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Autore: Julsss_    24/09/2015    3 recensioni
SUPERWHOLOCK.
E se, per caso, in un momento di noia, l'arcangelo Gabriele coinvolgesse i fratelli Winchester, Castiel, il Decimo Dottore, Sherlock e Watson in un'avventura pericolosa chissà dove?
Genere: Angst, Avventura, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Primo capitolo di "A Trickster Game".
Ringrazio tutti quelli che hanno letto il "Prologo" della mia storia. Spero che il primo capitolo non vi deluda.


 


A TRICKSTER GAME


















Capitolo 1:

The Trick









La quiete padroneggiava nell’oscura foresta. Era buio, solo un raggio di luce illuminava il loro sentiero.
Si poteva intravedere una vasta vegetazione di alberi, alberi che ad un primo sguardo, non attento, potevano sembrare normali. Il flebile fascio di luce dava loro colore, colori intensi e particolari per delle semplici piante; colori inusuali come il blu, giallo e rosso.
Maestosi tronchi blu invadevano i sentieri rendendoli quasi inagibili, e giganteschi e lunghi rami, toglievano la visuale; a forma simil di stelle, le foglie erano di un colore indefinito, troppo in alto per carpirlo. Il terreno pietroso e spoglio sottostava al loro peso e grandi e forti radici vi penetravano attraverso.
Il lago, la cui vera colorazione era impossibile da stabilire, era circondato da grandi massi bianchi e  pietre di ogni grandezza che si estendevano sino all’inizio della vegetazione; al suo centro, vi si innalzava un vulcano non molto alto, quasi dieci metri, simile ad una collina. La sua bocca era sproporzionata all’altezza, il quale eruttava ogni dieci minuti di orologio.
I loro occhi rimasero colpiti da questi strani e grandi alberi, e poterono affermare con certezza che non era la Terra. Il male s’insidiava in quella foresta.
Un vento fresco attraversava i loro gelidi corpi facendo rabbrividire la loro pelle. Sam, Dean e John si sedettero sugli enormi massi posati vicino al lago, mentre gli altri rimasero in piedi.
Il Dottore, dopo aver asciugato gli occhiali fradici, scrutò con attenzione la vegetazione, non credeva di averla mai vista prima ed fu per lui un grande shock; Sherlock, al contrario, era affascinato dalle stranezze che lo circondavano.
Dean aprì la conversazione.
« Quel maledetto arcangelo, se lo prendo, l’ammazzo! » gridò Dean con rabbia.
« Senz’armi non andiamo da nessuna parte » aggiunse Sam.
« Scusatemi, ma tutto questo mi sembra assurdo! » intervenne Watson. « L’arcangelo Gabriele? Stiamo scherzando?! ».
« No. Perché? Io sono un angelo del Signore » rispose Castiel.
« Vorresti dire che anche tu vuoi distruggerci come lui? » strepitò John impaurito.
« Ehi, ehi, bada a come parli con Cas! Lui è dalla nostra parte » intervenne Dean.
« Conoscete quest’angelo? Ma che razza di persone siete voi? » chiese ancora John.
« Sono cacciatori » Sherlock affermò.
Sam scosse il capo in segno di approvazione.
« Cacciatori di cosa? E tu poi cosa ne sai? » domandò John.
« Elementare, John » rispose Sherlock incrociando le mani dietro la schiena e iniziando a camminare. « Entrambi non sono sorpresi, né spaventati di trovarsi in un posto come questo, e hanno come compagno questo strano individuo che afferma di essere un angelo. Per me esistenti e logici come pianeti ed alieni. Hanno entrambi polvere da sparo sotto le unghie e sui vestiti; vestiti semplici, non di un semplice cacciatore. Notando la suola delle scarpe del fratello maggiore, perché si, è il fratello maggiore, vedendo gli atteggiamenti protettivi nei confronti del fratello minore, è molto logorata al centro, segno di chi guida, e a giudicare della quantità del materiale logorato, presumo che i due non abbiano fissa dimora e che viaggino spesso.
