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Autore: Arwen297    04/10/2015    3 recensioni
Una ragazza dell'alta società alle prese con un ambiente soffocante e di cui non si sente parte. Un ragazzo come tanti che per guadagnarsi da vivere corre in corse clandestine e non.
Cosa riserverà loro il destino? Niente...o forse tutto.
Presente coppia Seiya/Michiru
Avevo iniziato a pubblicare questa storia tempo fa, sotto altro titolo. Ora l'ho ripresa in mano, modificato alcuni capitoli nel loro contenuto e ne ho uniti altri.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Yuri, Crack Pairing | Personaggi: Haruka/Heles, Mamoru/Marzio, Michiru/Milena, Seiya, Usagi/Bunny | Coppie: Haruka/Michiru, Mamoru/Usagi
Note: AU, Lemon, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
Capitoli:
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Note dell'autrice: Scusate per il ritardo, ma salvo cambiamenti i tempi di aggiornamento potrebbero rimanere questi, circa uno al mese.  Vi auguro buona Domenica e sopratutto buona lettura!

16^Capitolo: Tra passato e presente


La corsia dell'ospedale era immersa nel più totale silenzio, quella situazione era quasi surreale. E anche se non avrebbe mai voluto, gli sembrò di vivere un deja-vu. Il pensiero di quella dannata notte di qualche anno addietro tornò prepotente in lui. E le circostanze in realtà molto simili non lo aiutavano affatto. L'ambulanza era arrivata in tempi relativamente brevi, e i soccorritori dopo aver tirato fuori Michiru, l'avevano messa su una barella immobilizzandole il collo. Procedura necessaria quando vi era un sospetto di trauma cranico, e i sintomi caratteristici della patologia c'erano tutti. Per sapere quanto fosse grave però avrebbero dovuto aspettare il risultato degli esami.

Arrivati in ospedale l'aveva potuta accompagnare fino all'ingresso del reparto di terapia intensiva, poi i medici lo avevano costretto a rimanere fuori, in attesa di notizie. Da quel momento erano passati esattamente novanta minuti, aveva la sensazione che il tempo si fosse fermato. Le lancette dell'orlogio appeso al muro di fronte, tuttavia, funzionavano e anche bene.

Cazzo di orologio, il tempo passa e qua nessuno si fa vivo. Se le succede qualcosa io...

Scosse violentemente la testa nel tentativo di scacciare quell'ipotesi.

Un rumore di passi solleticò il suo condotto uditivo, cadenze che conosceva fin troppo bene visto che con loro aveva passato intere serate. Le sue iridi verdi si posarono sul trio che avanzava nel corridoio verso di lui, le aveva chiamate non appena era arrivato in ospedale. Erano le uniche che avrebbe accettato di avere vicino in quei momenti. Sua madre avrebbe solo iniziato a fargli la predica su cosa e chi aveva causato l'incidente. Ed erano le uniche cazzate che non voleva sentire: probabilmente quella volta la colpa era solamente sua, e di nessun altro. Sua e dell'impulsività che lo contraddistingueva e che ogni tanto emergeva facendogli combinare danni potenzialmente irreparabili.

Se a Michiru dovesse succedere qualcosa a causa mia...se per colpa di quella fottuta gara lei non ci fosse più ...

"Cosa è successo?" la voce di Setsuna interruppe il flusso dei pensieri di lui improvvisamente. Come se in realtà si fosse estraniato dal mondo circostante, per essere riportato brutalmente a terra dalla voce della ragazza.

"Non lo so, stavo sfuggendo a Takeshi.. siamo arrivati all'incrocio eppoi non ho capito più niente, ci siamo trovati una macchina che viaggiava ad alta velocità da destra o sinistra ora non ricordo bene..ho cercato di schivarla e il risultato e che ho perso aderenza..." mormorò il biondo.

"Takeshi? Ma sei sicuro fosse lui?"mormorò la bruna con un espressione incredula.

