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Autore: Applepagly    03/10/2015    1 recensioni
Sei vittima di un brutto scherzo, la pedina di un gioco più grande di te; inarrestabile e i tuoi demoni incontenibili, come i tuoi denti che si digrignano e trovano la forza per piegarsi in un sorriso di sangue.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Cloud Strife, Nuovo personaggio, Tifa Lockheart, Un po' tutti, Vincent Valentine
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Noticine:3
Uff... finalmente sono qui.
Salve, ragazzi e ragazze! Come va?
La scuola è ormai iniziata, e non lascia scampo a nessuno... comunque, sono contenta di essere riuscita a pubblicare, almeno oggi!
Questo è uno degli ultimi capitoli, e... beh, mi spiace dover rinunciare a dei personaggi che, tutto sommato, mi erano simpatici. Avrei voluto scrivere un po' di più, su di loro. Chissà, magari un giorno provvederò!
Fintanto, vi lascio alla lettura, dandovi il randez-vous uno di questi sabati ( è il giorno in cui è più probabile che riesca a farmi trovare).
Buona serata!
TheSeventhHeaven
 
 
Rancori dal passato
 
 
  In sei anni, ne erano successe, di cose; e più d'una volta, Cloud aveva avuto a che fare con gente poco raccomandabile. Traditori, disertori... e doppiogiochisti. Insomma, ogni genere di compagnia.
Perché, allora, gli era così difficile adeguarsi all'idea di essere aiutati da Det? Insomma, Reno, Rude e gli altri della Shinra avevano causato loro non pochi problemi, eppure si erano dimostrati di grande aiuto, in alcune situazioni. Non era un po' la stessa cosa?
  - Credo che voglia raggiungere l'ultimo piano. - constatò l'ingegnere mentre loro due, Feera e Cid inseguivano Alexandra.
- Cosa c'è, all'ultimo piano? - domandò il Capitano, che di tutti era forse il più restio a fidarsi nuovamente di qualcuno che lo aveva deluso così malamente.
Det scosse la testa, perché non lo sapeva nemmeno lui. - Non so neppure cosa supporre che ci sia. Lei è impazzita, semplicemente impazzita.
Già; in fondo, quella donna era fin troppo imprevedibile. Eppure, c'era ancora molto che Feera non aveva rivelato, su di lei. Rancori dal passato... Cloud sospirò.
  Tifa era in buone mani, con Vincent, ma... Ma sono io, a non poter restare tranquillo. O, forse, doveva semplicemente smetterla di angosciarsi tanto per qualsiasi cosa accadesse, perché... - Dovremmo essere arrivati. - la constatazione di Det interruppe il filo dei suoi pensieri.
Il fattorino fece per aprire la porta, quando avvertì il tocco della donna sulla sua spalla. Nei suoi occhi vermigli, si poteva leggere una sincera preoccupazione. - Andrò io.
- Noi veniamo con te. - disse Cid, con decisione.
- Già; non ti lasceremo sola con...
Lei ridacchiò, con rassegnazione. - No, Cloud. Devo sbrigarmela io. - asserì, poggiando in terra il suo bastone.
Lo poteva sentire: Heeana era lì dentro, logorata dal rancore e dalla frustrazione più che mai. Certo, forse non come quella volta. Ma l'errore è in parte anche mio. Feera mosse qualche passo in avanti. - Vorrei che ringraziassi Vincent da parte mia, Cloud.
- Ringraziare...? - ma cos'aveva intenzione di fare?
- Sì, - voltò loro le spalle. - per tutto quello che ha fatto per me, in passato. E poi... vorrei che salutassi la mia bambina. - la donna ancorò gli occhi al pavimento. - Non sono stata un ottimo esempio di madre, per lei... però non ho mai smesso di amarla, e se ho fatto quel che ho fatto... - è stato perché ero una codarda e la amavo troppo.
Cid scosse la testa, sospirando. - Non tornerai, vero?
 - No, Cid. Non credo... ed è giusto così. Tutto questo sarebbe dovuto finire molto tempo fa; e se non avessi lasciato correre, nessuno di voi si troverebbe qui, ora.
Sarebbe dovuto finire quando lei e Tomeeca se n'erano andati, o quando lui l'aveva avvertita dei doppi fini di Alexandra. O forse molto prima, prima ancora. - Prenditi cura di Tifa, Cloud.
Lui annuì; e si fece rassegnato, non appena realizzò che Feera era appena entrata.
  - E adesso? - già; e adesso?
- Dovremmo telefonare a Yuffie, per chiederle come sta andando. - suggerì Cid. - Scommetto che si è messa nei casini. - a dire il vero, lui stava solo cercando in tutti i modi di evitare ogni genere di conversazione con suo nipote. Nipote... poteva ancora chiamarlo così?
