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Autore: ellizzy    14/02/2009    7 recensioni
June vive in un passato che però non ha presente, Lizzy vive un presente che non ha passato alcuno. Queste due donne così diverse e lontane tra loro incroceranno, nel passato e nel presente, le loro vite con quella dell'agente speciale Spencer Reid, il genietto del BAU,in modo così profondo e indelebile da indurlo ad affrontare uno dei dilemmi più grandi che fin dai tempi antichi ha lacerato l'animo umano: la scelta tra la legge dello Stato e la legge del Cuore. Cosa si nasconde dietro un volto amico? Forse il volto della morte... "Nessun uomo è ricco abbastanza da riscattare il proprio passato" Oscar Wilde
Genere: Drammatico, Thriller, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Spencer Reid
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avvertenza: questo capitolo tende a essere piuttosto violento.

Non approvo la violenza, ma questa è una parte fondamentale per il racconto

dunque ho ritenuto opportuna scriverla pur non mettendo un rating rosso.

 

CAPITOLO 5: Nella tana del lupo

 

“E so il male che sto per compiere,

ma il furore in me è più forte della ragione”

 

Morgan non riusciva a capire il perché di tutto quel sangue sulle sue mani mentre nella sua mente si intrecciavano mille ragnatele di pensieri. Teneva ancora in mano la pistola.

Si voltò e Reid gli stava accanto e lo fissava attonito. Schizzi di sangue gli colavano sul viso o gli impregnavano la camicia bianca.

Derek tentò di parlare, ma aveva tutta la bocca impastata.

Gli avevano rotto il naso nel momento in cui aveva aperto il furgone e schizzi del suo sangue erano finiti tutt’intorno.

Sentì un suono metallico e voltandosi verso l’interno del furgone si rese conto che una donna gli stava puntando addosso un fucile da caccia. No, non una donna: June.

Morgan l’aveva vista solo una volta e di spalle, ma Reid la riconobbe subito e il ricordo del bacio gli fece tornare la nausea.

- F.B.I.- L’agente Thone scandì disgustata ogni lettera e si avvicinò all’apertura del furgone, dove i due agenti la stavano guardando sconcertati, mostrando alla luce del sole i suoi terribili occhi di ghiaccio. – Io non credo che voi agenti possediate realmente il senso del pericolo. Non ve lo insegnano all’abilitazione? E’ un vero peccato. Per voi, intendo, perché io… Ho idea che mi divertirò parecchio oggi. Avanti, salite!-

Morgan non riusciva a credere alle proprie orecchie e cercò disperatamente di ribellarsi e di salvare in extremis la situazione, ma invano. June saltò giù dal furgone e lo colpì brutalmente con il calcio del fucile facendolo cadere a terra stordito.

- McCallister, prendilo e buttalo nel retro del furgone- ordinò all’autista, probabilmente un membro della sua squadra dal modo in cui McCallister rispose al comando chiamandola “capo”.

- Agente Thone!- intervenne Reid dopo quella scena di inaudita violenza, ma June si voltò irritata e gli puntò la canna del fucile sotto il mento avvicinandosi a lui pericolosamente.

- Dr. Reid, ti facevo più intelligente. Come hai potuto essere così sciocco da seguirmi?- sorrise nel modo più perverso possibile; un sorriso che poi divenne malizioso quando aggiunse:- Volevi riprovare uno dei miei baci?-

Reid era sconvolto e disgustato e provò a ribattere, ma non ne fu in grado.

- Sali nel furgone- gli intimò June.

- No- ribatté Spencer quasi senza riflettere che quella non era esattamente la risposta migliore da dare.

June lo trafisse con uno sguardo, abbassò il fucile e gli afferrò di scatto la gola cominciando a stringere.

La presa sembrava quella di un uomo tanto era salda e Reid non riuscì a liberarsi nemmeno con entrambe le mani. Presto cominciò a sentirsi asfissiare e sapeva di non poter fare nulla. Era inerme di fronte a tanta violenza gratuita, cosa che lo fece stare molto peggio. Cercò invano di divincolarsi. Stava per perdere i sensi.

June avvicinò il suo viso a quello di Spencer abbastanza da sfiorarlo e gli sussurrò:- Stai attento, dr. Reid, se ti sta a cuore la vita. Se non sali su quel cazzo di furgone sparerò al tuo collega e la pallottola si conficcherà così in profondità che il medico legale farà fatica ad estrarla anche aprendolo completamente-

Come minaccia a Reid bastò e appena l’agente June lo lasciò andare salì nel retro del furgone senza troppe storie. Lì, accasciato sul fondo, c’era Morgan sanguinante e semi svenuto per il colpo alla testa.

- Starte!- comandò June e Mccallister, il guidatore, ripartì in quarta.

 

- Bene, bene, bene. Chi abbiamo qui?-

Reid si riscosse dal dormiveglia che l’aveva sorpreso durante il viaggio nel furgone. Era stanco. Le lacrime si erano rapprese ai bordi degli occhi cerchiati di rosso e dalla gola secca non uscivano che suoni strozzati.

