È il 4 luglio, oggi.
I petardi scoppiano intorno a me ininterrottamente, senza fine, fondendosi l’uno con l’altro in un coro assordante che sale verso il cielo e si mischia con l’aria tersa e densa.
Tutto è caos.
Anche io amo sparare i botti, l’ho sempre fatto, sin da quando ero piccolo.
Il rumore è sempre più assordante, adesso.
Mi viene da sorridere, ed è una sensazione piacevole, piacevole e dimenticata.
Quando una bomba cade di fronte a me, smetto di ridere.
È la guerra, questa, non una festa.
Ed i petardi sono mine.
Ed io ho paura, terrore di morire qui, in questa buca fredda e stretta che probabilmente diventerà la mia tomba.
Cerco di pensare ai miei 4 luglio, quando ero a casa, quando ero felice ed al sicuro.
Non ci riesco.
La mia mente è occupata, adesso, da tutt’altri pensieri che mi feriscono la mente come coltelli affilati.
Le bombe continuano a cadere ed a scoppiare, sempre più vicine, sempre più pericolose.
Ed io sono sicuro di morire, ora.
Ma quando cala il silenzio, assoluto e perfetto, sono ancora vivo.