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Autore: Layla    06/09/2015    1 recensioni
Jennifer Jenkins è una cheerleader qualunque.
Tom DeLonge il suo stalker personale che vuole farla diventare la sua ragazza a tutti i costi.
Jennifer non sopporta Tom.
Tom la vuole.
Tutto statico fino a quando, dopo una serie di avvenimenti, Jen si accorgerà che forse non ha poi così bisogno che Tom esca dalla sua vita.
Genere: Comico, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom DeLonge, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Epilogo: la fine, a volte, significa un nuovo inizio.

 

 Tre mesi dopo, a luglio, l’estate è arrivato anche a Chicago.
Il tempo ideale per la mia cerimonia del diploma, Tom è arrivato stamattina, visto che vuole essere presente almeno a una cerimonia del diploma. Lui ha mollato la scuola, nonostante tutte le proteste di sua madre, per inseguire il suo sogno con i blink.
Lui mi ha chiesto cosa ne pensassi e io gli ho detto che l’importante nella vita è rincorrere i propri sogni fino a farli diventare veri, lui mi ha ringraziato.
E così adesso gira la California con i ragazzi e si diverte, so che non mi tradisce, Anne – che li segue per vendere le loro cassette e magliette – me l’avrebbe detto.
“Jen!”
Urla mia madre, io scendo di corsa.
È un miracolo che non inciampi dato che indosso un lungo abito bianco.
“È arrivato Tom.”
Io vedo il suo sorriso e mi sento subito meglio, lo abbraccio e gli do un bacio sulla guancia.
“Ben arrivato.”
“Ragazzi, non c’è tempo da perdere. Mettetevi in posa per una foto e poi andiamo.”
Io mi metto vicino a lui con il mio bouquet di rose rosse e lui mi passa un braccio attorno alle spalle, mia madre scatta la foto. È persino più eccitata di me.
“Questa la incorniciamo, siete usciti benissimo!”
Squittisce, poi prende le chiavi della macchina e chiama a raccolta il resto della famiglia. Ben presto siamo allegramente stipati nella station wagon di mio padre, diretti verso la scuola.
L’edificio sembra più bello alla luce del sole piuttosto che con una coltre di nuvole sopra, scendiamo dalla macchina e ci dirigiamo verso il cortile dove si terrà la cerimonia della consegna dei diplomi.
Mio fratello mi ha fatto un cappello personalizzato con scritto “Well, this is growing up.”che io adoro e che ha suscitato l’invidia di Kevin.
Kevin.
Mi guardo attorno per cercarlo e lo vedo in compagnia di Audrey, di una donna dalla chioma ramata e di un uomo dai capelli brizzolati che gli dà pacche amichevoli sulle spalle e gli scompiglia ulteriormente i capelli.
“Dai, andiamo da Kev.”
Insieme a noi arrivano Jamelia, Gordon, Amber e Steve, il suo ragazzo. Quando mi vede la sua bocca si tira in una linea dura, ma non dice nulla, si limita a stringere più forte la mano del suo ragazzo. Immagino che pochi mesi di psicoterapia non riescano a guarire subito diciotto anni di problemi di controllo della rabbia.
“Kevin!”
Lo chiamo, lui si illumina vedendo me e Tom.
“Ciao, ragazzi.
Ehi, rockstar! È bello vederti ogni tanto!
Venite vi presento i miei.”
Noi lo seguiamo.
“Lei e Marianne, mia madre e lui è Charles, mio padre.
Mamma, papà, loro sono Jennifer Jenkins e Thomas DeLonge, dei miei amici.”
Entrambi ci stringono le mani.
“Siamo felici che Kevin abbia fatto dei nuovi amici.”
Squittisce lei.
“Oh, conosco tuo padre! Il suo studio di architettura ha fatto un eccellente con la sede della mia azienda.”
“Cosa volete fare dopo il diploma?
Tu non studi qui, vero Thomas?”
Dice notando che Tom non indossa la toga.
“No, non studio qui.
Ho mollato la scuola qualche mese fa, perché la mia band è stata notata da un discografico e forse incideremo un vero album. Per adesso abbiamo inciso una demo nella camera di Scott, il nostro batterista.”
“Avete fatto mangiare alla famiglia di Scott uova per mesi per isolare quella camera.”
Rido io.
“Io penso di studiare Architettura e Design per interni, mi piace arredare e decorare le case e mio padre dice che ho talento.”
“Ottima scelta.”
Non dice nulla su Tom e le sono grata, la gente di solito ha la fastidiosa abitudine di  consigliargli in modo amichevole di riprendere gli studi.
“Mamma, papà. Vi rubo Jen, dobbiamo andare dietro al palco.”
Ce ne andiamo seguiti dagli altri, Audrey e Tom ci fanno segni di saluto e incoraggiamento, lei si è diplomata qualche giorno fa quindi sa cosa si prova.
Chiacchierando del più e del meno arriviamo dietro al palco e aspettiamo che chiamino i nostri nomi, poi il preside ci consegnerà il nostro dannato diploma e noi dovremo dire due parole.
Io sono la prima che viene chiamata ed è con un po’ di paura che attraverso il palco di legno per ricevere l’agognata pergamena dal preside.
Ho un attimo di panico quando sono davanti al microfono, adesso tocca a me dire qualche blablabla e sperare che non siano troppo acidi.
“Salve a tutti, sono Jennifer Jenkinks.
Mi sono trasferita qui da San Diego e non ho molto da dire, se non un enorme grazie alle poche persone che mi hanno accettata e hanno mostrato amicizia nei miei confronti, ossia pochissime persone.
Accogliere le persone con qualcosa di diverso da un gelido silenzio di disapprovazione aiuterebbe a farle sentire meno a disagio.
Ringrazio i miei genitori per avermi concesso l’opportunità di conseguire il mio diploma con i loro sacrifici e il loro supporto. Mio fratello Daniel, per avermi fatto ridere e riflettere quando ne avevo bisogno e ringrazio Tom, il mio ragazzo.
Sebbene fosse lontano non mi ha mai fatto mancare il suo supporto e mi ha incoraggiata ad andare avanti e a seguire i miei sogni.
Beh, è quello che farò.
Ho finito.”
Scendo dal palco e vengo accolta dall’abbraccio della mia famiglia e di Tom.
“Una stoccata acida non poteva mancare, vero, Jenny?”
Mi chiede ridendo Tom.
“Assolutamente no o non sarei io.”
Ascoltiamo anche i discorsi degli altri e poi lanciamo tutti insieme il cappello.
Il futuro è qui e io sono in cammino.

