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«Hai
finito di parlare al telefono? Le macchine non si riparano da sole.»
Dave
scosse il capo e alzò gli occhi sul fratello. «Si..scusa,
era Miranda. È appena arrivata a Los Angeles e aveva bisogno di un po’ di
incoraggiamento.»
Il
fratello, Caleb, ridusse gli occhi ad una fessura e guardò Dave
dalla testa ai piedi. «Miranda eh?»
Dave
sospirò e si rimise al lavoro: il tono malizioso del fratello non gli piaceva
affatto, o meglio lo imbarazzava particolarmente.
Caleb
sorrise appena e gli si avvicinò: «Quando le dirai che provi qualcosa per lei?»
Dave
lo guardò un attimo e poi si infilò sotto un’auto. “È davvero così evidente che provo qualcosa per lei?” pensò mentre
fingeva di riparare un motore.
Se
era davvero così evidente perché lei non se ne era accorta? E se invece se ne
fosse accorta e avesse fatto finta di nulla perché non provava per lui le
stesse cose? Era davvero così importante? A lui in fin dei conti bastava averla
nella sua vita, in un modo o in un altro.
«Fratellino,
la conosci da quasi dieci anni. La vita è troppo breve, non puoi perdere altro
tempo.» Le parole di suo fratello distolsero Dave dai
suoi pensieri. Sospirò e uscì da sotto l’auto: «Ora che hai finito di spargere
le tue perle di saggezza puoi lasciarmi lavorare? L’hai detto tu d’altronde, le
macchine non si riparano da sole.»
Caleb
annuì trattenendo la risata che l’imbarazzo del fratello gli provocava. «Guarda
che io lo dico per te. Lei è bella, giovane ed è a Los Angeles, la capitale del
cinema. Ad L.A. le celebrità le incontri al supermercato.»
«E
questo perché dovrebbe interessarmi?»
Caleb
fece spallucce. «Ti pentirai di non averle detto ciò che provi quando tornerà
con a fianco un bel ragazzo, promettente attore tipo Orlando Bloom.» Lo
stuzzicò mentre tornava nel suo ufficio.
Dave
lo guardò e sospirò: poteva davvero capitare una cosa del genere? Sul fatto che
Miranda fosse bella non c’era dubbio.. Lei era bellissima. Ma era il tipo da
innamorarsi di tipici e monotoni aspiranti attori californiani.
Da
sola nella sua camera nella prestigiosa scuola di pasticceria Miranda attendeva
con pazienza l’arrivo della sua compagna o compagno di stanza. Sdraiata sul
lettino a far niente pensava a quante cose avrebbe fatto: la settimana che la
attendeva si preannunciava intensa e decisamente impegnativa. Tuttavia si sentiva motivata e piena di
grinta. Rise appena e iniziò tirare fuori dalla valigia i suoi vestiti.
«Ciao..»
Miranda
si voltò e si ritrovò davanti una ragazza minuta, biondina con grandi occhi
azzurri. «Ciao.. Tu sei la mia compagna di stanza immagino.. Io sono Miranda.»
La
ragazza sorrise e annuì «Io sono Sofia»
Miranda
guardò la ragazza davanti a lei e le sorrise. Sembrava una brava ragazza, anche
se molto riservata. Timidamente Sofia entrò nella stanza e poggiò le sue cose
sull’altro letto, poi in silenzio si mise a sedere e fece un respiro profondo.
Probabilmente anche lei si sentiva un po’ spiazzata e disorientata. Miranda
sorrise tra sé e sé e si consolò al pensiero che lei non fossi l’unica a
sentirsi confusa e spaventata. «Se preferisci questo letto dillo pure.. Io mi
sposto da quel lato senza problemi.»
Sofia
la guardò e sorrise appena, leggermente rossa per l’imbarazzo «Va bene così.»
Miranda
annuì e abbozzò un mezzo sorriso mentre finiva di sistemare la sua roba in
silenzio.
La
timidezza di Sofia le faceva uno strano effetto,probabilmente
perché lei timida non lo era mai stata.
Aveva
dovuto imparare a cavarsela da sola fin troppo giovane, d’altro canto quando
tua madre è un avvocato di successo che sta fuori quasi tutto il giorno per
lavoro, e tuo padre ti ha abbandonato così presto che neppure ti ricordi il suo
viso, non c’è spazio per la timidezza. Devi imparare ad essere determinata.
