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Autore: TimeKeeper    08/09/2015    0 recensioni
[La Leggenda degli Uomini Straordinari]
Era un pomeriggio più caldo della gelida, media estiva inglese. Il sole era sorto ormai da qualche ora, e restava ad osservarci sfacciato, mentre scendevamo dal calesse che ci aveva accompagnato fino alla casa indicata dal Signor M. Era una magnifica palazzina bianca in Fenchurch Street, che spiccava violentemente tra gli alti e degradati edifici dell’East End, avvolta da un’aura di silenzio e mistero.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, Movieverse | Avvertimenti: Violenza
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Strophe the First

Odio e amo.
Forse ti chiederai come io faccia.
Non so, ma sento che accade
E mi tormento.
 
Era un pomeriggio più caldo della gelida, media estiva inglese. Il sole era sorto ormai da qualche ora, e restava ad osservarci sfacciato, mentre scendevamo dal calesse che ci aveva accompagnato fino alla casa indicata dal Signor M. Era una magnifica palazzina bianca in Fenchurch Street, che spiccava violentemente tra gli alti e degradati edifici dell’East End, avvolta da un’aura di silenzio e mistero.
Angel osservò un istante la mia espressione preoccupata e posò entrambe le mani sulle mie, che tenevo nascoste in grembo: «Lui non c’è, stai tranquilla», mi sussurrò, abbozzando un lieve sorriso.
Avrei voluto chiederle come faceva a saperlo, ma tacqui; le rivolsi solo un sorriso affettuoso in risposta e scesi dal calesse, aiutata dalla mano gentile del cocchiere di casa Mayfair.
«Credi che possieda davvero informazioni utili per il Portale?» chiesi alla mia amica, sistemandomi una ciocca bionda che era sfuggita dall’elegante pettinatura.
«Temo proprio di sì – mi rispose guardando davanti a sé, tradendo una preoccupazione profonda – Il problema è: cosa vorrà in cambio»
Il lieve fruscio dei nostri abiti ci accompagnò fino alla porta principale, dove la mia amica bussò con leggero fastidio. Non le dava pace il fatto che quell’uomo avesse qualcosa con cui ricattarci, informazioni di cui avevamo assolutamente bisogno. E naturalmente la capivo, anche se io non avevo il suo stesso timore: il mio potere era grande sì, ma ancora inutilizzabile o effimero per chiunque non fosse il legittimo Custode, a differenza di quello della mia Angel; lei aveva secoli di storia da proteggere, segreti che affondavano le loro radici in tempi prima del tempo, poteri che neppure io potevo immaginare.
L’enorme porta di legno rinforzato, si aprì con esasperata lentezza; si affacciò per metà un signore sulla cinquantina, avvolto in una vestaglia da casa: «Le signore desiderano?» chiese, arricciando le sopracciglia per lo stupore.
«Abbiamo un appuntamento con il Signor M.» dissi, cercando di portare l’attenzione su di me; finché non fosse stato necessario, dovevo fingere di essere io l’invitata, in modo da non esporre Angel a rischi inutili.
«Ne dubito: il Signor M. non è in casa da settimane, ormai»
«E dove sarebbe?» intervenne Angel, incapace di trattenersi. Le scoccai un’occhiata di rimprovero, ma ritornai immediatamente al nostro interlocutore.
«Non sono autorizzato a dirvi nulla – disse l’uomo cominciando a chiudere il portone - Con permesso…»
La mia amica fu più veloce di lui: con la mano destra bloccò la chiusura della porta. Ci scambiammo un’occhiata d’intesa ed entrammo con la forza: «Permesso negato» dissi, con un’ironia che non mi apparteneva.
Il maggiordomo indietreggiò impaurito, balbettando frasi sconnesse: «Io… questo è un oltraggio… come osate… POLIZIA!»
Angel si voltò di scatto verso di lui e con un rapidissimo movimento della mano lo zittì; vidi il poveruomo toccarsi la bocca con le mani, ma le sue mascelle erano irrimediabilmente serrate da un potere superiore. Mi sfuggì una risata: «Angel, Angel… ma quando imparerai le buone maniere? La scusi tanto signor maggiordomo antipatico, è fatta così»
«Hai ragione Iris – mi rispose lei, con un sorriso malizioso – facciamo così, se lei sarà buono con noi, noi saremo buone con lei…» e liberò l’uomo dal suo incantesimo.
