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Autore: ILParide    07/09/2015    0 recensioni
Presente anche sul sito ufficiale, questa è la mia prima fanfic. Penso si presenti in un modo un filino diverso rispetto alle storie che ho avuto modo di leggere qui finora.
La storia ho in programma di dividerla in 4 parti, la cui prima (Prometheus) è già completa, e la seconda (Hercules) già in lavorazione. Aggiungerò in futuro la presentazione delle ultime due.
PROMETHEUS: "Cosa succede quando un normale lavoro smette di essere un normale lavoro? Un normale incarico mette in moto meccanismi molto, molto più grandi dei protagonisti..."
HERCULES: "Tutto porta con sé dei ricordi. Anche quello che non vogliamo. Una semplice competizione sportiva si trasforma in una ricerca di vendetta"
EPIMETHEUS: "Work in progress"
PANDORA: "Work in progress"
Dato che ho parole da spendere:
Siccome onestamente non mi piace descrivere scene romantiche, e un po' perché il romanticismo dilagante nelle fanfic mi stomaca un po',questa storia ne sarà pressoché assente. Spero che questa mia premessa non vi abbia fatto perdere la curiosità, e buona lettura.
Dal prologo:
"Ora, lei provi a pensare a questo posto come alla pattumiera di Dio. Ci si potrebbero trovare un bel po’ di cose interessanti, non crede anche lei?"
Genere: Avventura, Commedia, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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3: You’ve Got a Problem Now

Elsword: “Basta! Basta! Non ne posso più!”

Urlando, Elsword scaraventò per terra la pila di libri che aveva di fronte a lui. Solo un pugno di Rena nello stomaco gli ricordò di essere in una biblioteca. I due avevano praticamente vissuto le due settimane seguenti il loro ingaggio facendo la spola tra il loro appartamento e la biblioteca di West City e sfogliando con attenzione quasi maniacale ogni singolo libro o trattato di storia, geografia e perfino di leggende metropolitane capitasse a tiro, e ora erano arrivati ai manuali di informatica. Se tutto il resto era sopportabile, Elsword trovava assolutamente impossibile da digerire il linguaggio informatico: benché possedessero un computer, infatti, dei due era Rena che se ne occupava la maggior parte delle volte. Elsword aveva solo le conoscenze di base per scrivere testi e, di tanto in tanto, navigare in rete.
L’uomo si alzò e si diresse fuori dalla sala di lettura. Anche Rena decise che sarebbe stato meglio fare una pausa: quel lavoro di ricerca era di gran lunga molto più faticoso – e noioso – di ciò che la loro professione richiedesse generalmente. In genere veniva loro commissionato di cercare persone scomparse o ladri con oggetti rubati. Per la maggior parte gli obbiettivi erano criminali, anche se qualche volta veniva loro chiesto di trovare qualche persona scomparsa che si rivelava semplicemente un coniuge infedele o un ragazzino ribelle. La regola non scritta dell’agenzia era “non si fanno domande”, né sul mittente, né sul bersaglio, né sulle conseguenze, che fossero un divorzio o l’incarcerazione di un boss della criminalità organizzata di South Lane. Per gli oggetti dispersi, erano più selettivi: non si sarebbero certo mai abbassati al cercare chiavi di casa o telefoni cellulari, e inoltre il mittente doveva essere comunque qualcuno di abbastanza importante. Ma questa era la prima volta che veniva chiesto loro, prima di trovare un oggetto, di trovare prove della sua esistenza. Rena non si capacitava di come il suo capo avesse accettato un incarico tale. Magari lo aveva visto come una sfida personale.
Elsword tornò una ventina di minuti dopo essere uscito, mentre Rena sfogliava il libro che lui aveva lasciato a metà. Sembrava molto soddisfatto.

