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Autore: _armida    19/09/2015    1 recensioni
“Sono stupito, non credevo che un bel faccino riuscisse anche a maneggiare un’arma con tale bravura”, disse il Conte.
Elettra provò a tirarsi su, ma finì per andare ad urtare contro la lama della spada, ferendosi leggermente uno zigomo.
“Dovete stare attenta, non volete di certo rovinare tutta questa bellezza così”, aggiunse allontanando la spada dalla faccia della ragazza. Doveva dargliene atto, era davvero bella. Non lo aveva notato prima, quando Grunwald l’aveva portata all’accampamento priva di sensi, era troppo preso dal chiedere al garzone di Da Vinci dove si trovasse la chiave.
Fece cenno a due guardie svizzere di tenerla ferma, mentre lui la perquisiva in cerca di altre armi nascoste. Non ne trovò, ma la sua attenzione fu catturata da qualcosa che la ragazza teneva nella tasca sinistra dei pantaloni: si trattava del suo blocco da disegno. Quando fece per sfogliarlo, una moneta, contenuta al suo interno cadde a terra; non si trattava di una moneta comune, era in oro e presentava sulla sua superficie la faccia di un dio pagano. La raccolse e la osservò accuratamente.
“Cosa sapete riguardo ai Figli di Mitra?”
VERSIONE RIVEDUTA E CORRETTA SU WATTPAD
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Girolamo Riario, Giuliano Medici, Leonardo da Vinci, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Elettra'
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Capitolo XIV: Demoni, parte II

  
Quando Elettra arrivò nel piccolo cortile del convento, vi trovò anche Leonardo e Giuliano. Erano scuri in volto.
Il portone si spalancò ed entrarono il Capitano Grunwald, alcune guardie romane, il cardinale Mercuri e Aramis.
"Portiamo ausilio alle amate sorelle, nella persona del prefetto Mercuri", disse il capitano delle guardie svizzere.
"Lupo Mercuri, il curatore degli archivi segreti del Vaticano", notò Leonardo.
Elettra, che si era messa al suo fianco, annuì. "Mio fratello è il suo lacchè", gli sussurrò sotto voce.
"Oggi vengo qui incaricato da sua Santità in persona", disse il diretto interessato.
"La vostra offerta d'aiuto è misericordiosa, prefetto. Ma la badessa è in grado di condurre le preghiere per il suo gregge", ribattè Giuliano. Ci mancavo solo quello, fra i piedi.
"I miei ordini sono di eseguire i sacri riti dell'esorcismo demoniaco. Non intendo certo lasciare le brave sorella alla mercè del Maligno", spiegò il cardinale.
"No, niente esorcismi. Per favore". Elettra aveva brutti ricordi, in fatto di esorcismi. Ne aveva visto praticare uno in Spagna, durante una missione diplomatica con Becchi. Aveva dodici anni  e ne era rimasta terrorizzata. Con lo sguardo cercò l'appoggio di Aramis o del Conte Riario ma fu inutile. Gli occhioni stile cerbiatto impaurito avevano fatto cilecca, per la prima volta.
"Siete così in sintonia con il maligno da percepire le loro difficltà a distanza?", chiese sarcastico Leonardo. 
"Insieme al Conte Riario abbiamo mandato una richiesta d'aiuto, pittore. Noi non rifiutiamo i guerrieri di Cristo nell'ora del bisogno", rispose la madre superiore, decisamente più seccata.
Giuliano guardò Elettra. "Non dovevi tenerlo d'occhio?"
Non se ne capacitava neanche lei, era sempre restato in biblioteca... tranne che per una manciata di minuti. Le aveva detto che sarebbe andato a rimettere a posto il materiale usato per le medicazioni. L'aveva fregata, un'altra volta. "L'ho lasciato solo due minuti. Dannazione!", commentò.
 
