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Autore: RuWeasley    08/09/2015    2 recensioni
Sei schiavo degli stereotipi. Tu come tutti gli altri.
Il tuo essere libero è sbagliato sin dal concetto.
E nonostante tu lo sappia
ora è troppo tardi. Le mie parole ti appartengono. Ho narrato la tua storia.
Quindi, perchè ora non posso continuare a farlo?
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Oliver Smith - il numero 19

Stavo tornando da scuola, lentamente camminavo per le vie grigie della mia città. Per andare a casa mia bisogna attraversare un vecchio parco, ormai vittima del tempo, distrutto e ricostruito dalla natura stessa. Giostre pericolanti e arrugginite, pali e sostegni distrutti, ormai integrati con la natura. L’edera che attraversava, penetrava i resti di quel parco, dava un sinistro fascino al posto.
Una sola giostra è ancora funzionante, l’altalena. I pali di legno che la reggono sono coperti di edera, ed una delle due altalene è pendente, staccata dalla catena che la sorreggeva. Tuttavia l’altra era ancora sana, nonostante i sinistri scricchiolii che emanava.
La rividi proprio lì, in quell’altalena scricchiolante, con una sigaretta in bocca ed un quaderno tra le mani.
Tratti veloci segnavano i fogli sgualciti.
Vedevo vita tra quei fogli, le pagine ingiallite e conciate.
Vita, pensieri.
Mi avvicinai al parco, forse, per la prima volta. Abituato alle avvertenze di mia madre, mi sono sempre tenuto lontano da quel posto, mi sono sempre tenuto lontano dai guai. La matita
si ferma, e il suo sguardo si alza.

Mi saluta con un cenno del capo, ed io rispondo timidamente.
Mi siedo per terra e mi tolgo lo zaino. Spio il suo disegno. Uno stranissimo arcobaleno che attraversava persone.
La piramide sociale unita da un grigio arcobaleno, dal povero al politico, dall’idiota all’intellettuale, dal popolare al depresso. Stereotipi uniti da una sola cosa, un arcobaleno monocromo
senza inizio e senza fine.

“Tu la vedi?” Mi chiede a mezza voce.
“Cosa?”
“La voce”
Osservo il disegno e le persone che ne fanno parte. Volti spenti, volti grigi.
Un arcobaleno senza colore.
Una luce ormai spenta,
Una voce troppo fredda.
La vedo la voce.
La senti la voce.
Rimango in silenzio per alcuni istanti. Attimi eterni, istanti immersi nella viscosità della mia mente.
“Si, la vedo.”
Parliamo, parliamo per ore. Discorsi astratti o troppo reali e vividi, parole taglienti che segnavano poco a poco la mia mente. Non mi sono mai sentito tanto a mio agio con una persona.
Riesce a comprendere i miei pensieri embrionali e profondi, ed io per la prima volta penso di poter comprendere qualcuno.

A quanto pare
nonostante la mia malinconia
c’è qualcuno disposto ad ascoltarmi e a darmi qualcosa.
Le ore passano in fretta, e ricordo molto tardi del mio pranzo ormai saltato. E salutandola, sento come leggero il mio stomaco vuoto.
Non è felicità, ma per una volta mi sento compreso.
Rincuorato torno a casa, e nella mia mente risuonano alcune delle sue parole, sfocate dai suoi occhi castani.
E nel frattempo, la scuola prosegue. Giorni fotocopiati e registrati, numeri su registri, salvati in archivi.
Siamo pagine, siamo foto.
Siamo parole dette e ricordate.
Ricordate nessuno sa da chi.
Dimenticate da chi conosci.
Siamo fogli, curriculum archiviati.
Da persone convinte che la nostra essenza non sia altro che stupidi dati anagrafici.

   
 
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