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Autore: _armida    11/09/2015    2 recensioni
“Sono stupito, non credevo che un bel faccino riuscisse anche a maneggiare un’arma con tale bravura”, disse il Conte.
Elettra provò a tirarsi su, ma finì per andare ad urtare contro la lama della spada, ferendosi leggermente uno zigomo.
“Dovete stare attenta, non volete di certo rovinare tutta questa bellezza così”, aggiunse allontanando la spada dalla faccia della ragazza. Doveva dargliene atto, era davvero bella. Non lo aveva notato prima, quando Grunwald l’aveva portata all’accampamento priva di sensi, era troppo preso dal chiedere al garzone di Da Vinci dove si trovasse la chiave.
Fece cenno a due guardie svizzere di tenerla ferma, mentre lui la perquisiva in cerca di altre armi nascoste. Non ne trovò, ma la sua attenzione fu catturata da qualcosa che la ragazza teneva nella tasca sinistra dei pantaloni: si trattava del suo blocco da disegno. Quando fece per sfogliarlo, una moneta, contenuta al suo interno cadde a terra; non si trattava di una moneta comune, era in oro e presentava sulla sua superficie la faccia di un dio pagano. La raccolse e la osservò accuratamente.
“Cosa sapete riguardo ai Figli di Mitra?”
VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA SU WATTPAD
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
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Capitolo XI: Il Banchetto

"Sei sicura, di volere che ti dipinga quei fiori addosso?", le disse Leonardo una volta giunti in camera di Elettra. 
"Nessun ripensamento", rispose lei.
Mentre Maria l'aiutava a truccarsi e le acconciava i capelli, Leonardo le disegnava dei delicati ricami floreali. Essi partivano da sopra il sopracciglio destro, le accarezzavano delicatamente lo zigomo ferito che, grazie alla polvere di Cipro, si vedeva molto meno e proseguivano sul suo collo di porcellana. Da esso passavano poi sulla spalla, dove facevano una giravolta, per posizionarsi poi al centro della schiena, seguendo la linea della colonna vertebrale. Poi, una volta arrivati in fondo, si spostavano sulla gamba destra, avvolgendola delicatamente, fino alla sottile caviglia.
"Prima di indossare il tuo vestito, devi aspettare che asciughi", le disse una volta finito.
"Credo che arriverò in ritardo", gli disse lei ridendo. Mentre loro chiaccheravano la festa stava già cominciando.
"Io vado. A differenza tua, ci tengo ad arrivare ad un orario decente", si congedò Leonardo.
"Ci vediamo là, allora"

***

 Era passata più di un'ora, da quando aveva salutato Leonardo, ma finalmente ce l'aveva fatta, ad arrivare a palazzo. 
La carrozza che Lorenzo le aveva mandato, per scortarla fino alla festa, si fermò davanti all'ingresso principale. Elettra arricciò il naso, avrebbe preferito passare da uno degli ingressi laterali. "Ordini del Magnifico", le rispose il cocchiere.
Quando giunse davanti al portone della sala dei banchetti, ci trovò due paggi, pronti ad annunciarla. "Provateci e domani passerete dei brutti momenti", disse quando uno di questi ultimi fece per aprire bocca. Non era una nobile, non doveva essere annunciata. Era ridicola, come cosa, quella di sentire il proprio nome urlato.
I battenti si aprirono e lei entrò.
Era magnifica, nel suo abito verde con quei leggerissimi fiori applicati. Come forma, il vestito ricordava una tunica: scendeva delicato sulla sua figura, accarezzandole leggermente le forme; sul davanti era abbasstanza accollato, con uno scollo a barchetta che arrivava fino ai lati delle spalle; aveva le maniche lunghe. Il retro invece presentava una profonda scollatura a v, che arrivava fino a metà schiena. Il ricamo floreale scompariva al suo interno, per poi ricomparire sulla gamba destra ogni volta che lo spacco dell'abito, si apriva. I capelli erano stati raccolti in una morbida treccia a lisca di pesce su di un lato; vi era qualche fiore, nascosto qua e là nei capelli e, sul capo, spiccava una sottile coroncina di fiori. 
Evitando di ascoltare i bisbigli e i sussurri che si erano levati mentre lei entrava, si diresse verso i padroni di casa. Molti la salutarono e lei rispose con dei brevi cenni del capo, senza fermarsi. Aveva una camminata lenta e studiata che, fortunatamente, non faceva trasparire tutta la sua agitazione.
"Signori", salutò i Medici con un piccolo inchino.
"E' un piacere vederti finalmente", le disse Clarisse.
"Magnifica, come sempre", si permise di dirle il Magnifico. Becchi confermò annuendo.
"Ho vinto la mia parte di scommessa", le disse Giuliano.
"Io non ne sarei così certa", sorrise Elettra.
"Sei vestita da Eva, no?", ribattè l'altro.
"No. Se avessi deciso di 'vestirmi' da Eva sarei venuta come mamma mi ha fatto". Risata di gruppo. "Sono vestita da giardino dell'Eden e per ora sono in vantaggio io"
"Voi due e le vostre scommesse...", disse Lorenzo ironico.
"Scusate signori ma vado a prendere un buon bicchiere di vino anche io", si congedò Elettra.

