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Autore: BlackSwan Whites    07/09/2015    3 recensioni
STORIA AD OC (ISCRIZIONI CHIUSE!)
Il mondo ha già conosciuto due grandi ere della pirateria; i sogni e le speranze di tanti uomini sono naufragati per sempre, mentre altri sono riusciti a realizzare le loro ambizioni.
Nella terza grande era della pirateria, spinta da una volontà d'acciaio, una ragazza decide di imbarcarsi per solcare i mari assieme ad altri che, come lei, hanno un sogno e degli ideali che difenderanno a costo della vita. E voi, siete pronti a seguirla?
Una ciurma, tante persone, ma una sola, grande avventura.
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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UNA GRANDE AVVENTURA



Capitolo 7: Catture e trame... chi è preda e chi è cacciatore?

 

Quando rinvenne, capì immediatamente che qualcosa non andava.
Prima di tutto si trovava in un luogo chiuso, mentre aveva la vaga consapevolezza di essere in una piazza gremita di gente, nel bel mezzo della fiera degli aquiloni, prima che tutto si facesse buio.
Per secondo, quel posto, con una piccola grata metallica in alto, simile ad una feritoia, da cui la luce penetrava leggermente obliqua, e con la porta in ferro massiccio, ricordava fin troppo una cella di prigione.
Per terzo, era seduta su una sedia, con le mani legate dietro la schiena da un paio di spesse manette metalliche, e non percepiva il peso della katana al suo fianco.
Per quarto ed ultimo punto, e forse questa era la parte peggiore, si sentiva dolorante e pulsante, come se avesse un elefante che le calpestava le tempie. Dovevano averle dato una bella botta per stenderla così in un colpo solo, pensò; inoltre, provava una strana sensazione di nausea e torpore, simile a se l’avessero drogata, ma rinunciò a riflettere ulteriormente non appena una fitta acutissima le trapassò il cranio.
Macché drogata, si disse. Ricordava solo una sostanza in grado di provocarle quegli effetti, ancora più intensi a causa del pestaggio subito. Agalmatolite marina. Il veleno per eccellenza. Quella maledetta sostanza, da quando aveva acquisito i poteri del frutto del diavolo, oltre a causarle un malessere diffuso, aveva sempre avuto un effetto stordente su di lei.
La porta della cella si aprì improvvisamente con un cigolio sommesso che le rimbombò nel cervello, facendola rivoltare sulla sedia, per quanto resole possibile dalla limitazione dei movimenti causata dalle manette. Il dolore alla testa era martellante e insopportabile. Inspirò profondamente dal naso, cercando di non pensarci, ma distogliere l’attenzione e concentrarsi su qualsiasi altro concetto era reso impossibile dal contatto dei suoi polsi con il metallo nocivo.
-Ciao, Diana, è tanto che non ci vediamo, vero?- disse una voce di fronte a lei. Aveva percepito che qualcuno era entrato a “farle compagnia”, ma non l’aveva visto, poiché teneva gli occhi chiusi nel tentativo di affievolire il male eliminando le percezioni colte col senso della vista (con scarsi risultati).
In ogni caso, non aveva bisogno di osservare in faccia l’interlocutore per riconoscerlo. La sua voce, dopo quattro anni, era divenuta più profonda, ma manteneva comunque tutte le altre caratteristiche del timbro originale. E anche se non poteva vederlo, era in grado di percepire su di sé un magnetico sguardo blu dalle sfaccettature dorate, simili a schegge d’ambra nello zaffiro.
-Ciao, Caleb- mormorò dopo un po’, decidendo di rispondere e schiudendo le palpebre per poterlo finalmente guardare in faccia. Si era fatto più alto e muscoloso, ma le braccia e le gambe mantenevano una sottigliezza che gli conferiva un non so che di giovanile tendente all’infantile, complice anche la mancanza quasi assoluta di peli e barba. I capelli verdi scuri, che un tempo gli arrivavano quasi alle spalle, ora erano corti e si fermavano appena sopra le orecchie.
Notò che anche lui la stava fissando. -Però, sei cresciuta, Dia- commentò con un sorriso sghembo. -Ti sei fatta proprio una bella ragazza- aggiunse, avvicinandosi lentamente e girandole attorno per ammirarla da ogni angolazione. -Proprio una bella ragazza- ripeté, scandendo bene le parole, che le soffiò in un orecchio, facendola rabbrividire.
-Siamo in vena di complimenti, eh?- Il tono della mora era sarcastico, nonostante la situazione di palese svantaggio in cui si trovava. -È la verità… sai che sono sempre stato segretamente attratto da te- replicò lui, prendendole una ciocca di capelli dalla coda e giocherellandoci, avvolgendosela attorno alle dita.
In condizioni normali Diana si sarebbe voltata e gli avrebbe staccato la mano a morsi. Lo avrebbe fatto comunque, anche se fossero stati ancora amici e lui avesse osato prendersi certe libertà, a maggior ragione adesso; tuttavia, aveva a stento la forza di tenere gli occhi aperti, figurarsi di reagire a quelle provocazioni.
-Smettila di fare il ragazzino scemo in calore e vai al punto, Caleb- sbottò però ad un certo punto. Cominciava a stancarsi. Si sentiva come un topolino indifeso con cui un gatto gioca, allungando le zampe verso di lui per invitarlo a reagire e lasciandoselo sfuggire per poi riagguantarlo subito, oppure punzecchiandolo con gli artigli prima di divorarlo.
Le dita di lui si tesero verso il suo viso; soffocò un gemito nel momento in cui le sfiorò il bozzo duro che si era formato dove l’aveva colpita prima, tramortendola per poterla catturare. Il verde, intuito il punto debole, vi premette maggiormente, strappandole stavolta un ringhio di dolore. Lo guardò con odio represso.
-Non fare quella faccia, Dia, sai di essertelo meritato- la apostrofò, sempre con quel sorrisetto beffardo stampato sulle labbra. Dominare completamente la situazione pareva divertirlo molto. -Non mi hai neanche salutato, hai fatto per allontanarti non appena mi hai visto… Non è un modo molto carino di trattare un amico, non trovi?-
-Noi… non… siamo… amici- scandì la giovane a denti stretti. -No, hai ragione, eravamo amici. Poi i tuoi genitori hanno avuto quell’idea grandiosa, che è costata la promozione a te e la vita a loro- proseguì lui, inginocchiandosi per poterla fissare dritta dietro le lenti degli occhiali. Lei sostenne il suo sguardo senza batter ciglio, tuttavia sentì come un boato dentro sé al sentir rievocare una questione che le pesava sull’anima come un macigno.
-Sai, stimavo molto tua madre e tuo padre. Il grande comandante Instar e sua moglie… il terrore di tutti i pirati del Mare Meridionale. Erano i migliori, e tu la degna discendenza di due stelle come loro. Chissà quale oscuro motivo li ha spinti a tradire la Marina…-
-Loro non hanno tradito niente e nessuno, e tu lo sai benissimo!- urlò Diana, ormai incapace di trattenersi. -Quegli schifosi dei nostri… che dico, dei tuoi superiori li hanno incastrati perché erano invidiosi dell’importanza e del potere che stavano guadagnando, quindi hanno fatto in modo di eliminarli per poter prendere il loro posto!-
