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Autore: _Vi___    14/09/2015    1 recensioni
NOspoiler!LaMutazione || Spoiler!LaRivelazione || FinaleAlternativo||
"«L’ho conosciuto la prima settimana. Era… il primo non immune da mandare nel labirinto. La ricerca era appena iniziata, il virus aveva cominciato a diffondersi in fretta. Siamo stati insieme tutto il tempo in cui è stato in isolamento qui… il tempo di sottoporlo ai test e le analisi di cui avevamo bisogno per avere i dati che ci servivano e poi l’abbiamo chiuso in fretta e furia nel labirinto» concluse con tono di voce che straripava di amarezza. [...]
«Ho passato anni senza potergli parlare. Senza poterlo toccare…» riprese improvvisamente a raccontargli «siamo confinati in quest’angolo d’inferno da talmente tanto tempo… e lui… è come se non ci fosse più» [...]
«Ogni tanto torno nella sala di controllo solo per poterlo guardare per quei pochi minuti al giorno, e allora mi ricordo che lui c’è ancora ed è lì, ad aspettarmi; a ricordarmi a cosa serve a tutto questo»."
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Un piccolo assaggio della mia storia, nella speranza di riempire un po' il vuoto che questa saga mi ha lasciato al posto del cuore.
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STORIA IN FASE DI BETAGGIO. CAPITOLI CORRETTI: CAPITOLO 1
Genere: Angst, Romantico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Newt, Thomas
Note: Lemon | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
Capitoli:
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8. Il Labirinto - Parte prima. 