"Ti rendi conto di che casino hai combinato? Ora i Kaioh vi rovinano e vi sbattono sotto un qualsiasi ponte, se vi va bene."esclamò Rei preoccupata per la sorte della famiglia di lui.

"Non dire sciocchezze Rei, al massimo distruggono la mia carriera da automobilista, e a riguardo sai benissimo come la penso.." tagliò corto. Non poteva nascondere che quell'ipotesi non lo avrebbe di certo fatto dispiacere. Se lui correva, in fondo, era solamente per fare un piacere alla sua famiglia, per continuare a mantenerla. Ma non era la vita che desiderava, non lo era mai stata.

"Non ne sarei molto sicura, gli aristocratici possono ottenere tutto ciò che vogliono" mormorò Hotaru pensierosa "Ti hanno detto come sta?" chiese.

In quell'istante nuovi passi risuonarono nel corridoio, questa volta però non avevano nulla di particolarmente famigliare ai suoi timpani.

"Hai idea di chi è quello?" bisbigliò Setsuna. Il biondo volse lo sguardo nella direzione indicatogli dalla bruna, e i suoi occhi si posarono su una figura maschile slanciata e già vista per puro caso qualche giorno prima.

O no, sto coglione qua no. Chi lo ha avvisato? Quei capelli neri tirati in un codino e quella camminata, sebbene lo avesse visto di striscio solamente una volta, erano ben impressi nella sua mente.

"Si Sets... è uno che ci prova con Michiru, ma lei non sembra troppo entusiasta delle sue attenzioni" spiegò senza togliere lo sguardo dal nuovo arrivato. Non aveva mai visto una persona più viscida di quel soggetto in tutta la sua vita. Spocchioso e arrogante, era stato cresciuto con tutti gli agi. Viziato da mamma e papà fino all'inverosimile.

In quel momento il dottore che era entrato nel reparto in compagnia della violinista fece capolino dalle porte, poteva essere coetaneo di sua madre, lo sguardo severo e distaccato di chi ha già visto troppo durante lo svolgimento delle sue mansioni lavorative.

"Chi di voi è Kou?" chiese l'uomo scrutando il quartetto.


***


"Sono io dottore mi dica, i genitori della ragazza sono fuori città per un tour ma sono già stati avvisati nonostante l'ora tarda e rientreranno nel più breve tempo a loro concesso. Intanto mi hanno dato il permesso di informarmi delle sue condizioni di salute." rispose all'uomo. Lo sguardo si posò sul trio seduto a lato del corridoio, non ebbe nessuna difficoltà nel capire chi di loro era Haruka. Non gli fu nemmeno difficile capire il motivo della cotta che aveva preso Michiru nei suoi confronti, totalmente ignara del fatto che quello che a tutti sembrava un giovane uomo, in realtà fosse una donna. I suoi occhi neri si incrociarono con quelli verdi dell'altro.

"Mi segua all'interno signor Kou" si sentì dire dall'uomo.

"Possiamo parlare pure qua dottore, credo che le amiche di Michiru abbiano diritto di sapere in che condizioni versa" rispose.

"Come vuole, la paziente nell'incidente ha subito un trauma cranico piuttosto importante, e non essendoci rotture dello strato epidermico deve essere tenuta in osservazione almeno fino a domani per intervenire nel caso insorgano complicazioni. È stata effettuata anche una tac in modo da avere un quadro completo ma per i risultati ci vorrà un pò. Non oltre la mattinata comunque.." spiegò rivolgendosi al gruppo.

"Dottore" la voce femminile di un'infermiera lo interruppe "La paziente ha ripreso conoscenza, ha chiesto di un certo Haruka" disse. La ragazza aveva gli occhi color cioccolato e i capelli biondo cenere, indossava l'uniforme di servizio che tuttavia fasciava splendidamente le sue forme.

Giustamente chiede di lui e nemmeno di me. Quella constatazione gli provocò un leggero nervoso, che decise comunque di tenere per se: presto o tardi avrebbe avrebbe chiuso quella situazione del tutto surreale. E i Kaioh avrebbero avuto pane da mordere per i loro denti.