La ragazza tremava dall’ira. Quando qualcuno osava toccare il tasto dolente della fine dei suoi genitori erano, come si suol dire, cavoli amari. Scosse debolmente la testa, parzialmente esaurita dallo sfogo. -Non posso credere che ti sia bevuto quella fila di balle che hanno raccontato per giustificare il loro assassinio, Caleb. Eri il mio migliore amico. Eri come un fratello, per me, eppure non appena sono stata in difficoltà mi hai voltato le spalle. Pensavo fossi meglio di loro, invece vedo che ti sei integrato perfettamente-
Aveva le lacrime agli occhi, un po’ per il dolore alla testa, ma soprattutto per il turbamento emotivo. La trasformazione che il ragazzo aveva subito fin dall’epoca dei fatti, e che si manifestava completamente sviluppata adesso, la distruggeva. -Sei solo un bastardo come tutti gli altri-
Un violento pugno allo stomaco la fece piegare in due, mozzandole il fiato. -Ah, sarei io il bastardo?- ringhiò Caleb, con gli occhi che mandavano lampi. Le sollevò la testa per i capelli, costringendola a fissarlo dritto. -Rispondi: chi è che ha tradito gli ideali della Marina, tra noi due, sentiamo? Chi era la miglior recluta della sezione giovanile della Cipher Pol, prima di cominciare a farsi troppe domande sugli ordini che venivano impartiti invece di eseguirli senza fiatare? Chi è che è scappato di prigione, invece di andare incontro alla meritata condanna che gli era stata assegnata?-
Uno spintone la fece cadere sul pavimento, mentre ancora annaspava cercando di far entrare l’aria nei polmoni. Come se non bastasse, il suo aguzzino continuava ad infierire a parole. -Avevi tutto quello che si può volere dalla vita, e l’hai buttato via per cosa? Per darti alla delinquenza, andando a rovinare il delicato equilibrio che il nostro Governo si dà tanta pena per mantenere-
-Certo, una massa di corrotti pronti a sacrificare i loro migliori servitori per coprire i loro inganni… gran bel governo- sussurrò la ragazza, tra i colpi di tosse. La razionalità le avrebbe fatto chiudere la bocca per evitare di peggiorare la sua situazione, ma non poteva trattenersi. -Tante belle parole, e poi la gente muore sotto i loro occhi perché non sono in grado di provvedere alla loro salute-
Fece per rialzarsi, ma il giovane le mise un piede sulla schiena per bloccarla a terra, poi con le posò l’altro piede su una mano, premendo sempre più forte, fino a salirci praticamente sopra, scaricandovi tutto il peso. Si morse le labbra per soffocare il male.
Vedendo che la mora non dimostrava alcuna sofferenza, si spostò. -Ah, già, dimenticavo il nostro addestramento comune… Se non sbaglio avevi una soglia del dolore molto alta- considerò. -Vediamo, cosa devo fare per farti urlare?- le domandò, tornando a quel sorriso beffardo che aveva mantenuto fino a pochi minuti prima. Stavolta fu lei a ridacchiare, una risatina ruvida che serviva a mascherare ciò che sentiva in realtà, cioè ogni centimetro del suo corpo che gridava il suo malessere.
-Perché ci tieni così tanto? Se ti interessa sapere qualcosa, chiedimelo direttamente, così posso evitare di dirtelo e non perdiamo altro tempo. Non ti hanno insegnato che un agente non deve parlare sotto tortura? Credevo fosse una norma basilare…-
Incredibile, nonostante tutto non la finiva di ironizzare, pensò Caleb. Doveva avere tendenze suicide, oppure era masochista e voleva farsi picchiare (o peggio) ad oltranza. Ammirava la sua determinazione, anzi l’aveva sempre vista con un po’ d’invidia, quando erano compagni d’addestramento. Se la conosceva ancora, però, sapeva dove far pressione per portarla a crollare.
-Oh, beh, in qualche modo dobbiamo passare il tempo, mentre aspettiamo che i tuoi amichetti ci raggiungano, no?- Diana trasalì, un movimento che non gli sfuggì. Beccata. -Sì, i tuoi nuovi amici. Le notizie viaggiano veloci, Instar, e un membro della CP9 è costantemente aggiornato. Credi che non sappia che sei entrata a far parte di una ciurma pirata con quella svitata di Iris Synder e un po’ di altra gente? Sarebbe un peccato lasciarsi scappare l’occasione di catturarvi tutti, senza contare che una volta preso il vostro capitano otterremo anche l’arma che ha portato il caso Hiwa a risolversi come si è risolto-
La vedetta non sapeva più cosa rispondere. In bocca sentiva il sapore metallico e caldo del sangue, dato che si era tagliata il labbro a furia di stringerlo coi denti. -E chi ti dice che loro sanno dove mi trovo?- provò a dire, cercando di nascondere la paura che la stava invadendo. Una piccola parte di lei sperava che i suoi compagni potessero darle una mano, ma per il resto temeva ciò che sarebbe successo se l’avessero raggiunta in quel posto, ovunque si trovasse.
Ricordava infatti le grandi capacità strategiche di Caleb, non per niente era stato reclutato così giovane nelle CP. Sicuramente, la sua cattura era parte di un piano più grande, ben articolato e, soprattutto, molto pericoloso per tutti gli altri.
-Di questo non devi preoccuparti, prima o poi ci arriveranno… Ma intanto divertiamoci un po’ assieme, che ne dici?- L’espressione sul suo viso non lasciava presagire nulla di buono. Venne interrotto dal suono di una mano che batteva sulla porta dall’esterno. -Avanti- sbottò, rimettendosi in piedi. Un tipo con un lungo mantello color sabbia, vagamente simile a un camice da laboratorio, si affacciò sull’uscio. Nonostante fosse sui trent’anni, manteneva nei confronti di Caleb (diciassettenne come Diana) un atteggiamento di deferenza.
-Signore, mi hanno detto di comunicarle che Synder e Hono sono al laboratorio e stanno discutendo con il capo- Il ghigno sul volto del verde si allargò maggiormente. -Che velocità… sentito, Dia, tra poco avrai compagnia- disse, rivolto alla ragazza che ancora giaceva sul pavimento.
-Ora che ci penso,- aggiunse, -per passare il tempo potrei anche raccontarti un po’ quello che facciamo qui, tanto ormai sai dove ci troviamo… Ma ritengo che al momento ci siano altre attività più allettanti da svolgere. Il momento delle spiegazioni arriverà più tardi, quando sarete qui tutti assieme. Così faremo il discorso una volta sola, prima di spedirvi in galera come meritate, ovviamente dopo avervi dato una ripassata-
E così dicendo le assestò un violentissimo calcio sulla schiena, proprio in mezzo alle scapole. L’inaspettata forza del colpo, la sofferenza fisica repressa, la frustrazione di sapere che ormai le sue amiche erano lì e non poteva farci nulla e quella sensazione d’impotenza dilagante ebbero la meglio. Un urlo lacerante, animalesco, carico di rabbia ma, soprattutto, di dolore, le uscì dalla gola, senza che potesse trattenersi, e la sua eco rimbombò per le pareti della cella, espandendosi poi nei corridoi esterni e in tutta la struttura.

