Day 3: Fall
Sembrava
che le cose non
potessero andare meglio ma purtroppo il destino aveva in serbo altro
e giocò le sue carte in un pomeriggio di fine estate mentre
i due
fratelli si rincorrevano con alcuni coetanei in un prato vicino a
casa.
Improvvisamente Natsu si
accasciò a terra tremando e respirando a fatica e fu
così che lo
trovarono i compagni quando, insospettiti dalla sua assenza e dalla
mancanza delle sue grida che sempre accompagnavano quel genere di
attività, tornarono indietro a cercarlo.
Appena lo vide in
lontananza, Zeref lo raggiunse di corsa inginocchiandosi accanto a
lui con il cuore in gola. Subito iniziò a chiamarlo e a
scuoterlo
con le lacrime agli occhi in preda a un gran brutto presentimento ma
il più piccolo non ebbe la minima reazione.
Qualcuno, spaventato, andò
a cercare aiuto mentre lui rimase lì con Natsu, che quando
finalmente aprì gli occhi, ben lontano dal rassicurarlo, lo
inquietò
ancora di più. Il suo sguardo infatti era vitreo, e
probabilmente
non lo vide nemmeno visto che non diede segno di averlo riconosciuto
né rispose in alcun modo ai suoi richiami.
Quando il padre li
raggiunse, sollevò il rosato tra le braccia portandolo
subito verso
casa senza dire nulla, serio e preoccupato come Zeref non lo aveva
mai visto.
Si accorse a malapena che
gli amici gli stavano dicendo qualcosa che comunque non
capì, e in
silenzio si avviò a fatica verso la sua abitazione con la
gola
serrata, gli occhi traboccanti di lacrime e la sensazione di avere un
macigno che gli schiacciava il petto.
Appena entrato, la sua
attenzione fu catturata da sua madre che piangeva a dirotto su una
sedia con il viso affondato nel grembiule mentre il padre, in piedi
accanto a lei, le cingeva le spalle con un braccio tenendo gli occhi
bassi. Il bambino, sia pure impressionato, cercò di non dar
loro
peso e si diresse invece verso la camera del fratello, ma l'uomo lo
trattenne afferrandolo per una spalla e scuotendo leggermente la
testa con espressione addolorata facendo aumentare ulteriormente le
lacrime che già gli rigavano abbondantemente il volto.
Nessuno rispose alle sue
domande, quindi non gli rimase altro da fare che aspettare in
silenzio con in mente solo Natsu e le sue risate che fino a poco
prima erano risuonate allegre e spensierate nel prato che vedeva
ancora dalla finestra accanto a lui.
Non seppe mai quanto tempo
fosse passato quando finalmente la guaritrice del villaggio
uscì
dalla stanza dicendo ai genitori qualcosa che Zeref nemmeno si
sforzò
di capire mentre sgattaiolava all'interno.
Il bambino si diresse subito
vicino al letto dove Natsu sembrava profondamente addormentato, ma
era fin troppo chiaro persino a lui che quello non era un sonno
normale. Il suo respiro era ancora leggermente affannoso e il suo
corpo bollente, ma il ragazzino non vi badò stringendogli
invece la
mano e cercando di rimproverarlo senza riuscirci finendo poi per
sciogliersi in altre lacrime supplicandolo di svegliarsi presto e di
non fargli più prendere spaventi del genere. Gli
parlò quindi di
ciò che avrebbero fatto non appena si fosse ripreso, ma non
poteva
sapere che il suo fratellino non sarebbe più tornato quello
di
prima.
I giorni infatti passarono
fin troppo lenti e silenziosi ma Natsu non diede segni di ripresa.
Presto a Zeref fu vietato di andare a trovarlo ma il piccolo non era
tipo da arrendersi facilmente e riuscì comunque a
sgattaiolare nella
stanza di nascosto almeno una volta al giorno, soprattutto la sera,
parlandogli dolcemente a voce bassa sforzandosi di trattenere le
lacrime che il rosato fosse sveglio o meno.
Nessuno voleva spiegargli
nulla, ma non poteva non accorgersi del fatto che lo sguardo dei
genitori fosse sempre più spento e preoccupato, i volti
pallidi e
smagriti, mentre la guaritrice veniva sempre più spesso
passando in
quella stanza tempi sempre maggiori senza ottenere risultati
apprezzabili.