Quello indietreggiò cercando con gli occhi una via di fuga: «Streghe! Cosa volete… andatevene…»
«No, no, questo non mi sembra essere buoni… - dissi rivolta ad Angel, ma mentre guardavo nella sua direzione vidi nell’androne un bellissimo pianoforte a coda laccato di bianco – ah, guarda che meraviglia! Le dispiace se…»
Il maggiordomo, coperto da un velo di terrore sudaticcio, riuscì ad aggrapparsi ad un mobile e ad adagiarsi al muro: «NO, quello è del padrone…»
Angel lo colpì a distanza con una velocità impressionante e lo inchiodò al muro: «Si dice: “prego, signorina, faccia pure”»
La ringraziai con un sorriso ed andai a sedermi al pianoforte, dando il via ad un concerto romantico. Era la mia cara amica l’addetta agli interrogatori serrati, io non potevo fare altro che aspettare ed esporre ogni tanto i miei punti di vista, più che altro per ricordare ad entrambi la mia presenza. Le note si propagarono per tutto l’androne e le scale, ma nessuno venne a controllare; sicuramente la casa era deserta, data l’assenza del padrone. Salii lentamente la scala di note fino a raggiungere il massimo e quando cominciai la melodia alzai la testa verso le due figure nell’entrata: Angel ora stava a pochi passi dal poveruomo che rimaneva inerte, bloccato contro la parete, a balbettare parole sconnesse.
«Bene, ora proviamo a ricominciare: dov’è il Signor M.?»
«In… Mongolia»
«Mongolia?» domandai sorpresa, senza smettere di suonare.
«Come mai in quel posto dimenticato da Dio? Aveva detto che sarebbe stato qui per festeggiare il successo del suo piano» chiese Angel, più rivolta a se stessa che al povero maggiordomo, mentre le mie note continuavano a riempire l’aria.
«Il padrone ha una fabbrica, un enorme castello. Ma non so perché non è ancora tornato… non abbiamo più loro notizie da giorni ormai»
«L’ultima comunicazione, cosa diceva?»
L’uomo gemette, tentando di muoversi, ma ogni muscolo era stato sottratto al suo controllo; adoravo quel tipo di potere, l’aveva usato anche contro Dorian la sera della nostra vendetta.
«Cosa diceva? - ripeté la mia amica – Non vorrà farmi perdere la pazienza…»
Gli occhi del maggiordomo furono attraversati da una scintilla di terrore: «Che sarebbe presto tornato con il signor Gray…»
Dorian Gray…
Le mie mani si bloccarono di colpo, cadendo sui tasti d’avorio con rumori sordi e stonati. Alzai lentamente la testa verso l’uomo e la mia amica, chiudendo la ribalta con decisione. Ne strinsi forte il legno dipinto di bianco, nel tentativo di controllare i miei sentimenti. Angel non si voltò verso di me, ma sentii perfettamente la sua voce nella mia testa… Stai tranquilla, Irye.
Lasciai la presa sulla ribalta, cercando di controllare i miei sentimenti; sì, Angy aveva ragione, non c’era bisogno di agitarsi. Respirai profondamente e tornai a guardare la scena bizzarra che si presentava davanti a me: una giovane donna, elegantemente vestita, davanti ad un uomo in vestaglia, che stava appeso al muro da chiodi invisibili a circa un metro da terra.
Quando Angel sentì che stavo bene, continuò il suo interrogatorio: «Perché loro due soli?».
«Non lo so… sono solo un maggiordomo! Io apro la porta, porto il caffè…»
«PERCHE’ solo loro due?» chiese ancora la mia amica, facendosi più minacciosa.
«Gray e il mio padrone avevano un accordo… qualcosa di cui la Lega non era a conoscenza. Parlavano spesso di armi…»
«Un accordo di che tipo?» chiesi, alzandomi dalla seggiola di fronte al piano e recandomi presso la mia amica.
«Non lo so, lo giuro!» piagnucolò l’uomo.
«E chi sono i componenti di questa Lega?» infierì la mia amica.