Inoltre vi sono tracce di sale su entrambe le loro camice; le credenze dicono che allontani gli spiriti. Un fisico allenato e agile presumo per combattere poiché entrambi hanno delle cicatrici, cicatrici provocate non da semplici animali… ».
Mentre Sherlock, euforico, descriveva i fratelli avanti a sé, John scrutava i due uomini seguendo le parole dell’amico.
« E basta guardare i loro volti per capire quanto sia difficile quello stile di vita; di quante vite abbiano salvato e di quante ne abbiano perse, di quanti sensi di colpa. Hanno iniziato questa vita insieme, da piccoli…vi è stata tramandata da vostro padre, dico bene? »
Dean strinse i pugni e Sam abbassò lo sguardo. Sherlock continuò.
« Per qualcosa di cui ha dovuto vendicarsi, forse la morte di un familiare, uno importante, di grande rilevanza… un padre, una madre… no! Una moglie! Vostra madre » venne interrotto da Dean che gli gridò di smetterla. Era visibilmente irritato.
In quel tangente, il Dottore avvertì come una strana sensazione. Si voltò verso i compagni « Zitti! » esclamò e, all’improvviso, sotto di lui, la terra cominciò a tremare e a spaccarsi. Indietreggiò rapidamente, quando vide Cas e il signor Holmes che fissavano il terreno.
« Ehi, voi due, spostatevi! » urlandogli contro, si scagliò su di loro e caddero sul terreno pietroso. Non fu un atterraggio piacevole per nessuno dei tre.
Si venne a creare una voragine, dove fuoriuscì un leggio argenteo di media grandezza; sosteneva su di sé una pergamena, la quale conteneva istruzioni per prima prova da affrontare: cercare la mappa.
Il Dottore l’afferrò con decisione e iniziò a leggere a voce alta.
« La mappa è una, ed una soltanto. Posta sul cratere del vulcano, al centro del lago, è avvolta da un incantesimo il quale la rende immune alla lava. Avete solo trenta minuti a vostra disposizione dopodiché essa sprofonderà nella sua bocca. Solo uno di voi può affrontare questa sfida » così recitava la pergamena.
Tutti i concorrenti voltarono i loro timorosi sguardi verso il lago. La prova era pericolosa e i loro pensieri erano confusi, solo il Dottore lo trovava eccitante, glielo si poteva leggere in faccia grazie al suo sorriso.
In quel momento, la terra iniziò a tremare di nuovo, ma questa volta nei pressi del vulcano; il vulcano eruttò. Rovente come il Sole, la lava fuoriusciva con forza dal cratere insieme ai gas che s’innalzandosi verso il cielo, crearono una nube di fumo densa e nera, e i lapilli e la cenere che, a causa della potenza del getto, caddero in modo confuso per la foresta. La lava scendeva lentamente inoltrandosi sul suolo del vulcano incendiando tutto fino a formare una nuova pavimentazione di lava solidificata. Le acque del lago divennero bollenti, impossibile d’attraversare per un uomo normale.
La terra cessò di tremare. I concorrenti erano sconcertati, impauriti; mai nella vita avevano visto una cosa del genere, ma toccava affrontarla se volevano sopravvivere e vendicarsi del Trickster. Iniziarono a pensare come affrontare la prova. Sherlock, per primo, ebbe un’intuizione: aspettare la prossima eruzione. Aspettarono circa dieci minuti quando ci fu l’altra. Ormai era chiaro: avevano dieci minuti per escogitare un piano in fretta.
« Il tempo non è dalla nostra parte » disse Sherlock « Abbiamo solamente altri venti minuti per escogitare un piano ma, prima di tutto, dobbiamo decidere chi andrà »
« Vado io! » disse il Dottore con fare serio.
« N’è sicuro Dottore? » domandò Sherlock.
« Well*, ho anni di esperienza con questo genere di cose e ciò che faccio è aiutare le persone »