Ogni volta che riusciva a
varcare quella soglia, infatti, le speranze di Zeref di vedere il
fratellino in piedi, o per lo meno seduto sul letto, allegro e
pimpante come prima, crollavano miseramente. Sprofondato tra le
coperte c'era sempre un bambino pallido, magro e sudaticcio che
respirava male e parlava con una voce debolissima tranne quando
gridava nel sonno in preda alla febbre. Ogni urlo era per tutti una
pugnalata al cuore e sia Zeref che sua madre non riuscivano proprio a
trattenere fiumi di lacrime domandandosi per quale motivo gli dei
avessero deciso di punirli in quel modo supplicandoli tra i
singhiozzi di restituire loro il piccolo Natsu, ma le preghiere non
servirono a nulla e le cose peggiorarono anzi sempre di più.
Con il passare dei giorni,
divenne infatti sempre più raro vederlo sveglio, e se i
primi tempi
il rosato aveva cercato di sorridere sforzandosi anche di scherzarci
sopra per rassicurarli, alla fine non riuscì più
nemmeno a
riconoscerli.
Fu un duro colpo per Zeref
quando una sera si infilò nella stanza e il suo amato
fratellino
sussurrò un “Chi sei?” a malapena
percettibile. A quel punto,
non potè trattenere un urlo strozzato correndo subito fuori
quasi
scontrandosi con la madre che l'aveva visto allontanarsi furtivo in
quella direzione. Il bambino pensò che l'avrebbe sgridato
visto che
gli era stato proibito già da tempo di andare a trovarlo
senza poter
far nulla per cambiare le cose ma la donna, che poche ore prima aveva
ricevuto lo stesso trattamento, si limitò ad abbracciarlo
stretto
piangendo con lui mentre gli accarezzava i capelli per farlo calmare,
portandolo poi a letto quando il figlio maggiore, esausto, le si
addormentò tra le braccia.
La situazione precipitò
ulteriormente il giorno dopo quando Zeref, di ritorno da una giornata
di scuola in cui si era concentrato su tutto tranne che sulle
lezioni, trovò una gran folla fuori dalla porta.
In preda a un orribile
presentimento, corse in quella direzione con il cuore in gola notando
a malapena gli sguardi e le parole della gente che lo faceva passare
tristemente elargendogli di tanto in tanto qualche lieve carezza o
pacca sulla spalla. Il ragazzino non rispose a nessuno ed
entrò in
casa individuando subito i genitori che piangevano a dirotto tra le
braccia degli amici e dei parenti più stretti che cercavano
inutilmente di dare loro un po' di conforto.
Zeref li oltrepassò sempre
più in ansia mentre un pensiero orribile si faceva sempre
più
strada dentro di lui lasciandolo totalmente senza fiato. Si
ripetè
mille e più volte che no, non era possibile che Natsu... Non
riusciva nemmeno a finire la frase.
Si avvicinò al letto
prendendogli la mano come aveva fatto tante volte negli ultimi mesi e
quando si accorse che quel corpicino era freddo e immobile,
chiaramente senza vita... non potè trattenere un terribile
urlo che
risuonò in tutto il quartiere mentre crollava di fianco a
lui
piangendo tutte le sue lacrime.
Quello fu l'inizio della
fine, perché Zeref non accettò mai la morte del
fratellino,
isolandosi di nuovo da tutti e cominciando a porsi le domande e a
compiere gli studi che un giorno avrebbero portato alla nascita del
mago nero, che sia pur cambiato, non avrebbe mai potuto dimenticare
quella prima, terribile caduta che gli portò via il suo
amato Natsu
né la sua voce allegra e il suo sorriso che cercò
sempre di riavere
al suo fianco sacrificando per questo tutto se stesso e tutto
ciò
che aveva.