«Signore… ve lo posso giurare… sulla mia pelle»
«Bugiardo» continuò Angel stringendo il pugno destro nel vuoto, in una morsa letale. Vidi il maggiordomo allargare la bocca in un tentativo disperato di prendere fiato, gli occhi gli si ingrandivano per la mancanza d’aria: lo stava soffocando.
«Angy… - le dissi, posandole una mano sulla spalla – è solo un servo. Non può saperlo»
Lei mi guardò per un lunghissimo istante; annuì e il poveruomo cadde a terra stremato, il respiro veloce e spezzato dalla paura. L’uomo si portò entrambe le mani alla gola: l’incantesimo era rotto.
«So dove possiamo trovare queste informazioni… - sussurrai – vai pure Angel, ti raggiungo in calesse»
La mia amica non obbiettò; lanciò un’occhiata obliqua all’uomo sdraiato davanti a lei e annuì silenziosamente. La osservai uscire dal grande portone e mi diressi verso la scalinata principale che portava al piano superiore; il Signor M. aveva sicuramente raccolto degli indizi sui componenti della Lega e doveva averli conservati nel suo studio. Vagai nei lunghi corridoi e dopo qualche minuto trovai quello che cercavo: una piccola stanza ben arredata, con una grande libreria in legno di noce e una scrivania dello stesso materiale, finemente lavorata; la poltrona che stava dietro a quella era degna di un palazzo reale, completamente rivestita di ermellino. Frugai nei cassetti finché non trovai un enorme dossier ocra, chiuso da un pezzo di spago; lo aprii e gli diedi una sfogliata; sì, era proprio quello che stavo cercando. Alzai la testa sulla grande libreria… chissà che tra quei volumi ci fossero le informazioni di cui M. ci aveva parlato, a proposito del Portale?
Irye, non abbiamo tempo…
La voce di Angel mi rimbombò in testa; presi il dossier, percorsi il lungo corridoio, le scale e mi ritrovai di nuovo nell’entrata. Il maggiordomo era ancora a terra e quando mi vide ebbe un sussulto terrorizzato.
«Le auguro una buona giornata, signore» dissi, uscendo dal portone.
La luce del sole mi colpì a tradimento, obbligandomi a stringere gli occhi. Percorsi il vialetto davanti alla casa e salii sul calesse, sempre aiutata dal vetturino.
«Allora?» mi chiese Angel, ordinando al cocchiere di partire, con un colpo all’intelaiatura.
«Non era proprio quello per cui eravamo venute… ma ecco il dossier con i nomi di quelli della Lega»
Lo aprii come avevo fatto nello studio di M. e cominciai a sfogliare le pagine, mentre il nostro veicolo imboccava Cannon Street verso il West End: «Dunque, abbiamo Allan Quatermain»
«Sì: cacciatore, avventuriero… - commentò Angel - ha perso il figlio nell’ultima missione per la corona e si è ritirato in Kenya. Mi chiedo come abbia fatto a convincerlo»
«Capitano Nemo… diavolo, ma esiste davvero?»
Angel sorrise della mia sorpresa «Ed è anche molto utile: il suo Nautilus raggiunge velocità fantascientifiche e il suo equipaggio è numerosissimo»
«Rodney Skinner» continuai, elencando i membri.
«Questo non mi dice nulla. Ci sono informazioni?»
«Sì – dissi voltando un’altra pagina, mentre Cannon Street cambiava nome in Fleet Street – qui dice che è un ladro professionista e che ha rubato la formula dell’invisibilità allo scienziato che l’aveva creata»
Angel si fece sfuggire una risata: «Bene, un membro invisibile…»
Diedi un piccolo colpo di tosse per attirare di nuovo su di me la sua attenzione e prepararla ad un’altra sorpresa: «Ahem… Dottor Jekyll, o sarebbe meglio dire Mister Hyde»
Angy guardò la scheda incuriosita: «Sì, in effetti credo che sia più utile il secondo, per loro»
«Ma tu non sei stupita? – chiesi incredula, vedendo che la sua reazione a quel nome era stata pressoché nulla – questa gente sta nei libri!»
«Anche tu stai nei libri… Custode» mi disse con tono sarcastico. In effetti aveva ragione.