 « Non abbiamo bisogno di balie o di qualcuno che ci salvi…posso andare anch’io! » intervenne John con voce decisa e seria, così come il suo sguardo rivolto a Sherlock.
« Perché John? Non sei costr…» John interruppe Sherlock.
« Si, invece! Siamo gli unici qui a sopravvivere con le sole nostre capacità, senza poteri o altre vie di fuga. Posso mettermi in gioco anche ora. Se poi andrà male, potrà sempre salvarvi a modo suo » esclamò John con rabbia.
Tutti, nel loro silenzio, gli diedero ragione.
Sherlock disapprovava la scelta di John, non avrebbe voluto perdere l’amico. In qualche modo, sapeva che ce l’avrebbe fatta, ma era troppo pericoloso, aveva paura. L’avrebbe difeso con una pistola se solo avesse potuto, ma ora non aveva niente e non si trovavano nella loro cara Londra dove conoscevano ogni strada o vicolo. Ma John era convinto. Voleva rendersi utile. Voleva sentirsi utile per gli altri come aveva fatto in guerra e nessuno l’avrebbe smosso da quella situazione. Voleva sentirsi vivo come quando lui e Sherlock lavoravano a un caso; come la prima volta in cui l’aveva salvato dalla sua noiosa vita: come quando John stesso aveva salvato Sherlock dicendogli “sì” seguendolo nella casa al 221b di Baker Street.
Gli altri non poterono che accettare il suo volere.
Sherlock prese le redini della situazione. Voleva occuparsi di lui, del suo amico e l’avrebbe aiutato. Andarono alla ricerca di una liana da legare alla vita di John in caso di estrema necessità. L’idea di Sherlock era quella di partire dopo la prossima eruzione. Mancavano cinque minuti. Iniziò a spiegare il suo piano.
« Dopo l’eruzione, aspetterai esattamente sette minuti dopodiché ti tufferai, l’acqua sarà molto calda, se non bollente. Avrai tre minuti per salire in cima e prendere la mappa e riscendere. Se avrai bisogno, ti tireremo con la liana » ultimò Sherlock sospirando e abbassando il capo e rimanendo in silenzio.
I minuti passarono così in fretta che ci fu un’altra eruzione. Tutti alzarono gli sguardi mentre erano intenti a cercare e costruire, come meglio potevano, paletti di legno. Tutti tranne Sherlock. Il suo viso era pallido, preoccupato, triste. John percepì tutto dal suo sguardo e lo rassicurò.
« Sai che se muoio, ho altre nove vite! » disse scherzando con un sorriso forzato sulle labbra.
Sherlock non rise alla sua battuta, ma voltò la testa e allontanandosi disse « Mancano pochi minuti, preparati ».
John, iniziò ad incamminarsi verso il lago. Aveva davanti il vulcano, non era lontano da lui, l’avrebbe raggiunto in poche bracciate. Si abbassò per toccare l’acqua. In un primo momento, esitò a toccarla, ma poi lo fece. Era caldissima, non sapeva se ce l’avrebbe fatta. Iniziò quasi a pentirsi della sua scelta, ma il tempo stava per scadere.
Gli altri si alzarono e raggiunsero la riva. Anche Sherlock andò e sussurrò all’orecchio di John « Torna vivo ».
John scosse il capo guardandolo negli occhi. Era pronto. Non aveva tempo da perdere, prese due paletti di legno, li infilò nel maglione e si abbassò per testare di nuovo l’acqua; era ancora caldissima, ma doveva buttarsi. Strinse la liana attorno la vita.
Il conto alla rovescia partì: John si introdusse lentamente nell’acqua; si sentirono dei gemiti di dolore mentre iniziò a nuotare. Nuotava più in fretta che poteva, dimenticando che il magma stava continuando a riscaldare il fondale del lago. Urlava, urlava dal dolore, quando all’improvviso riuscì a toccare il fondale coi piedi e iniziò ad uscire. Il calore era insopportabile. La sua pelle era scottata, rossa e dolorante bastava guardare le sue mani per capirlo.