 

Pochi giorni dopo sto mettendo l’essenziale in un paio di valigie.
Mamma non lo sa, ma io quest’anno non inizierò il college, voglio prendermi un anno sabbatico e seguire i blink. Anne dice che è molto probabile che a settembre vadano nel sud dell’Australia per fare una serie di concerti. Non vedo l’ora di vedere l’Australia.
Papà e Danny lo sanno, non l’ho detto a mamma perché avrebbe fatto storie.
“Prenditi anche un pacchetto di preservativi e la pillola.”
La voce di mia madre mi fa sobbalzare.
“Cosa?”
“Pillola e preservativi, Jenny.
Non voglio diventare nonna prima del tempo.”
“Ma cosa dici?
Vivrò in un dormitorio dell’università di San Diego e sarò in camera con una ragazza, non capisco perché io debba prenderli.”
Lei alza un sopracciglio.
“Credi che non lo sappia?
Non siete abili a dire bugie, voi. Tu seguirai Tom e la sua band fino al prossimo anno accademico.”
“Come fai a saperlo?”
“Ho sentito tu e Danny parlarne e ho chiesto conferma a tuo padre che – dopo vari tentennamenti – ha sputato il rospo.
Perché non me l’hai detto?”
“Sapevo che non avresti approvato, tu vorresti che io iniziassi l’università o il college subito.”
“Ovvio che lo voglio, il tuo talento non deve andare sprecato, ma avrei capito un anno sabbatico.
Per te quest’anno è stato molto stressante e avrei capito il non voler affrontare subito un altro grande stress come cambiare città e scuola.
Ripeto, mettiti in valigia preservativi e la pillola.”
Io rimango un attimo in silenzio.
“Mamma, sei davvero convinta di lasciarmi andare?”
“Non ho altra scelta e poi è giusto che tu viva più esperienze possibili e viaggiare il più possibile. Mi dicono che l’estate australiana sia molto bella.”
“Non ti si può nascondere niente! Grazie, mamma.
Grazie per avermi lasciato andare.”
“Ti lascio andare, ma non voglio nipoti. Non subito.”
Io rido e metto in valigia quello che mi ha detto.
“Quando arriva Tom?”
“Prima di cena, abbiamo il volo alle sette.”
Lei sospira.
“Mi mancherai, Jenny.
La mia bambina è davvero cresciuta, sembrava ieri che gattonavi curiosa nella nostra vecchia casa e adesso sei pronta per spiccare il volo.”
I miei occhi si riempiono di lacrime.
“Anche tu mi mancherai, mamma, e ho una paura terribile.”
Ci abbracciamo e con il suo aiuto riempio le valigie con le ultime cose, poi filo a farmi una doccia.
Ho appena finito di vestirmi che suona il campanello, scendo e trovo Tom che sta chiacchierando con mio padre e Danny.
“Pronta, Jenny?”
Io annuisco, lui sale in camera per andare a prendere le valigie.
Io guardo la mia famiglia, non siamo perfetti, ma funzioniamo. Abbraccio papà, Danny e mamma, accetto i loro auguri e i loro consigli, ignorando gli occhi lucidi. Non mi va di piangere, non sto partendo per la guerra!
Tom fa la sua comparsa in salotto e saluta tutti, poi mi prende per mano e usciamo insieme alle valigie. Solo quando sono in macchina e ho davvero detto arrivederci a tutti scoppio a piangere.
Tom mi passa un braccio attorno alle spalle.
“Non sei felice, Jenny?”
“Non è questo, è che mi mancano. Mi passerà.”
“Sì, perché ho una bella sorpresa per te.”
Mette in moto la macchina, ma con mia sorpresa non si dirige verso l’aeroporto.
“Dove stiamo andando?”
“Sorpresa, sorpresa.”
Canticchia lui, si ferma finalmente davanti a una casa.
“Dove siamo?”
“Davanti a casa di mia zia Kate.”
“Mi vuoi presentare a lei?”
“Che? No!
Devo solo ridarle la macchina.”
“E come pensi di andare all’aeroporto?”
“Non ce ne sarà bisogno.”
Dice in tono misterioso, scendendo dalla macchina.
