Epilogo: la fine, a volte,
significa un nuovo inizio.
Il tempo ideale per la mia cerimonia del diploma, Tom è
arrivato stamattina, visto che vuole essere presente almeno a una
cerimonia del
diploma. Lui ha mollato la scuola, nonostante tutte le proteste di sua
madre,
per inseguire il suo sogno con i blink.
Lui mi ha chiesto cosa ne pensassi e io gli ho detto che
l’importante nella vita è rincorrere i propri
sogni fino a farli diventare
veri, lui mi ha ringraziato.
E così adesso gira la California con i ragazzi e si
diverte, so che non mi tradisce, Anne – che li segue per
vendere le loro
cassette e magliette – me l’avrebbe detto.
“Jen!”
Urla mia madre, io scendo di corsa.
È un miracolo che non inciampi dato che indosso un lungo
abito bianco.
“È arrivato Tom.”
Io vedo il suo sorriso e mi sento subito meglio, lo abbraccio e gli do
un bacio
sulla guancia.
“Ben arrivato.”
“Ragazzi, non c’è tempo da perdere.
Mettetevi in posa per una foto e poi
andiamo.”
Io mi metto vicino a lui con il mio bouquet di rose rosse e lui mi
passa un
braccio attorno alle spalle, mia madre scatta la foto. È
persino più eccitata
di me.
“Questa la incorniciamo, siete usciti benissimo!”
Squittisce, poi prende le chiavi della macchina e chiama
a raccolta il resto della famiglia. Ben presto siamo allegramente
stipati nella
station wagon di mio padre, diretti verso la scuola.
L’edificio sembra più bello alla luce del sole
piuttosto che con
una coltre di nuvole sopra, scendiamo dalla macchina e ci dirigiamo
verso il
cortile dove si terrà la cerimonia della consegna dei
diplomi.
Mio fratello mi ha fatto un cappello personalizzato con
scritto “Well, this is growing up.”che io adoro e
che ha suscitato l’invidia di
Kevin.
Kevin.
Mi guardo attorno per cercarlo e lo vedo in compagnia di
Audrey, di una donna dalla chioma ramata e di un uomo dai capelli
brizzolati
che gli dà pacche amichevoli sulle spalle e gli scompiglia
ulteriormente i
capelli.
“Dai, andiamo da Kev.”
Insieme a noi arrivano Jamelia, Gordon, Amber e Steve, il suo ragazzo.
Quando
mi vede la sua bocca si tira in una linea dura, ma non dice nulla, si
limita a
stringere più forte la mano del suo ragazzo. Immagino che
pochi mesi di
psicoterapia non riescano a guarire subito diciotto anni di problemi di
controllo della rabbia.
“Kevin!”
Lo chiamo, lui si illumina vedendo me e Tom.
“Ciao, ragazzi.
Ehi, rockstar! È bello vederti ogni tanto!
Venite vi presento i miei.”
Noi lo seguiamo.
“Lei e Marianne, mia madre e lui è Charles, mio
padre.
Mamma, papà, loro sono Jennifer Jenkins e Thomas DeLonge,
dei miei amici.”
Entrambi ci stringono le mani.
“Siamo felici che Kevin abbia fatto dei nuovi
amici.”
Squittisce lei.
“Oh, conosco tuo padre! Il suo studio di architettura ha
fatto un eccellente con la sede della mia azienda.”
“Cosa volete fare dopo il diploma?
Tu non studi qui, vero Thomas?”
Dice notando che Tom non indossa la toga.
“No, non studio qui.
Ho mollato la scuola qualche mese fa, perché la mia band
è stata notata da un discografico e forse incideremo un vero
album. Per adesso
abbiamo inciso una demo nella camera di Scott, il nostro
batterista.”
“Avete fatto mangiare alla famiglia di Scott uova per
mesi per isolare quella camera.”
Rido io.
“Io penso di studiare Architettura e Design per interni,
mi piace arredare e decorare le case e mio padre dice che ho
talento.”
“Ottima scelta.”
Non dice nulla su Tom e le sono grata, la gente di solito ha la
fastidiosa
abitudine di consigliargli
in modo
amichevole di riprendere gli studi.
“Mamma, papà. Vi rubo Jen, dobbiamo andare dietro
al
palco.”
Ce ne andiamo seguiti dagli altri, Audrey e Tom ci fanno segni di
saluto e
incoraggiamento, lei si è diplomata qualche giorno fa quindi
sa cosa si prova.
Chiacchierando del più e del meno arriviamo dietro al
palco e aspettiamo che chiamino i nostri nomi, poi il preside ci
consegnerà il
nostro dannato diploma e noi dovremo dire due parole.
Io sono la prima che viene chiamata ed è con un
po’ di
paura che attraverso il palco di legno per ricevere
l’agognata pergamena dal
preside.
Ho un attimo di panico quando sono davanti al microfono,
adesso tocca a me dire qualche blablabla e sperare che non siano troppo
acidi.