Si fermò per un attimo sulla terra ferma per provare un po’ di sollievo e guardò verso l’alto; la lava solidificata era ovunque in cima, ma non aveva tempo per pensare, doveva agire, doveva correre. E corse.
Dalla riva, i compagni guardavano preoccupati la scena; il loro destino era nelle mani di John, solo con la mappa avrebbero potuto raggiungere l’uscita di quello strano mondo.
« Chissà se ce la farà » disse il Dottore preoccupato.
Sherlock si voltò verso di lui, esitò per un attimo e poi disse con convinzione « Ce la farà » e tornò ad osservare il compagno.
John era quasi in cima, non aveva avuto difficoltà sino a quel momento, la lava era dall’altra parte del vulcano, ma lì la salita era troppo ripida per proseguire normalmente. Si fermò, si asciugò il sudore dalla fronte con la mano, prese uno alla volta i paletti di legno dal maglione e li infilzò nella terreno per aiutarsi.
Raggiunta la cima, John prese i paletti, li poggiò a terra e slegò la liana attorno la vita. Davanti a sé aveva la bocca del vulcano, circondata dalla lava di un rosso vivo. Mancava un solo minuto alla prossima. La terra iniziò a tremare. John doveva affrettarsi.
« Sbrigati, John! » gli urlava Sherlock da lontano, non poteva sentirlo, ma John si voltò ugualmente. La mappa uscì dal cratere; arrotolata e avvolta da una strana luce rossa. John avrebbe dovuto saltare per prenderla. La terra si agitava sempre più e John saltò. Ai ragazzi mancò il respiro.
Il vulcano eruttò.   
« John!!! » l’urlo di Sherlock fu coperto dalla grande esplosione del vulcano; si agitò e cercò di buttarsi in acqua, ma gli altri lo tennero con forza.
 Lasciarono la liana e corsero velocemente dall’altra parte del vulcano. Non c’era nulla. Nessuna traccia, né di John né della mappa.
Sherlock si accasciò a terra sulle ginocchia e col capo abbassato. Dean gli mise una mano sulla spalla. Sherlock non si voltò.
All’improvviso, comparvero, sulla superficie dell’acqua, delle bollicine; John riemerse dall’acqua bollente urlando « Ce l’ho fatta! » con la poca voce che gli era rimasta a causa del troppo sforzo e sfoggiando in mano la mappa fuori dall’acqua e perse completamente i sensi.
« John!!! » urlò Sherlock gettandosi in acqua non curante della temperatura. Non gli interessava, doveva salvare l’amico.
Lo portò in salvo. Castiel l’aiutò poggiandolo sul suolo pietroso. Sherlock si accasciò su di lui tenendogli la mano. Aveva riportato varie ustioni ed escoriazioni sul viso, collo e mani; non gravissime, ma gli avrebbero dato non poco fastidio. John andava curato.
Il Dottore sfilò gentilmente la mappa dalle mani di John; era fradicia, sporca e un po’ bruciata all’estremità in alto. Nel frattempo gli altri si avvicinarono al Dottore.
« Allora Dottore, cosa dice? » chiese Sam.
« Un momento »
La strofinò sul suo vestito in modo da asciugarla, pose gli occhiali sul naso e poi lentamente la srotolò. Comparvero lettere scritte in grassetto maiuscolo: “ I'M THE TRICKSTER !
La speranza sui loro volti si tramutò in rabbia. John aveva rischiato la vita per nulla. Per uno scherzo. Dean urlò dalla rabbia, prese la mappa dalle mani del Dottore e la strappò in mille pezzi, i quali, poi, caddero in modo confuso a terra.
« Avremo dovuto immaginarlo » disse Sam con tono severo.
« Ah si? Come avremmo potuto immaginare che saremmo finiti nella testa di un pazzo, eh? Cosa ne potevamo sapere che ci avrebbe fregati? Cosa-…»
« Ehi, tu, silenzio! » gridò Sherlock a terra vicino John. « Qui, il mio amico è ferito e dobbiamo pensare a qualcosa, non ho tempo per ascoltare i tuoi monologhi da donna isterica »
« Tu non mi chiami donna isterica, hai capito bene Sherlock da strapazzo Holmes? »