A differenza dei genitori
infatti, che dopo un po' scesero a patti con quella perdita e si
sforzarono di non crollare per il figlio rimasto che evidentemente
soffriva più di tutti, lui non volle rassegnarsi, e dal
momento che
lo studio era diventato l'unico modo che conosceva per non pensare
per qualche ora al terribile silenzio a cui temeva che non si sarebbe
più abituato, cominciò a cercare un rimedio
addentrandosi in
sentieri sempre più pericolosi dai quali nemmeno gli
ammonimenti e i
rimproveri dei maestri riuscirono ad allontanarlo. Sentieri che
avrebbero causato tante altre perdite e cadute, ma nessuna fu
dolorosa e terribile quanto la prima, quella che segnò
inevitabilmente il suo destino dal momento che fin dall'inizio il
piccolo Zeref continuò a vedere di tanto in tanto il
fratellino nei
luoghi e nei momenti più disparati, sempre allegro e
sorridente come
amava ricordarlo, finendo per promettergli solennemente, in preda al
dolore, che quella
separazione sarebbe stata solo temporanea. E lui le promesse fatte a
Natsu le aveva sempre mantenute a qualsiasi costo.
Non ne parlò mai con nessun
altro, ma queste “visite” del fratello gli diedero
sempre la
forza di continuare a vivere proseguendo caparbio per la sua strada
nonostante i maestri, sia pure colpiti dai suoi risultati, cercassero
di dissuaderlo e le sue stesse ricerche a volte lo scoraggiassero a
tal punto da fargli quasi abbandonare tutto, ma bastava chiudere gli
occhi e rivivere le scene stupende impresse a fuoco nella sua mente e
nel suo cuore, ricordi felici di quando l'allegria e
vivacità del
rosato riempivano le sue giornate ora così vuote, per
tornare al
lavoro con maggiore energia rinnovando quella promessa. Una promessa
che l'avrebbe portato dove non avrebbe mai immaginato né
sarebbe mai
voluto arrivare, ma lui per il suo pestifero e incontenibile Natsu,
si sapeva, avrebbe fatto e sopportato qualsiasi cosa, compresa la
maledizione più terribile che si potesse concepire.
Angolo
autrice:
Okay, so che mi odierete per
quello che ho scritto e che starete nuotando in un mare di lacrime
degno di Alice nel Paese delle Meraviglie. Se vi può
consolare,
anch'io. Mentre scrivevo ho letteralmente inzuppato letto e computer!
Per fortuna nessuno è venuto a disturbarmi o sarebbe stato
davvero
difficile spiegare la situazione... -_-'
Passando ad altro, spero che
la storia vi sia comunque piaciuta e di non aver causato troppi
danni. Vi assicuro che non era mia intenzione fare un racconto
così
strappalacrime, ma scrivendolo di getto mi è venuto
così. Non
pensavo che sarei riuscita a immedesimarmi tanto nel piccolo Zeref,
ma credo/spero di aver reso bene i suoi sentimenti, povero cucciolo.
:'(
Riguardo a ciò che potrebbe
essersi beccato Natsu, non ne ho proprio idea, ma ho sempre pensato
che fosse stata qualche brutta malattia a portarlo via così
presto
dall'affetto della sua famiglia e mi sono limitata a immaginarmi le
scene cercando di descriverle al meglio.
Come ieri, mi sarebbe
piaciuto riuscire a pubblicare il prossimo prompt prima di andare a
letto (anche perché non avevo il coraggio di abbandonare sia
me che
voi nei rispettivi mari di lacrime) ma tra problemi di connessione e
distruzione quasi totale dei feels dell'autrice che si è
messa KO da
sola con le sue stesse mani, non ce l'ho proprio fatta. :(
Se ci riuscite, fatemi
sapere cosa ne pensate di questa storia e se ci sono errori
perché
dubito fortemente della mia capacità di giudizio in questo
momento.
Prima che me ne dimentichi
un'altra volta, ringrazio tutti coloro che hanno dato un'occhiata a
questa raccolta (ammesso che ce ne siano :P) e vi prego di lasciarmi
almeno un commentino piccolo piccolo, tanto per sapere se sto facendo
una grandiosa schifezza o no. Grazie comunque per avermi dedicato un
po' del vostro tempo, lo apprezzo davvero tanto. :)
Appuntamento a domani per i
temerari che avranno ancora il coraggio di seguirmi. Prometto che la
prossima storia cercherò di farla meno strappalacrime
(potrei morire
anch'io altrimenti, cavolo!).
Baci & abbracci di
consolazione e alla prossima!
Sogni d'oro per dopo e buona
giornata per domani,
Ellygattina