Thomas correva per la Radura. Mancava poco più di un quarto d’ora alla chiusura delle porte; il finto cielo sopra le loro teste cominciava a scurirsi, celando il tutto dietro a una penombra appena accennata. Aveva cercato Newt da tutte le parti, ma ancora non riusciva a trovarlo; se non fosse riuscito a parlarci entro dieci minuti, sarebbe andato da solo, con Gally, anche se il maggiore era restio- e di certo non a torto - ad essere soltanto in due. Anche in tre, erano dannatamente pochi per affrontare un’intera notte là dentro.
Mentre sfrecciava alla volta dei campi, sperando di trovarlo lì, passò davanti alla cucina e fu solo per fortuito caso che riuscì a vedere la sua testa riccioluta far capolino da dietro la finestra. Newt era in cucina, probabilmente anche lui lo stava cercando.
Thomas entrò di corsa e, accidenti, il biondino non era l’unico ragazzo nella stanza, ovviamente: Frypan chiacchierava tranquillamente con Newt rivolto verso i fornelli, tutto affaccendato a non far bruciare la cena dei Radurai.
Il castano spalancò la porta all’improvviso, provocando un gran trambusto che fece sobbalzare gli altri due ragazzi.
«Tommy!» lo ripresè Newt, sorridendogli comunque, felice di vederlo.
Thomas non ricambiò il sorriso, nervoso e in preda all’ansia; e non solo perché era preoccupato per Minho e l’altro Velocista, bloccati chissà dove nel Labirinto, ma anche perché avrebbe dovuto condensare in dieci minuti scarsi, un discorso che avrebbe dovuto fare al suo ragazzo con decisamente molta più calma e molto più tatto.
«Due dei Velocisti non sono tornati!» pronunciò tutto d’un fiato. «Minho e Ben non sono rientrati!».
Thomas vide tutti e due gli Intendenti alzarsi immediatamente e assumere un’aria autoritaria e determinata. «Andiamo a chiamare Alby» fu l’unica cosa che sentì uscire dalla bocca di Newt.
Thomas scosse forte la testa, appoggiandosi alla porta e bloccando loro la ritirata. «Non c’è tempo! Dobbiamo andare nel Labirinto, adesso. Io e te; Gally ci sta già aspettando».
Come aveva previsto, Newt sbiancò. «Non esiste che andiamo a farci ammazzare là dentro. Rimarremo qua, convocheremo una riunione e domattina manderemo gli altri Velocisti a-» «Non c’è tempo!» Thomas lo interruppe, quasi urlando. Tremava, dall’agitazione. Afferrò il braccio sinistro e il polso destro a Newt, portandogli la mano a far pressione sulla parte alta dell’avambraccio. «Lo senti? Questo è un microchip che ti hanno donato i Creatori. I Dolenti non possono farti niente» cercò di rassicurarlo, in fretta. «Ce l’ abbiamo anche io e Gally. E un altro raduraio, ma non sappiamo chi sia». Newt lo fissava senza parole. «Ti prego, Newt, vieni ad aiutarci. Possiamo farcela, possiamo salvarli…».
«Come fai… tu come…». «Non c’è tempo per spiegare adesso. So di star chiedendo molto, ma ti prego, fidati di me».
Newt non voleva saperne. «Come puoi chiedermi una cosa del genere?»
«Te lo giuro, Newt, non ci accadrà nulla di male. Ma dobbiamo andare adesso o potrebbe essere troppo tardi…».
«Come puoi esserne sicuro?!» Newt cominciava ad arrabbiarsi. Il tono di voce improvvisamente troppo alto per via dell’ansia. «Come fai a dire che non verremo fatti a pezzi e sbranati da quei mostri? Come fai a sapere che ho questa diavoleria sottopelle?! Come…»
Thomas troncò il discorso. «Ti spiegherò tutto» poi si girò verso Frypan, che guardava i due a bocca aperta, senza saper bene cosa dire «Spiegherò tutto, a tutti quanti. Ma per il momento non parlatene con nessuno, di quello che vi ho detto questa sera. Vi prego». Si volse un’ultima volta verso Newt: «Ci serve il tuo aiuto, Newt. Per favore».
«Come fai a sapere che non sono già morti? Come fai a sapere tutte queste cose?!».
Thomas si morse le labbra, nervoso «Non possono essere morti. Almeno, non entrambi» gli spiegò «Anche Minho ha il microchip… Newt, tra cinque minuti le porte si chiuderanno. Dobbiamo andare a cercarli…». Cercò di avvicinarsi al biondo e di prendergli le mani, ignorando deliberatamente la seconda parte della domanda.
Newt si allontanò, con una smorfia di disgusto e delusione ben stampata in faccia. «Non sei chi dici di essere, non è vero?».
Thomas sospirò «Te lo giuro, Newt. Avevo deciso di dirti tutto, questa sera stessa. E ti dirò ogni cosa, domani, appena torneremo qui» gli disse con sguardo implorante. «Ma adesso non c’è tempo. Adesso ci serve il tuo aiuto…».
Frypan ritrovò improvvisamente la voce «Pive, abbiamo delle regole, qui nella Radura. Il Consiglio prende le decisioni; non puoi fare di testa t-» «Al diavolo le vostre regole!» lo interruppe di nuovo Thomas «Ma non capite? Sono stato mandato qui, per farvi uscire da questo posto. Le vostre regole non contano nulla, non più! Ma adesso…» e si volse di nuovo verso il biondino «…devi venire con me. Dobbiamo salvarli. Ti prego, Newt».
E in quel momento cominciò a sentirsi l’assordante sferragliare metallico che precedeva la chiusura delle porte. Thomas lanciò un’ultima occhiata a Newt, ancora immobile e pieno di domande, nel bel mezzo della cucina; poi si voltò e corse verso la porta davanti alla quale Gally lo stava aspettando, con un grosso zaino sulle spalle e delle torce ancora spente tenute sotto il braccio.