 

-Eccoci, questo è il laboratorio dove lavora Shiro- disse Shia, raggiante, ad Iris e Keyra. Il piccolo non aveva chiuso un attimo la bocca durante tutto il tragitto, tessendo le lodi del suo fratellone.
-Però, è grande questo posto- considerò Iris, osservando meglio la struttura ora che si trovavano in prossimità di essa. Effettivamente, come avevano già notato dall’alto, somigliava ad un grosso capannone squadrato, articolato su due piani, con finestre costituite da lastre di vetro rettangolari e oblunghe.
-Oh, sì, è immenso!- La voce del bambino era carica di orgoglio. -E pensa che questa è solo la parte degli uffici e degli archivi; i veri laboratori, dove si svolgono le ricerche, sono stati costruiti sottoterra, in modo da contenere i danni se qualche esperimento rischioso va male-
Entrati dalla porta principale si trovarono in una stanza quadrata, dove c’era un gran viavai di persone con lunghi camici da laboratorio; alcuni erano vestiti di bianco, come ci si aspetterebbe da degli scienziati, ma la maggior parte indossava abiti di un inusuale color sabbia.
Un uomo sulla trentina, dai corti capelli castani, si fermò accanto al loro gruppo. -Ciao, Andrea- lo salutò Shia; evidentemente conosceva familiarmente molti dei colleghi di suo fratello. -Oh, ciao Shia! È tanto che non ti si vede in giro!- rispose l’altro calorosamente, scompigliandogli la zazzera bordeaux. Il suo sguardo si posò poi sulle due ragazze che lo accompagnavano.
-E queste due fanciulle chi sarebbero?- domandò, osservandole meglio. In particolare, la spada che Keyra portava legata alla schiena pareva aver attirato la sua attenzione. -Oh, loro sono Iris e Keyra- le presentò il piccolo. -Sono mie amiche, le ho portate a conoscere Shiro… Sai, anche loro se ne intendono di tornado!-
-Ma davvero?- osservò Andrea, stringendo la mano prima di una e poi dell’altra, senza smettere di farle passare sotto il suo occhio indagatore. -Sì, siamo abbastanza esperte in materia di vento- mentì spudoratamente Iris. In realtà, le uniche conoscenze che possedeva a riguardo le derivavano da anni di esperienza nell’avicoltura, e avevano ben poco a che fare con ciò che veniva studiato in quel posto.
-Ottimo- C’era rispetto nel tono di voce dell’uomo. -Chissà che non entriate anche voi a far parte del nostro team di ricerca, in futuro. C’è sempre bisogno di nuove reclute. Su, venite con me, vi accompagno da Shiro- e così dicendo fece loro segno di accodarsi a lui. Le ragazze obbedirono.
-Shia, tu non vieni?- gli chiese Keyra, vedendo che il piccolo rimaneva indietro. -No, io torno a casa… Shiro dice che non posso entrare nei laboratori, è pericoloso per un bambino della mia età- rispose lui, un poco affranto. Si capiva quanto in realtà desiderasse andare con loro. -Quando sarai più grande, Shia- lo ammonì bonariamente lo scienziato. -Allora lavorerai anche tu con noi e ci aiuterai a rendere questo mondo migliore- aggiunse strizzandogli l’occhio, riaccendendo la fiamma nello sguardo del rosso.
-Allora ci vediamo dopo!- li congedò con il sorriso stampato sulle labbra. Lo osservarono allontanarsi saltellando e imboccare la porta, poi si avviarono nella direzione opposta, verso l’interno della struttura. Nonostante le numerose persone presenti, l’ambiente non era caotico, anzi al contrario tutto lo stanzone era permeato da un ordine ben definito.
In breve imboccarono un corridoio poco più stretto, che li condusse a due rampe di scale, una ascendente e una discendente. -Dunque, di sopra si trovano gli uffici dove archiviamo i risultati dei nostri test- spiegò Andrea, descrivendo l’organizzazione dell’edificio, -mentre di sotto hanno sede i laboratori in cui li svolgiamo-
-Gli esperimenti sono davvero così rischiosi?- domandò Keyra, con un filo di apprensione nella voce. -Dipende- le rispose l’uomo. -Ci sono più fenomeni che prendiamo in esame, ed ognuno ha il suo grado di pericolo. Ovviamente, la ricerca sui tornado richiede un maggiore controllo. Se qualcosa ci sfuggisse di mano, potremmo anche radere al suolo l’isola…- Ma subito dopo quell’affermazione, il suo volto si rabbuiò, come se avesse detto qualcosa di cui si vergognava.
 -Le trombe d’aria sprigionano un’energia notevole- continuò poi la spiegazione, come se nulla fosse accaduto; alla ragazza però non era sfuggito il suo istantaneo mutamento di espressione. Diede un colpetto di gomito ad Iris per richiamarne l’attenzione, dato che il capitano pareva perso nei suoi pensieri come al solito.
-Cosa c’è?- bisbigliò la mora, riscuotendosi. -Qualcosa che non torna- sussurrò di rimando. Si notava infatti come una tensione nei movimenti dello scienziato, un malcelato nervosismo, che si era manifestato a partire da quando aveva pronunciato la frase riguardo una possibile distruzione di Kaze.
Nel frattempo, avevano iniziato a scendere lungo la scala che conduceva al piano inferiore. In fondo, una spessa porta di metallo, ricoperta di cartelli di avvertimento, precludeva l’accesso alla stanza successiva. -Mi raccomando, devo chiedervi di non toccare nulla, anche se sono certo che siete ragazze responsabili- le ammonì Andrea, dopodiché abbassò la maniglia, invitandole ad entrare.
La prima sensazione che provarono fu quella di trovarsi nuovamente all’aria aperta. Il posto in cui erano arrivate era incredibilmente ampio, con un alto soffitto, e più sgombro di quanto se l’erano immaginato, fatta eccezione di pochi grandi macchinari, che servivano probabilmente a monitorare i test. Ciò che più colpiva i sensi, però, era il vento leggero che si sprigionava da una direzione non meglio precisata.