- In verità, - tremò una voce dietro di loro - è molto peggio.
  La ninja stava alle loro spalle con una, strano ma vero, espressione timorosa. Con lei c'erano Carter, dallo stesso ciglio preoccupato, e Red. Il felino dava l'idea di essere particolarmente confuso; e non era un buon segno.
- Noi ci abbiamo provato, davvero. - iniziò la ragazza. - Abbiamo fatto sali e scendi cinque o sei volte. E siamo anche stati attaccati da un esperimento, oltre che da alcuni strani cosi. - Det si sentì tremendamente in colpa. - Alla fine, ogni volta che eravamo ad un passo dalle Weapon, ecco che ci si parava davanti uno strano corridoio. Sembrava infinito!
- Le Weapon? - investigò Det. - E' normale che non le abbiate trovate... solo Alexandra può disattivare il sistema di difesa del corridoio infinito. - cinque sguardi si posarono su di lui, sospettosi.
- E, naturalmente, tu non hai pensato neanche un attimo di fare qualcosa, vero? - lo rimproverò Cid, che non ce la faceva più. - Forse non te ne sei reso conto fino ad adesso, ma siamo nella merda, ragazzo. E cara grazia che Feera si farà affettare il culo al posto nostro...
- Che cosa... le è successo? - domandò Carter. Nanaki chinò il capo; aveva già capito.
  - Sentite... - intervenne Cloud, cercando di cambiare argomento. Non voleva rischiare che i sensi di colpa lo potessero attanagliare nuovamente. - E' meglio se torniamo da Vincent. Con lui c'è Tifa e... e poi escogiteremo qualcosa.
Gli altri annuirono, incamminandosi guidati da Cid, fino al piano dove avevano lasciato i loro due amici.
L'ex Soldier rimase a fissare la porta, per qualche istante. Troppe cose erano accadute, per non pensare; ed ora, un'altra persona si stava sacrificando per loro.
- Cloud, - lo chiamò Det, mestamente. - andiamo?
Lui lo guardò. Anche lui doveva essere angosciato; lui, l'imperturbabile Det.
  Alla fine, non se la sentiva neanche di continuare a serbargli rancore. - Sì.
 
  Si era portata le mani alla testa, gemendo poi quando aveva constatato di aver un profondo graffio in fronte. Era successo, un'altra volta. Per quanto tempo era rimasta trasfigurata?
Un fruscio di fronde l'aveva riportata bruscamente alla realtà. In una foresta, sola e frastornata, nell'oscurità della notte e ripudiata dalle sue bestie; quella ragazza sarebbe stata alla mercé di qualsiasi mostro.
Sennonché, dall'ombra era emersa un'esile e bianca figura. Per un attimo, le era quasi sembrata un angelo caduto là per caso.
La nuova venuta le aveva parlato, e lei ne era subito rimasta incuriosita: parlavano la stessa lingua. Eppure, era completamente diversa dai lei. Boccoli biondi, ed una pelle diafana; solo una volta che si era avvicinata, i suoi occhi come pozze profonde avevano tradito la sua stirpe.
- Siete Feera Ra Enda del Behemoth? - le aveva domandato, sorprendendola.
  Quella ragazzina, che aveva poi scoperto chiamarsi Heeana, sapeva molto, su di lei. Apparteneva alla tribù degli sciamani dei morti, quel ristretto gruppo di cui Feera non aveva più sentito parlare per decadi; e i defunti avevano riferito alla studiosa di una maledizione attuata durante la luna rossa, a discapito della giovane donna guida degli Enda.
- Le notizie volano dalle labbra dei muti. - le aveva risposto, suscitandone le risate.
  Nei tempi che seguirono, il mostro in lei si era come assopito; e questo lo doveva ad Heeana. Era la persona più gentile ed intelligente che fosse mai capitata sulla sua strada; brillante e creativa, nel suo modesto laboratorio allestito in una piccola capanna nei pressi di quella che, qualche secolo dopo, sarebbe divenuta Midgar.
Heeana era stata la luce di molti; e tra questi, oltre a Feera, c'erano stati anche Leereca e Tomeeca Ta Enda. Tom...
Quei due fratelli, che per lei avevano rinunciato alla loro terra, e che poi avrebbero rinnegato anche la loro felicità... perché il futuro di Leereca stava tutto in quelle provette che Heeana aveva inventato, mentre quello di Tom era la studiosa stessa.
E lei? Lei era solo una ragazza che, alla fin fine, forse aveva funto da catalizzatore per la forza oscura che si era impossessata della sciamana dei morti.