«Thomas!» si sentì chiamare; e non gli servì voltarsi, per capire che la voce proveniva da Newt. Thomas continuava a correre, diretto a tutta velocità verso l’uscita e in poco tempo fu al fianco di Gally, le porte avevano cominciato a muoversi; non erano ancora arrivate a chiudersi per metà, quando il biondino li raggiunse, affannato «Non… non andare…» lo pregò, aggrappandoglisi alla maglia ansimante, con la voce resa roca dalla paura. Perché in quel momento, nonostante la rabbia, il senso di delusione e tradimento che avevano seguito la sorpresa di sentirsi dire cose del genere da Thomas, l’unica emozione che Newt sentiva di riuscire veramente a provare era la semplice e pura paura: paura di guardarlo sparire oltre quelle mura, senza fare mai più ritorno.
«Ma io devo. Non posso abbandonarlo…» e così dicendogli si sottrasse alla sua presa. Newt, in quel momento, provò una vasta gamma di emozioni: sentire l’altro sottrassi alla sua stretta gli aveva provocato una sgradevole sensazione all’altezza dello stomaco; si sentiva tradito, abbandonato, non considerato. «A domani, Newt» Thomas entrò nel labirinto; le porte avevano superato la metà del loro percorso, pochi metri separavano i due enormi blocchi in movimento.
Gally, che fino a quel momento aveva tenuto la bocca chiusa, si voltò verso Newt: «è tutto molto struggente…» lo prese in giro, la voce impregnata nel sarcasmo «ma tu vieni con noi». Gally, prendendolo completamente alla sprovvista, lo afferrò per un braccio e lo trascinò dentro, correndo, sotto gli occhi attoniti di Thomas. Newt inciampò sulla gamba difettosa e cadde a terra, al di là delle porte, nella parte interna del Labirinto. I due enormi muri si chiusero con un tonfo assordante, che rimbombò fin nelle profondità del corridoio, ormai quasi completamente celato dal buio.
Newt si rannicchiò al lato, nell’angolo in cui la parete destra del corridoio e le mura della porta, ormai chiusa, si incontravano: il giovane tremava e piangeva, con le mani premute sugli occhi. «Mo-moriremo. Oh Dio. Moriremo tutti quanti!».
Thomas fu su di lui in un secondo; gli si inginocchiò di fronte, afferrandolo per i polsi. Il cuore gli batteva forte nel petto, il dispiacere e la pena a scansare ogni altro stato d’animo.
Il ragazzino di fronte a lui era fuori di sé dal terrore.
«Perché l’hai fatto?!» urlò contro Gally. «Non voleva venire!»
Gally non si preoccupò di rispondergli. Si accucciò anche lui davanti a Newt, scansandolo. Afferrò con una mano i polsi del più piccolo e gli diede un sonoro schiaffo sulla guancia «Smettila!»
Thomas sbarrò gli occhi, pronto a tirargli un pugno.
«Newt!» continuò a urlargli contro «Sei un Intendente! È tuo dovere tenere al sicuro ogni persona di questa Radura! I nostri Velocisti hanno bisogno di noi! Non c’è tempo, per avere un attacco di panico e piangere come un bambino!».
Newt lo guardò con odio, fuori di sé «Come osi…Tu! Sei un altro dei suoi compari?! Quanti di voi traditori ci sono, infiltrati tra noi?!».
Gally cominciava ad arrabbiarsi. Probabilmente, in quel momento, avrebbe voluto tirargli uno schiaffo per motivi ben diversi dal fargli passare un attacco di panico. «Dopo tutto quello che ho fatto, per tutti quanti… dopo tutto quello che ho fatto per te… come puoi dire una cosa simile?» lo rimproverò, la voce ferita e gelida. «Ascoltami bene, ragazzino. Essere un Intendente porta delle responsabilità; adesso tu ti alzerai e dimostrerai di essere all’altezza, sono stato chiaro?».
«Newt…» intervenne Thomas «non ci accadrà nulla di male, te lo giuro. Non avrei mai portato nessuno, tanto meno te, qui dentro, se non fossi assolutamente certo che sarebbe stato sicuro. Aiutaci a salvare i nostri compagni e poi ti racconterò tutto quello che vuoi sapere, ti prego».
Newt si tirò in piedi, ancora terrorizzato, ma di nuovo padrone sé. Guardò verso il ragazzo di fronte a lui con distacco, riuscendo a malapena a celare il disgusto che provava in quel momento. «Oggi erano aperte le sezioni dispari; Siamo passati dall’entrata a Nord. Se sono ancora interi, li troveremo nella sezione tre».
«Come fai a sapere queste cose?» gli chiese esitante Thomas, temendo un altro scoppio d’ira del biondo. Newt non gli rispose. Gally sbuffò «Newt lo sa bene. Prima di… farsi male alla gamba… » gli spiegò vagamente il maggiore, mentre il più piccolo si girava a guardarlo, cercando di incenerirlo con la forza del solo sguardo «… era l’intendente dei Velocisti».
Il castano se ne accorse. Fin dal primo momento che era arrivato nella Radura, gli era stato chiaro che i particolari che riguardavano l’incidente di Newt era un argomento tabù.  Decise quindi di non commentare oltre. «E comunque li troveremo ancora interi, ho solo paura che siano rimasti feriti» rimarcò Thomas, con ostinazione.
«E ne sei così certo perché…?» lo interrogò Newt.
«Perché anche Minho ha il nostro stesso chip protettivo».
Newt si irrigidì, quando Thomas gli ricordò quel particolare. «Dimmi, Thomas. Prima non mi hai risposto: quanti traditori ci sono qua dentro, oltre a te?». Gally alzò gli occhi al cielo, scocciato, ma si accodò al biondino senza dire una parola.
Thomas lo imitò senza degnarlo di una risposta. Le sue parole cominciavano a dargli sui nervi «Sono stato mandato qui per aiutarvi» gli ripeté ancora una volta. «Non potresti aspettare che ti venga raccontato il resto della storia?»
«Oppure cominciare a chiederti per quale motivo, tra tutti, hai uno stramaledetto chip protettivo anche tu?» si intromise Gally, mettendolo a tacere una volta per tutte. Newt, infatti, strinse le labbra, senza degnarlo senza riuscire a trovare nulla da dire per poter continuare ad attaccarli.
«Bene» sentenziò il maggiore. «E adesso, diamoci una mossa».