-Wow- commentò Iris affascinata. Mentre proseguivano, notarono gruppi di scienziati in camice color sabbia intenti a lavorare. In particolare, alcuni stavano osservando piccoli vortici (simili a quelli creati da Keyra per divertire Shia) generati mediante delle ventole, mentre altri seguivano i parametri dagli schermi delle macchine, segnando i dati su tabelle apposite. Un gruppo, infine, stava ispezionando alcuni oggetti che da lontano apparivano come delle semplici sfere di vetro.
-Shiro, hai visite!- esclamò Andrea, avvicinandosi ad uno di essi, che si voltò a guardare chi mai lo stesse cercando. Non c’erano dubbi, quello era proprio il fratello di Shia e Shin: anche sotto il cappellino grigio scuro spiccavano i fiammeggianti capelli bordeaux, in contrasto con gli occhi chiari.
Ebbe un leggero sussulto alla vista delle due ragazze, ma fu molto abile a mascherarlo, anche se non abbastanza perché Keyra non ci facesse caso; ciò fece scattare un ulteriore campanello d’allarme nella sua mente. “Non ce la raccontano giusta”, pensò tra sé, preparandosi a reagire ad ogni minimo segnale di pericolo.
-Non credo che ci conosciamo- disse Shiro, alzando un poco un sopracciglio. -Sono delle amiche di Shia, ha detto che voleva presentartele perché sono esperte di tornado- spiegò Andrea. -Ma davvero?- ribatté il rosso, sgranando gli occhi sbalordito. -Molto bene, allora possiamo parlare un po’ insieme seriamente- aggiunse poi, portando una mano ad aggiustarsi la visiera del berretto con un gesto automatico. -Venite, vi faccio fare un giretto-
Mentre si avviavano al seguito del giovane, Andrea le congedò, dicendo che doveva andare a prendere alcuni fascicoli al piano superiore ed allontanandosi in uno svolazzo del camice color sabbia. -Come mio fratello vi avrà sicuramente raccontato, qui svolgiamo ricerche per poter trovare nuove applicazioni dei fenomeni atmosferici legati al vento nella produzione di energia. In particolare, stiamo cercando di imbrigliare la potenza del più devastante di questi, il tornado-
Parlava con competenza, nonostante la giovane età (doveva avere circa un paio d’anni più di Iris e solo uno più di Keyra, ad occhio e croce); si capiva che, a differenza loro, era veramente esperto nel campo.
-Ci pensate? Utilizzare tutta la forza di una tromba d’aria… Non sarebbe stupendo?- considerò rivolgendosi direttamente alle interlocutrici. -Durante la stagione delle tempeste potremmo immagazzinare abbastanza energia da essere autosufficienti praticamente per tutto il resto dell’anno!-
Finalmente le due ragazze capivano da dove derivava l’ammirazione di Shia per il fratello maggiore. In quelle parole di speranza sembrava di rivedere il suo medesimo entusiasmo. -Già, sarebbe molto bello- commentò Iris con un sospiro. Anche Hiwa era autosufficiente in termini energetici, grazie alla collaborazione dei falchi tuono; provò una fitta di tristezza al ricordo.
-Oh, ma ci siamo quasi, sapete? Ormai siamo incredibilmente vicini al nostro scopo- disse il giovane scienziato. -Tra non molto potremo mostrare agli abitanti dell’isola i frutti di anni di ricerca… e non solo a loro- continuò, adombrandosi leggermente. Nel frattempo si erano avvicinati al gruppo di persone che stavano esaminando le sfere, che si spostarono un poco non appena gli furono accanto. Il ragazzo ne prese una in mano (era delle dimensioni di una grossa arancia), rigirandosela tra le dita.
-Vedete?- fece poi, mostrandola ad Iris e Keyra. Le due osservarono attentamente: oltre il vetro opaco, si poteva intravedere qualcosa, come un turbinare di polvere o qualcosa di simile. -Ci sono voluti anni per metterlo a punto, ma alla fine siamo giunti ad un risultato soddisfacente. In questa sfera- spiegò, indicandola, -è contenuto un tornado di piccole dimensioni. Il vortice viene inserito qui dentro grazie ad alcuni macchinari che lo rimpiccioliscono, mantenendone tuttavia intatta l’energia potenziale, che noi siamo poi in grado di estrarre nel momento del bisogno-
Le ragazze osservavano rapite quello spettacolo: era dunque possibile rendere le tanto temute tempeste che ogni anno percorrevano l’isola inoffensive e rinchiuderle in quelle innocue palline, per utilizzarle successivamente in maniera costruttiva? La risposta stava davanti ai loro occhi.
-È ammirevole, veramente ammirevole- commentò Iris in un soffio. -L’hai detto, Synder- replicò Andrea, riapparso improvvisamente accanto a loro. -Vuoi anche vedere come funziona?- Il sorriso di traverso sul suo volto, così come quello apparso improvvisamente in viso a tutti gli altri scienziati, non lasciava presagire nulla di buono.
L’eco di un urlo di dolore giunse alle loro orecchie. L’urlo di una voce molto familiare. L’urlo di… -Diana!- esclamò Iris, spalancando gli occhi in preda al panico. Anche Keyra all’udire il grido era scattata, maledicendosi per essersi lasciata incantare da quelle belle parole, distraendosi dai suoi presentimenti infausti.
Prima che potessero fare alcunché, Shiro lanciò a terra la sfera che aveva in mano, la quale si ruppe. In un istante si sprigionò una terribile esplosione di vento, che travolse le ragazze scagliandole in aria e spedendole ad impattare violentemente contro il soffitto, per poi ricadere a terra fortemente stordite. Un deciso colpo in testa ed entrambe persero i sensi.
Il ghigno sul viso di Shiro non accennava a spegnersi. -Portatele assieme all’altra- ordinò compiaciuto, sollevando un poco la visiera del cappello per osservare meglio la sua opera.