***


Flash back


La stanza in cui fu accompagnato aveva i muri candidi e il pavimento grigio antracite, l'odore di disinfettante rispetto al corridoio persisteva in quantità maggiori. Al centro delle quattro mura i suoi occhi verdi si posarono su colui che era sdraiato quasi inerme sul letto. Intorno macchinari sconosciuti registravano i parametri vitali del paziente ad ogni suo faticoso respiro. Vedere Harumoto in quelle condizioni provocò un nodo alla gola difficile da ricacciare indietro, e non era nemmeno sicuro che fosse la cosa giusta relegarlo nello stomaco.

Il fratello volse appena il capo nella sua direzione facendogli lieve cenno di avvicinarsi.

"Come ti senti?" gli chiese. Era una domanda sicuramente stupida, perchè era palese lo stato del fratello. Forse era solo un tentativo di sfuggire alla dura realtà.

"Mi sento come ...se mi fosse..passato..sopra ...un camion" fu la risposta del ragazzo attravverso la mascherina dell'ossigeno. "Haruka... credo che sta volta non uscirò da qua... " continuò.

"Ma non dirlo nemmeno per scherzo!!" esclamò "Vedrai che andrà tutto bene i medici faranno il possibile per sistemare tutto, a casa abbiamo bisogno di te, sai benissimo che stiamo passando un brutto periodo..papà non sarà con noi ancora per troppo tempo. Non puoi abbandonarci anche te" nel dire ciò si dimenticò quasi di prendere fiato. Deglutì rumorosamente nel tentativo di ricacciare dentro le lacrime. Era forte. Non doveva piangere. Il suo tentativo non andò a buon fine: piccoli rivoli d'acqua ne rigarono le guance senza la possibilità di essere fermati.

"Haru.. per favore ...non rendere tutto più difficile... serve che tu non perda lucidità a casa..hanno bisogno di te... promettimi solo che ti occuperai sia della mamma che di Usagi...promettimi che farai di tutto...per renderle felici...anche dopo che papà non ci sarà più..." un debole sospiro uscì dalle sue labbra.

"Non ti prometto nulla perché verrai a casa con me... devi venire a casa con tutti noi!!!" la disperazione che sentiva crescere dentro era più grande di quanto era convinto potesse sopportare. La situazione del padre era già abbastanza, non era sicuro di poter reggere anche quel nuovo ostacolo che il destino aveva scelto di porre davanti alla sua famiglia.

Un improvviso fischio si librò da uno degli strumenti di monitoraggio delle funzioni vitali, i suoi occhi verdi colmi di disperazione si posarono sul quadrante del cardiografo sul quale la linea a zig-zag improvvisamente era diventata piatta.

Non ci volle molto tempo prima che nella camera piombasse il medico seguito da due infermiere. Una di queste, la più anziana, gli si avvicinò con fare tranquillo.

"Forse è meglio che esci dalla stanza" le parole dell'infermiera dal volto rotondo e paffutto incorniciati da capelli tendenti al grigio risuonarono in lui come un eco lontano. Improvvisamente le sue gambe sembravano fatte di piombo, ed era convinto che anche un solo passo gli sarebbe costato immensa fatica. Si limitò a guardare la donna che ricambiò lo sguardo a sua volta con un espressione dolce e comprensiva di quelle che potevano essere le sue sensazioni in quel momento.

Non riuscì a dirle nemmeno una parola. Sapeva che doveva concentrare le uniche forze celebrali che gli rimanevano per riuscire a varcare la porta di quella stanza e uscire dal reparto in attesa che gli facessero sapere qualcosa.

Come unico accompagnamento il rumore proveniente dal cardiografo.


***


Scosse la testa come se volesse scacciare una fastidiosa zanzara: vano tentativo di rinchiudere i pensieri nel pozzo in cui li aveva riposti anni prima per sfuggire alla presa soffocante del dolore che aveva provato e sentito mentre era cosciente che suo fratello stava volando via e che nessuno, nemmeno i medici, avrebbe potuto salvarlo. E ancora pensò a come quegli eventi si stavano ripetendo quella stessa notte, la similarità tra passato e presente lo spiazzava come poche cose prima d'ora.