 
***




Da una buona mezz’ora, i tre ragazzi camminavano a passo svelto nel Labirinto. Era ormai calata la notte e il buio aveva invaso completamente gli intricati corridoi in pietra. Nessuno aveva più detto una parola, eccetto quando Gally aveva acceso una delle tre torce che aveva portato diligentemente con sé e Newt aveva provato ad opporsi, seppur debolmente.
 
«Saremo facilmente individuabili, se accendi quell’affare…» gli aveva detto, palesemente rivolgendosi ai Dolenti. Gally si era girato a guardare Thomas, il quale aveva scosso debolmente la testa. «Il microchip li terrà alla larga».
E allora, senza aggiungere altro, aveva ignorato le lamentele del più piccolo e l’aveva accesa, proseguendo.
 
Newt era spaventato – sobbalzava per ogni minimo rumore e non faceva altro che guardarsi istericamente intorno, facendo schizzare gli occhi velocemente verso ogni parte del labirinto- ed era arrabbiato: Thomas poteva percepirlo, senza aver bisogno di parlare.
Il castano sospirò. In quel momento non aveva il tempo, e tanto meno la forza, di preoccuparsi dell’umore di Newt. L’incazzatura gli sarebbe passata, prima o poi. Forse più poi, che prima, ma, ad ogni modo, non che potesse rimediare in qualche modo, in quel momento. Newt non era lucido. Gli avrebbe parlato il giorno dopo, magari dopo una buona dormita, con la speranza che il ragazzo fosse più propenso ad ascoltarlo, anche solo per mera curiosità. In quel momento, Thomas non riusciva a pensare ad altri che a Minho e a Ben: ci doveva essere un motivo, se non erano tornati. Anche se Thomas si sentiva di escludere un attacco dei Dolenti, era sicuro che qualcosa fosse andato storto; non aveva alcun dubbio al riguardo: almeno uno dei due Velocisti era rimasto ferito, in qualche modo.
 
 
 
***


 

Quando era arrivato nella Radura, aveva scelto di diventare un Velocista per proteggere quante più persone poteva, ma aveva fallito anche in quello. Erano bastati pochi attimi di distrazione e Ben era stato punto da un Dolente.
Le punture agivano lentamente – impiegavano dalle cinque alle sette ore per avvelenare il sangue - ma non abbastanza lentamente: le porte si erano chiuse e Ben non ce l’avrebbe fatta a resistere fino all’alba.
Minho sapeva di aver fatto quello che doveva fare. Aveva raccolto un grosso sasso da terra e l’aveva colpito alla testa, forte, facendo in modo che perdesse i sensi.
Si era presto accorto di avere un braccio fuori uso, ma non si era perso d’animo: avrebbe fatto tutto quello che era in suo potere, ostinandosi ad ignorare quella vocina nella sua testa che continuava a ripetergli quanto fosse inutile anche solo provarci, mentre cercava di avvicinarsi all’entrata, trascinandolo con un solo braccio verso la porta più vicina. Se fosse riuscito ad arrivarci, forse la mattina seguente, i Medicali sarebbero riusciti a curarlo.
«Tieni duro, Ben!» lo incitò con il respiro reso affannoso dalla fatica, nonostante il biondo non potesse sentirlo, nel disperato tentativo di non lasciare che il panico prendesse il sopravvento.



