Anime & Manga > Kuroko no Basket
Segui la storia  |       
Autore: ReaRyuugu    12/09/2015    1 recensioni
Shougo Haizaki non ci ha messo molto ad imparare che il contesto in cui vive lo vede principalmente come un fastidioso parassita. Quando una certa notizia scuote la sua monotona quotidianità, però, pur di andare contro ai soliti giudizi, persino smentire l'immagine che ha sempre dato di sé diventa una sfida a cui un po' infantilmente non riesce a sottrarsi.
~
{Post-serie principale, focalizzata quasi interamente su Haizaki ma avviso subito che ci saranno poi elementi HaiKise. Il rating potrebbe cambiare.}
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Crack Pairing | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Ryouta Kise, Shogo Haizaki
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

» 2. Shocking overdose of mental sticky notes

 

 

- Ah, lascia pure qua, da qui in poi lo gestisco io! Finisci pure di scaricare il resto! -

Un rapido cenno d’assenso con la testa, il cappellino dell’uniforme che si alzava brevemente e un braccio che si sfregava sulla fronte imperlata di sudore e fatica, e senza fiatare oltre Haizaki tornò verso il furgoncino parcheggiato fuori dall’edificio.

Alla fine, non era stato difficile tanto trovare un lavoro part-time, quanto più convincere i suoi (e soprattutto quel rompicoglioni di suo fratello) che l’unico motivo per cui voleva lavorare era per pagarsi da solo i propri sfizi, e non per chissà quale oscuro, nascosto motivo.

- Shougo, ti ci metti pure coi debiti di droga? - gli aveva subito domandato quell’idiota, arcigno. Lui aveva messo parecchio a ribattere a quell’affermazione che non stava né in cielo né in terra, sbattendo le palpebre più volte e tirandosi pure un pizzicotto per essere sicuro di non starsi sognando tutto quanto.

- … ma sei cretino? - era stata la sua risposta, con il boccone della cena ancora mezzo masticato in bocca. Pure del drogato, ora, doveva sentirsi dare? - Non… ma ti pare che mi drogo?! -

- Allora sono debiti di gioco, scommetto. -

Non poteva credere che solo perché era l’unico a lavorare, allora pensava di potersi permettere di sparare certe stronzate con così tanta noncuranza. La tentazione di far partire la rissa pure per quella serata fu decisamente forte, ma il tono cinguettante della madre aveva subito smorzato i toni severi di quella discussione nascente.

- Oh, andiamo! Il mio piccolo Shougo vuole solo dimostrarci che sa essere un ometto con la testa sulla spalle! - non solo doveva fare la sua scenata euforica da istrionica un po’ bipolare in buona, ma aveva anche sentito il bisogno di tentare di strappargli un pezzo di guancia tra pollice e indice. Ma le mani in tasca, per esempio, no?! - Ah, ma se è perché sei preoccupato per la mamma, allora ti dico subito di stare tranquillo. Posso comunque continuare a lavorare, anche in questi mesi. -

- Ma’, non me ne frega niente se puoi continuare a lavorare in questi mesi. Ho solo voglia di non dipendere da Shinya ed evitare che mi rinfacci qualsiasi cosa. -

Pausa.

- Ma tu non dovresti, tipo, stare a riposo? Non è pericoloso o roba del genere? Il… bambino non sente? -

- Oh, no, se il dottore mi conferma che è tutto a posto posso continuare tranquillamente, con le giuste precauzioni! - aveva riso, divertita - E poi ho già fatto così sia Shinya che con te, e credo proprio che nessuno di voi due abbia mai sentito nulla! -

 

Anche solo ripensare a quelle parole lo fece trasalire di un vago senso di disgusto, mentre tornava agli scatoloni del furgoncino e uno a uno li scaricava dentro allo studio. Fortunatamente, quel tira e molla era durato davvero poco, e tra una cosa e un’altra era stato ben libero di accettare una proposta di lavoro come assistente garzone di una compagnia che si occupava di affittare attrezzature e scenografie — in parole povere, insomma, il suo ruolo non era tanto diverso da quello di un mulo da soma. Con una stazza come la sua l’avevano preso subito e, anche se la paga non era troppo alta in proporzione alle ossa che si spaccava, arrivava alla fine troppo stanco per pensare anche solo lontanamente a lamentare coi suoi datori per uno stipendio così misero.