“Salve a tutti, sono Jennifer Jenkinks.
Mi sono trasferita qui da San Diego e non ho molto da
dire, se non un enorme grazie alle poche persone che mi hanno accettata
e hanno
mostrato amicizia nei miei confronti, ossia pochissime persone.
Accogliere le persone con qualcosa di diverso da un
gelido silenzio di disapprovazione aiuterebbe a farle sentire meno a
disagio.
Ringrazio i miei genitori per avermi concesso
l’opportunità di conseguire il mio diploma con i
loro sacrifici e il loro
supporto. Mio fratello Daniel, per avermi fatto ridere e riflettere
quando ne
avevo bisogno e ringrazio Tom, il mio ragazzo.
Sebbene fosse lontano non mi ha mai fatto mancare il suo supporto e mi
ha
incoraggiata ad andare avanti e a seguire i miei sogni.
Beh, è quello che farò.
Ho finito.”
Scendo dal palco e vengo accolta dall’abbraccio della mia
famiglia e di Tom.
“Una stoccata acida non poteva mancare, vero,
Jenny?”
Mi chiede ridendo Tom.
“Assolutamente no o non sarei io.”
Ascoltiamo anche i discorsi degli altri e poi lanciamo tutti insieme il
cappello.
Il futuro è qui e io sono in cammino.
Pochi giorni dopo sto mettendo
l’essenziale in un paio di
valigie.
Mamma non lo sa, ma io quest’anno non inizierò il
college, voglio prendermi un anno sabbatico e seguire i blink. Anne
dice che è
molto probabile che a settembre vadano nel sud dell’Australia
per fare una
serie di concerti. Non vedo l’ora di vedere
l’Australia.
Papà e Danny lo sanno, non l’ho detto a mamma
perché
avrebbe fatto storie.
“Prenditi anche un pacchetto di preservativi e la
pillola.”
La voce di mia madre mi fa sobbalzare.
“Cosa?”
“Pillola e preservativi, Jenny.
Non voglio diventare nonna prima del tempo.”
“Ma cosa dici?
Vivrò in un dormitorio dell’università
di San Diego e
sarò in camera con una ragazza, non capisco
perché io debba prenderli.”
Lei alza un sopracciglio.
“Credi che non lo sappia?
Non siete abili a dire bugie, voi. Tu seguirai Tom e la
sua band fino al prossimo anno accademico.”
“Come fai a saperlo?”
“Ho sentito tu e Danny parlarne e ho chiesto conferma a tuo
padre che – dopo
vari tentennamenti – ha sputato il rospo.
Perché non me l’hai detto?”
“Sapevo che non avresti approvato, tu vorresti che io
iniziassi l’università o
il college subito.”
“Ovvio che lo voglio, il tuo talento non deve andare
sprecato, ma avrei capito
un anno sabbatico.
Per te quest’anno è stato molto stressante e avrei
capito
il non voler affrontare subito un altro grande stress come cambiare
città e
scuola.
Ripeto, mettiti in valigia preservativi e la pillola.”
Io rimango un attimo in silenzio.
“Mamma, sei davvero convinta di lasciarmi andare?”
“Non ho altra scelta e poi è giusto che tu viva
più esperienze possibili e
viaggiare il più possibile. Mi dicono che l’estate
australiana sia molto bella.”
“Non ti si può nascondere niente! Grazie, mamma.
Grazie per avermi lasciato andare.”
“Ti lascio andare, ma non voglio nipoti. Non
subito.”
Io rido e metto in valigia quello che mi ha detto.
“Quando arriva Tom?”
“Prima di cena, abbiamo il volo alle sette.”
Lei sospira.
“Mi mancherai, Jenny.
La mia bambina è davvero cresciuta, sembrava ieri che
gattonavi curiosa nella nostra vecchia casa e adesso sei pronta per
spiccare il
volo.”
I miei occhi si riempiono di lacrime.
“Anche tu mi mancherai, mamma, e ho una paura
terribile.”
Ci abbracciamo e con il suo aiuto riempio le valigie con le ultime
cose, poi
filo a farmi una doccia.
Ho appena finito di vestirmi che suona il campanello,
scendo e trovo Tom che sta chiacchierando con mio padre e Danny.
“Pronta, Jenny?”
Io annuisco, lui sale in camera per andare a prendere le valigie.
Io guardo la mia famiglia, non siamo perfetti, ma
funzioniamo. Abbraccio papà, Danny e mamma, accetto i loro
auguri e i loro
consigli, ignorando gli occhi lucidi. Non mi va di piangere, non sto
partendo
per la guerra!
Tom fa la sua comparsa in salotto e saluta tutti, poi mi
prende per mano e usciamo insieme alle valigie. Solo quando sono in
macchina e
ho davvero detto arrivederci a tutti scoppio a piangere.
Tom mi passa un braccio attorno alle spalle.
“Non sei felice, Jenny?”