Elsword: “Ok, Rena, possiamo anche andarcene per oggi.”
Rena: “Ma sono appena le due! Ti arrendi già?”
Elsword: “No, no, ma ho trovato un modo più semplice di trovare informazioni. Sono andato nella sala con i computer, e un tizio che stava lì mi ha insegnato a mettere un annuncio in rete, in una cosa chiamata “forum”. Ho chiesto se qualcuno avesse informazioni su questi fantomatici nasod. Il tipo dice che adesso dobbiamo aspettare un po’ ed aspettare le risposte di altri.”
Rena: “Cosa?”
Elsword: “Beh, ho pensato che magari avremmo potuto alleggerirci il lavoro facendone fare un po’ anche a qualcun altro. Mi sembra abbastanza sensato, no?”
Rena: “No che non mi sembra sensato! Insomma, non puoi sbandierare ai quattro venti una cosa del genere. A quanto ho capito, un nasod potrebbe fruttare fior di soldi. E se qualcuno, grazie alle informazioni che daranno a te, ma che possono vedere tutti, trova il nasod prima di noi, mi spieghi come facciamo?”
Elsword: “Perché, possono vederle tutti le risposte?”
Rena: “Certo! Ma tu lo sai come funziona un forum online?”
Elsword: “… non esattamente.”
Rena: “Lo immaginavo … beh, non fa niente, andiamo a togliere quell’inserzione.”

I due raggiunsero la sala con le postazioni informatiche e si affrettarono a tornare sul sito internet visitato in precedenza da Elsword. Sconcertati, si accorsero che qualcuno aveva già risposto. Una semplice riga, “ne ho uno. Chiamami al 673 XXXXXXX”. Dopodiché, l’annuncio di Elsword era stato bloccato perché nessun altro potesse rispondere.

Elsword: “Allora? Sei ancora convinta che abbia fatto male?”
Rena: “… anche se un po’ meno, sì. Insomma, è una situazione del tutto surreale! Quanto sarai stato via? Due minuti, forse tre. E costui risponde subito, ti da un numero di telefono e poi chiude il topic? Scusa, ma questo è abbastanza sospetto.”
Elsword: “Quindi che cosa facciamo?”
Rena: “Mah. Segnati il numero e andiamo a casa. Neanche io ho troppa voglia di lavorare, oggi. E poi ho una fame terribile, stamattina non abbiamo neanche fatto colazione.”



Rena: “Allora? Che si fa adesso?”

Dopo aver pranzato, i due si erano trovati a girovagare nei pressi di casa loro, senza né una meta precisa né la voglia di tornare a casa. Erano entrambi stanchi mentalmente e scoraggiati dalla mancanza di idee.

Elsword: “Io lo chiamerei, il tipo che ha detto di avere un nasod. Cosa ci costa?”
Rena: “Ma sì … al massimo, se è il solito esaltato, lo mandiamo a quel paese.”

Rena prese il suo cellulare e si fece dettare il numero. Dopodiché, attivò il vivavoce, così che potesse sentire anche Elsword. Rimasero in attesa per circa un minuto aspettando che dall’altro lato rispondessero, solo per sentirsi chiudere la telefonata.

Elsword: “Il solito esaltato, come hai detto tu. Lasciamo perdere, dai. Domani torniamo in biblioteca e …”

Non fece in tempo a finire la frase che il telefono di Rena squillò. Il numero era quello che avevano appena chiamato. Risposero.

Elsword: “Pronto? Chi …?”
Voce al telefono: “Elsword Sieghart … raggiungimi a Northern … poi trovami …”
Elsword: “Ma chi è? Chi parla?”
Voce al telefono: “Elsword Sieghart … raggiungimi a Northern …”

La voce, oltre che pesantemente camuffata, era addirittura registrata. Sembrava inoltre che fossero più persone a parlare all’unisono. Un’altra telefonata stramba … perché arrivavano solo a loro?
La telefonata, tuttavia, incuriosì parecchio i due: com’era possibile che dall’altra parte del telefono conoscessero l’interlocutore? Elsword si era curato di porre la domanda in maniera anonima, almeno. Inoltre, poteva benissimo essere uno scherzo di cattivo gusto di qualche conoscente che li aveva visti impegnati nelle loro ricerche.
Comunque sia, era già qualcosa di più concreto del nulla totale trovato sui libri.