Tuttavia lei e Sofia avrebbero dovuto passare il mese insieme, nella stessa
stanza e nonostante Miranda non sapesse come comportarsi di fronte a tanta
timidezza e riservatezza, era chiaro nella sua mente che avrebbe dovuto trovare
il giusto modo di parlare con lei e fare amicizia e soprattutto avrebbe dovuto
trovare il giusto equilibrio tra il suo carattere aperto ed estroverso e quello introverso e riservato di Sofia. Ma
come poteva fare?
«Di
dove sei Sofia?» Le chiese gentilmente.
«Sono
del Canada. Vancouver.»
«Io
sono di New York.»
Sofia
annuì e poi tornò ad occuparsi degli affari suoi come se fosse totalmente
disinteressata ad approfondire la conoscenza.
Miranda
alzò un sopracciglio perplessa e poi fece esattamente come lei. In silenzio
tornò a sistemare le sue cose con l’intenzione di andarci pian piano e per
grado con la sua timidissima compagna di stanza. Tirò fuori dalla valigia una
montagna di vestiti, praticamente tutti quelli che aveva, ed infine prese le
foto che ritraevano lei e Dave.. Le avevano fatte
dentro una di quelle macchinette per le fototessere istantanee alla stazione e Miranda
non poteva fare a meno di ridere ogni volta che le guardava.
Dave..
La sua parte razionale e tranquilla.. Quello con cui beveva continuamente
ipercalorici frappé al cioccolato e con cui faceva la radiocronaca alle partite
di football in tv. Ricordava esattamente il girono in cui avevano fatto quelle
stupide foto: avevano fatto a gara a chi faceva la faccia più strana e senza
ombra di dubbio Dave era il vincitore.
«È
il tuo ragazzo?»
Miranda
scosse il capo «No!! È il mio migliore amico.»
Sofia
sorrise «È carino!»
Miranda
annuì e la osservò per qualche secondo.. Sembrava aver abbandonato la
timidezza. Osservò per un attimo ancora le foto e poi le poggiò sul letto.
«Cooper
e Daniels.. È ora di prendere le misure per le
divise.»
La
voce della segretaria attirò la loro attenzione. Miranda e Sofia si voltarono e
annuirono mentre la seguivano in una grande stanza dove due sarte le
aspettavano per prendere le giuste misure. Lo stage prevedeva infatti che tutti
i partecipanti indossassero la stessa divisa: bianca e verde con una miniatura
dello stemma della scuola. L’unica personalizzazione possibile stava nella
scelta del cappello, ognuno poteva indossare il proprio e quello di Miranda era
piuttosto “semplice”, bianco con al
centro lo stemma, in rosso, degli AC/DC. Era un regalo di Dave.
Quando l’aveva visto Miranda non poteva crederci, le aveva regalato un cappello
da pasticcere con lo stemma di un gruppo rock anni ’80. Non che gli AC/DC le
dispiacessero, ma dolci e musica rock erano una combinazione piuttosto
insolita. Tuttavia era un regalo del suo migliore amico perciò anche se fosse
stato orribile l’avrebbe adorato comunque.
Quando
fu il suo turno, salì sul piccolo palchetto della stanza per prendere le
misure. Le due sarte le fecero aprire le braccia stile spaventapasseri e le
presero tutte le misure che servivano.
Su
quel palchetto, attorcigliata al metro Miranda si lasciò andare a sogni di
gloria.. Immaginava già di essere una pasticcera osannata in tutto il mondo,
che i suoi dolci fossero i più richiesti e nei pochi minuti che servirono per
le misurazioni riuscì grazie alla sua galoppante fantasia ad immaginare anche
varie conversazioni telefoniche con le maggiori emittenti televisive che
facevano a gara per darle un programma tutto suo.
«Signorna.. Abbiamo finito.»
Miranda
scese dall’immaginario piedistallo che si era costruita in quei minuti e
sorrise alla sarta che le comunicava che avevano finito. Rise appena sentendosi
un po’ stupida e scese dal palchetto. «Scusi.. Mi ero persa in immaginari sogni
di gloria..»