 
***
 
 
 
«Siamo a metà della sezione tre» annunciò Newt, dopo una buona mezz’ora di silenzio. «Dobbiamo girare a destra, al prossimo corridoio».
«Sei sicuro?» gli chiese Gally, incurante del fatto che Newt avesse un diavolo per capello. E di certo parlargli in quel modo, come se stesse dubitando delle sue istruzioni, non rendeva il più piccolo più ben disposto nei loro confronti.
Newt strinse forte le labbra, irritato dalla domanda del maggiore. «No, mi piace da matti girare in tondo e andarmene a spasso per questa sploff di - »
«Ssh!» Thomas li interruppe, imponendo il silenzio. Aveva sentito una voce, in lontananza. Cercò di affinare l’udito, nella disperata speranza di non essersi inventato nulla. Ma dopo pochi istanti la sentì di nuovo: in lontananza proveniva, forte e chiara, la voce imprecante di Minho e Thomas fu sicuro che mai prima di allora era stato così contento di sentire l’irritante borbottio dell’altro ragazzo. «Minho!!!» Urlò a squarciagola, riempendo il silenzio tetro del Labirinto, incurante di Newt, di nuovo terrorizzato e convinto che i Dolenti sarebbero arrivati a divorarli da un momento all’altro.
Pochi secondi dopo giunse alle loro orecchie la voce del moro «Thomas?».
Il castano scoppiò a ridere istericamente, la tensione che gli abbandonava gli arti, lasciando spazio al sollievo e si mise a correre verso quella voce, continuando a chiamare l’altro a gran voce.
«Thomas! Aiuto!»  Minho continuava a urlare, anche la sua voce era traboccante di sollievo. Thomas scattò in avanti, svoltando immediatamente a destra e correndo fino alla fine del corridoio; svoltò a sinistra, senza perdere mai velocità e poi di nuovo a sinistra, fermandosi di colpo, quando si ritrovò davanti i due Velocisti: Minho era in piedi, guardandolo felice e sollevato allo stesso tempo. Ben giaceva a terra, svenuto.
«Che diavolo è successo?!» gli urlò contro Thomas, senza però riuscire a trattenersi dall’abbracciarlo di slancio con la voce traboccante di sollievo.
Newt girò l’angolo, entrando nel corridoio giusto in tempo per assistere alla scena di un Minho, il ragazzo che aveva preso il suo posto come intendente dei Velocisti e che l’aveva sempre odiato nello stesso momento in cui aveva messo piede nella Radura, lasciarsi stringere da Thomas – il suo Thomas - e poggiargli la testa sulla spalla, trovando conforto in quei gesti così amichevoli, così intimi
Newt venne invaso dallo sconforto, che si andò ad aggiungere al senso di tradimento che già provava in quel momento.
Rimase lì come uno spettatore esterno, ad osservare passivamente Gally che correva ad inginocchiarsi vicino a Ben e a somministrargli la dose di Dolosiero necessaria a curare la puntura del Dolente; Thomas e Minho se ne stavano ancora là in piedi, abbracciati. Il castano  teneva un braccio avvolto attorno le spalle del moro e l’altra mano affondata nei capelli corvini dell’altro, mentre gli sussurrava rassicurazioni a voce bassa.
Minho stringeva un braccio intorno alla vita dell’altro ragazzo–quel ragazzo a cui aveva rivolto, senza nessuna giustificazione apparente, delle parole tanto cattive fin dal primo giorno e  che in teoria aveva subito odiato senza motivo – mentre l’altro braccio era abbandonato lungo il fianco, inerte.
«Che cosa è successo al tuo braccio?» gli chiese allora Newt, con calma. Non che gli interessasse davvero cosa caspio fosse capitato al Velocista, ma in quel momento aveva sentito l’irrazionale desiderio di palesare la sua presenza.
Minho alzò la testa dalla spalla di Thomas e lo fulminò con lo sguardo, come se il biondino avesse interrotto un momento importante, che doveva essere soltanto loro.
Thomas si scostò dal moro, guardandolo preoccupato; non si era accorto che Minho non riuscisse a muovere il braccio. «Che cosa vi è successo?»
Il moro sospirò «Questo idiota…» cominciò a spiegargli con una smorfia, facendo cenno col mento verso Ben «…mi sta attaccato al culo tutto il tempo, da quando gli ho raccontato di essere protetto dai dolenti…».
«Il chip non ha funzionato?» gli chiese Thomas, allarmato. Minho si affrettò a scuotere la testa. «No, non è quello… Ben si è allontanato troppo da me…» si affrettò a rassicurarlo. «Allora sono corso verso di lui, quando l’ho sentito urlare. Erano in quattro Dolenti, lo hanno punto dappertutto – Gally, ti prego, dimmi che hai abbastanza Dolosiero» si interruppe, voltandosi verso il biondo, ancora impegnato ad iniettare l’antidoto al ragazzo svenuto.
«Credo che basti, almeno per sta notte» lo rassicurò Gally, mentre gli sfilava l’ago dal braccio. «Ce la farà».
Minho annuì contento, voltandosi nuovamente verso Thomas «quando sono arrivato, i Dolenti sono stati respinti dal chip e se la sono svignata… Peccato che la scarpata sia da quella parte» li informò con sarcasmo, indicando alle proprie spalle «e quindi mi sono venuti addosso».
«Che cosa c’entra la scarpata, con i Dolenti?» gli chiese acidamente Newt, sta volta, però, seriamente interessato.
Il ragazzo asiatico fece una smorfia. «Alcuni di voi sono così tanto delle teste vuote che non avrebbero trovato una via d’uscita da qui, nemmeno se ce ne fosse stata davvero una da trovare» sputò d’un fiato, insultandolo deliberatamente.
«Minho…» lo richiamò Thomas.
Newt perse le staffe, di nuovo. «Tu! Brutta sploff!» e in un attimo gli fu addosso, ma non fece in tempo a sfiorarlo che Thomas si mise tra i due, facendo arretrare il più piccolo. «Smettetela! Newt, la tana dei Dolenti si trova dentro alla Scarpata» lo informò, sperando che quella nuova informazione lo distraesse abbastanza da tenerlo buono. «E Minho… tieni a bada la tua boccaccia» gli intimò, guardandolo male. Si rigirò verso Newt. «Ti prego Newt, non ora».
Gally si alzò, ignorando il battibecco degli altri e avvicinandosi al Velocista. «Ti fa male?» gli chiese in tono pratico.
«Solo se provo a muoverla…»
Gally gli tasto la spalla, facendogli una lieve pressione sulla scapola e cercando di sollevargli lentamente il braccio. Il moro soffocò un lamento. «Credo non ci sia nulla di rotto, è soltanto una lussazione» lo informò il Medicale «Dobbiamo muoverci e tornare alle porte, non posso fare niente qui, al buio. Ti sistemeremo la spalla domani mattina. Ce la fai a camminare?»
Minho si limitò ad annuire.  
«Bene così». Concluse Gally, raccogliendo da terra Ben, ancora svenuto e facendo cenno a Thomas di aiutarlo. «Allora andiamo. Torniamo indietro».