Girolamo Riario non l'aveva persa di vista un attimo da quando aveva fatto il suo ingresso nella sala. Aspettava solo che fosse sola, per avvicinarsi.
La vide allontanarsi per andare a prendere da bere e decise che quello era il momento perfetto per agire.
"Madonna, salve". La vide irrigidirsi e prendere un lungo respiro, prima di girarsi nella sua direzione. Nel frattempo lui indugiò sul singolare disegno che aveva sulla pelle. Il fatto che scomparisse sotto l'abito, per poi ricomparire sulla gamba lo intrigava. E non poco. Si ritrovò a fantasticare su di esso, e di come potesse apparire nei punti non visibili. Gli sarebbe piaciuto percorrelo tutto, accarezzando quella pelle di porcellana all'apparenza così delicata. "Temo che non ci siamo presentati a dovere, l'ultima volta", aggiunse semplicemente.
"No, infatti", gli disse lei sulla difensiva.
"Mi farebbe molto piacere conoscere il vostro nome"
"Costei è mia nipote Elettra", si intromise Becchi, alle spalle del Conte. L'aveva vista innervosirsi di colpo, mentre Riario le parlava e aveva deciso di intervenire in suo aiuto.
"Elettra Becchi, piacere di fare la vostra conoscenza", disse la diretta interessata con un falso sorriso sulle labbra. 
"Il piacere è tutto mio", rispose Riario portandosi la mano della ragazza alle labbra per un lento baciamano. Non riusciva a staccare gli occhi da quelli azzurri di lei. Aveva sbagliato, a giudicarla l'amante del giovane de Medici. Se ne rendeva conto solo ora.
Per Elettra, quei pochi secondi, furono i più lunghi della sua vita. Sentì come una leggera scossa elettrica, quando le labbra del Conte le sfiorarono appena la mano. D'istinto le sarebbe venuto di ritrarla immediatamente, ma la presa decisa di Riario le impedì di farlo. Arrossì leggermente: quell'uomo la metteva seriamente in soggezione ed Elettra non sapeva come comportarsi. Ci pensò uno degli ultimi arrivati, a farle dimenticare quell'imbarazzante sensazione: un uomo con dei lunghi boccoli biondi ed una veste vescovile, che camminava nella sala con lo sguardo smarrito.
Riario stava per domandarle come trovava quella festa ma la frase restò a metà. Elettra si congedò velocemente, appoggiando il calice ancora pieno sull'angolo del tavolo e poi corse via.
"Aramis", urlò di gioia appena fu abbastanza vicina al fratello. Prima che quest'ultimo capisse la situazione, lei gli era già saltata al collo, abbracciandolo. Erano da due anni che non si vedevano e sentirsi solo per lettera non era la stessa cosa. La strinse forte a sè, tentennando un attimo quando sentì il contatto con la pelle nuda della schiena di Elettra. Le fece fare una giravolta, per osservarla meglio.
"Sei cresciuta, sorellina", sentenziò alla fine.
"Tu sei sempre uguale, invece". Elettra aveva un sorriso da orecchio a orecchio.
Ci pensò il Conte, ad interrompere quel felice momento famigliare. "Ora che vi vedo uno di fianco all'altra, noto molta somiglianza.", disse sorridendo, "Sapete Elettra, vostro fratello mi parla continuamente di voi". Doveva capire prima anche quello; era stato davvero uno stupido, a non rendersi conto che era la sorella del vescovo Becchi.
Elettra si limitò a sorridergli in modo alquanto tirato.
"Aramis, pensi di invitarmi a ballare prima o poi?", disse ironica.
"Non posso proprio, sono un vescovo ora e certe usanze vanno contro la mia etica". La poveretta strabuzzò gli occhi: dannazione, era stato proprio lui ad insegnarle a ballare! Era un ballerino provetto.! Cosa gli era successo a Roma? Gli avevano fatto un lavaggio del cervello? Avrebbe voluto insultare sia lui che quella sua chiesa ma, visto la quantità di ecclesiastici e bigotti presenti quella sera, si limitò a mettergli il broncio. Riario girò un attimo la testa di lato, nascondendo una risatina. Era divertente come scena.
"Posso avere l'onore di questo ballo, Madonna?", le chiese lasciandola senza parole. Elettra era stupita e non poco, dalla proposta del Conte. Non voleva accettare ma l'unica cosa che riusciva a fare era balbettare. Quando ormai era riuscita a riprendere il controllo su se stessa, era troppo tardi. Riario l'aveva presa per mano e condotta sulla pista da ballo. 
"Mi sembrate nervosa", le disse mentre le poggiava delicatamente una mano sui fianchi e con l'altra prendeva quella di lei. 
"Voi al mio posto come stareste?", rispose lei poggiandogli la mano libera sulla spalla.
Riario ridacchiò. "Potevate dirmi di no"
"Non me ne avete lasciato il tempo", disse schietta, guardandolo fosso negli occhi. C'era un qualcosa che le impediva di staccargli lo sguardo di dosso.
La musica partì.
"Non vi facevo avvezzo a certe frivolezze, Conte". Non avrebbe mai pensato che Riario fosse così bravo, nella danza. A Elettra, invece, il ballo non era per niente congeniale e faticava e non poco a stare dietro alle movenze perfettamente studiate del Conte.
"Potrei stupirvi, Madonna", le rispose mentre le faceva fare una giravolta. 
"Illuminatemi, allora", disse ironicamente la ragazza. Riario si limitò a sorriderle; forse quello era il primo sorriso vero che faceva da quando aveva messo piede a Firenze. Aumentò la stretta sul fianco di Elettra e restarono così fino a quando la musica non si fermò.
Non si accorsero neanche che la musica era finita; erano entrambi troppo persi uno negli occhi dell'altra, per accorgersene. Elettra si rese conto di tutto solo quando sentì Giuliano tossicchiare leggermente alle sue spalle. Velocemente si staccò da Girolamo, facendo un passo indietro. Non si era resa conto di essergli così vicina.
"Lorenzo vuole fare un discorso". Aveva l'aria di essere molto infastidito, da quello che aveva appena visto. 
"Credo che sia in vostro onore", disse Elettra a Riario. In realtà lei non credeva di saperlo, lo sapeva per certo. Aveva aiutato lei Lorenzo a scriverlo e i successivi minuti si preannunciavano parecchio divertenti. Trattenne a stento una risata mentre prendeva il braccio che Giuliano le aveva offerto.
Il Conte osservò come il giovane de Medici la stringeva a sè, mentre si incamminavano verso il palchetto allestito appositamente per l'occasione. Quel gesto così possessivo e fraterno nei confronti della ragazza voleva chiaramente dire 'State alla larga da Elettra'.