***

Il rito dell'esorcismo non le piaceva per niente. Inutili erano state le sue successive proteste, per evitare di arrivare a quel punto. Elettra se ne stava in disparte, tenendo stretta una mano a Giuliano, mentre il prefetto Mercuri eseguiva gli ordini del Papa. Aramis, posiozionato di fianco al cardinale, ripeteva delle formule di rito. La poveretta, da 'liberare dai demoni', nonostante fosse stata legata stretta al letto, si dimenava e urlava.
Ad un certo punto, Mercuri prese la suora per la gola, stringendo sempre di più.
Leonardo guardò Elettra, allarmato e poi scattò in avanti, deciso a fermare il prefetto ma, quando raggiunse il letto era troppo tardi: la donna era già morta. Elettra girò la testa di lato, per evitare di guardare. Quello che era successo, che quell'uomo, che si proclamava uomo di fede, aveva fatto, le dava il voltastomaco.
"Prima che la morte sopraggiungesse ho visto la luce di Dio nei suoi occhi: la sua anima è salva", disse il cardinale Mercuri facendosi il segno della croce.
"E la vostra, invece, si è macchiata della vita di un altro innocente, no? Tanto uno in più non fa molta differenza sul totale", Elettra non era riuscita a trattenersi. Avrebbe voluto aggiungere altro ma dovette correre al capezzale di Vanessa, che si era risvegliata urlando.
"Credo che sia arrivato il momento di purificare anche questa povera anima", disse Mercuri avvicinandosi.
"Non la toccate", lo minacciò Leonardo mentre Elettra stringeva forte la mano dell'amica, "Lei merita di provare a vincere questo male da sola". Il cardinale non ne era per niente convinto, invece. E neanche Riario, al suo fianco: la situazione si stava allungando, ben oltre il previsto.
"Conte, per favore, abbiamo bisogno di più tempo", lo implorò Elettra, appoggiandogli delicatamente una mano sull'avanbraccio. Se lo sguardo da cerbiatto impaurito non aveva il ben che minimo effetto, bisognava cambiare tattica.
Riario indugiò un po' sulla risposta da dare, temendo le conseguenze. "Fino all'alba", disse, "Poi, se non troverete soluzione, dovremmo espellere questo demone con il fuoco"
 
***

"Dobbiamo cambiare metodo", disse Elettra una volta tornati in biblioteca.
"I manoscritti presenti qui li avete già letti tutti, magari vi è sfuggito qualcosa", rispose vago Riario, aveva tutt'altro per la testa che quei vecchi libri.
"Impossibile",  ribattè seccata la ragazza.
"Neanche voi siete infallibile, mia diletta", le disse dolcemente prendendole entrambe le mani tra le sue. Elettra si liberò in fretta, dalla presa del Conte, andando poi ad osservare uno dei numerosi scaffali della stanza. "Non lo farete davvero, no?". C'era una vena di timore, nella sua voce.
"Fare cosa?", chiese Riario.
"Bruciare vive quelle donne". Era notte inoltrata, ormai.
"Sono un uomo di parola", disse. Era tornato alla sua soltita fredda espressione.
Elettra sospirò: non c'era molto da discutere. "Avete un bel coraggio, però, voi e i vostri compagni. Prima fate scoppiare un'epidemia nel convento, poi venite a offrire il vostro 'pio' aiuto e alla fine cosa fate? Uccidete coloro che hanno riposto fiducia in voi. Mi sembra un bel modo d'agire", disse con ironia. Vi era anche una punta di sconforto, nelle sue parole.
"Ma io non ho fatto niente", ribattè Riario con aria innocente.
"Magari voi non sarete l'esecutore materiale, ma non so quanti uomini in Vaticano hanno la mente abbastanza fine da ordire un simile piano"
"Dovrei prenderlo come un complimento?". Le labbra del Conte si allargarono in un sarcastico sorriso.
"Fate come vi pare", rispose Elettra con indifferenza mentre si sedeva su un tavolo a gambe incriciate; doveva trovare una soluzione e quella era la posizione migliore per concentrarsi. Prese un foglio e cominciò a scrivere velocemente.
Riario alzò un sopracciglio, perplesso. "Sapete che non si dovrebbe scrivere con la sinistra? Quella è la mano del diavolo"
"Allora se entro l'alba non avrò trovato una soluzione bruciatemi insieme alle suore". 
'Ma si impegnava, per essere così impertinente, o le veniva naturale?', pensò il Conte. "E avete pure una pessima calligrafia" 
"Lo so... Comunque tornando al problema, noi sappiamo i sintomi: allucinazioni..."
"Visioni demoniache", la corresse Riario.
"Allucinazioni, Conte non interrompetemi, spasmi, vomito, febbre alta, idropisia... Non credo ci siano molte malattie con queste caratteristiche". Le scrisse tutte sul foglio, in colonna. Di fianco cominciò a scriverle in altre lingue, molte altre lingue. Magari partendo dalla parola chiave si sarebbe ricordata del testo dove erano menzionate, trovando così la malattia che provocava quei sintomi. La sua memoria fotografica non poteva fare cilecca proprio in quel momento. Avrebbe trovato un nome, anche a costo di analizzare ogni singolo fotogramma della sua vita.
 