Le sorrisi e voltai pagina, mentre sulla sinistra iniziava a scorgersi l’ampia facciata di St. Clement Danes e sulla destra la Corte di Giustizia: «Wilhelmina Murray Harker - lessi, e visto che la mia compagna non faceva commenti, continuai – Vedova dello scienziato Johnatan Harker e scienziata lei stessa, ha intrapreso un lungo viaggio in Transilvania dove, insieme al professor Van Helsing, ha sconfitto il leggendario Dracula… non mi sembra che abbia qualche caratteristica particolare»
«E’ una vampira…» m’interruppe Angel.
«Una vampira? – abbassai la voce lanciando un’occhiata obliqua al vetturino - Vuoi dire che succhia il sangue alle persone?»
Sospirò nel veder riassunta in una frase, l’intera e complessa natura dei vampiri: «Diciamo che in linea di massima… sì»
«E tu come lo sai?»
Qualche secondo di silenzio mi bastò per intuire che ciò che avrebbe detto non sarebbe stato vero: «Me l’ha detto M. quando mi ha proposto di entrare nella Lega. Mi aveva parlato di un vampiro… ho solo tratto le mie conclusioni»
Non risposi; la sua esitazione era stata decisiva, poi il modo in cui aveva parlato, senza guardarmi negli occhi, osservando apparentemente interessata la fila di alberi che scorrevano accanto a noi, non era da lei.
«Angel… non mentire» le sussurrai, stringendo con la mano sinistra lo sportellino del calesse.
La mia amica si voltò lentamente verso di me, non so se maggiormente spaventata dal mio tono di voce o dal vortice che stava nascendo nei miei pensieri: «Ne ho avuto abbastanza di menzogne, guarda a cosa mi hanno portato». Sapeva perfettamente a cosa mi stavo riferendo.
Attraversammo silenziosamente Trafalgar Square: splendide carrozze transitavano in ogni direzione, accompagnate dal rumore degli zoccoli dei cavalli e dallo sferragliare delle ruote sulle strade d’acciottolato. Angel non accennava a parlare, restava immobile ad osservare la gente sui marciapiedi e io non avevo intenzione di minacciarla; se avesse voluto, mi avrebbe parlato. Lanciai uno sguardo di saluto alla National Gallery, che regnava imponente sulla cima delle scalinate; l’unico luogo dove riuscivo ancora a trovare la pace.
Percorremmo circa tre quarti di Piccadilly, prima che Angel si decidesse a parlare. Prese un respiro profondo e cominciò: «Nei due anni in cui pedinavo Dorian, lo seguivo proprio dappertutto. Segnavo i suoi orari, i posti che frequentava, le persone con cui si vedeva… ecco, Mina era una di quelle. Si sono conosciuti ad un incontro sulle leggende dell’Europa dell’est e hanno continuato a vedersi per un lungo periodo, poi Mina è dovuta partire. La loro era una… relazione basata sul sangue»
Mi morsi il labbro inferiore, un po’ per la rabbia, un po’ perché era diventato un vizio: «Tipico di Dorian – dissi, incapace di trattenermi – doveva provare com’era il morso di un vampiro. Quanto è durata?»
«Un paio di mesi. Essendo immortale non poteva morire a causa dei morsi di Mina…»
«Ovvio. E dopo un po’ era quasi una dipendenza; come l’oppio»
«Sì, esattamente come l’oppio – confermò Angy a mezza voce, mentre il calesse svoltava in Park Lane – Irye, - continuò poi, dopo una lunga pausa – io non voglio che tu soffra, per questo non volevo dirti della Harker. Non era per mentirti…»
«Lo so, Angel – la interruppi io e dopo averla guardata un istante in viso, continuai – Non ti devi preoccupare tanto per me, sono solo… un po’ gelosa»
La carrozza si fermò davanti ad Hyde Park all’altezza del cancello che accedeva al giardino privato di casa Mayfair, con un nitrito sordo di cavalli. Io ed Angel ci guardammo per quella che sembrò un’eternità, poi la mia amica scoppiò in una fragorosa risata: «Un po’?» mi chiese, cercando di placare le risa.
«Beh… - ammisi arrossendo – forse un po’ più di un po’»
«Io dico che se la trovassi la polverizzeresti!»
La sua risata mi contagiò; scendemmo dal calesse e ci dirigemmo verso casa sua ridendo come matte. Ero contenta che il discorso fosse stato sdrammatizzato, ma più di tutto ero felice di avere un’amica del genere al mio fianco.