Rena: “Tu che ne dici?”
Elsword: “Dico che è un buon pretesto per tornare a casa. Entro una settimana leviamo le tende e torniamo a lavorare a Northern.”

La casa di Elsword, dove lui era nato e vissuto fino a due mesi prima, si trovava a Northern, così come la sede principale della Sieghart & Sieghart. Per “farsi conoscere anche fuori dal giro”, diceva lui, aveva aperto una filiale a West City dove si era trasferito con la sua unica collaboratrice, con esiti poco incoraggianti.
Una settimana dopo la bizzarra chiamata, Rena ed Elsword ripartirono verso casa seguendo la statale N2. La rete stradale di Eon era qualcosa di piuttosto insolito: benché passando per il deserto di Center il passaggio tra le città cardinali sarebbe stato molto più rapido e semplice, non vi era nessuna strada passante per il deserto, per quanto sarebbe stato abbastanza facile costruirne. Così, le città principali erano collegate da quattro grandi arterie: la statale A1 da East City a Northern, la N2 da Northern a West City, la H3 da West City a South Lane e infine la T4 da South Lane a East City. Lungo le vie principali sorgevano innumerevoli città minori, inoltre da ogni città cardinale si diramava uno dei quattro Grandi Assi, che collegavano lo stato a quelli attigui.
Mentre Elsword guidava il camion della ditta, contenente i pochi mobili da ufficio che avevano portato da Northern, Rena portava la seconda vettura, un pick-up, a poca distanza. I due si tenevano in contatto tramite cellulare. Erano partiti verso le tre del pomeriggio, e la strada era quasi deserta. Verso le sei, cominciò il traffico, ma non divenne mai un ingorgo. Verso le sette e mezza, i due imboccarono una strada secondaria e sterrata che costeggiava il deserto, e che li avrebbe portati più rapidamente verso la loro casa, senza dover passare per il centro di Northern e rischiare di rimanere invischiati nel traffico. A parte loro non c’era nessuno.

Rena: “Finalmente, ancora una mezz’oretta e arriviamo … non vedo l’ora di sgranchirmi le gambe.”
Elsword: “Non mi dirai di essere già stanca! Sono solo quattro ore e mezza che viaggiamo. Io potrei continuare per altrettante.”
Rena: “Perché io non sono una caffeinomane come te. Quanti te ne sarai bevuti lungo il viaggio? Quattro o cinque di sicuro.”
Elsword: “Almeno non erano come i tuoi … oh, ma che ca-”

Come un fulmine a ciel sereno, qualcosa cadde dal cielo davanti al camion. Elsword fece appena in tempo a frenare bruscamente, facendo testacoda. Rena fermò l’auto dietro all’altra vettura, ed entrambi scesero ad osservare l’oggetto che si era parato davanti a loro. Era una grossa ascia bipenne di metallo nero inastata su un bastone bianco lungo quanto una persona. Sempre dal cielo, qualche secondo dopo, cadde … una persona.
L’impatto sollevò un enorme polverone attorno al nuovo arrivato, nascondendone la figura.

???: “Tsk. Avrei voluto centrare il camion. Almeno sarebbe stato uno in meno. Comunque sia, il risultato non cambia. La vostra corsa finisce qui, signori Sieghart. Oggi voi morirete.”