"Vi prego, un po' d'attenzione", disse Giuliano salendo sul palco.
Elettra nel frattempo si posizionò in prima fila, di fianco ad uno sperduto Leonardo che, non solito occuparsi di affari di quel tipo, sembrava parecchio a disagio. Riario prese posto alla sua sinistra.
"Do il benvenuto a tutti voi a uno dei banchetti di Firenze. Così piena di vita e persone vivaci...". Pausa per gli applausi. "...Come il Giardino dell'Eden", esordì Lorenzo. Mentre lui parlava sul palco entrarono parecchi ballerini in maschera, che si muovevano sulle note di una canzone scritta da lui stesso da giovane. "Pieno di frutti rigogliosi, pieno di animali e giochi". Fece il suo ingresso una donna con un pitone sulle spalle; Elettra non riuscì a nascondere una piccola risatina. "Pieno della grazia della natura". Arrivarono Adamo ed Eva e tutti i ballerini, dopo alcune mosse, si misero nella posa finale. "Quindi come l'Eden. Ma, ovviamente, l'Eden  aveva degli ospiti...". Lorenzo accarezzò la testa del pitone; era proprio il momento che Elettra attendeva. "...così come noi.". Dovette fare uno sforzo immane per non scoppiare a ridere; girò un attimo la testa di lato, per osservare la faccia stupita di Riario. "E' pur vero che i nostri sono un pochino più piacevoli del serpente, in effetti. Lasciate dunque che dia il benvenuto al Conte Girolamo Riario, inviato da Roma al nostro Eden, la nostra adorata Firenze", concluse il Magnifico. Sul viso del Conte fece la sua comparsa un affilato sorriso che non prometteva niente di buono. Per tutta risposta Lorenzo gli fece l'occhiolino. "La cena è servita", disse.
Elettra guardò il Conte ancora più divertita. Riario invece non si stava affatto divertendo: quello era un grave affronto e poteva chiaramente vedere lo zampino di quella ragazzina impertinente; gliel'aveva fatta, un'altra volta. Forse era proprio per quell'impertinenza, aggiunta al fatto che riuscisse sempre a tenergli testa, che lei gli interessava così tanto. "Ottimo lavoro", le disse a denti stretti prima di prendere posto a tavola. 
 