Ma ora non era più una ragazza, e non era più la stessa Feera.
  - Fuggire non ti servirà a nulla. - dichiarò a gran voce. La stanza era avvolta in un buio sinistro; ma riusciva a percepire il respiro rabbioso di quella che un tempo era stata sua amica.
Gli occhi di Feera scorsero un movimento, e subito il bastone evocò un campo di forza che la protesse da tutto ciò che fu scagliato verso di lei. - Pratichi ancora questi trucchetti da prestigiatrice? - fece, per provocarla. - Forse ti ho sempre sopravvalutata. Heeana, - una sedia volò a mezz'aria. - arrenditi. Un patto è un patto.
- Non esiste alcun patto! - le urlò di contro quella, che al solo sentir pronunciato il proprio nome, s'infuriò. - Non esiste!
- Suvvia, - fece, immobilizzando un bisturi che le era stato lanciato. - stammi almeno a sentire.
Il flusso degli oggetti scaraventati cessò; al suo posto, un'agghiacciante risata la scosse. - Starti a sentire? Oh, questa è proprio curiosa! - ringhiò. - Non mi sei stata a sentire, tempo fa. Né tu, né quelle merde dei tuoi amichetti!
- Non osare parlar di loro a quel modo. - replicò, trattenendo il fiato.
- Oh, dimenticavo. Uno di loro non era solo un amichetto, per te. - rincarò la dose. - Ma per lui non era lo stesso; e così, hai deciso di mandare tutto all'aria.
- Heeana, sei stata tu, a farlo. - le fece notare. - Sei stata tu, a servirti di me per i tuoi scopi che, con il passare degli anni, sono diventati sempre più loschi. Tomeeca non ti avrebbe mai voltato le spalle, se non avesse visto in te un male che prima non avevi.
Alexandra tacque qualche istante, come interdetta.
Poi, un coltello sfiorò di poco il volto di Feera. Dimenticava l'ineguagliabile mira di colei che aveva di fronte, anche al buio.
  - Sei una bugiarda! - le tuonò addosso la bionda. - Tu non sai niente!
La donna cercò di avvicinarsi a lei, invano.- Perché tu non mi hai mai spiegato.
- Non avresti capito. Tu non puoi capire; lo vedi? Anche dopo secoli, tutto ciò che vuoi è togliermi di mezzo con una scusa. - sibilò, gettando a terra i suoi occhiali. - La verità è che tu non sei capace di affrontare i problemi, ti limiti ad affossarli o ad aggirarli.
Quelle parole erano dolorose. - E tu? Cosa credi di star facendo, in questo momento?
  Batté il bastone in terra e, in un attimo, si trovò direttamente alle spalle della dottoressa. - Heeana...
- No! - un colpo la raggiunse in viso. Era stato piuttosto forte. - Io non ho alcuna intenzione, di starti a sentire.
Feera si rialzò. - E allora verrai con me.
- Ma che...? - Alexandra non fece in tempo a realizzare cosa stesse succedendo, che si ritrovò in una piccola abitazione, affiancata dalla sua nemica. - Che posto è mai questo? Perché siamo qui?
L'altra le indicò qualcosa, o meglio, qualcuno; e alla sola visione, il cuore di Heeana, si riscaldò quel poco di cui era capace; quel poco di cui aveva bisogno. - Feera... - erano anni che non la chiamava per nome; non senza associarlo a qualche insulto.
L'avrebbe ringraziata, forse, se non fosse stata troppo impegnata a chiudere gli occhi, per non lasciar fuggire quella piccola lacrima che premeva tanto per essere pianta.
- Ora hai capito? - le chiese la mora, sospirando. Quella annuì, avvicinandosi a quell'uomo che non poteva vederla e che, a quanto pareva, non aveva mai abbandonato il suo ricordo.
- Dunque, adesso lascia che sia io a capire, Heeana. - le sorrise, debolmente. - Perché?
Lei sorrise di rimando; e in quello scambio, rividero tutti gli anni che stavano per lasciarsi alle spalle e che, alla fine, sarebbero diventati solo frutto di un brutto sogno.
- Ti chiedo scusa, Feera. - sussurrò, abbassando il capo.
  Le incisioni, finemente elaborate sul legno della verga, stavano brillando di tutti i colori di quel mondo. - E' una lunga storia e... non so se riuscirai a capirmi. A perdonarmi.
Stavano svanendo. Finalmente, quella lunga odissea stava volgendo al termine; e, forse, un giorno sarebbero state capaci di perdonarsi a vicenda.
  - Non preoccuparti, - la rassicurò, prima che in quella stanza l'oscurità tornasse sovrana. - abbiamo tutto il tempo.
 
  
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