« Ah, perché se no che fai, D-o-n-n-a I-s-t-e-r-i-c-a? » ribatté Sherlock alzandosi da terra e scandendo ogni lettera.
Dean ebbe intenzione di colpirlo, ma Sam e Castiel lo fermarono.
« Dean, smettila! Non è il momento di litigare » disse Sam.
« Ma hai sentito cos’ha detto? »
Sam ignorò il fratello che evidentemente non ragionava e si rivolse a Sherlock « Senta signor Holmes, Castiel potrà dare una mano al suo amico John, può curarlo ».
« Davvero? » disse stupefatto Sherlock voltandosi verso Castiel. Era alla sua sinistra.
« A questo proposito, temo proprio di non poterlo fare » rispose Castiel avvilito.
Sam e Dean lo guardarono increduli. Castiel continuò « Non ho più i miei poteri » .
« Awesome!* » esclamò Dean « E quando ce lo avresti detto? ».
« Non volevo peggiorare la situazione » rispose Cas.
« Beh sta peggiorando comunque! » disse Dean seccato.
« Sher..lock! » era John con voce flebile che chiamava il suo amico. Aveva aperto gli occhi finalmente; l’altro si abbassò di nuovo al suo fianco.
« Dimmi, John ». Sherlock gli rivolse un sorriso.
« Cosa dice la mappa? » chiese John chiudendo gli occhi e tossendo.
« Era solo uno scherzo, John. Siamo stati ingannati » rispose.
« Male…detto! » disse John sforzandosi per poi chiudere gli occhi. Era molto debole. Sherlock tolse la sua giacca e glielo mise addosso come una coperta. Gli fece un sorriso.
« Trovo saggio » interruppe il Dottore « Allontanarci da qui, non possiamo sapere la prossima eruzione quanto possa essere forte ».
« Cosa suggerisce allora, Dottore? » chiese Dean.
« Di trovare un riparo. Il tempo sta cambiando qui fuori, questo cielo è strano, troppo scuro e non è un buon seg…»
Un tonfo bloccò le parole del Dottore. Tutti si voltarono verso il lago e videro un pezzo di ghiaccio emergere dal lago.
« What?!* » esclamò sconcertato il Dottore inarcando entrambe le sopracciglia.
Iniziarono a cadere dall’oscuro cielo, uno dopo l’altro, enormi pezzi irregolari di ghiaccio a tutta velocità; si schiantarono contro gli alberi, al suolo, nel lago, sul vulcano, distruggendo tutto. I ragazzi iniziarono ad indietreggiare guardando in alto. Il vento iniziò a spirare violentemente tra di loro; si coprirono gli occhi colle mani.
« Cosa diavolo sta succedendo?! » urlò Dean guardandosi attorno.
« Non lo so!!! » urlò Cas.
« Dobbiamo andarcene! Aiutatemi con John! » urlò Sherlock.
« Lo prendo io, voi fatemi strada! » disse l’angelo. Gli altri annuirono e con forzo avanzarono verso Sherlock. Aiutarono a caricare John sulle sue spalle, iniziarono a correre entrando nella fitta foresta. Castiel si fermò, si voltò. Il Dottore era lì che fissava il cielo con fare serio, con le mani nelle tasche dei pantaloni. Pensava tra sé e sé “Non ho mai visto un cielo senza stelle…dove sono in realtà?”.
Il tempo stava peggiorando. Il ghiaccio era sempre più grande ed irregolare.
« Dottore, si sbrighi! » urlò Cas socchiudendo gli occhi a casa del forte vento.
Il Dottore si voltò verso l’angelo che era all’entrata della foresta con John accovacciato sulle spalle; si guardò attorno e vide che era rimasto da solo al lago. Castiel andò via.
“Sarà una lunga notte” pensò ancora il Dottore. In quel momento, un pezzo di ghiaccio puntava nella sua direzione.
« Oh yes!* » esclamò vigorosamente chinandosi all’indietro colle mani ancora nelle tasche per poi  farsi una risata. « Quasi dimenticavo! » disse sospirando, dopodiché si voltò per correre esclamando:

 

« ALLOOONS-Y! »

 







Note:
* = Ho lasciato le parole in inglese perché sono tratti importanti dei personaggi.

   
 
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