rivoletto di
sangue
sporcò l’indumento e Sakura si infuriò
– non per la casacca rovinata, ovviamente.
Trovandoselo
di fronte, gli tirò un poderoso calcio
nell’addome, che il ragazzo non poté
evitare perché troppo concentrato su
di
lei, e lui venne sbalzato all’indietro, volando per
parecchi metri.
La
ragazza lo seguì e, mentre il moro era ancora per aria,
prendendolo per il
collo senza stringere troppo, lo sbatté sul terreno,
facendogli fuoriuscire
dalla bocca peccaminosa un lamento di dolore. Spostò la mano
dal collo alla
maglia e, stringendola nel pugno, gli gridò contro:
<< Smettila, stupido che
non sei altro! >>.
Lui
incatenò i suoi occhi a quelli
della rosa mascherando la sua incredulità e stette
lì, fermo, per terra, bloccato da
una femmina.
Già
se lo immaginava: Naruto che lo
derideva e sghignazzava nel sentire che era stato steso da Sakura. In
sua
difesa, però, poteva dire che la ragazza non poteva essere
considerata normale, per via della
sua forza.
Per un
momento pensò di dimenarsi e
ribellarsi sotto la sua presa, giusto per dare l’impressione
che non gli
andasse a genio il fatto di essere sottomesso da una donna. Tuttavia,
lasciò
perdere, perché, dopotutto, a lui
piaceva.
<<
Adesso parliamo, noi due
>>.
Sakura
se ne stava in piedi, davanti a Sasuke seduto per terra, che lei aveva gentilmente
liberato dalla sua stretta. Lui aveva raccolto la sua katana e la stava
ripulendo in silenzio, quando la ragazza esordì con quelle
parole.
La
guardò con un sopracciglio arcuato e lei, per fargli capire
che non c’era nulla
da ribattere altrimenti lo avrebbe volentieri
sbattuto un altro paio di volte per terra, si mise le mani sui fianchi.
Subito
dopo, però, se ne pentì.
Aveva
sfiorato la ferita sul fianco destro, che, nonostante fosse leggera e
superficiale, aveva iniziato a bruciare; guardò male la
persona davanti a lei e
si passò la mano destra sul taglio per sanarlo con il chakra.
Pochi
secondi dopo, quando si disse soddisfatta, alzò lo sguardo
dalla pelle di nuovo
perfetta e sorprese il ragazzo a fissarla ardentemente; non
riuscì a
interpretare quello sguardo, ma si scoprì turbata da quel
gesto. Non l’aveva
mai guardata in quel modo…
Sakura
si accovacciò per poter essere alla stessa altezza
dell’Uchiha, non
distogliendo gli occhi da lui. Era un piacere guardarlo dopo
così tanto tempo!
<<
Come stai? >> gli chiese con voce malferma. Alla fine la
preoccupazione
aveva avuto il sopravvento sulla rabbia, ti pareva!
Vide
la strana – e buffa – espressione che assunse per
qualche momento il ragazzo;
doveva essere rimasto sorpreso da quella domanda, si aspettava una
predica,
forse?
Non
ci mise molto, comunque, a riprendersi e a rispondere con un
“Mph”. Ah, quanto
le erano mancati quei mormorii!
Alzò
gli occhi al cielo e si sedette anche lei sul suolo umido; era piovuto
l’altro
giorno e, molto probabilmente, sarebbe piovuto anche quel
dì. Sperava solo di
tornare a casa in tempo.
<<
Dai, dico sul serio. Siamo stati tutti in pensiero per te, in questi
anni. A me
e a Naruto sei mancato molto >> riprovò la
ragazza, non ottenendo alcuna
reazione da Sasuke se non che abbassasse lo sguardo sulla lama che
teneva in
grembo, continuando a pulirla.
Seguì
un momento di silenzio, in cui si fecero sentire solo quel vento fresco
tipico
dell’autunno e il frusciare delle foglie. Sakura stava
valutando se andare
dritta al punto o se girare attorno alla questione, quando Sasuke
alzò la testa
di scatto e la guardò infastidito.
<<
Che cosa vuoi da me, Sakura? >> le disse con astio, ma la
sua mente, più
che sul tono, si soffermò sul suo nome detto da lui.