Sospirò, constatando che finalmente il furgoncino era vuoto, e aspettando un cenno del suo superiore prima di mettersi a sedere e rilassare i muscoli affaticati.

Alla fine, sebbene in quella routine ci si fosse infilato solo da poco più di una settimana, stava iniziando sempre di più a sentirla come propria. Era una cazzo di tortura ogni volta, e trattenersi dal rispondere male ai propri superiori ogni tanto era davvero difficile, viste le sue normali e discutibili abitudini — ma il richiamo dei soldi era più forte; e inoltre, stava imparando a tollerare quei ritmi, soprattutto considerando che i clienti erano sempre quelli, i compiti tutti uguali e i momenti di pausa, con la giusta organizzazione, neanche così sporadici. Tipo in quel momento, in cui quella staticità improvvisa gli divenne quasi… noiosa.

- Oi, capo - vociò dando sfoggio a tutta la poca cortesia che aveva imparato ad avere nei suoi confronti, stringendosi nelle spalle - Ma dobbiamo rimanere qui per tutto il tempo? -

Il suddetto capo, altresì conosciuto al resto del mondo come il signor Ishihara, era un tipo burbero e di poche parole. Era lampante come il sole estivo che fare il corriere non era mai stata la sua vocazione, e Haizaki ammise che più volte, seduto accanto a lui nei tragitti che li scarrozzavano a una parte all’altra della città, si era domandato come fosse arrivato a quel punto. Chissà se anche lui aveva cominciato con un lavoretto part-time, per poi ritrovarsi a salire di grado sempre di più fino ad essere troppo vecchio per licenziarsi e cambiare carriera? Ogni volta che ci pensava, si faceva immancabilmente l’appunto mentale di non lasciarsi prendere la mano, e di non permettere che la propria vita finisse chiusa in quel furgone alla larga da tutte le proprie (inesistenti) aspirazioni.

L’uomo si prese tutto il tempo di cui aveva bisogno per accendersi la sua sigaretta, appoggiato contro la portiera chiusa del veicolo. Ecco, erano quelli i momenti in cui Shougo avrebbe semplicemente voluto andare lì e dargli una sonora scrollata, perché i suoi tempi rallentati erano al di fuori di ogni umana sopportazione.

Calmo, doveva rimanere calmo.

- … sì, il tempo di tornare alla sede che tanto dovremmo ritornare indietro comunque. Perché? -

Alla buon’ora. Si strinse nelle spalle, mettendosi le mani nelle tasche dell’uniforme.

- Se li aiuto a montare e smontare cambia qualcosa? -

- In termini di paga, no. - Ecco, doveva aspettarselo. Aggrottò un po’ le sopracciglia, quasi infastidito che il suo miracoloso piano per portarsi in tasca qualcosa in più fosse andato così facilmente in mille pezzi

- … però prima iniziano, prima finiscono, prima ce ne torniamo tutti a casa. -

Eh, meglio di nulla. Non aggiunse altro mentre si infilava di nuovo nella porticina sul retro, tornando negli studi ancora in fermento per montare tutto il prima possibile. “Che se ne fanno di tutta questa roba?”, gli venne spontaneo chiedersi, mentre facendo leva più sul suo istinto mai sopito al flirt che sul suo altruismo si approcciava a una ragazza in difficoltà. E dire che quello era uno studio di fotografia, nemmeno il set di un film o roba del genere! Era così per tutti i professionisti del settore, o erano solo questi qua ad essere così inutilmente puntigliosi e pieni di sé?

