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Autore: RisinG    14/09/2015    1 recensioni
Liberamente ispirata dalla lettura del manga, la storia si colloca 6 mesi dopo il rientro di Akito Hayama in Giappone.
Deciso ad accorrere in aiuto di Tsuyoshi, Akito impegna sé stesso e le proprie risorse in un importante torneo di arti marziali che sta per svolgersi in Giappone e che rappresenta l'ultima speranza per la famiglia dell'amico. La manifestazione sarà anche un'occasione per confrontarsi con quanto accaduto a Los Angeles durante la permanenza di 2 anni. Sana scoprirà persone ed eventi di cui era all'oscuro e dovrà decidere e trovare la strada giusta per affrontare le conseguenze di quanto accaduto insieme ad Akito.
Genere: Azione, Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Sana/Akito
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Triangolo, Violenza
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Capitolo 2 - L’articolo

 

Ndr 14/09/15 Si conferma la tradizione che vuole il secondo capitolo come molto più difficile da elaborare rispetto al primo; la stesura ha richiesto infatti il doppio del tempo. Potrete notare la presenza di note a piè di pagina; mi sono chiesto se chiunque leggesse fosse a conoscenza degli equivalenti giapponesi dei nomi dei personaggi principali. Dal momento che mi ispiro al manga, ho usato gli originali. Se qualcuno dovesse avere delle difficoltà, non esiti a scrivermi. Buona lettura.

 

***

 

Se Ohki[1] san non fosse stato un uomo solitario, egoista ed assolutamente anaffettivo, probabilmente avrebbe trovato sul suo cammino almeno un amico pronto a metterlo in guardia dalla inevitabile bancarotta che lo avrebbe atteso, qualora avesse investito tutti i suoi risparmi nella costruzione di una ennesima palestra di karate proprio a Tokyo.

Nessuno però si era dato pena di preoccuparsi per lui, così l’incubo del dissesto finanziario si era rapidamente trasformato in realtà e le ingiunzioni di pagamento bancarie erano divenute la costante di ogni fine mese. Nonostante fosse avvilito, ricordava di aver desiderato ardentemente la realizzazione di quel sogno che inseguiva dagli anni della gioventù e a cui aveva dovuto rinunciare quando era nato Tsuyoshi. Ma il destino gli si era opposto, e lungo il tunnel della disperazione nel quale era precipitato, era giunto al punto di non distinguere più la luce, sebbene tentasse di ingannarsi mentendo a sé stesso e ricorrendo a dosi sempre maggiori di alcol.

Nonostante i suoi difetti lo avessero reso inavvicinabile come persona e inaffidabile quasi sotto ogni punto di vista, per una sorta di strano paradosso, non dimenticava mai di versare puntualmente ogni mese la quota di alimenti che spettava alla sua ex-moglie e ai figli.

Tuttavia, se la fortuna avesse continuato a voltargli le spalle, presto avrebbe dovuto venir meno anche a quell’ultimo, sacro dovere.

Era questa grave preoccupazione che più di ogni altra lo affliggeva mentre si apprestava a chiudere il locale vuoto e dall’aspetto tetro.

Come unico lusso della giornata, si concesse l’acquisto di un quotidiano serale dall’unico edicolante aperto a quell’ora; poi andò alla stazione giusto in tempo per il treno delle 21.

Seduto all’interno del vagone, ripensò ai propri fallimenti, al rapporto difficile con il figlio maggiore e a quello perduto con la moglie; realizzò subito quanto inutile fosse sperare di contare sul loro aiuto. D’altronde, aveva ben poco di cui meravigliarsi, considerata la sua inspiegabile fuga di qualche anno prima, seguita da un divorzio complicato e dall’abbandono ingiustificato dei propri bambini.

Con il senno di poi, il pentimento per quelle scelte irrazionali era diventato insopportabile.

La voce robotica, che annunciava la fermata ovest di Shinjuku, lo destò dai propri pensieri. Scese dal mezzo pubblico, attraversò a piedi il quartiere e finalmente fu a casa. Nell’avvicinarsi all’ingresso, notò subito, inchiodato al centro della porta, un fascicolo bianco la cui dicitura principale “Final Notice”[2], lasciava poco spazio a fraintendimenti. Con mano tremante, strappò i fogli e si precipitò in casa chiudendo violentemente il portone alle spalle. La vergogna e l’umiliazione al pensiero che chiunque fosse passato di lì sapesse delle sue disgrazie, lo fecero star male. Prese la bottiglia che gli aveva tenuto compagnia la sera precedente, dal frigorifero; sedette sfinito sul divano e cominciò a bere voluttuosamente.