***
Nel frattempo, a Palazzo della Signoria...

"Nessuna notizia dal convento?". Lorenzo era preoccupato e temeva che il fratello non riuscisse ad essere all'altezza della situazione. Gli era stato riferito che per la città circolava la voce che quelle possessioni fossero un castigo divino, il giusto costo che i Medici doveva pagare per aver rinnegato Dio. I Medici erano al potere per volere del popolo, non potevano perdere l'appoggio delle masse.
"Ancora nessuna notizia, ne da Giuliano ne da Elettra. Non sappiamo nulla da quando Riario ha fatto chiamare alcuni dei suoi". Anche Becchi era preoccupato: quei due ragazzi non erano proprio capaci di tenersi fuori dai guai. Non ne erano mai stati capaci, neanche da bambini. 
"Il fatto che l'unico che abbia comunicato qualcosa sia Riario non è positivo"
"No, non lo è. Ma confido in Giuliano, saprà tenere a bada la situazione"
Da lontano comparve una guardia della notte.
"Riguardo alla questione della spia...", disse il Magnifico osservando la guardia arrivare, "...Ho ordinato di cercare nell'intero palazzo senza alcuna eccezione". Rivolgendosi poi alla guardia: "Avete trovato qualcosa?"
"Forse dovremo parlarne in privato, vostra magnificenza", rispose il soldato. Sembrava molto a disagio.
"Mostratemelo Conti, o penserò che voi nascondiate qualcosa". Lorenzo era conosciuto per molti pregi, ma la pazienza non era certo tra di questi. 
Riluttante, la guardia gli porse alcuni oggetti. Al Magnifico tremavano le mani, mentre li osservava: niente di tutto quello avrebbe dovuto trovarsi in casa sua. "Dove li avete trovati? Dove?", chiese mentre sentiva la rabbia crescere.
"Da messer Becchi, signoria"
Becchi strabuzzò gli occhi: non poteva credere alle proprie orecchie. "Voi mentite! Non li ho mai visti"
"Era su uno degli scaffali, Magnifico. Lo giuro. Nascosto tra altri libri", ribattè la guardia.
"Siete voi...siete voi che mi avete tradito". Il de Medici faticava ancora a crederci. Becchi era come un padre per lui e Giuliano. Gli serviva da quando suo nonno Cosimo era salito al potere.
"Lorenzo è sicuramente un errore!", disse il diretto interessato. Avrebbe voluto farlo ragionare ma sapeva già che sarebbe stato impossibile.
"Scudi romani, carte con impresso il sigillo papale, un elenco dei luoghi dove nascondere le consegne per Roma. Trovati in casa mia!"
"Vi prego, Lorenzo!". Un ceffone. In piena faccia. Se non fosse stato per la porta alle sue spalle, Becchi sarebbe caduto per le scale, talmente fu forte.
"Tacete! O vi taglierò la gola con le mie mani.", lo minacciò Lorenzo con il piccolo pugnale che teneva legato alla cintura. "Portatelo via. Rinchiudetelo al Bargello", disse alle guardie che stavano scortando fuori Becchi. Il povero consigliere era sconvolto e si guardava intorno con aria persa. Conosceva la legge, sapeva a cosa succedeva a un traditore. 
Il suo ultimo pensiero, prima di mettere piede in una umida e sporca cella del Bargello fu per sua nipote, Elettra. 
 
***

"Sono ore che..."
"Conte, per favore, fate silenzio", lo interruppe Elettra. Erano davvero poche le persone che potevano permettersi di zittire Riario senza pagarne le conseguenze.
Però Riario aveva ragione, erano ore, ormai, che Elettra se ne stava seduta su quel tavolo, a gambe incrociate e con gli occhi chiusi, a pensare e ripensare a quale malattia corrispondessero quei sintomi. Cominciava ad albeggiare.
"Che lingue mi mancano...", disse prendendo gli appunti dal tavolo. Le sfuggiva di certo qualcosa.
"Credo che qui ne abbiate scritte già abbastanza", notò il Conte con tono ovvio.
"No, mi manca di sicuro qualcosa. Gli stati dell'Europa: Italia, Inghilterra. Olanda, Francia... il francese, quello l'ho saltato!". Cominciò a scrivere i vocaboli anche in francese. Li osservò per un po'. "Ma certo!", urlò scattando in piedi. "E' senz'altro così!", disse con un sorriso da orecchio a orecchio.
Riario la guardò perplesso. 
"Ho trovato", gli disse avvicinandosi al Conte. "Possiamo ancora salvarle", disse poco prima di posare le labbra su quelle di Riario. Fu un bacio veloce, come un battito del cuore. Poi corse fuori dalla biblioteca, cercando Leonardo.
Il Conte, ancora stupito dal gesto della ragazza, si avvicinò agli appunti sul tavolo. C'era un foglio, con solo una scritta. Due parole, in latino. Il nome che tanto aveva cercato. L'aveva sottovalutata, di nuovo. 
 