Lo
aveva detto lentamente, in un modo che a lei era sembrato sensuale, anche se la sua ragione le
suggeriva che, in quella
situazione, ci fosse ben poco di sensuale. Per parecchi secondi,
così tanti che
il ragazzo si spazientì, quel suono le vorticò in
testa e, solo quando lui
abbaiò un “Allora?”,
cercò di
riprendersi.
Decise
di essere diretta e lo guardò dritto in volto:
<< Voglio che torni a casa
con me >>.
L’Uchiha
impallidì ancora di più, se possibile, e, con uno
“Tsk!”
sprezzante, si alzò.
<<
Casa, dici? >> disse, con tutta la calma del mondo.
Sakura lo imitò,
alzandosi da terra lentamente. Annuì velocemente,
chiedendosi come gli fosse
possibile non mostrare alcuna delle emozioni che gli vorticavano dentro.
<<
Io non ce l’ho più una casa! >>
sibilò il ragazzo all’improvviso,
rivolgendole un’occhiataccia con espressione dura.
<<
Sasuke, non dire così… >> lo
implorò lei, devastata dal sentire quelle
parole.
<<
Smettila! >> tuonò imperioso, lui. Facendo
vorticare la katana in aria
fra di loro, la rinfoderò e il sonoro scatto
dell’elsa che sbatteva contro il
fodero della lama riempì il silenzio che era sopraggiunto
sulle loro teste.
Nello
stesso momento, un fulmine si librò nel cielo e a Sakura
ricordò tanto la
tecnica che Sasuke aveva imparato dal loro maestro. Passò
qualche secondo
carico di tensione e il rombo del tuono rimbombò sulle loro
teste, fra gli
alberi delle foreste.
Guardò
Sasuke e si maledì interiormente quando non vide
più nessuno davanti a lei, ma
divenne di pietra quando una mano pallida e callosa proveniente dalle
sue
spalle le bloccò il collo, in modo che potesse guardare solo
davanti a sé.
Il
ragazzo l’aveva bloccata in quell’assurda
– ma che le faceva venire le farfalle
nello stomaco – posizione; lei, in quel modo, riusciva a
sentire tutti i suoi
muscoli del petto e dell’addome e arrossì
leggermente.
Lui
si avvicinò con il viso al suo orecchio destro e, dopo
averle fatto una carezza
lungo il collo scoperto con quella stessa mano che la teneva ferma,
sussurrò
lentamente con tono brusco: << Konoha non è
più la mia casa >>.
Detto
ciò, l’Uchiha la liberò dalla sua
presa. Si aspettava di sentirlo andare via,
ma lui rimase fermo lì, immobile, come
se
non volesse davvero andarsene.
Sakura
sentì gli occhi pieni di lacrime e alzò gli occhi
al cielo; non riusciva a
capire se l’avesse fatto per trattenerle o per pregare ancora
una volta Itachi
di non farle questo, di renderla finalmente felice, perché
lei aveva sofferto
tanto, troppo e sentiva di
meritarsi
la felicità con la persona che amava, che aveva sempre amato.
Un
tuono esplose di nuovo sopra di loro e qualche goccia di pioggia
andò a posarsi
sulla fronte di Sakura, sulla guancia sinistra, sulle sue labbra.
L’odore di
pioggia e la freschezza delle poche lacrime cadute dal cielo sulla sua
pelle la
riportarono indietro, alla realtà.
La
rosa si ricordò della sua parola, del suo obiettivo
e strinse i pugni, voltandosi per fronteggiare ancora una volta
l’amato.
<<
Ti sbagli, Sasuke >> disse con tono deciso, per fargli
capire che era
convinta di ciò che diceva. L’interlocutore la
guardava a braccia conserte,
impassibile, in attesa di una spiegazione. Quando passò
qualche secondo e lei
ancora non aveva aperto bocca, decise di prendere la parola.
<<
So quel che dico. Perché credi che me ne sia andato? Konoha
non è più casa mia,
non lo è mai stata da…da quando…
>> sospirò pesantemente e Sakura
completò
la frase nella sua testa. Da quando erano
morti i suoi genitori e suo fratello era diventato un traditore.