Estrasse l’ascia dal suolo e cominciò a rotearla a vuoto come fosse una lancia. Intanto, la polvere aveva cominciato a diradarsi, così Rena ed Elsword poterono rendersi conto di chi avevano di fronte. Si trattava di una donna abbastanza alta e magra, con lunghi capelli blu ed occhi azzurri. I suoi occhi, come la sua carnagione, erano spenti, come se avesse una qualche malattia o fosse stata per troppo tempo al chiuso. Portava un vestito blu scuro lungo fino alle caviglie stretto in vita da un cinturone, grossi stivali marroni e un mantello bianco. La parte inferiore dell’abito e del mantello erano pieni di buchi e strappati, e al vestito mancava la manica destra.
La donna si appoggiò la lunga ascia su una spalla e cominciò a soppesare Elsword.

Donna: “Tutto qui il famoso Elsword Sieghart? Sul serio? Ti immaginavo più bello.”

Senza pensarci due volte, Rena si lanciò verso la sconosciuta e provò a colpirla con un calcio. Avrebbe dovuto raggiungere il mento, ma lei lo parò distrattamente con l’asta. Rena riprovò più volte a colpirla, al viso, allo stomaco, alle gambe, ma l’intrusa si limitava a bloccare i suoi calci con il bastone, continuando a parlare.

Donna: “La vostra ricerca non vi porterà da nessuna parte. Io, Vanessa dei cavalieri di Luto, vi fermerò prima che possiate fare altro.”

Dopo aver gettato di lato Rena, con uno scatto impressionante Vanessa fece un lungo affondo in direzione di Elsword, il quale si trovò costretto a schivare uno dopo l’altro i colpi della donna. Questa vibrava ampi fendenti ed affondi a destra e a manca in rapida successione, a volte ruotando su sé stessa, ma sempre senza lasciare un punto cieco o un’opportunità per essere colpita. Tanto più che Elsword era disarmato, avendo lasciato le tre spade sul sedile del passeggero. Tuttavia, sembrava quasi essersi scordata di Rena. Cercando di non farsi vedere, si avvicinò il più possibile al camion per recuperare almeno uno dei wakizashi.
Mentre stava aprendo la portiera, un rumore dietro di lei la fermò. Si girò, e vide la lunga ascia di Vanessa a poca distanza da lei. Dopodiché, con un pugno sul naso questa su liberò di Elsword e scattò verso Rena, che stava affrettandosi a cercare una spada. Quando finalmente arrivò, Rena era riuscita ad afferrare un manico, e si ritrovò alle spalle al muro, con un’arma puntata alla gola.

Vanessa: “Game over, carina. Pensavi che non ti avessi visto?”
Elsword: “E tu pensavi di esserti liberata di me?”

Elsword era apparso alle sue spalle dal nulla, gli sanguinava il naso, probabilmente era rotto, ma non presentava altri danni. Con un pugno alla testa stordì Vanessa, dopodiché la spinse via, facendola sbattere contro la fiancata del camion. Aiutò Rena ad uscire ed afferrò la spada che lei era riuscita a recuperare. Era la katana. Ora poteva difendersi e, con un po’ di fortuna contrattaccare.
La cavaliera non si perse d’animo, e si lanciò a testa bassa contro Elsword. Questi parò il suo fendente tenendo la spada con entrambe le mani e, mentre erano bloccati, cercò di calciare l’avversaria. Vanessa lo schivò facendo un piccolo balzo indietro.
Stavolta fu Elsword ad attaccare. Portava fendenti orizzontali con entrambe le mani, ed allontanava subito la spada se questa si scontrava con l’ascia del nemico. Vanessa parava come se fosse la cosa più naturale al mondo, senza scomporsi. Tuttavia, al contrario dei calci di Rena, quei fendenti riuscivano a farla arretrare, e a darle un’espressione concentrata. Si vedeva che lo spadaccino riusciva a tenerla impegnata.

Vanessa: “Ti muovi bene per essere un giovanotto. Ma la tua guardia è scarsa.”

La cavaliera scostò appena il colpo in arrivo e, ruotando di scatto l’arma, colpì il mento di Elsword con il fondo del manico. Dopodiché, gli colpì rapidamente la testa, lo sterno e il retro del ginocchio destro. L’uomo si trovò in ginocchio, sorreggendosi con le mani e annaspando. Vanessa gli puntò contro l’ascia.