Io lo imito e con mia grande sorpresa mi trovo davanti Mark, Scott e Anne.
“Cosa ci fate qui?”
“Suoniamo vicino a Chicago e siamo venuti a prenderti.”
Mi risponde sorridente il bassista, io li abbraccio tutti e tre.
“Come mai sei qui anche tu, Anne?”
“Qualcuno doveva prendersi cura di questi tre idioti.”
Io rido, Mark assume un cipiglio offeso.
“Beh, grazie, sorellina!
“È la verità, se non ti ci avessi portato io non saresti mai riuscito a entrare nel furgone. Ritieniti fortunata, Jen, questo furgono è molto più grande di quello che avevamo prima. Se avessimo avuto quello non so se tu e le tue valigie ci sarebbero state.”
“Wow!”
Esclamo contemplando un vecchio furgoncino da lavoro bianco e pieno di adesivi e disegni, i peni sono opera di Tom.
“Non potevi disegnare fiori invece che cazzi?”
Gli chiedo divertita.
“Non simo hippie, figli dei fori, noi siamo punk-rock!”
Mi dice gonfiando il petto.
“Sì, certo. Hai ragione, amore.”
“Basta litigi! Caricate le cose di Jen nel furgone che così possiamo andare a mangiare e lasciare Chicago.”
Il tono di Anne è pratico, ma contiene una certa dose di minaccia, quindi i maschietti caricano la roba senza fiatare.
“Tua zia non ci invita a pranzo.”
“No, dice che non vuole vedermi per un po’. Sono un po’ pesante quando si parla di alieni.”
“Hai fatto impazzire quella povera donna, DeLonge. Dovresti calmarti quando si tratta di ufo, macini le palle alla gente.”
“Ma Anne, sono interessanti e sono veri. Vedrai che un giorno si faranno vivi.”
“Sì, e ti chiameranno quale loro ambasciatore.
Dai, entra.”
Entriamo tutti ne furgone e Mark mette in moto, dopo un paio di tentativi andati a vuoto parte e ci porta al primo Mac che incontriamo. Prendiamo tutti dei ricchi menù e mangiamo cibo spazzatura fino a scoppiare: hamburger, crocchette di pollo, patatine, gelato.
Pensavo di mangiare tanto prima di pranzare con loro, ma adesso penso che mangio come un uccellino, quei tre mangiano come maiali.
“È sempre così, Anne?”
“Se ti riferisci al fatto che mangiano come dannati, sì.”
 “Wow.”
Finito di mangiare vado in bagno e poi si parte, saliamo tutti il furgone e imbocchiamo l’autostrada, non ho nemmeno chiesto quale sarà la destinazione.
Non mi importa per ora.
Ora vedo solo la città che ho abitato per sei mesi circa scivolare via dal finestrino come sabbia dalle mani.
Sei mesi di ricordi, di amicizie, di nuove persone conosciute, concerti, serate passate a parlare di niente.
Mi ricordo le serate trascorse passate con Jamelia e Audrey a parlare dei nostri ragazzi, a confrontare le nostre esperienze o semplicemente a farci una manicure o a guardare un film.
Le serate passate con tutti gli altri a bere, andare ai concerti, pogare in attesa di una telefonata o di un messaggio di Tom.
Chi si scorda le paternali di Kev e Dan?
O le risate che mi sono fatta con Gordon?
O i capelli che Audrey mi ha tinto di un fucsia squillante?
Porterò questi ricordi con me nel cuore e quando i miei figli mi chiederanno come ero io alla loro età risponderò con quello che mi è successo in questi mesi.
Questo è il passato e io gli ho detto addio, o meglio arrivederci.
Stringo la mano di Tom e lui risponde alla mia stretta mentre parla con Mark e Anne.
Questo è il mio futuro e, mentre l’aria mi schiaffeggia la faccia – abbiamo i finestrini abbassati perché qui fa un caldo d’inferno – decido che me lo godrò fino in fondo.
Senza rimpianti.
Senza pensare alle brutte cose.
Senza guardare le cicatrici sul mio polso.
Sarò semplicemente libera e al fianco di Tom.
Felice.

   
 
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