- Morgan…- fu l’unica cosa che Spencer riuscì a singhiozzare vedendo il collega, l’amico, con la faccia menomata e legato stretto ad una sedia.

- Ma buongiorno! Ben svegliato, agente. Che ne dice, svegliamo anche il suo collega?- Così dicendo un’ombra si scagliò fulmineamente su Derek sferrandogli un calcio alle costole e facendolo sussultare.

La stanza era avvolta nella penombra rischiarata solo da una lampada che dondolava appesa al soffitto.

L’ombra si mosse ancora, questa volta in direzione di Reid, e mostrò parte del suo volto quando passò vicino alla luce: aveva una lunga cicatrice rosa che gli percorreva il volto parte parte e la sua bocca si muoveva solo da un lato arricciandosi continuamente in una smorfia simile ad un sorriso crudele. Doveva avere una parte della faccia paralizzata perché parve a Spencer che non riuscisse a muoverla.

- Un po’ di sana violenza mi mancava devo dire. Lo sa da quant’è che non mi capita per le mani un agente federale?- La voce era quella di un uomo, profonda e penetrante.

- La… La prego…-  mormorò Spencer terrorizzato.

- Lei mi prega?- una risata metallica squarciò l’aria  - Lei crede che basti implorarmi per uscire di qui? Dr. Reid, mi avevano detto che lei non era un tipo particolarmente sveglio nonostante il titolo che grava sul suo nome. Pensa che all’inferno basti pregare per salvarsi?-

L’individuo sfigurato prese una sedia da un angolo della stanza e la pose di fronte a quella di Spencer.

- Dunque, dr. Reid, ora le porrò alcune domande a cui mi auguro (nel suo personale interesse) risponderà nel modo più preciso possibile. Avrei preferito di gran lunga chiedere al suo collega, ma non mi pare nella condizione più adatta per sostenere un interrogatorio, senza contare che, dopo quello che gli hanno fatto, gli mancano diversi denti e suppongo parte della lingua-

Spencer rimase pietrificato da quest’ultima affermazione mentre il mostro di fronte a lui lo fissava con sguardo disumanamente divertito.

- Co… Cosa… Cosa vuole da… da m… da me?-

- Oh, stia calmo, dr. Reid, non ho che da porle alcune semplici domande. Lei risponda e vedrà che presto sarà tutto finito. Anche se non credo che detta così questa frase la possa rassicurare, no?-

La figura deforme esplose in una risata assordante che rimbombò raccapricciante nelle orecchie di Spencer. Aveva il cervello che girava a mille nel tentativo di trovare una soluzione, ma, sebbene in teoria l’avesse trovata, in pratica si rendeva conto di essere legato ad una sedia con corde robuste e di avere dinnanzi un sadico pronto a torturarlo. Era già la terza volta che lo rapivano, o meglio, era la prima che lo rapivano mentre le altre due era stato preso in ostaggio, ma la sensazione di impotenza mista a terrore era sempre la stessa.

Piccole perle di sudore freddo gli correvano dalla fronte al collo, il cuore premeva impazzito contro i polmoni rendendogli difficile respirare regolarmente e di conseguenza pensare in modo lucido.

- Che ne dice, cominciamo?-

- Cosa vuole sapere?- Reid non si oppose all’interrogatorio. Non gli passò nemmeno per l’anticamera del cervello di fare una cosa del genere. Si rassegnò all’evidenza: o vivere o morire, ma ancora peggio sulla sua coscienza gravava la vita o la morte di Morgan. Tutto dipendeva da lui, dalle sue parole.

- Bene, noto con piacere che ha deciso di collaborare. Allora, mi dica… Perché voi agenti dell’Unità Analisi Comportamentale avete deciso di incaricarvi di un caso già seguito da un’altra unità? C’è stato qualcosa che vi ha spinto a prendere questa decisione? Avete scoperto qualcosa?-

- I casi passano dalla scrivania di un agente che si occupa dell’apparato burocratico dunque non è l’unità in prima persona a scegliere di indagare su un evento piuttosto che su un altro. Ci sono dei fattori che possono influenzare la decisione, ma… Sta parlando di un caso in particolare?-

- Qui sono io a fare le domande, agente, lei si limiti a rispondere! Mi piace il suo modo di cercare di controllarsi. Così pacato, così razionale, sembra voler dire “Non ho paura!” e sbaglia. La paura è una delle sensazioni più pure che un essere umano possa provare. Mi dica, non la eccita?-

- E’ solo una percezione ingannevole dei nostri sensi. La paura non è razionale, è l’uomo che la crea e ne diventa schiavo- Probabilmente Reid stava cercando di convincere se stesso di quello che diceva, ma aveva i nervi a pezzi e quando era così smetteva di ragionare e cominciava a far sgorgare dalle labbra i fiumi di conoscenza che gli scorrevano lungo le pieghe della mente. In altre parole, stava staccando la spina.