 

-Ahio, mi sento come se un branco di bufali mi ballasse la samba nella testa…- farfugliò Mark, tenendosi una mano sulla fronte e massaggiandola vigorosamente. Si era risvegliato, ma portava ancora evidenti segni della sbornia. -Sta’ zitto, beota, e cerca di tenere il passo!- gli sbottò contro Alex, con un ciuffo dei neri capelli che le svolazzava davanti agli occhi.
Tutta la ciurma stava correndo lungo la strada sterrata che conduceva fuori città, per raggiungere il più in fretta possibile il laboratorio dove si stavano dirigendo anche le loro altre compagne. Kahir li seguiva dall’alto, destreggiandosi rapido tra le raffiche di vento e sfruttandole a suo vantaggio per essere più veloce.
-Ehi, Nao, fammi capire bene… come hai fatto ad avere il ciondolo di Diana?- domandò Greta col fiato corto, indicando la catenina che il cecchino aveva loro mostrato poco prima e che teneva ancora serrata nel pugno. Il giovane iniziò a raccontare tutto ciò che era successo, spiegando anche quello che aveva avuto modo di scoprire riguardo cosa stava accadendo a Kaze.
Il gruppo si trovava alla bancarella dei coltelli, intento a seguire le trattative della studiosa di bordo col venditore; lui dopo un po’ si era stancato e aveva deciso di allontanarsi per fare un giro, quando aveva notato un movimento sospetto in un vicolo laterale. Sfruttando la sua abilità nel nascondersi, si era avvicinato e aveva visto due ragazzi intenti ad infilare qualcosa di grosso in un sacco di iuta. Dalle dimensioni, poteva tranquillamente trattarsi di una persona.
-Perché l’hai fatto?- aveva domandato uno dei due, più alto e con i capelli rossi, all’altro, più giovane di qualche anno e con una capigliatura verde scuro. -Ordini dall’alto- aveva replicato quello con un’alzata di spalle. -Mi è stato detto di catturare tutti i ricercati che trovo, se ne ho l’occasione, quando mi trovo in missione. In più, ho un conto in sospeso con questa qui- ed aveva assestato un calcio al sacco, dal quale era provenuto un tonfo sordo.
-E in ogni caso non sono affari tuoi- aveva sbottato poi, sempre rivolto al suo compare. -Potrai anche godere di una qualche posizione tra i tuoi compagni scienziati, ma per noi del Governo sei solo un collaboratore a livello inferiore-
-Governo? C’è in giro un funzionario governativo?- chiese Ellesmere con molta apprensione. -Non un funzionario qualsiasi- rispose Naoaki, fissando il suo sguardo cremisi negli occhi azzurri di lei con grande serietà, -è un membro della CP9-