La
donna le sorrise mentre tutti i presenti, due ragazzi a parte lei e Sofia, la
fissavano sorridendo divertiti dal suo tono. Miranda fece spallucce e sorrise,
si era fatta riconoscere anche questa volta, e fece l’occhiolino a Sofia che si
accingeva a salire sul palchetto. Guardò i ragazzi alla sua destra e decisa che
era il momento di fare amicizia. «Hey ragazzi.. Come
va? Io sono Miranda»
I
ragazzi la guardarono e le sorrisero «Io sono Logan e lui è Trey.»
rispose uno presentando entrambi.
Miranda
sorrise e presentò Sofia che timida alzò la mano e fece un cenno di saluto che
i ragazzi ricambiarono.
«Com’è
il vostro cappello?» Chiese ancora Sofia «Il mio è bianco con al centro lo
stemma degli AC/DC.»
I
ragazzi la fissarono senza dire nulla e creandole un po’ di imbarazzo. Miranda
annuì appena e respirò a fondo “Simpatici!”
pensò sarcastica.
«Scusa
se non parlo molto.. Ma non sono mai stata un tipo particolarmente loquace.»
Miranda
alzò gli occhi su Sofia mentre in silenzio tornavano nella loro camera. «Non
preoccuparti.. Io lo sono per entrambe.»
Sofia
sorrise e non aggiunse altro. Nel grande corridoio che le separava dalla
camera, Miranda si guardava intorno.. Un gran numero di ragazzi tutti presi ed
indaffarati da qualcosa. Le sembravano così lontani dalla sua realtà, tutti
chiusi in loro stessi, nessuno che chiacchierava, nessuno di loro sembrava
intenzionato a fare amicizia. Tutti stretti nel loro sogno e nella loro voglia
di arrivare.
Li
osservava e sperava con tutta se stessa di non essere mai come loro. Quello
stage era importante anche per lei, ma nonostante preparare dolci era quello
che più amava fare, sapeva che c’era qualcosa di molto più importante da
cogliere in quell’esperienza: c’era il confronto con gli altri, la possibilità
di vedere una città che non fosse la sua, e soprattutto c’era l’occasione di
fare nuove amicizie e nuove conoscenze, e questo più di ogni altra cosa era ciò
che l’avrebbe arricchita.
Volse
lo sguardo a Sofia che silenziosa camminava al suo fianco e pensò che non
voleva affatto essere come quei ragazzi in corridoio, pensò che lei voleva
essere un’amica per lei e non solo la sua facilmente dimenticabile compagna di
stanza. Rimase in silenzio e le sorrise soltanto fin quando arrivate in camera
decise di rompere il ghiaccio e costruire un rapporto d’amicizia con lei.
«So
che non sei molto loquace, e mi sembri molto timida e riservata. Non vorrei
mancare di delicatezza Sofia, ma hai visto quei ragazzi in corridoio?» Le disse
mentre l’altra la guardava senza capire esattamente dove volesse andare a
parare «Tutti loro hanno un sogno, che è uguale al nostro.. Ma io non voglio
essere come loro. E so che forse il giudizio è troppo veloce, non li conosco
nemmeno, ma mi sembrano così soli..»
Sofia
annuì appena e abbassò gli occhi leggermente imbarazzata o forse colpita dalle
sue parole.
Miranda
la osservò un po’ e sospirò. Le sue intenzioni erano buone, ma se Sofia non
voleva fare amicizia non poteva di certo costringerla «Scusa.. Non importa. In
fin dei conti è solo un mese.»
«Hai
ragione.. Neanche io voglio essere come loro.»
Miranda
alzò gli occhi sulla ragazza e sorrise invitandola a sedersi accanto a lei sul
letto. Sofia abbozzò un sorriso e si mise a sedere accanto a lei. Iniziò a
raccontarle un po’ di lei. Le disse che amava i peperoni e che il dolce che le
riusciva meglio era senza ombra di dubbio la crostata. Che aveva un fidanzato
una volta ma si erano lasciai perché lui l’aveva tradita con la sua migliore
amica e che anche per questo motivo fidarsi e fare amicizia adesso era per lei
complicato.
Miranda
ascoltò tutto con grande piacere e le raccontò a sua volta un po’ di lei, del
dolce che le riusciva meglio, della sua vita a New York, della sua scatenata
amica Maddie, di sua madre, del padre che l’aveva
abbandonata quando lei era ancora piccola e del suo migliore amico.