- Non che me ne intenda più di tanto, ma com’è che vi servono tutte queste cose? - non resistette a domandare, serrando le palpebre sugli occhi velati di un certo dubbio e permeando la voce di quella che quasi sembrava un tono di provocazione. L’interlocutrice parve non farci caso, forse fuorviata dall’incapacità di vedere per bene la sua espressione – e, prendendo atto di questo vantaggio, Shougo si sistemò per bene la visiera del cappello cosicché almeno il suo viso non lasciasse trasparire la sua incapacità di sostenere adeguatamente determinate situazioni sociali.

- Ahah, posso capire lo stupore! Tu sei quello nuovo, no? - ridacchiò, e il ragazzo si imbronciò un poco per quell’appellativo così riduttivo  - È che siamo affiliati anche a un’agenzia di modeling, e certe volte ci vengono richiesti set un po’ più elaborati per evitare di far spostare i modelli e le modelle in altre città o persino in altre regioni. Così è molto più comodo! -

- Ah. - grugnì semplicemente, fissandola segretamente con sguardo disinteressato. Non che le avesse mai chiesto i dettagli: fosse stato per lui, avrebbe potuto ben fermarsi alla spiegazione base senza aggiungere tutti quei fronzoli. A malapena sapeva cosa fosse una dannata agenzia di modeling, tra l’altro!

E soprattutto, perché quella continuava a parlare?

- Non per vantarci, ma i nostri obiettivi hanno inquadrato alcuni tra i volti più in voga al momento. Non so se ti intendi di moda, uh… - dette una palese occhiata al cartellino appeso alla sua divisa, sforzandosi di essere discreta ma fallendo miseramente - … Haisaki-kun, ma sono sicura che se dovessi vederli li riconosceresti anche tu! -

- È Haizaki, e non-… -

- Ah! Eccolo lì, uno dei nostri protetti! Lo conosci per forza, ne sono convinta! -

Fece roteare gli occhi verso il cielo, Shougo, di nuovo costringendosi mentalmente a contare fino a dieci prima di rispondere male a quella tipa tanto carina ma pure tanto fastidiosamente petulante. Alla fine quanto gli sarebbe costato voltarsi, constatare che non aveva idea di chi cazzo avesse di fronte, mentire e poi tornare a lavorare? Si voltò con svogliatezza, adocchiando la figura in piedi vicino alla porta intenta a cinguettare chissà quale ruffianeria.

- Buonasera, buonasera! Grazie a tutti per il duro lavoro! - aveva infatti appena esclamato, poggiando per terra una cassa di chissà cosa: non era quella, adesso, a catturare la sua attenzione, mentre con le palpebre sgranate sugli occhi sconvolti metteva a fuoco quell’apparizione così improvvisa da sembrare irreale. Andiamo, non poteva davvero trattarsi di lui, no? Certo, questo era il suo campo, ma quante probabilità c’erano di incontrarlo proprio lì?!

- Ryouta… ? - aveva gracchiato senza pensaci, la voce che gli moriva drammaticamente in gola. Noncurante del suo disagio, la ragazza di prima gli pose amichevole una mano sulla spalla.

- Oh, allora anche tu sai chi è! - esclamò, perforandogli i timpani nel tentativo di sussurrargli, ma in realtà dimenticandosi di abbassare il tono di voce e trapanandogli direttamente nelle orecchie - Non solo è proprio bello, ma è anche tanto gentile! A volte arriva in anticipo solo per portare qualcosa di fresco a tutto lo staff! -

- Grandioso. - sibilò, la voglia di falsare un qualsiasi altro tipo di emozione che non fosse il vuoto assoluto che morì nel modo più tragico e immediato, spengendosi come un fiammifero davanti ad uno tsunami. Si sistemò nervosamente la visiera del cappellino davanti agli occhi, nascondendoli così tanto che a malapena riuscì a vedere il proprio tragitto.

- Devo usare la toilette. - borbottò, avviandosi di nuovo verso l’uscita sul retro. La ragazza sbatté, perplessa, le palpebre.

- … ma è dall’altra parte… -

- Ne troverò un’altra strada facendo, con permesso… -

Si precipitò così celermente via da quella scomoda situazione che persino per l’occhio più distratto sarebbe stato difficile non trovarlo sospetto. In quel momento, però, gliene importava poco e nulla: si chiuse frettolosamente la porta alle spalle, incontrando l’espressione incredibilmente ravvivata da un’ombra di sorpresa del suo superiore.