No questa volta andrà tutto bene, me lo sento. Pensò tra se e se. Il solo pensiero di perdere anche lei era insopportabile. Era convinto che se lei se ne fosse andata, non avrebbe avuto remore a seguirla, per le sue amiche poteva sembrare un qualcosa di esagerato. Magari anche di incomprensibile, in fin dei conti lui la violinista la conosceva da poco. Non avevano nemmeno tutti i torti a pensarlo. Ma era ciò che gli sembrava più giusto fare, piuttosto che vivere una vita in cui era imprigionato.

Le pareti del corridoio erano bianco candido, hai lati dello stesso erano presenti sedie per i visitatori e i vari carrelli con i medicinali e le terapie necessarie per salvaguardare la salute dei pazienti ospitati in quel reparto.

Al suo ingresso nel corridoio la giovane infermiera gli aveva fatto segno di andare fino in fondo al corridoio per poi girare a destra. E il corridoio per quanto stesse procedendo con passo svelto, sembrava interminabile.


***


Le sue orecchie abituate a captare qualsiasi rumore nell'ambiente circostante riconobbero subito la cadenza del passo familiare che l'aveva accompagnata per alcune ore nei giorni precedenti. Sapeva che lui non se ne sarebbe andato prima di aver avuto la possibilità di vederla e parlarle. Così come sapeva che una volta saputo tutto, i suoi genitori non le avrebbero mai permesso di continuare a vederlo. E all'idea si sentì soffocare. Fu costretta a chiudere gli occhi e respirare una grande quantità di ossigeno nella mascherina, non che avesse bisogno della respirazione assistita, però in quel momento l'ossigeno le tornò stranamente utile.

Vai a capire sti medici, sto fin troppo bene per quanto mi riguarda.

L'unico fastidio che avvertiva era un dolore alla testa quasi permanente che si protendeva fino alla cervicale per poi scendere sulle spalle. Qui aumentava e diminuiva al ritmo del respiro.

Non appena lo vide sull'uscio della sua stanza, nonostante il viso segnato da qualche graffio, ebbe come la sensazione di aver visto già tutto ciò che gli serviva nella vita. La sua presenza in quella stanza la rincuorò, sebbene a pelle sentiva il disagio e il turbamento di lui. Lo fissò quasi curiosa mentre lui le si avvicinava.

"Come...come stai?" gli chiese, deglutendo rumorosamente un attimo dopo.

"Dolori vari a parte, direi piuttosto bene...sto aspettando i risultati della tac per scongiurare la presenza di lesioni importanti" gli rispose.

"Son contento che non stai troppo male" mormorò lui, leggermente più sollevato.

"Volevo chiederti scusa, sono stato stupido ad accogliere la sfida di quel coglione...avrei potuto farti morire... per colpa della mia impulsività" la voce gli si incrinò. L'udito di lei captò immediatamente il cambiamento, a vederlo in quello stato le dispiacque.

"Non preoccuparti, non potevi immaginare che sarebbe finita così" cerco di rassicurarlo. Anche se il suo sesto senso capì che il suo dispiacere in parte derivava da qualcosa a lei totalmente sconosciuto, il problema era capire cosa. Lo osservò attentamente. Il volto contratto come a trattenere le lacrime, gli occhi lucidi e leggermente arrossati dalla stanchezza, le spalle basse. L'atteggiamento spavaldo che era abituata a vedere in lui da sempre era in quel momento un lontano ricordo.

No tu non stai affatto bene, fai solamente finta. Ma dentro hai una voragine. Probabilmente siamo più simili di quanto pensassi.

"Ti hanno già detto per quanto tempo ti tengono ricoverata?" si sentì chiedere con tono apprensivo.