***

"Leonardo! Leo!", urlava Elettra correndo per tutto il convento. Urtò una novizia, facendola quasi finire a terra.  Le indicò le scale che portavano al cortile.
"Leo! Giuliano!", chiamò quando fu fuori. Percose i gradini alla velocità della luce.
Anche Da Vinci sembrava euforico. Avevano la stessa espressione da pazzi, dipinta sul volto.
"Claviceps purpurea", disse lei. 
"Sul piede della statua di San Francesco", aggiunse l'amico. 
Si misero entrambi a ridere. Poi Leonardo la prese per mano, correndo a perdifiato fino all'infermeria. Era l'alba e dovevano sbrigarsi.

"Claviceps purpurea", urlarono all'unisono, entrando nella stanza. Erano arrivati appena in tempo: le guardie svizzere stavano cospargendo i malati con l'olio. Se fossero arrivati giusto una manciata di secondi più tardi, non avrebbero potuto fare niente, per salvarli.
"Come dite?", chiese Riario fingendo di non aver capito. Si umettò le labbra segno che, nonostante non lo desse a vedere, era nervoso.
"Il fungo della segale cornuta ha effetti tremendi: spasmi, vomito, idropisia, cancrena e, secondo i sopravvissuti, la nitida sensazione che il corpo bruci. Come tra le fiamme dell'inferno. Sconvolge la mente, capite? Causando allucinazioni e manie", spiegò Leonardo.
"Capisco", disse Riario sarcastico. 
"Il piede della statua là fuori è ricoperto di segale cornuta. Ogni vittima ha baciato il piede di Sant'Antonio prima di cadere ammalata. Tutte le sorelle colpite, Vanessa, persino il pio ufficiale, Bertino, l'hanno baciato", continuò Da Vinci.
"Ciò che voi insinuate è pura follia", ribattè Mercuri adirato.
"Davvero? E perchè nè voi ne gli uomini del capitano Grunwald siete infetti? Perchè gli eretici come Giuliano de Medici, il giovane Nico, Elettra e io non lo siamo? Noi non abbiamo baciato il piede della statua, nè voi nè i vostri uomini"
"Voi lo sapevate, l'avete architettato per minare il potere dei Medici dall'interno", disse Elettra.
"Non ascolterò oltre queste odiose calunnie", ribattè Mercuri a denti stretti.
"Vi basta baciare il piede della statua per provare che sono calunnie", controbattè Leonardo con ironia. Sapeva che non lo avrebbe mai fatto. 
Elettra sorrise sarcastica al Conte. 'Beccato', pensò.
"Segale cornuta? Chi ha mai sentito una tal cosa", commentò stizzito il prefetto Mercuri.
"Geoffroy du Breuil, uno storico francese. Ha raccontato di un'epidemia simile nel XII secolo; certi passatempi non erano solo di Boccaccio...", rispose ironica Elettra.  "Negli archivi segreti del Vaticano avrete di sicuro una copia della cronaca". In quel momento vide suo frattello impallidire di colpo e capì: era stato lui a visionare quel manoscritto, per ordine o di Mercuri o di Riario. 
"C'è un rimedio per questa afflizione: un unguento preparato con queste erbe...", disse Leonardo mentre scriveva gli ingredienti, "...ed aceto, unito a vigorosi salassi. Affrettatevi, possiamo ancora salvare le persone colpite", si rivolse alla badessa.
"Complimenti, Da Vinci", alla fine Leo ce l'aveva fatta, a guadagnarsi la stima e il rispetto di Giuliano. Una bella pacca sulla schiena ne fu la dimostrazione.
"Grazie, maestro", la stima proveniva anche dalla madre superiora. 
"E come avremmo dovuto fare, artista, per mettere in atto tutto questo?", il Conte Riario era curioso, per natura. Da sempre.
"Oh, non è stato difficile, Conte. Il convento è aperto a tutti i fedeli, come ha detto la madre priora, quindi anche un solo uomo, in qualunque momento, poteva entrare qui, contaminare il piede di Sant'Antonio ed aspettare..." 
"La spia che Lorenzo sta cercando, deve essere stato lui!", lo interruppe Elettra.
Da Vinci non fece in tempo a confermare le intuizioni dell'amica: cadde a terra in preda a spasmi e cominciò a farneticare ed urlare. Era stato contaminato anche lui. Il bacio di Vanessa.
   
 
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