L’annebbiamento che gli diede l’alcol fu immediato e questo lo calmò, ma non poté risparmiarsi di piangere quando posò lo sguardo stanco sul ritratto della famiglia che da qualche mese teneva esposto sul comodino.

Il sonno si impadronì improvvisamente di lui; scivolò lentamente dal sofà e cadde a terra con un tonfo sordo. Si rese conto di non avere altre speranze e di essere un uomo finito; l’ultimo suo gesto cosciente fu scrutare uno degli articoli presenti sul giornale che aveva acquistato poco prima. Il suo cervello registrò una informazione importante, ma il corpo non ebbe la forza di reagire; chiuse gli occhi e si abbandonò.

 

 

 

Sebbene due anni di permanenza a Los Angeles lo avessero reso più british nel modo di vestire, Akito Hayama non aveva smarrito quella sua aria da ragazzo di strada che lo rendeva poco caro ai vicini. Per giunta, la fama di essere stato un adolescente problematico ed incline alla violenza, continuava a inseguirlo e a precederlo in qualunque cosa facesse.

La natura irruente e risoluta del suo carattere però, rappresentava una barriera impermeabile a qualsiasi pregiudizio, così non si curava dell’opinione altrui. E tutto sommato, tolte quelle inezie, le cose procedevano nel migliore dei modi sin dal giorno del suo rientro, avvenuto 6 mesi prima.

La vita aveva ripreso a scorrere inaspettatamente come se nulla fosse cambiato, una cosa che aveva meravigliato persino lui stesso.

Sollevato dall’aver ritrovato Sana, Hayama aveva dimostrato a tutti di essere molto cambiato in fatto di scelte, a partire da quella del liceo, che era stata felice, e assolutamente non dettata dal caso.

Il suo interesse per la fisioterapia e l’agopuntura andava di pari passo con la passione per lo sport della sua vita; di conseguenza, seguire le lezioni non rappresentava più, come in passato, una tortura alla quale adattarsi malvolentieri, bensì un piacere da approfondire anche dopo l’orario.

Con l’arrivo delle vacanze estive e la fine degli esami però, aveva deciso di riprendere anche gli allenamenti che Gonshiro aveva stabilito per lui quando era in America.

Della sua permanenza a L.A. aveva parlato molto poco, e fortunatamente tutti avevano associato la cosa esclusivamente ai tratti schivi e ben noti del suo carattere introverso. Ben presto, avevano smesso di fare domande.

Nel complesso, Akito era convinto di aver avuto un’ottima idea a tacere, soprattutto con Sana; parlare le avrebbe soltanto procurato inutili ansie e messo in testa strane idee, il che avrebbe provocato un fiume di fastidiose domande, le quali sarebbero a loro volta degenerate in litigi.

Messa così, la faccenda lo rendeva insolitamente fiero di sé stesso e lo convinceva di essere diventato un uomo maturo e coscienzioso.

Ma i sensi di colpa per aver abbandonato Reiko non avrebbero ceduto facilmente il passo a un autocompiacimento personale che di maturo aveva ben poco, e di tanto in tanto lo tormentavano.

Quel giorno in particolare, decise di metterli a tacere proprio andando ad allenarsi; così cominciò l’usuale maratona della città.

Mentre correva, gli venne in mente l’invito a cena che Sana aveva diramato a tutti gli amici più intimi per quella sera stessa; per festeggiare l’inizio delle vacanze in modo gioioso, gli aveva confessato con aria sognante la settimana prima.

Le labbra gli si incurvarono in quello che aveva la pretesa di essere un sorriso, ma che agli occhi altrui era sempre risultata come una smorfia appena accennata : “Che tipa, non cambierà mai”.

Seguitando a correre però, altri pensieri presero ad affollargli la testa; l’istinto lo spinse a guardare il proprio braccio destro.

Convivere per due anni con quell’arto paralizzato sarebbe stata una tortura severa per qualsiasi stoico, figurarsi per un tipo come lui.