 
Appena entrammo in casa, trovammo il pranzo pronto; ci sedemmo comodamente davanti alla tavola apparecchiata e attendemmo che venisse servita la prima pietanza.
«Eppure…» dissi soprappensiero.
«Eppure cosa, polverizzatrice di vampiri? - mi chiese Angel, con tono ancora ironico – Oh, grazie Marie, siete sempre pronti a riceverci agli orari più impensati» disse poi, rivolta alla donna che stava portando i calici da vino rosso per entrambe.
«E’ vero che l’una e mezza di pomeriggio non è ora per il pranzo – disse quella, con uno spiccato accento francese – ma non è questa una scusa per venire meno ai nostri doveri!»
«Grazie – dissi a Marie, poi mi rivolsi a Angy troncando il suo buonumore – Eppure il maggiordomo di M. ha parlato di un accordo con Gray, al di fuori della Lega. E in effetti, Dorian non era tra i nomi dei componenti»
Il sorriso sparì dal suo bel volto latteo: «Ricapitoliamo: M. ci manda un telegramma in cui annuncia la perfetta riuscita del suo piano e c’invita a festeggiarla a casa sua dove potremo discutere con calma degli eventuali scambi d’informazioni in suo possesso. Noi ci rechiamo da lui, ma scopriamo che la casa è vuota, che M. è in Mongolia con Gray e hanno annunciato il loro ritorno, con toni vittoriosi. Veniamo a sapere che M. e Gray hanno un accordo ai danni della Lega, infatti sia nel telegramma sia nelle comunicazioni arrivate al maggiordomo di M. non viene riferita la riuscita degli intenti della Lega, ma il termine positivo del “piano”»
«Ma è una contraddizione – intervenni, mentre un cameriere mi stava versando un abbondante bicchiere di Château de Bourgogne del ’39 – se è stato M. a riunire la Lega per la salvezza dell’Impero Britannico, come può organizzare lui stesso un attacco alla Lega?»
Angel prese il calice e fece andar giù un lungo sorso di quel rosso delizioso, cercando di pensare alla soluzione di quel mistero.
«E se la Lega non fosse stata riunita sotto ordine della Regina?» ipotizzai, dopo aver fatto altrettanto con il mio bicchiere.
Angel fece cenno di no con la testa: «Hai visto i nomi su quel dossier? A parte Skinner e Harker, sono tutti patrioti… non potrei mai immaginare Quatermain che complotta contro la Regina»
«No, no. Non dicevo consapevolmente: M. recluta la squadra e si finge un devoto figlio dell’Impero che vuole scongiurare l’avvento di un primo grande conflitto mondiale…»
«L’attacco in Germania, a Londra la settimana prima»
«Esatto – dissi annuendo alle prove pratiche che Angy stava portando in sostegno della mia teoria – ma in realtà usa la Lega per alimentare il conflitto stesso»
«Il maggiordomo ha detto che parlavano di armi. Quindi, M. voleva aggirare i membri della squadra per poter usufruire dei loro poteri nella corsa agli armamenti che si sarebbe creata dopo lo scoppio della Grande Guerra» continuò Angy, dando lentamente forma al piano di M.
«Prova a pensarci: un esercito di Hyde, spie invisibili, vampiri assassini, milioni di Nautilus in grado di attaccare dalle profondità marine – un brivido mi corse lungo la schiena e mi obbligò ad appoggiare il calice di vino che ancora tenevo nella mano sinistra – Ma Quatermain?»
«Era un cacciatore, l’unico che non avrebbe fallito nel catturare Hyde» mi sentii rispondere dalla voce rassegnata di Angel. La perfezione di quel piano era diabolica.
Il pasticcio di carne che ci avevano servito era rimasto nel piatto intatto. Fumava ancora leggermente, mentre lo stesso cameriere di qualche momento prima tornava a riempirci i bicchieri di cristallo. Guardai il calice pieno a metà, come voleva l’etichetta, senza in realtà vederlo e quando mi sentii di poter reggere la risposta posi la domanda che mi tormentava: «E il ruolo di Gray era quello di introdursi nella Lega, ingannarli tutti e rubare i loro segreti?»