"Non ancora, credo comunque due o tre giorni, in tempo necessario per accertarsi che io stia veramente bene, visti i dolori che ho di cui sono a conoscenza" gli spiegò "Haruka lo sai vero che ora i miei genitori scopriranno tutto e non so come andrà a finire? Non so se mi daranno il permesso di vederti? Loro sono a favore di Seiya anche se io non lo sopporto proprio ultimamente, non è lui quello che cerco" il solo nominare i genitori la fece agitare, impedendole di respirare bene come aveva fatto fino a quel momento a causa dei dolori costali.

"Lo so Michi, ma ti prometto che un modo lo troveremo comunque anche se loro non saranno d'accordo" disse il biondo sorridendole.

Una terza persona bussò allo stipite della porta, facendola voltare in quella direzione, era una delle due infermiere del reparto. L'unica che aveva avuto già modo di conoscere da quando era arrivata in quella stanza ed aveva ripreso conoscenza. Corporatura robusta e capelli raccolti in una coda.

"Mi scusi se la interrompo, ma devo tutelare il benessere della nostra paziente, e le devo chiedere di uscire per farla riposare" disse la donna dagli occhi castani.

"Non si preoccupi esco subito il tempo di salutarla" fu la risposta del motociclista. L'interlocutrice annuì per poi sparire nel corridoio. "Meglio che io vada, ci teniamo in contatto, nella tua borsa c'è il cellulare ti scrivo li appena mi sveglio. Quando vado a casa cerco di dormire un pò anche se sarà difficile. Ormai ho perso il sonno"

"Aspetto che mi scrivi allora" mormorò la violinista, oggettivamente si sentiva piuttosto stanca e debilitata, in fondo anche quando suonava a qualche concerto, a quell'ora dormiva ormai da un pezzo.

"Buona notte Michi" furono le ultime parole di lui, prima che egli si abbassasse per darle un bacio sulla fronte e dirigersi verso l'uscita del corridoio.


***


Flash back


Alla fine del corridoio trovò le loro amiche di sempre ad aspettare. Sui loro volti i segni dell'angoscia che la faceva da padrone in quei terribili momenti. Appena riconobbero il suo passo stanco alzarono lo sguardo su di lui.

"Allora?" era Setsuna, nonostante tutto trovava ancora la forza di chiedere, di continuare a sperare che tutto si risolvesse per il meglio. Continuare a sperare che Harumoto tornasse con loro a casa prima o poi, con le proprie gambe. Magari con qualcosa di ingessato ancora, ma vivo e vegeto.

Si limitò a scuotere la testa senza riuscire a dire nulla, mentre le lacrime tornarono copiose a segnarne il volto.

"Che vuol dire Ruka?" esclamò lei, quasi incredula. Non poteva credere a ciò che quel modo di comportarsi della persona davanti a lei stava a significare. O forse non voleva?

"Il cardiogramma ha smesso di segnare battito mentre ... mentre ero dentro....stanno...stanno cercando...di riprenderlo..." disse, immerso nel pianto. Pochi istanti dopo fu avvolto dal profumo che sprigionava la chioma nera dell'amica che si era alzata di getto per abbracciarlo.

"Andrà tutto bene vedrai, riusciranno a farlo stare bene" il tentativo dell'amica di consolarlo, si rivelò essere vano. Non voleva sentire nient'altro che il medico che gli dicesse che suo fratello stava bene. In fondo al cuore però, era conscio che ciò non sarebbe mai avvenuto. Lui ed Harumoto erano connessi da un legame viscerale fin da quando era venuto al mondo. Non si erano mai staccati, e spesso erano capaci di finire le frasi iniziate dall'altro. Erano in grado di avvertire il disagio e il dolore reciproco senza il bisogno di particolari parole.

E anche quella volta le sensazioni che si erano impadronite di lui erano fin troppo chiare. Troppo nitide per poter far pensare a qualcosa di positivo. E lui era stato forte a lungo, e in quel momento era consapevole che sarebbe crollato, il fiume del dolore aveva rotto la diga dietro alla quale lo aveva rinchiuso da troppi mesi ormai.

"Chi di voi è parente del paziente?" la voce del dottore interruppe il loro discorso, costringendo tutti a voltarsi nella stessa direzione.