- … già fatto? -

- Capo, ho bisogno di una sigaretta. - boccheggiò, con la schiena ancora premuta su quell’uscita come per impedire l’uscita di chissà quale abominio. L’uomo sollevò un sopracciglio, evidentemente non troppo sicuro su cosa soffermarsi — se sulla richiesta, o sulla sua espressione stravolta.

- Ti mancano un po’ d’anni per arrivare all’età legale per fumare, ragazzino. - borbottò, ma nel mentre gli stava comunque passando pacchetto e accendino - … me ne devi due, poi. -

- Eh?! - alzò risentito lo sguardo verso di lui mentre parava la fiammella dal vento, aggrottando le sopracciglia - Perché due?! -

- Regola personale, o quello o mi intasco la paga di oggi. - fece spallucce, riprendendosi ciò che era suo - E vado a cercare un bar che ho sete, tieni d’occhio il furgone. -

Se ne stette in silenzio, Haizaki, costretto a guardarlo allontanarsi mentre si scostava dalla porta e il fumo aspirato si disperdeva dalle labbra socchiuse in una scia informe di nuvole grigiastre. Se non altro, visto che Ishihara non aveva fatto domande sul suo affanno, il brutto, improvviso e fulmineo incontro di poco fa stava iniziando ad occupare un peso sempre meno significante nella sua testa. Era lui, d’altronde, lo stupido che non aveva messo in conto una cosa del genere; sapeva che l’idiota faceva il modello, e le probabilità che frequentasse proprio quel medesimo studio c’erano eccome (per quanto infime).

Sarebbe stato meglio se avesse seguito la filosofia del suo capo, rimanendosene là fuori ad aspettare finché non sarebbe arrivato il momento di staccare, e scrollando la cenere dal cilindretto di tabacco tenuto tra le dita si fece l’appunto mentale di non essere mai più altruista (se di altruismo si poteva parlare, visto che voleva solo tornare a casa un po’ prima) in vita sua. Tirò indietro la testa per appoggiarla al muro dietro di sé, godendosi quell’attimo di calma provvidenzialmente ritrovata, e quasi non si accorse dello scricchiolare leggero della porta che proprio accanto a sé si aprì con un cigolio.

- Ah! Trovato! -

Naturalmente, non poteva fare in tempo a formulare un pensiero di calma che il destino si armava di tutto punto per dargli contro. Sobbalzò, quella voce ahimè tragicamente familiare che lo fece trasalire al punto che per poco la sigaretta non gli finì in gola, mentre la visiera del cappellino veniva di nuovo tirata in basso con una veemenza tale che per poco non gli rimase in mano.

E quello l’aveva raggiunto lì, esattamente, per quale motivo?! Lo guardò di sottecchi, solo per vedere un Kise Ryouta sorridente, allegro e del tutto ignaro. Davvero un cappellino poteva fare così tanta differenza? Nuovo appunto mentale nel bloc-notes immaginario che stava iniziando a riempire le sue pagine un po’ troppo rapidamente di cose sorprendentemente futili: mai più sottovalutare il potere del paio di occhiali che separavano Superman da Clark Kent, se questi erano i risultati con un accessorio d’abbigliamento tanto insignificante.

- Uh… ce l’hai con me? - bofonchiò, tentando di falsificare il più possibile la propria voce. Ryouta rise, divertito, chiudendo la porta e mettendoglisi davanti.

- Mi scusi, è che prima è scappato in modo così palese che non ho potuto fare a meno di notarla, eheh! - ah, pure del “lei”, ora, gli stava dando? Trattenne a fatica un sogghigno, consapevole che se solo l’altro avesse saputo chi aveva davanti avrebbe preferito inghiottire un rospo piuttosto che riservargli una simile cortesia - È uno nuovo, vero? Tenga. -

E, insieme a queste parole, gli porse anche una delle bottiglie di succo che aveva portato prima. Cosa stava cercando di fare, di ingraziarselo? Sollevò entrambe le mani e le pose, aperte, in avanti, tentando di troncare sul nascere quel tentativo di conversazione.