Angel mi guardò negli occhi, cercando di trattenere ogni reazione: «Sì - sussurrò semplicemente - era questo l’accordo che aveva con M. e se hanno annunciato la sua riuscita, vuol dire che hanno tutto ciò che serve per avviare il Primo conflitto Mondiale…»
«La scienza di Nemo, il sangue di Mina, la pozione di Jekyll, la formula di Skinner» elencai tristemente, prendendo la forchetta, tormentando malvolentieri il mio pasticcio.
«Pensi che dovremmo fare qualcosa?» chiesi poi, rompendo il silenzio. Il via vai dei servitori era terminato, lasciandoci alle nostre discussioni.
«Non lo so. Non siamo mai state leali figlie dell’Impero e anche se lo fossimo, non credo che saremmo in grado di bloccare la reazione a catena che M. ha innescato attaccando Londra. Senza contare il fatto che non mi va di metterti di nuovo davanti a quel bastardo…»
Alzai gli occhi dal piatto guardando Angel, stupita. Non le capitava spesso di cadere nel volgare, ma ora, nei suoi occhi leggevo un odio puro, incondizionato.
«… sono anni che ti tormenta – continuò, guardando fisso il suo bicchiere – Prima con la sua presenza, poi con la sua assenza. Credi che non sappia che la notte non dormi? Che suoni il piano perché lui lo suonava per te? Io non ce la faccio più a vederti soffrire!»
Durante quell’ultima ammissione, il bicchiere che Angy stava guardando tanto intensamente, esplose spargendo vino e frammenti di vetro per tutta la tavola. Stava evidentemente perdendo il controllo.
Marie si precipitò dalla stanza accanto con uno straccio e balbettando qualche parola di scusa, si chinò a raccogliere i pezzi di vetro e a pulire nel miglior modo possibile la tovaglia bianca. Mi alzai dal mio posto, senza neanche riavvicinare la sedia al tavolo, e la raggiunsi Angel. Ci guardammo negli occhi per un lungo istante e sentii la sua voce dentro di me…
Scusami…
L’abbracciai forte, stringendo la sua testa al mio petto. Non parlai, pensai solo e pregai che lei potesse sentirmi.
Non scusarti Angelo Mio. Mi dispiace di darti questa sofferenza; non serve disperarti. Non c’è niente che tu possa fare per me o per la salvezza della mia anima. Voglimi bene per quello che sono… per la mia piccola anima dannata.
Il suo abbraccio divenne più forte, poi ci lasciammo. Entrambe avevamo gli occhi lucidi. Forse non gliel’avrei mai detto, ma l’amavo; l’amavo in una maniera differente di quella in cui amavo Dorian, ma con la stessa intensità. Forse neanche lei me l’avrebbe detto mai.
«Sai cosa ci vuole per noi due?» dissi, piegandomi sulle ginocchia per arrivare più o meno all’altezza della mia amica, seduta.
«Cosa?» chiese lei con un sorriso malizioso.
«Un’avventura! Salvare il mondo alzerebbe un po’ la media della giornata, che ne dici?»
Ridemmo di gusto per qualche secondo, poi Angel parlò: «Facciamo così: raggiungiamo M. in Mongolia. Lì possiamo ottenere le informazioni minacciandolo di rivelare il suo piano. Intanto avvertiremo le autorità locali dell’ubicazione della fortezza. Avremo le informazioni e anche la cattura di M.»
«Perfetto – sentenziai entusiasta – non avrei mai potuto sopportare un’onorificenza dalla Regina per aver salvato il suo Impero dalla distruzione. Così agiamo in bene e in male, ma soprattutto nelle tenebre. Ma come faremo a trovare la fortezza di M.? La Mongolia non è grande come l’isola di Malta»
«Seguiremo i gas inquinanti, ne hanno parlato molto in questo periodo sui giornali – disse, ringraziando con un cenno Marie che le aveva portato un altro calice per il vino - C’era il nome della città in questione sul Times: l’hai letto?» continuò, rivolta a me.
«No» sussurrai, lievemente imbarazzata. Sapeva perfettamente perché non leggevo i giornali… a lui non era mai piaciuto farlo. La mia amica mi sorrise, un sorriso comprensivo; era bello sapere che potesse capirmi senza bisogno di parole.
   
 
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