Haruka si voltò senza allontanarsi troppo dalle loro amiche. Aveva bisogno di loro, il viso del dottore parlava fin troppo chiaro. E non era nemmeno sicuro di voler sentire cosa aveva da dire loro. Non era sicuro nemmeno di voler avere il compito di dover chiamare i suoi genitori per dare la triste notizia. In quel momento avrebbe voluto semplicemente scappare lontano, come unica consolazione il vento sulla pelle. Ciò che ci si sarebbe aspettato da lui da quel momento in poi sapeva non essere ciò che in realtà avrebbe voluto.

Il dottore si avvicinò al trio molto lentamente, più volte nella sua lunga carriera era stato costretto a dare tristi notizie ai parenti dei propri ricoverati. Ormai era abituato a quel genere di incombenze che facevano parte del ruolo che ricopriva. Eppure quando si trattava di giovani vite, era sempre più difficile che in altre situazioni parlare con chi rimaneva al mondo. Forse perchè anche lui era padre, e quindi poteva benissimo immaginare il dolore che andava a infliggere alle persone. Ad intere famiglie. O forse perchè, anche lui per altre cause aveva perso il fratello in giovane età. E doveva colmare ancora quel vuoto, nonostante era riuscito a formare una bellissima famiglia. Con due bambini.

"Abbiamo fatto il possibile... ma il cuore non ha ricominciato a battere....mi dispiace... se vuoi chiamo io i vostri genitori...." disse. Era inutile cercare le parole migliori, perchè di parole belle e dolci per certi messaggi non ne esistevano.

I singhiozzi del biondo aumentarono a dismisura mentre la bruna tornò ad abbracciarlo, sovrastata anche lei da un pianto silenzioso. La focosa Rei, invece, si lasciò cadere sulla sedia. Il volto tra le mani. Senza sapere cosa aggiungere. "Mi faccia sapere se devo fare io la telefonata... vi lascio da soli per un pò" disse l'uomo, prima di ritirarsi. Aveva tante carte da firmare per il decesso.


***


Cacciò indietro i ricordi nel momento esatto in cui vide Seiya fissarlo con insistenza mentre percorreva l'ultimo tratto di corridoio prima di uscire dal reparto. La sua mente quella sera gli stava giocando dei brutti scherzi. I pensieri volavano alla morte del fratello, e non riusciva a essere sollevato dopo aver constatato di persona che la violinista stesse tutto sommato bene vista l'entità dell'incidente che avevano avuto.

La presenza poi del bruno lo innervosiva ancor di più. A pelle senza nemmeno sapere perchè, il suo istinto sembrava volergli comunicare che egli fosse una minaccia.

"Come sta?" era proprio l'oggetto delle sue silenziose considerazioni ad aver parlato. A malincuore fu costretto a rispondere.

"Bene solo qualche dolore diffuso e ora sta aspettando i risultati della tac per vedere se c'è qualche danno celebrale o altrove, come ha già detto il medico che si sta occupando del suo caso" rispose.

"Dai è una bella notizia no?" esclamò allegra Setsuna. Allegria sincera, era consapevole che anche lei era stata in pena per la violinista.

"Si direi di si" mormorò lui, avrebbe voluto abbandonare l'ospedale in quel preciso istante per cercare di distrarsi e allontanare i brutti pensieri evocati dall'incidente di qualche ora prima. "Comunque i medici hanno detto di lasciarla riposare quindi non credo che ti facciano entrare in questo momento" continuò rivolgendosi al bruno.

Non appena tutto si fosse risolto, sarebbe andato da colui che aveva causato loro l'incidente sfidandolo nella corsa. E lo avrebbe fatto rimpiangere di averci provato. Takeshi come spesso accadeva era forte se preso in gruppo, col suo branco. Ma da solo valeva meno di zero, e ne aveva avuto la conferma svariate volte.

E lui, sapeva benissimo dove trovarlo da solo.

"Sarà meglio che vai a farti medicare quel brutto taglio, caso mai poi ti rimane la cicatrice sulla fronte non credi?" disse Setsuna.