“Non è questo, è che mi mancano. Mi
passerà.”
“Sì, perché ho una bella sorpresa per
te.”
Mette in moto la macchina, ma con mia sorpresa non si
dirige verso l’aeroporto.
“Dove stiamo andando?”
“Sorpresa, sorpresa.”
Canticchia lui, si ferma finalmente davanti a una casa.
“Dove siamo?”
“Davanti a casa di mia zia Kate.”
“Mi vuoi presentare a lei?”
“Che? No!
Devo solo ridarle la macchina.”
“E come pensi di andare all’aeroporto?”
“Non ce ne sarà bisogno.”
Dice in tono misterioso, scendendo dalla macchina.
Io lo imito e con mia grande sorpresa mi trovo davanti
Mark, Scott e Anne.
“Cosa ci fate qui?”
“Suoniamo vicino a Chicago e siamo venuti a
prenderti.”
Mi risponde sorridente il bassista, io li abbraccio tutti e tre.
“Come mai sei qui anche tu, Anne?”
“Qualcuno doveva prendersi cura di questi tre
idioti.”
Io rido, Mark assume un cipiglio offeso.
“Beh, grazie, sorellina!
“È la verità, se non ti ci avessi
portato io non saresti
mai riuscito a entrare nel furgone. Ritieniti fortunata, Jen, questo
furgono è
molto più grande di quello che avevamo prima. Se avessimo
avuto quello non so
se tu e le tue valigie ci sarebbero state.”
“Wow!”
Esclamo contemplando un vecchio furgoncino da lavoro
bianco e pieno di adesivi e disegni, i peni sono opera di Tom.
“Non potevi disegnare fiori invece che cazzi?”
Gli chiedo divertita.
“Non simo hippie, figli dei fori, noi siamo
punk-rock!”
Mi dice gonfiando il petto.
“Sì, certo. Hai ragione, amore.”
“Basta litigi! Caricate le cose di Jen nel furgone che
così possiamo andare a
mangiare e lasciare Chicago.”
Il tono di Anne è pratico, ma contiene una certa dose di
minaccia, quindi i
maschietti caricano la roba senza fiatare.
“Tua zia non ci invita a pranzo.”
“No, dice che non vuole vedermi per un po’. Sono un
po’
pesante quando si parla di alieni.”
“Hai fatto impazzire quella povera donna, DeLonge. Dovresti
calmarti quando si
tratta di ufo, macini le palle alla gente.”
“Ma Anne, sono interessanti e sono veri. Vedrai che un
giorno si faranno vivi.”
“Sì, e ti chiameranno quale loro ambasciatore.
Dai, entra.”
Entriamo tutti ne furgone e Mark mette in moto, dopo un paio di
tentativi
andati a vuoto parte e ci porta al primo Mac che incontriamo. Prendiamo
tutti
dei ricchi menù e mangiamo cibo spazzatura fino a scoppiare:
hamburger,
crocchette di pollo, patatine, gelato.
Pensavo di mangiare tanto prima di pranzare con loro, ma
adesso penso che mangio come un uccellino, quei tre mangiano come
maiali.
“È sempre così, Anne?”
“Se ti riferisci al fatto che mangiano come dannati,
sì.”
“Wow.”
Finito di mangiare vado in bagno e poi si parte, saliamo tutti il
furgone e
imbocchiamo l’autostrada, non ho nemmeno chiesto quale
sarà la destinazione.
Non mi importa per ora.
Ora vedo solo la città che ho abitato per sei mesi circa
scivolare via dal finestrino come sabbia dalle mani.
Sei mesi di ricordi, di amicizie, di nuove persone
conosciute, concerti, serate passate a parlare di niente.
Mi ricordo le serate trascorse passate con Jamelia e
Audrey a parlare dei nostri ragazzi, a confrontare le nostre esperienze
o
semplicemente a farci una manicure o a guardare un film.
Le serate passate con tutti gli altri a bere, andare ai concerti,
pogare in attesa di una telefonata o di un messaggio di Tom.
Chi si scorda le paternali di Kev e Dan?
O le risate che mi sono fatta con Gordon?
O i capelli che Audrey mi ha tinto di un fucsia
squillante?
Porterò questi ricordi con me nel cuore e quando i miei
figli mi chiederanno come ero io alla loro età
risponderò con quello che mi è
successo in questi mesi.
Questo è il passato e io gli ho detto addio, o meglio
arrivederci.
Stringo la mano di Tom e lui risponde alla mia stretta
mentre parla con Mark e Anne.
Questo è il mio futuro e, mentre l’aria mi
schiaffeggia
la faccia – abbiamo i finestrini abbassati perché
qui fa un caldo d’inferno –
decido che me lo godrò fino in fondo.
Senza rimpianti.
Senza pensare alle brutte cose.
Senza guardare le cicatrici sul mio polso.
Sarò semplicemente libera e al fianco di Tom.
Felice.