Ciao a tutti/e!!!
Io mi rendo conto che dopo un mese di silenzio una spiegazione, come minimo, ci starebbe…
Peccato che non ce l’abbia. Anzi, a dire il vero ce l’ho, ma non è qualcosa che giustifichi il mio ritardo catastrofico.
Dunque, come vi avevo detto, nel mese di Agosto ho lavorato a tempo pieno e il lavoro mi ha portato via quasi tutto il tempo e il sabato e la domenica, unici giorni liberi in cui potessi scrivere… tutto ho fatto tranne che scrivere. Se poi ci mettiamo che questo capitolo sta venendo troppo lungo e che nonostante io ci stiamo lavorando da tre settimane (circa da dopo ferragosto) e tutt’ora continua a non piacermi nonostante i cambiamenti continui che ho fatto… insomma, una tragedia. Sarò schietta: non mi credo e non mi sento Dante, nonostante scrivere mi piaccia da morire e vorrei davvero essere brava, in questo… ma ho dei limiti, purtroppo. E quando sento di non riuscire a superarli vado nello sconforto.
Quindi ecco, non solo vi ho fatti aspettare un mese e più, ma non so che aspettarmi, dalle recensioni. Vi prego di essere sincere, se non vi è piaciuto o vi è piaciuto meno degli altri, ditemelo e indicatemi i punti più brutti, senza problemi, davvero!

Ad ogni modo, “Un altro passo ancora” is back! Si ricomincia! Pronti? :D
Alla prossima settimana!!! :D 

Come sempre, davvero un grande grazie a:

nerorchidea
sgranocchiandotacchino




Per aver commentato lo scorso capitolo!!!

Un grande grazie ancora a

-GRACE_WHITE 
sgranocchiandotacchino
nerorchidea
Yumaforever12Kelly
yuki007
LoveFandom22
Writeforyourself
Miss_Felton
Newtmas
__Dreamer97
__somanyfandoms
 
 
per aver messo la mia storia tra le preferite!


E un altro grazie a

LoveFandom22
Dragonite 
Drarry_Hufflepuff 
Melepatia_2571 
Viola95 
Lemony
Kikabrescia
Miss_Felton
pickle_
writeforyourself
Estel_Zarry
anita92
Newtmas
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Per aver messo la mia storia tra le seguite!


   
   
 
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