Vanessa: “Qualche ultima parola prima di morire? Qualche ultima volontà?”

Elsword si guardò intorno nervosamente. La katana era troppo distante per gettarsi e prenderla. Se solo avesse avuto due spade … se …

Elsword: “Vorrei alzare la mano!”

Nell’aria volarono due proiettili, uno diretto verso Elsword, e uno verso Vanessa. Mentre questa schivò quello diretto a lei, lo spadaccino afferrò con la mano alzata il suo, che si rivelò essere uno dei suoi wakizashi. Lo impugnò e si rialzò approfittando della distrazione della cavaliera. Dopodiché, cominciò a correre in direzione del secondo, atterrato poco distante.

Rena: “Ti ricordo che siamo in due, “carina”!”

Rovente di rabbia, Vanessa scagliò la sua ascia verso Rena, mirando alle gambe. Questa, in tutta risposta, la fermò sotto un piede quando gli fu vicina, mentre l’altra si avvicinava seguendo la propria arma.

Rena: “Chi è in vantaggio ora?”

La cavaliera si fermò. Davanti a lei, la donna aveva cominciato a roteare la sua stessa arma contro di lei. Dietro, Elsword si avvicinava con in mano le due wakizashi. Era in trappola.
Frugò sotto il mantello e ne estrasse un oggetto cilindrico, nero e lucido, con un anello che pendeva da un’estremità. Una granata. Aveva intenzione di farsi esplodere, e di trascinare gli altri con lei. La sollevò.

Vanessa: “Fermi tutti! Fermi tutti, o mi farete compagnia all’inferno! Gettate le armi! Tu, avvicinami la mia. Bene, così.”

Elsword appoggiò le spade a terra. Rena gettò ai piedi della cavaliera la sua arma, e questa, sempre con la granata in mano, si avvicinò circospetta per riprenderla. Si chinò e, quando si rialzò, vide lo spadaccino al fianco dell’altra donna.

Vanessa: “Ma allora vuoi morire?! Aspetta, dove …?”
Elsword: “Cerchi questa?”

Elsword faceva saltare di mano in mano la granata. Aveva ripreso entrambi i wakizashi, e in più aveva la katana appesa alla cinta. Come cavolo aveva potuto essere così veloce? Perché aveva lui la granata? E perché le spade corte erano sporche di sangue?
Hypersonic Slash!
Improvvisamente, il corpo di Vanessa si riempì di ferite, abbastanza lievi da non ucciderla ma abbastanza dolorose da farla contorcere al suolo. Elsword ripose le spade al fianco e si precipitò insieme a Rena dalla cavaliera ferita.

Rena: “Sei fortunata, noi non uccidiamo la gente a caso. Ora ti portiamo all’ospedale. Ci racconterai tutto, per filo e per segno.”

La donna si irrigidì, e guardò l’altra con occhi carichi di odio.

Vanessa: “Siete ipocriti al punto di mostrare compassione per gli sconfitti? E credete che vi ringrazierò? VOI NON AVETE CAPITO UN BEL NIENTE! Continuate pure il vostro bel viaggetto. Vedrete cosa vi aspetta!”

Con le ultime forze rimaste, prese un wakizashi dalla cintura di Elsword e se lo piantò in gola. Esalò i propri ultimi respiri gorgogliando.
Una volta morta, parve diventare trasparente, quasi una statua di ghiaccio, e andò in mille pezzi, che si dissolsero nell’aria.

Rena: “Ma cosa … che è successo?”
Elsword: “Non lo so, ma sbrighiamoci e andiamo all’ospedale. Mi sa che ho il naso rotto.”


Terzo capitolo aggiunto! Un po' più lungo dei primi, ma non tendo ad avere una lunghezza fissa. Mi raccomando, recensioni e critiche!
   
 
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