<<
Quello che voglio dire è che non voglio vivere in un posto
dove non fanno altro
che scansarsi quando passo per le strade, bisbigliare quando mi vedono,
guardarmi come se dovessi essere morto
>> mormorò il moro, sotto lo sguardo colpevole
della ragazza.
Sì,
Sakura si sentiva in colpa, perché non se n’era
mai accorta o forse aveva fatto finta di non
vedere.
Perché non aveva fatto nulla per evitarlo, tipo mandarli a
quel paese o
rimproverarli.
Ma ti
prometto, Sasuke, che, se
tornerai, mi prenderò io cura di te e non subirai
più tutte queste angherie e
ingiustizie.
<<
Perciò non torno
>>.
Sakura
sentì rimbombare come un’eco quelle due parole
nella sua mente, fino a farle
dimenticare ciò che doveva fare, ciò che voleva
dire, tutto.
Non torno.
Non torno.
Non. Torno.
<<
No! >> urlò, ma un tuono scelse proprio quel
momento per sovrastare la
sua voce.
<<
Aspetta, Sasuke! Aspetta! >> gli andò
incontro, mentre lui le dava le
spalle e iniziava ad andare per la sua
strada. Afferrò la sua maglia e lo fece girare
bruscamente, in modo da
guardarlo in viso, e solo allora si accorse che stava piovendo e che
loro erano
ormai fradici.
<<
Devo andare, Sakura >> disse atono lui e
strattonò il braccio per
liberarlo dalla presa della rosa, ma lei urlò di nuovo un
“no!” e i loro occhi
rimasero incollati.
<<
Ti ringrazio per…per Itachi, per avergli fatto visita ogni
anno. Grazie >> le
sue labbra si
soffermarono su ogni singola lettera di quella parola che, per tanto
tempo, era
rimasta sospesa fra di loro e il cui significato ancora le era ignoto.
Che
la stesse congedando?, si chiese. Vuole
abbandonarmi così? Di nuovo con un
“grazie”?
<<
Ascoltami, per favore >> disse la ragazza in tono
sommesso, mollando la
presa.
Abbassò
per un momento lo sguardo e, subito dopo, lo riportò su di
lui, che la guardava
dall’alto in basso; eh sì, era cresciuto parecchio.
<<
Un luogo non può essere la tua casa >>
mormorò << Konoha non è la
casa di nessuno, nemmeno la mia >> il ragazzo
sbuffò, roteando gli occhi.
Sakura
cercò di non dare tanta importanza a quella buffa
espressione facciale, una
delle poche che aveva mai visto su Sasuke, e continuò a
parlare, fregandosene
della pioggia e del freddo che si stava impossessando del suo corpo.
<<
La casa di ciascuno di noi risiede
nelle persone a cui teniamo, a cui vogliamo bene, che amiamo
>> allungò una mano e gliela passò
sulla guancia
umida, guardandolo intensamente negli occhi << capisci?
La mia casa erano i miei genitori,
sono Naruto
e i nostri amici,ma anche la
signorina
Tsunade, il capitano Yamato, Kakashi – sensei…
>>.
La
rosa inspirò profondamente e sganciò la bomba.
<<
La mia casa sei tu >>.
Il
moro sgranò leggermente gli occhi, ma non disse niente e
allora Sakura
continuò.
<<
Perché vi voglio bene, tengo tantissimo a voi, siete la mia
famiglia! >>
fece ricadere il braccio lungo il fianco e capì che ancora
doveva convincerlo.
<<
Tu…tu stesso prima l’hai detto! >>
gli fece notare. Lui sollevò un
sopracciglio, cercando di riportare alla memoria il momento in cui
aveva detto
una tale sciocchezza.
Nel
momento in cui lo capì, Sakura lo espresse a parole:
<< Hai detto che,
dopo la morte dei tuoi genitori e-e dopo che tuo…tuo
fratello se ne fu andato,
non ti sei più sentito a casa
al
villaggio. Ed è normale, perché avevi
perso la tua famiglia, le persone alle quali eri
più affezionato; però,
prima di allora, non consideravi Konoha come casa tua? >>.