- Sono nel pieno del mio orario di lavoro, non posso accettare. - si rese conto un po’ troppo tardi di quanto poco fosse convincente quell’argomentazione, vista la sigaretta ancora serrata tra le sue labbra. Persino quello svampito si accorse di quanto fosse debole, ridacchiandogli dritto in faccia.

- Andiamo, non faccia storie! Non c’è nessuno a controllare, e se dovessero esserci problemi mi prendo tutta la responsabilità! - ma quanto insisteva? E soprattutto, che motivo c’era di essere così tanto melodrammatico? Con le palpebre a mezz’asta, sospirò di un’impercettibile seccatura.

- Seriamente, non importa. -

In quel momento, Shougo si domandò se Ryouta avesse mai ricevuto un rifiuto in vita sua, perché sebbene il suo viso fosse ancora sorridente, negli occhi non poteva non vedere un’ombra opaca oscurare la loro insopportabile e gioiosa brillantezza. Che si stesse davvero offendendo perché non aveva intenzione di accettare la sua gentilezza imposta?

… o c’era qualche altra ragione, dietro? Per un motivo che non riuscì ad individuare, Haizaki si sentì improvvisamente sotto pressione, una tesa gocciolina di sudore che gli scivolò dalla tempia lungo tutto il contorno del viso.

Sta’ a vedere che ‘sto svampito si sta rendendo conto della persona con cui sta parlando?” fu il primo pensiero che gli fulminò in capo, mentre il suo intero linguaggio corporeo comunicava disagio. Incrociò le braccia sul petto, incurvò la schiena, fece sprofondare la testa tra le spalle… come altro poteva fargli capire che non aveva voglia di parlare?

In quella posizione fece fatica a vedere i movimenti di Kise, che nel frattempo si era messo, sospirando, le mani sui fianchi.

- Andiamo, signor fattorino, non c’è bisogno di essere così timidi! - si sentì rimproverare, e dovette stringere le dita sulle proprie maniche per non farlo attorno al suo collo – Sappia però che con lei non mi arrendo! Signor… -

Cercò di sottrarsi alla sua presa quando lo vide allungare la mano alla sua uniforme, nel tentativo di tirare su il cartellino attaccato al suo petto e di leggerne il nome; ma quando reagì fu troppo tardi. Non poteva scappare da nessuna parte, in quel vicolo, complici le spalle incollate al muro e le troppo strette e troppo poche vie di fuga. Volse lo sguardo altrove quando intravide Kise sobbalzare all’indietro, liberandosi da quella mezza cecità e tirando su il cappello ormai diventato inutile.

 

- Allora avevo ragione… sei davvero tu, Shougo. –

 

 

 

 

Salve!
Finalmente posto anche questo secondo capitolo nella mia personale versione dell’odissea di Haizaki Shougo, colui che decise di guadagnarsi il pane per puro e semplice spirito di contraddizione.

Proprio perché sto cercando di non stressarmi coi ritmi, scrivere questa storia si sta rivelando infinitamente divertente (così come pure cercare i titoli per i singoli capitoli, cosa che mi riesce estremamente più facile dei disperati tentativi di trovare quello per la ff in generale).

Non so, penso che molti possano essere in disaccordo con la mia interpretazione di Haizaki, ma non riesco a vederlo troppo diverso da come lo raffiguro – anche se credo che l’avvertimento OOC magari ce lo caccerò comunque. O forse no? Ho sempre difficoltà a mettere gli avvertimenti, in questo caso perché non credo di star stravolgendo nessuno senza motivo specifico. Insomma, vedrò.

In ogni caso! Devo dire di aver ricevuto più attenzione di quel che immaginavo, e vi ringrazio qui dal profondo per le letture e i seguiti.  Al solito, se avete qualche commento da fare, accetto più che volentieri qualsiasi opinione!
Alla prossima!

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Kuroko no Basket / Vai alla pagina dell'autore: ReaRyuugu