-Cos’è la CP9?- intervenne allora Mirage, che come altri non aveva mai sentito nominare quell’organizzazione. -Una sorta di intelligence governativa, a quanto ho sentito dire, anche se è più un reparto fantasma, sai, di quelli che esistono e non esistono- rispose Kaith; aveva infatti udito alcune voci a riguardo delle Cipher Pol mentre si trovava rinchiuso ad Impel Down, per quanto inaccurate e confuse.
-Sì, è un organo che si occupa di missioni diplomatiche di priorità assoluta, anche se la diplomazia non è proprio il loro forte. Utilizzano particolari tecniche di combattimento, devastanti, e se gli obiettivi delle trattative non collaborano sono anche autorizzati all’eliminazione fisica- Stavolta era stato Mark a parlare. Tutti si voltarono sorpresi a guardarlo. -E tu come fai a saperlo, scusa?- lo interrogò Greta, incredula. Il medico fece una smorfia infastidita. -Diciamo solo che ho avuto stretti contatti con la Marina, abbastanza stretti da essere a conoscenza di determinati segreti-
-Quindi il Governo sta combinando qualcosa su quest’isola- considerò Rey, che era rimasto in silenzio ad ascoltare fino a quel momento. Naoaki annuì convinto. -Ho reperito alcune rapide informazioni riguardo quel tipo. Si chiama Caleb Ayr, ha diciassette anni, è nell’organizzazione da quando ne aveva tredici, è un grandissimo stratega ed è il loro miglior agente da quando Rob Lucci è stato sconfitto da Cappello di Paglia ad Enies Lobby-
Tutta la ciurma si riscosse al sentir nominare il re dei pirati scomparso. Sapevano del grande incidente che era occorso anni prima nella prigione minore della Marina, ma la notizia era stata evidentemente confusa e alterata, mascherata per coprire la realtà dei fatti.
Il cecchino riprese dunque a raccontare la sua esperienza.
-Caleb, una volta eravamo amici. Non eri così tanto… dedito a servire il Governo- gli aveva detto il ragazzo coi capelli rossi, sistemandosi un po’ il berretto che portava in testa e stringendo le labbra. Il verde gli aveva rivolto uno sguardo traverso.
-Cosa c’è, Shiro, non hai più intenzione di collaborare? Vuoi tirarti indietro? Tu e i tuoi colleghi volete rinunciare a questo punto?- Nel parlare gli si era avvicinato con fare minaccioso, tanto che adesso i loro volti erano a pochi centimetri di distanza.
-Tutto questo non era previsto negli accordi- aveva ribattuto il rosso, sostenendo la sfida; tuttavia, si poteva notare un leggero tremito nella sua figura. Nonostante l’evidente superiorità fisica (era più alto e muscoloso), aveva soggezione dell’altro. Evidentemente quanto si diceva sulla letalità dei membri della CP9 era vero.
-Gli accordi cambiano- aveva replicato il verde con una scrollata di spalle. -E poi non vedo in cosa dovremmo essere venuti meno ai patti. Ci avevate chiesto fondi per la ricerca e noi vi abbiamo accontentato, no?- -Sì, ma vi avevamo chiesto fondi per condurre esperimenti al fine di ricavare energia dai tornado, non per utilizzarli per creare armi!- era esploso a quel punto Shiro.
-Il fratello del ragazzino che ci ha accompagnati…- mormorò Ellesmere, realizzando chi era il giovane dai capelli bordeaux che Naoaki aveva descritto. -Dunque gli scienziati lavorano per il Governo? Li aiutano ad inventare armi che sfruttano la potenza del vento?- Era incredula. Quando Shia quella mattina aveva parlato loro si era fatta un’idea molto diversa dei ricercatori; pensava fossero persone che intendevano rendere migliore la vita sull’isola e, perché no, in tutto il mondo, e invece…

-Dovremmo andare là, ammazzarli tutti e bruciare i risultati dei loro esperimenti. Prima recuperiamo Diana e troviamo Iris e Keyra, poi ci occupiamo di quei vermi; chi collabora di sua volontà col Governo non merita di sopravvivere- Alex, diplomatica come sempre, aveva già elaborato un piano che le avrebbe consentito di divertirsi non poco e di fare qualcosa di utile.
-E chi ti dice che lo stanno appoggiando perché vogliono?- La voce di Naoaki era gelida. La mora alzò gli occhi a guardarlo in faccia e vide che anche il suo sguardo era duro come un macigno. -Il fatto è che non hanno scelta- e detto questo terminò la sua spiegazione. Il discorso tra i due rapitori era infatti proseguito ulteriormente.
-Armi? Quali armi? Quelle inutili sferette? I vostri ventagli formato extralarge? Tu oseresti chiamare quelle specie di trucchetti da prestigiatore armi?- Il tono di Caleb si era fatto volutamente canzonatorio e provocatorio. Poi aveva azzerato la distanza tra loro, afferrandolo per il collo e intensificando la presa, mentre l’altro pareva aver perso le forze per reagire.
-Non state facendo abbastanza, Shiro- gli aveva ringhiato in faccia. La sua espressione era diventata rabbiosa. -Dovete impegnarvi di più, se non volete che quest’isola e tutti i suoi abitanti facciano una brutta fine. Mi sembra di averti già accennato cosa succede a chi non collabora con il Governo. O ci aiuti, e stai dalla nostra parte, o non lo fai, e sei contro di noi. E se sei contro di noi, sai cosa ti spetta-
Il volto del ventenne si era fatto bluastro, mentre una vena aveva cominciato a pulsargli furiosamente su una tempia. -Vogliamo di più. Vogliamo potere vero. Vedete di soddisfarci- e finalmente aveva lasciato la presa alla gola del “collega”, che si era accasciato a terra boccheggiando. Sotto al viso arrossato si poteva notare il segno bianco delle dita dove lo avevano stretto.
-E ora dammi una mano a portare in laboratorio e sbattere in cella questa deficiente- aveva intimato senza scomporsi, afferrando un’estremità del sacco, non prima di avergli assestato un altro calcio. Shiro, ripresosi un poco, aveva obbedito immediatamente, sollevando l’altro capo e caricandoselo in spalla.
-Ho lasciato che si allontanassero, poi mi sono imbucato nel vicolo. A terra c’era questa- concluse, mostrando a tutti la collanina ed invitandoli ad esaminarla uno per uno. -Non capisco, perché quel tipo dovrebbe avercela così tanto con Diana? Va bene, è una ricercata, ma ce ne sono tanti altri e molto più pericolosi…- diede voce ai propri pensieri Mirage. Le sue orecchie di tigre fremettero non appena sentì il profumo di cannella tipico di Diana che emanava dal ciondolo contaminato dall’odore metallico del sangue. Dovevano averla picchiata, prima di catturarla.