Ricordava i primi, terribili mesi della sua esperienza nella città degli angeli come il periodo più buio della propria esistenza : Ferito, isolato, distante dagli amici e soprattutto da Sana, cui lo mantenevano legato solo il debole filo della speranza di un ritorno a casa e un numero a cui telefonare ad orari improbabili; sulle prime, aveva pensato di essere spacciato. Poi Gonshiro e Reiko erano entrati a far parte della sua vita, e grazie a loro aveva scoperto un mondo nuovo da cui attingere motivazioni fino ad allora sconosciute.

L’incontro con padre e figlia era avvenuto circa 7 mesi dopo il suo arrivo in terra straniera, mentre era ancora impegnato nella fisioterapia di recupero a seguito dell’intervento alla mano.

Aveva sentito parlare della famiglia Matsuda da un compagno appassionato come lui di karate, durante le lezioni di inglese alla scuola serale. Incuriosito,  si era recato alla loro palestra dopo aver ottenuto il benestare del medico curante. Certo, avrebbe potuto evitare di lasciarsi convincere a disputare un incontro regolamentare seduta stante, ma quella proposta così diretta e risolutiva gli era piaciuta e aveva accettato prima ancora di rendersene davvero conto.

Credeva che il padre di Reiko non lo avrebbe allenato dopo la sconfitta, invece questa previsione venne smentita dai fatti, e il percorso che avevano intrapreso insieme da quel giorno era stato avvincente. Akito aveva imparato di più sul karate in un anno che non in tutta la sua esperienza precedente, sperimentando tecniche tanto innovative quanto ardue. Insieme lui, Gonshiro e Reiko avevano elaborato un rivoluzionario stile di combattimento che avrebbe potuto cambiare per sempre l’interpretazione ufficiale della disciplina. Nei loro progetti per l’immediato futuro, avrebbero dovuto esportare all’estero i loro metodi inediti in una serie di competizioni ufficiali per cui la famiglia Matsuda si era già aggiudicata la partecipazione. L’ambizione che aveva provato durante quei giorni meravigliosi fatti di allenamenti estenuanti e scontri avvincenti, lo aveva quasi portato a dimenticare tutto quanto lo legasse al Giappone, a dimostrazione di quanto la distanza e il tempo possano logorare anche il più inossidabile dei legami. Tuttavia, non aveva potuto dimenticare Sana.

Quando era tornato, ritrovarla era stata la cosa più naturale del mondo, per lui, ma non avrebbe mai dimenticato l’espressione ferita di Reiko e quella tristemente comprensiva del padre, nel momento in cui aveva comunicato loro la sua partenza.

Gonshiro, dall’alto della sua età ed esperienza, pur se triste per la perdita dell’allievo, aveva annuito e compreso. Reiko, no.

Testarda, ribelle, forte, determinata, aveva tentato di dissuaderlo dall’abbandonarli e di portare avanti il progetto che stavano costruendo, ma Akito era stato irremovibile. Quello che era accaduto, in seguito, era un segreto che avrebbe custodito gelosamente.

Pensava ancora a Reiko, quella stessa ragazzina che lo aveva disprezzato una volta deciso di lasciarli e che insieme era stata la persona a dargli più filo da torcere all’inizio della sua esperienza alla palestra Wilmington.

Nei primi tempi, sembrava proprio che lo odiasse; ma in seguito il legame che aveva sviluppato con lei si era rivelato forte al punto di sorprenderlo.

 

Senza rendersene conto, aveva corso più a lungo di quanto fosse abituato a fare da un pezzo, per cui si ritrovò senza fiato all’altezza del quartiere ovest di Shinjuku. Si appoggiò ad una panchina e prese ad asciugarsi la fronte dal sudore. Dall’altra parte della strada non poté fare a meno di notare la facciata lugubre della palestra che lui sapeva essere gestita dal padre di Tsuyoshi, in quel momento chiusa al pubblico.

Da qualche tempo si era ritrovato a paragonare i luoghi ginnici in cui si imbatteva con la struttura moderna ed efficiente dei Matsuda a Los Angeles, e anche questa volta non poté evitare il confronto.

Nel constatare le ovvie differenze di qualità e stile, uno sguardo sprezzante gli si dipinse sul volto. Si girò sui tacchi, e prese nuovamente a correre diretto verso casa; doveva sbrigarsi, o avrebbe perso la cena, con la prevedibile conseguenza che Sana gli avrebbe dato il tormento.

 

 

 

 

 

 

***



[1] Cognome giapponese del padre di Tsuyoshi, ovvero Terence nell’edizione italiana

[2] Ingiunzione di pagamento finale, sfratto

  
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