***

Elettra si stava chiedendo cosa gli era passato per la testa a Gentile Becchi, per decidere quelle disposizioni ai tavoli: lei era finita in uno dei tavolini sparsi per la sala, in lontananza rispetto alla grande tavolata dove si trovavano i Medici, Riario, Becchi e le personalità più influenti di Firenze. Era seduta tra Aramis e Leonardo e fin qui, non si lamentava, ma oltre a loro vi erano anche Botticelli, che schiacciava parecchio l'entusiasmo collettivo, e altre personalità della delegazione romana, come il cardinale Mercuri e Grunwald. Il trovarsi tra suo fratello e il geniale artista finiva in secondo piano, rispetto a chi si trovava di fronte.
"Divertente", aveva detto sarcastica a Leonardo, mentre si sedevano. Gli altri non avevano chiaramente apprezzato il suo commento; sia Mercuri che Grunwald non avevano smesso un attimo di osservare lei e Da Vinci in modo alquanto tetro.
Erano passati appena dieci minuti ed Elettra non ne poteva più. Era arrivato il momento di attizzare un po' il fuoco; si riempì il bicchiere di vino e si fece forza. "Aramis hai notato la brutta ferita che ha il Conte sul collo? L'ho notata mentre ballavamo e non ho potuto fare a meno di pensare che se la sia vista davvero brutta, qualsiasi cosa abbia fatto per procurarsela.", disse con un finto tono di preoccupazione. Leonardo nascose con il pugno chiuso una risata dando corda all'amica. "Le ferite sul collo possono essere davvero pericolose. Basta applicare una leggera pressione con una lama, per morire dissanguati.", aggiunse. Mercuri li guardò ancora più torvo di prima, mentre Grunwald borbottava qualcosa in tedesco: non erano parole che andavano ripetute. "Sapete, Capitano, nostra madre Anna era tedesca e noi in casa lo parlavamo spesso", gli disse Elettra divertita. Aveva fatto sbiancare pure il capo delle guardie svizzere. Doveva essere fiera di se stessa.

Tra una portata e l'altra Elettra passava per i tavoli, intrattenendo gli ospiti con il suo spontaneo sorriso e tutta l'allegria che era capace di trasmettere agli altri. 
Tra l'antipasto e una delle prime portate aveva avuto l'occasione di parlare con Piero Da Vinci, il padre di Leonardo, che, all'esclamazione della ragazza di quanto suo figlio avesse talento, rispose con un secco: "Mio figlio ha detto di saper fare due cose contemporaneamente: ubriacarsi e scavarsi la fossa da solo". A quanto pare era l'unico di cattivo umore alla festa. Insieme ad alcuni elementi della delegazione romana, ovviamente.
In una delle successive 'pause' tra un abbuffata e l'altra (Elettra aveva ammainato bandiera bianca alla seconda prima portata), decise di dirigersi al tavolo dei Medici. Peccato che venne bloccata a metà da Francesco Pazzi, intento a parlare con il Conte Riario. "Maddona, vi ho vista così indiffarata per tutta la festa. Fermatevi un attimo a riprendere un po' di fiato", le disse prima di farle un baciamano; era un lecchino e tutti lo sapevano bene. Elettra lo guardò contrariata, mentre lo vedeva portarsi la mano alle labbra. A giudicare dalla quantità di saliva che lasciava, Pazzi non sfiorava la mano con le labbra, lui la leccava. Riario le sorrise divertito, capendo perfettamente i pensieri della ragazza.
"Come va la vostra scommessa con il giovane Giuliano?", le chiese Pazzi mentre Elettra, senza farsi notare, puliva la mano nel retro del proprio abito.
Il Conte alzò un sopracciglio, curioso.
La ragazza sospirò fingendosi dispiaciuta: Pazzi si era travestito da pennuto. "Voi non mi aiutate per niente, Francesco"
"Perchè mai, se posso chiedere?". Al vedere l'espressione di Riario,decise di spiegare meglio: "Sapete, Conte, la nostra carissima Elettra e il giovane Giuliano si divertono a indovinare le maschere degli invitati. Non lo trovate anche voi divertente?", disse con un falso sorriso sulle labbra. In realtà non sopportava quella ragazzina impertinente, così come non poteva vedere i Medici. Le avrebbe dato una lezione, il giorno in cui i Pazzi sarebbero diventati i signori di Firenze.
"Se lo dite voi, Francesco" disse disinterresato Riario.
"Tornando a noi, da cosa credevate mi sarei travestito?", chiese Pazzi ad Elettra. Lei assunse una strana espressione, tra il divertito e il non sapere cosa dire. Non poteva certo rispondere da cervo o da ratto. Non sarebbe stato educato, nessuno dei due.
"Come trovate la festa, signori?". 'Santo Becchi', pensò Elettra; era la seconda volta che la salvava da qualche figuraccia, quella sera.
"Magnifica. Come tutte le feste che vostra nipote organizza, in fondo", rispose Pazzi. Nel mentre Elettra aveva pensato bene di dileguarsi.
 