Chiacchierarono a lungo e gettarono le basi per quella che secondo Miranda
sarebbe diventata una bellissima amicizia.
«Dave, per fortuna sei qui!»
Entrando
dentro l’officina in fretta e furia come se fosse successo qualcosa di
gravissimo, Melissa, la madre di Miranda attirò l’attenzione che stava
sistemando una vecchia Cadillac.
«Melissa..
Che succede?»
«Devi
controllare il maggiolone di Miranda.»
«Ok!!
Portamelo la settimana prossima, tanto Miranda adesso non c’è. Posso farlo con
calma.»
Melissa
scosse il capo e sorrise. «Vorrei che tu lo sistemassi quanto prima così potrai
portarglielo quando andrai a trovarla.»
Dave
corrugò la fronte perplesso. Perché credeva che sarebbe andato a trovarla?
Ascoltando le parole della donna, era come se ascoltasse suo fratello. Lo
stesso tono di chi crede di aver capito tutto. «Cosa ti fa credere che andrò a
trovarla?»
La
risposta di Melissa fu una fragorosa ma intenerita risata che andò scemando
sotto lo sguardo perplesso del ragazzo. «Dave.. Ti
voglio bene come ad un figlio, ma devo dirtelo, sei un pessimo attore. Andiamo,
sii sincero, quanto ancora resisterai prima di partire per Los Angeles?»
Dave
gettò la testa all’indietro e sospirò «È
così evidente?»
«Che
sei innamorato di lei? Si, un po’ si nota.»
«Già..
Se ne sono accorti tutti tranne lei.»
«Allora
diglielo.»
Dave
scosse impercettibilmente il capo mentre tornava ad occuparsi dell’auto che
stava riparando. «E se per lei non è lo stesso? Rischio di rovinare tutto.»
«E
se invece per lo è? Rischi di perdere tutto quello che potresti avere.»
Dave
la osservò: aveva ragione.
«Allora?
Quando ti porto l’auto?» Riprese la donna chiedendogli tra le righe quando
sarebbe partito.
Dave
respirò a fondo e sembrò riflettere un attimo «Quando vuoi.»
Melissa
rise appena e gli accarezzò amorevolmente il capo: «L’auto è qui fuori.»
Dave
annuì e la guardò uscire.
“Ed io che credevo di
essere bravo a nascondere i miei sentimenti.” Pensò.
Finì
di sistemare l’auto a cui stava lavorando e pensò se era davvero il caso di
partire. Tante volte aveva provato a dirle quello che provava ma mai, nessuna
volta c’era riuscito, perché andando a Los Angeles sarebbe stato diverso?
Uscì
dal garage e si diresse fuori per prendere la macchina di Miranda e portarla
dentro il garage.
«Hey Dave, guarda lì..» Il
fratello richiamò la sua attenzione indicandogli con un gesto della testa la
televisione.
Dave
guardò aggrottando la fronte nell’intento di capire cosa esattamente volesse
mostrargli, visto che l’unica cosa che vedeva erano delle immagini di giovani
ed aitanti modelli che sfilavano su un tappeto rosso.
«Quella
è Los Angeles. Sicuro di non voler raggiungere Miranda e dirle quello che
provi?»
Caleb
sembrava divertirsi particolarmente a stuzzicarlo. Dave
scosse il capo e si passò una mano sul viso sconsolato, poi gli lanciò la pezza
sporca di grasso colpendolo dritto in viso.
Davvero
credeva che fosse così facile? Ma perché non si faceva gli affari suoi e lo
lasciava in pace? Come se lui non ci avesse mai provato. Ok, forse aveva
sprecato qualche occasione, come il giorno che lei aveva ricevuto la lettera di
ammissione allo stage, o il giorno della sua partenza, e tanti altri prima. Ma
non era colpa sua. Erano i momenti sbagliati. O perlomeno questa era la
giustificazione che usava per sentirsi meno codardo. «Credi che non vorrei
dirle ciò che provo? Credi che mi piaccia stare qui a pensare che per la mia
vigliaccheria rischio di perderla? Ma non è semplice. Ci provo tutte le volte e
non ci riesco mai.»
Caleb
lo ascoltò e, adesso, non si divertiva più così tanto. Spense la televisione e
non aggiunse altro mentre lo guardava uscire fuori.