Il
ragazzo non rispose, non fece alcun cenno finché Sakura,
duramente, lo spronò a
confermare la sua ipotesi. Lui annuì una sola volta e
distolse brevemente lo
sguardo, che riportò sulla figura della ragazza non appena
lei ricominciò a
parlare.
<<
E la consideravi tale perché era lì che vivevano
i tuoi genitori, tuo fratello,
i tuoi parenti >> finì il suo discorso con gli
occhi lucidi, ma non si
vergognò nel farlo notare al ragazzo, anche se, con tutta
quella pioggia, non
era certa che lui potesse accorgersene.
<<
Ora, quindi >> tirò su col naso, sentiva
proprio freddo << dov’è
la tua casa? >>.
Eh
già, Sasuke, dov’è
la tua casa?
Chi
è la tua casa?
Sasuke
sentiva che stava per crollare.
Troppe, troppe emozioni a cui non era abituato, troppi ricordi che non
spolverava da tempo.
Vide che
Sakura indietreggiava di pochi
passi e la sua mano che si tendeva nello spazio fra di loro, con il
dorso
rivolto al cielo.
Prendi la
mia mano, Sasuke.
Prendila,
prendi la mano che ti porge.
Torna a casa, torna con lei. Da
lei.
Coraggio,
affronteremo questa vita
insieme.
Nessuno ci
guarderà male, nessuno
parlerà di noi malignamente, nessuno più si
scanserà al nostro passaggio,
perché ci sarò io con te.
Non voglio
più sentirmi così solo.
Non lo
sarai più, Sasuke.
Vieni con
me.
Va bene.
Verrò
con
te.
Verrò
a casa.
Sasuke
prese la mano che la rosa gli
stava porgendo e fece qualche passo nella sua direzione, fino a
ritrovarsi
vicinissimi, con i nasi che si sfioravano, le mani strette in quelle
dell’altro, gli occhi incatenati.
Sentiva il
profondo desiderio di farle
capire che stava facendo sul serio e capì che doveva fare
solo una cosa.
Seguì
il suo istinto e inclinò la
testa, avvicinandosi sempre di più al volto della ragazza;
la vide socchiudere
le labbra e abbassare le palpebre e avvicinarsi piano a sua volta.
Quando le
loro labbra si sfiorarono,
Sakura gemette e il ragazzo non poté non sogghignare dentro
di sé, ammettendo,
però, che anche lui si sentiva come lei, soddisfatto e,
soprattutto, completo.
La bocca
di Sakura era morbida al punto
da fargli perdere la ragione e lui non perse tempo: passò
languidamente e
lentamente la lingua sul labbro inferiore di lei, per assaporare la
dolcezza di
quel miele che, lo sapeva, aveva
fatto suo.
Lei
socchiuse ancora di più le labbra e
il moro non si fece pregare oltre: infilò la lingua in
quella cavità candida,
cercando e trovando la sua; al loro contatto, l’aria fra di
loro si infiammò e
un piccolo gemito della rosa si perse in lui.
Portò
le sue mani sui fianchi morbidi
di lei e, a malincuore, si staccò per riprendere fiato.
<<
Ti
amo >>.
Sentire
quelle due parole uscire dalla
bocca di Sakura gli fece sciogliere il cuore e promise a se stesso che,
prima o
poi, gliel’avrebbe detto anche lui, perché sentiva
che loro due erano fatti per stare insieme.
<<
Io…io… >> non si accorse
nemmeno di aver aperto bocca Sasuke, finché la rosa non lo
zittì poggiando la
punta delle dita sulla sua bocca.
<<
Imparerai ad amarmi anche tu, lo so
>> gli sorrise dolcemente e,
al posto delle dita, lasciò sulle sue labbra un piccolo e
dolcissimo bacio.
Guardò
le iridi smeraldine della ex
compagna di team e si compiacque nel vedere un leggero rossore
campeggiare
sulle gote di lei; tolse le mani dal suo corpo e la prese per mano.
<<
Torniamo a casa >>
disse sommessamente.
E, sotto
la
pioggia battente, due cuori vennero uniti, due persone si ritrovarono e
un
corvo spiccò il volo.