-Credo che invece la nostra vedetta abbia proprio qualcosa a che fare con questo Caleb Ayr- disse Rey pensieroso. -E soprattutto che ci abbia tenuto nascosto qualcosa riguardo i suoi rapporti con la Marina militare-
-Ha ragione lui- lo appoggiò Kaith, -altrimenti perché dovrebbe avere con sé un ciondolo del genere? Voglio dire, avete mai visto un pirata che gira portandosi dietro il simbolo della Marina ovunque?- Rey trattenne un brivido non appena pensò al marchio a fuoco sulla schiena di Keyra, quello che la ragazza aveva mostrato loro quando aveva raccontato la sua storia. Anche lei portava il segno della Marina con sé, ma non per scelta. Sperava con tutto il cuore che almeno lei ed Iris stessero bene, altrimenti li avrebbe ammazzati tutti, dal primo all’ultimo. Non poteva fare a meno di sentirsi protettivo nei confronti di compagni e compagne, dopotutto in quanto vicecapitano la responsabilità della ciurma era anche sua.
-Effettivamente, Instar era il nome di un comandante di Marina di una certa influenza nel Mare Meridionale…- commentò Mark, attirando nuovamente l’attenzione su di sé. Aveva molte informazioni riguardo il Governo Mondiale, non c’era ombra di dubbio. -Se non vado errato, lui e sua moglie furono processati e giustiziati quattro anni fa per alto tradimento-
-Ci stai dicendo che Diana potrebbe essere sua figlia? Figlia di un comandante di Marina?- Greta era incredula. -Ci dovrà parecchie spiegazioni appena la recuperiamo, ammesso che decidiamo di farlo-
-Come sarebbe “ammesso che decidiamo di farlo”?- esclamò Kaith. -Aiuteresti una persona così strettamente legata al Governo, se potessi scegliere? Io non credo proprio, con tutto il male che fanno in tutto il mondo- si giustificò la navigatrice, rigirandosi una treccia tra le dita.
-Greta, la vuoi smettere di parlare sempre a sproposito, per far prendere aria alla bocca? Da quando importano le origini di una persona all’interno di una ciurma?- Tutti si voltarono verso Naoaki, increduli. Era la prima volta che partecipava attivamente ad una discussione. -È vero, probabilmente il nostro Governo Mondiale è la causa del male, e allora, cosa dobbiamo fare? Prendercela con chiunque abbia avuto a che fare con esso?-
Si girò a guardare i compagni, soffermandosi su ognuno di loro. -La Marina ci perseguita perché siamo dei fuorilegge, secondo loro. Ma se iniziamo noi a perseguitarli, tradiremmo i nostri ideali, quelli per cui abbiamo scelto di diventare pirati, e allora non saremmo migliori di quelle persone a cui dichiariamo di opporci-
Tutti lo fissavano ammirati. Anche Greta era senza parole: il suo compagno aveva ragione al cento per cento, si era lasciata prendere la mano. Tuttavia, l’orgoglio era troppo per chiedere scusa, così si limitò ad abbassare lo sguardo a terra, bofonchiando un “è vero” tra sé e sé ed arrossendo violentemente.
-Nao, hai già idea di dove possano trovarsi le celle in quell’edificio?- domandò Rey al cecchino. Quello inclinò un poco la testa di lato, riflettendo. -Dunque, osservando la struttura, direi che le possibilità sono due- disse poi. -O le tengono sottoterra…-
-Ehi, genio, abbiamo detto “parte dell’edificio”, cosa vuol dire “sottoterra”?- Era stata una Alex abbastanza spazientita ad intervenire. -Con tutta la gente che lavora alla ricerca, sono certo che il laboratorio si estenda molto oltre la parte che vediamo- la liquidò immediatamente il ragazzo. -Quindi, a meno che abbiano trovato una maniera per rendere i muri trasparenti, dobbiamo presumere che ci sia una sezione interrata-
-E l’altra possibilità?- chiese Kaith. -Considerando la posizione del capannone, direi che potrebbero trovarsi in quell’area- rispose il compagno, indicando un settore laterale al primo piano dell’edificio. -Come mai?- replicò il carpentiere, al quale sfuggiva la motivazione per cui sarebbe stato strategicamente conveniente posizionare le celle in quel luogo.
-La collocazione sopraelevata rende più difficile la fuga- spiegò con naturalezza, come se fosse una cosa da pensare automaticamente. -Inoltre, quel lato dell’edificio dà direttamente sul lago, senza altre possibilità d’uscita, quindi i possessori di un frutto del diavolo si troverebbero doppiamente in difficoltà nel cercare di evadere-
-Avrei anche elaborato un piano d’attacco- proseguì. -Ci divideremo in due blocchi, per dare meno nell’occhio una volta entrati; sicuramente ci staranno aspettando, e stando alle informazioni in nostro possesso, sono armati di “sfere e ventagli extralarge”, per cui occhi aperti. È anche probabile che ci siano dei marine a sorvegliare il lavoro degli scienziati per evitare sgarri o inefficienze nell’elaborazione delle nuove armi che hanno richiesto, per cui prepariamoci a combattere.
Un gruppo andrà al primo piano, l’altro nella parte sotterranea, così potremo verificare dove si trovano effettivamente le prigioni. Chi le trova libererà Diana, mentre se si incontrano Iris e Keyra sarà opportuno metterle al corrente della situazione, ammesso che non siano già state prese anche loro. Una volta compiuta la nostra missione di salvataggio ci ritroveremo all’ingresso, torneremo al porto e ce ne andremo da quest’isola per evitare ulteriori seccature-
-Ottima preparazione, Nao- si complimentò Rey. -Siete tutti d’accordo a procedere in questa maniera?- domandò poi rivolto al resto dei compagni. In mancanza di Iris era lui a detenere l’autorità, ma ci teneva che, prima di tentare il piano, l’opinione favorevole fosse unanime, cosa che venne confermata dai cenni di assenso della ciurma.
-Ragazzi, io però avrei una proposta- avanzò un po’ timidamente Mark. -Dicci pure- lo esortò a continuare Rey. -Stavo pensando… quando saremo al laboratorio, va bene, difendiamoci dagli attacchi dei marine, se ci saranno, ma cerchiamo di non ferire i ricercatori. Voglio dire, loro non c’entrano niente, sono lì per lavorare e, come spiegava prima Naoaki, sono costretti a collaborare col Governo sotto minaccia, per cui non mi sembra giusto fargli del male-
-Detesto ammetterlo, ma io sono dalla parte del dottore- gli diede manforte Greta, anche per cercare di riparare all’errore commesso prima nel giudicare Diana e chi aveva rapporti con il Governo Mondiale. -Va bene, tenteremo di fare il possibile- affermò Rey. In cuor suo, il vicecapitano sperava solo, se si fossero davvero trovati a dare battaglia, di riuscire a controllarsi; quando combatteva non ragionava, uccideva e basta, perciò trattenersi poteva diventare un problema, ma effettivamente (per quanto amasse la vista del sangue) l’idea di massacrare degli innocenti indifesi non gli piaceva. Sarebbe stato come attaccare una nave incontrata sul proprio cammino senza un motivo, solo per divertirsi… Sarebbe stato come seguire le orme dei carnefici dei suoi genitori, e sarebbe morto pur di non compiere una simile empietà.
Con Kahir che li precedeva in volo, proseguirono dunque lungo la strada, mentre alla fine di essa l’edificio che dovevano raggiungere si ingrandiva sempre di più. Naoaki la guardò nuovamente, assaporando la perfezione del piano che aveva elaborato per irrompere nell’edificio: la strategia era sempre stata il suo forte. Sarebbero avanzati su più fronti, per poi riunirsi e riacquistare il massimo della potenza.
D’altra parte, anche Caleb non sarebbe certo rimasto a guardare con le mani in mano. Per quello che aveva avuto modo di vedere, anche lui doveva essere uno stratega molto abile, dunque era opportuno stare in guardia. La scacchiera era pronta, i pezzi erano stati disposti, e la prima mossa spettava a loro: la partita tra lui e Ayr poteva avere inizio.