"Lo posso far fare tranquillamente da mia madre a casa, non importa non è urgente poi più tardi la chiamo e la faccio venire" mormorò lui.

Un cellulare ruppe il silenzio del corridoio.


***


Il suono del suo cellulare giunse alle sue orecchie, tirò fuori dalla tasca lo smartphone e lesse il nome sullo schermo.

I genitori di Michiru. Pensò.

"Pronto" rispose, cercando di mantenere un tono normale, nonostante la stanchezza.

"Seiya ciao, ci sono novità? Michiru come sta?Hai saputo cosa è successo?" era la madre della musicista. Il tono della voce era apprensivo e preoccupato, era la prima volta che la sentiva così in ansia per la figlia. Di solito era già tanto che le desse il buongiorno al mattino.

"Michiru sta bene, stanno aspettando i risultati della tac per escludere il trauma cranico o qualsiasi altro trauma a carico degli organi interni" spiegò lui conciso "E a quanto pare sua figlia era in giro con un bulletto di quartiere che si diverte a fare le corse clandestine quando hanno avuto un incidente" si premurò a dire sorridendo soddisfato mentre era volto verso la finestra, dando le spalle alla gentaglia di basso borgo che condivideva il corridoio con lui.

"Ma come è possibile? Ma sei sicuro? Non ti sei accorto che era uscita?" chiese la donna sconcertata, forse anche adirata per il comportamento disdicevole della sua primogenita.

"Certo signora, sicurissimo. E non mi sono accorto di nulla poichè mi è stato detto che era andata a dormire" rispose tranquillamente lui. In fondo era la verità, ma aveva come l'impressione che al ritorno dei coniugi l'organico della villa sarebbe cambiato drasticamente.

"Noi stiamo per partire, abbiamo annullato il concerto rimanente, in tarda mattinata o massimo nel tardo pomeriggio dovremmo essere in ospedale, mi raccomando cerca di prendertene cura tu. Quando veniamo provvederemo a prendere i provvedimenti necessari nei confronti di Michiru e di chi doveva tenerla d'occhio" la voce questa volta era tornata quella autoritaria di sempre.

Bene la coppietta felice presto scoppia. E non sarà solamente colpa mia.


***


L'udito fine di Ten'o non potè far a meno di ascoltare le parole del giovane rampollo della capitale. Avrebbe dovuto farsi gli affari suoi, ma dopotutto lui era un rivale. E doveva prevedere le sue mosse per cercare di strappargli Michiru da sotto il naso.

Come fa a sapere che abbiamo avuto un incidente durante una corsa clandestina, se nemmeno ha parlato con la polizia?

Fu il primo pensiero del biondo. Quella frase da parte dell'altro non tornava, era impossibile che lui sapesse già tutto, dato che nemmeno i vigili avevano ancora pensato a quell'ipotesi. Dopotutto la Kaioh non era persona da uscire con chi si guadagnava da vivere in quel genere di corse.

"Qualcosa non va?" mormorò Hotaru, notando l'espressione pensierosa sul volto di lui.

"Qualcosa non mi convince in tutta sta storia, ma meglio parlarne poi in seguito e non qui" rispose lui "Sarà meglio che andiamo a casa, è quasi l'alba e abbiamo bisogno di riposare, anche perchè non credo che questa storia finisca qua" concluse.

"Direi di no, faranno di tutto per schiacciarti lo sai..." questa volta era Rei.

"Lo so, ma attendo le loro mosse in primis, eppoi mi muoverò di conseguenza, inutile pensarci in questo istante".

Tuttavia per sicurezza avrebbe contattato il suo avvocato per avvisarlo nell'eventualità che avesse avuto bisogno di lui.

"Buona giornata!"Esclamò in direzione di Seiya, più per educazione che altro. Se avesse potuto lo avrebbe gonfiato come un tamburo, ma in quel momento non gli sembrava il caso: avrebbe aggravato la sua situazione e non era affatto necessario.


   
 
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