***

I festeggiamenti e tutta quella finta cortesia cominciavano ad annoiarla. Elettra, con la scusa di prendere un po' d'aria, aveva deciso di fare due passi per i corridoi del palazzo. Casualmente, passò per la galleria dove si trovavano tutti i ritratti della famiglia Medici. Si ritrovò a fissare il dipinto raffigurante Cosimo, il Mago. Era stato quasi un nonno per lei, ed era stato lui a convincere Gentile Becchi a mandare Elettra dal Verrocchio, per imparare a dipingere bene. In un certo senso, senza di lui, in quel momento non sarebbe stata lì.
"Cosimo, voi e i vostri Figli di Mitra...", pensò ad alta voce. Era talmente concentrata sui suoi pensieri che non si accorse del rumore di passi, sempre più vicini.
"Parlate anche con i quadri, ora?", disse ironico il Conte alle sue spalle. 
Non si erano mai trovati completamente soli, prima di allora. Quel pensiero la fece innervosire parecchio. 
"E voi mi seguite, Conte?", commentò sarcastica.
Riario le ripropose uno dei suoi soliti sorrisi freddi, di quelli che fanno gelare il sangue nelle vene a chiunque lo osservi. 
Fece alcuni passi verso di lei. 
Elettra, al vederlo avvicinarsi, provò a fare qualche passo indietro ma, dietro di lei c'era solo il ritratto di Cosimo de Medici. Lo guardò negli occhi, con aria di sfida. 
"Elettra", disse mentre si portava pericolosamente vicino al suo viso. Lei abbassò lo sguardo. "Dovevate fare più attenzione", le sussurrò mentre le accarezzava delicatamente lo zigomo ferito. Lei si stupì di quel gesto, appariva così estraneo alla natura del Conte. Intanto il suo cuore batteva all'impazzata; Elettra pensava quasi che le potesse uscire dal petto, da quanto batteva. Socchiuse leggermente gli occhi, quando Girolamo fece per colmare la breve distanza che separava le loro labbra. 
"Elettra, dove sei finita?". La voce di Giuliano, proveniente da uno dei corridoi adiacenti, la fece sobbalzare. 
Mentre Riario si ritraeva, distratto dalla voce del de Medici, Elettra riuscì a sgattaiolare via. "Buonanotte, Conte", disse poco prima di scomparire in un altro corridoio. Le dispiaceva, di essere stati interrotti proprio sul più bello. 
Mentre si dirigeva verso Giuliano, un sorriso da ebete le comparve in faccia, insieme ad un diffuso rossore, alquanto sospetto, sulla sua pelle solitamente bianca come il latte. 


Nda 
Una tranquilla serata a palazzo! Non penso che si svolgessero in questo modo i banchetti nel 1400, però mi piace immaginarmeli così.
Per l'abito di Elettra mi sono ispirata ad un vestito di Elie Saab (potete trovarlo qui: http://www.google.it/imgres?imgurl=http://blog.anitalianbrand.com/wp-content/uploads/2014/04/Elie-Saab-HC-RS14-5236_main_image_defile.jpg&imgrefurl=http://blog.anitalianbrand.com/mag/249/&h=563&w=404&tbnid=Q9lXGScsvO6OAM:&docid=4YBHMNWsA_9x4M&ei=8GvrVbKMNcm4acKOoOgG&tbm=isch&ved=0CC0QMygOMA5qFQoTCLLEsP734McCFUlcGgodQgcIbQ), però dovete immaginarlo in verde scuro e senza le trasparenze.

 
   
 
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