 

 

 
Angolo dell'autrice

Come si dice, o almeno credo si dica, "le cose belle non sono destinate a durare a lungo" -infatti non si dice- allora da oggi in poi aggiungetelo alla lista dei detti antichi appena inventati
Motivazione? A dire il vero sono due: la prima riferita alla puntualità dei miei aggiornamenti (e diffatti sono in ritardo T-T), la seconda alle vacanze, che purtroppo si avviano alla loro conclusione. Eh già, lunedì prossimo tornerò a sudare sui banchi e i libri, dopo due mesi di assoluto relax, che devo dire mi sono serviti, ma si stanno ripercuotendo negativamente sul mio tempo libero in questi giorni (anche se devo dire che, pur non avendo fatto mezzo compito in tutte le vacanze, ci sto mettendo veramente poco a recuperare)
Cosa significa "ritorno a scuola"? Significa "preparatevi perché torna l'incognita dell'aggiornamento". Come avevo detto l'anno scorso, non so come e quando il tempo di scrivere si presenterà, per cui vi chiedo di portare pazienza e controllare di tanto in tanto se mi sono fatta viva. Dubito di riuscire a tenere il ritmo di un capitolo al mese, ma chi può dirlo... il prossimo potrebbe arrivare tra un mese come tra sei, non vi so davvero anticipare nulla. Come ho già detto, abbiate pazienza. In ogni caso, se dovessero essere passati più di due mesi da questo aggiornamento quando metterò il capitolo seguente, manderò a seguiti, preferiti e ricordati un avviso privato.
Dopo tutta questa fila di balle avvisi passiamo a parlare della storia. Abbiamo una Diana catturata, molestata e pestata da Caleb -Diana: Swan, ti odio- scusami, tresure, ma è necessario -Diana: *alza il dito medio*- tra l'altro Caleb in origine non esisteva nel passato di Diana, quando l'ho creata, ma ho scelto di inserirlo perché fa sempre figo l'amico traditore (almeno secondo me)
Ora vi starete chiedendo: ma che razza di senso ha il titolo del capitolo? Ehm... non ne ho la minima idea, ma mi sembrava suonasse bene ^-^" Se ci pensate, ci sono tre catture (Diana nello scorso capitolo, Iris e Keyra in questo), mentre per quanto riguarda le trame c'è Caleb che trama di catturare tutta la ciurma e sbatterla al fresco, ma contemporaneamente la ciurma che trama di andare al laboratorio e prendere a calci nel fondoschiena il sopracitato... insomma, un gran casino, non si capisce chi dà la caccia a chi (ed ecco perché la seconda parte del titolo)
Dunque, direi che ho finito. Non sto a ribadire i ringraziamenti a tutti i lettori silenziosi o meno perché tanto sono sempre gli stessi -Swan, hai appena usato la figura retorica della preterizione- Coscienza, non ricordarmi che devo tornare a studiare poesia T-T -e il bello è che le piace anche- non dirlo, potresti rovinare la bella impressione che hanno di me -quale bella impressione?- basta, ci rinuncio -.-"
Un bacione a tutti,

Swan

  
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