- Interessante- gracchiò l’uomo dal volto sfregiato - Molto interessante. Mi piacciono le riflessione metafisiche e continuerei volentieri il discorso sulla paura, argomento che, tra parentesi, mi ha sempre profondamente affascinato. Tuttavia non ho tempo prezioso da perdere. Lasciamo da parte le divagazioni e mi dica cosa avete scoperto sul caso.-

- Mi dispiace, non capisco a quale caso vi stiate riferendo! La mia unità lavora a tantissimi casi, alcuni anche in simultanea: è difficile rispondere alla sua domanda se non so di che particolare caso si tratti.- Spencer voleva guadagnare tempo. In fondo sapeva dove l’uomo voleva andare a parare e si rendeva conto di conoscere la risposta.

L’ individuo che aveva davanti proseguì a sorridere in modo beffardo senza scomporsi, anche se sul suo volto passò un’ombra di seccatura.

- Risposta sbagliata. Dunque, vediamo se riesco a farle tornare un po’ di memoria.-

Spencer deglutì a fatica mentre seguiva con occhi pieni di terrore i movimenti dell’essere deforme che si alzò dalla sedia e si diresse verso un angolo della stanza. Il suo volto non era mai immerso totalmente nella luce così da poterlo distinguere. Afferrò qualcosa che stava appeso ad un chiodo fissato al muro. L’oggetto sembrava una catena sottile che luccicava alla fievole luce. Quando Reid comprese di cosa si trattava si sentì venir meno e tutto intorno a lui si oscurò improvvisamente.

Si riscosse solo dopo quella che gli sembrò un’eternità più intontito di prima, meno cosciente della realtà.

- E’ strano sa- Spencer si voltò di scatto e vide l’uomo chinato su Morgan intento ad esaminarlo. – Lei è proprio un agente anomalo. Insomma, un po’ di serietà! Se mi continua a svenire davanti come spera che io possa finire il mio lavoro. Oh, ma guarda qui che brutto taglio!-

Fu allora che Reid, abbassando lo sguardo per non dare a quel pervertito la soddisfazione di vederlo piangere, vide le proprie braccia legate ai braccioli della sedia da due sottili serie di catene. Sussultò.

“No, ti prego, dimmi di no”

- Eh, già, sono proprio loro. Le ho messe mentre eri svenuto. Vuoi dirmi tu cosa sono o vuoi che te lo dica io? Avanti lo so che lo sai: sei partito dopo averle viste, una reazione del genere si ha solo quando si conosce questo tipo di tortura. Non parli? Non riconosci “il rosario del penitente”?-

Spencer conosceva bene quell’insolito tipo di rosario: era un’antica tortura adoperata per estrarre confessioni agli eretici o alle donne accusate di stregoneria durante il periodo della Santa Inquisizione. Aveva letto in un libro di testimonianze che l’accusato veniva legato ad una sedia con le braccia incatenate da una serie di catene che presentavano tanti piccoli chiodi sulla superficie. L’inquisitore teneva in mano una cordicella che tirava pian piano facendo penetrare i chiodi nella carne dell’accusato tentando di ricavarne una confessione. La pelle si lacerava e pochi resistevano senza perdere il controllo o svenire.

Il sangue nelle vene gli si ghiacciò.

- Allora, dr. Reid, vogliamo fare un giochino insieme? Giochiamo al confessore e al penitente. Comincio io: per l’ultima volta, cosa sai del caso? Non tenti di resistere, in un modo o nell’altro riuscirò a cavarle fuori la verità-  sorrise maligno  - Non si preoccupi, nessuno la verrà a salvare né tanto meno sentirà le sue urla. Ha tutto il tempo che desidera- 

- Ti prego, ti scongiuro, non so niente, non so di cosa stai parlando, lo giu…!- La cordicella venne tirata ancora prima che Spencer potesse concludere la frase e un dolore lancinante gli trafisse con i suoi mille aghi il cervello. Le braccia presero a sanguinare.

- Hai qualcos’altro da dirmi, figliolo?-

- No, io non so nulla! Ho solo analizzato delle foto, ma non ho trovato nulla di rilevante, nulla!-

Bugiardo!

Le catene affondarono ulteriormente nella carne.

- No, ti prego, smettila!- Reid si sentì mancare e udì da lontano, ovattato, il freddo suono di una voce femminile. - Agente Sublym, ora basta-

Evidentemente l’uomo dal volto rovinato doveva essere Sublym che, però, ignorò completamente la voce e continuò a infierire sulla sua vittima con più foga.

- Ancora un po’, lasciamelo ancora un po’-

- Ho detto basta e quando dico basta è basta!-

- No, no…- Reid venne letteralmente sollevato dalla sedia con brutalità nonostante le corde lo tenessero ancora ben ancorato. Si ritrovò faccia a faccia con colui che lo stava seviziando. Riuscì per la prima volta a vedergli completamente il viso: un ammasso di carne sfigurato e coperto da cicatrici con un ghigno che si allungava fin dove gli era consentito.

- Vuoi sapere che cos’è la paura, dr. Reid? Vuoi vedere la morte in faccia? Lo vuoi, eh, lo vuoi? Dimmi che lo vuoi! DILLO!-

L’ultimo suono che Spencer udì prima di cadere al suolo e perdere nuovamente i sensi fu uno rumore assordante che trafisse l’aria. Poi fu solo silenzio… e notte.

  
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