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Autore: SabrinaSala    06/10/2015    10 recensioni
"...Sdraiato supino sul letto, un braccio dietro la nuca e l’altro appoggiato sul ventre piatto, pantaloni e calzari ancora indosso, Johannes accolse così, sfacciatamente seducente, le prime, impertinenti luci dell’alba. «Proteggere una donna, salvaguardare la sua persona, è il compito più difficile e più importante al quale un uomo possa essere chiamato. Ne sarai all’altezza?»"
***
Sacro Romano Impero Germanico. Città di Rosenburg. Anno Domini 1365
Quando Johannes, altero e affascinante capitano delle guardie cittadine, riceve l’incarico di proteggere Madonna Lena, pupilla del Vescovo di Rosenburg, solo Justus, l’amico di sempre, può trovare le parole per chetare il suo animo inquieto.
Pedine inconsapevoli di un gioco iniziato quando ancora erano in tenera età, Justus, Johannes e Lena si troveranno loro malgrado coinvolti in un ordito di peccati e di colpe… Sarà sufficiente lo stretto legame con il Vescovo-conte, reggente della città, loro padrino e benefattore, a salvare le loro anime?
***
"Miserere mei Deus secundum magnam misericordiam tuam" ("Pietà di me, o Dio, secondo la tua grande misericordia") – dal Salmo 51
Genere: Drammatico, Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Medioevo, Inquisizione
Capitoli:
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Capitolo 11 – Espiazione
 
 
Erasmus indugiò sulla figura incappucciata che, lentamente, stava allontanandosi dal palazzo. Poi si ritrasse dalla finestra, riportando lo sguardo all’interno della stanza.
L’irritazione per l’indulgenza del vescovo verso il capriccio di Johannes stentava a stemperarsi, nonostante il tempo trascorso. Poco gli importava quali fossero le sue motivazioni; che il vescovo Winkel  avesse colto l’occasione per aumentare il proprio prestigio alla corte di re Carlo, grazie a quell’inattesa opportunità, o per rinsaldare l’alleanza con il casato del giovane e scialbo Edelbert. Davvero, non gli importava.
Un flebile sospiro gli scivolò tra le labbra sottili. Gli doleva la testa.
Si portò una mano alle tempie e prese a massaggiarsele piano.
Altrettanto lentamente, di malavoglia, riprese a concentrarsi sul proprio, improrogabile lavoro…
 
***
 
Maddalena Aicardo aveva chiesto e ottenuto di trasferirsi al monastero. Da qualche giorno, occupava uno degli alloggi della foresteria,  imponendosi quella che agli occhi dell’intera Rosenburg era sembrata una scelta di clausura e di preghiera in attesa del ritorno di Edelbert. In realtà, l’unica possibile espiazione ai pensieri e ai desideri che si facevano beffe di lei, straziandole impunemente il cuore,  finalmente lontana dagli sguardi ostili di Erasmus e da quelli troppo curiosi di Hanna.
L’ennesimo rifiuto di Johannes l’aveva umiliata, facendola sentire terribilmente sciocca.  Il desiderio letto nei suoi occhi… filtrato dalla sua voce roca…  svelato senza ombra di dubbio dal linguaggio di quel corpo sfacciatamente maschio, la frustrava.
La consapevolezza che il capitano fosse attratto da lei, non aveva reso le cose più facili. La sua partenza al seguito di Edelbert era stato un chiaro messaggio. Lui, come lei, vedeva in quell’attrazione qualcosa di assolutamente peccaminoso. Qualcosa da mettere a tacere a tutti i costi. E lei, come lui, aveva infine deciso di negare quell’infatuazione. Dimenticare. Questa la soluzione.
Lena inspirò profondamente, aggrottando le sopracciglia in uno sguardo che andava ben oltre il confine del chiostro dove aveva cercato sollievo nell’aria fresca del mattino.
Strinse il foglio che teneva in mano, spiegazzandolo e avvertendone così tutta la concretezza. Ripercorse mentalmente le parole tracciate in quel messaggio. Lette più e più volte nell’assurda ricerca di qualcosa che non c’era.
Poche righe, vergate con una grafia delicata ed elegante da chi aveva voluto darle notizie di sé e della propria salute. Edelbert…
Si morse istintivamente il labbro inferiore e abbassò lo sguardo, provando irritazione e vergogna.
Da Johannes nemmeno un cenno.
Quel pensiero le dipinse un sorriso amaro sulle labbra. Un sorriso che non sfuggì a Justus, fermo al riparo di una colonna a guardarla. Impegnato a soppesare quella figura e la sua gradevole presenza. Una compagnia che era diventata presto una piacevole abitudine. Che occupava la maggior parte del suo tempo.
Il chierico seguì la linea perfetta di quel profilo crucciato. Si soffermò sulle ciglia scure, leggermente abbassate sugli occhi spenti. Poi tornò sulle labbra e su quella smorfia amareggiata che gli strinse lo stomaco.
Deglutì. Non faticava a comprendere Johannes e la sua infatuazione. Non solo perché Lena era decisamente affascinante, ma colta e intuitiva, uno spirito acuto che gli riempiva le giornate come non avrebbe mai pensato potesse accadere. Le loro dissertazioni, le argomentazioni, talvolta accese, e i suoi sorrisi, quando si accorgeva di aver oltrepassato il limite ed era pronta a chiedere scusa, erano diventati per lui irrinunciabili. Di questo si era accorto. E di questo si rammaricava, vedendo nell’affetto per quella ragazza qualcosa di inaspettato e indebito.
Ignara di quei pensieri. Maddalena Aicardo strinse ulteriormente le dita attorno alla lettera ormai stropicciata.
«Così la rovinerete…» mormorò Justus, emergendo dall’ombra.
Per niente sorpresa dalla sua presenza, Lena gli rivolse un pallido sorriso. Docile e pensierosa come Justus non l’aveva mai vista.
Le dita allentarono la morsa e il foglio sembrò emettere un sospiro di sollievo.
«In fondo, reca solo buone notizie» continuò il chierico, sfilandole la lettera dalle mani e ripiegandola con delicatezza fino a sfiorare il sigillo del marchese. Gli occhi turchesi concentrati su quell’operazione, lievemente adombrati dalle ciglia chiare.
Sollevò lo sguardo, incrociando quello mesto di lei, e trasalì intimamente.
Lena non pronunciava mai il nome di Johannes, eppure i suoi occhi non facevano che riflettere la sua immagine. Occhi grandi e scuri che penetravano l’anima, così come i suoi profondi sospiri.
«Tornerà presto da voi…» gli sfuggì, in un misto di sincera speranza e ansia di schermirsi dai propri molesti pensieri. E gli occhi di lei lo trafissero, improvvisi. Come accesi, inaspettatamente, da una luce improvvisa. «Non passerà molto tempo che tornerà da voi…» ripeté convintamente, a fior di labbra, volendo credere lui stesso in quelle parole. Volutamente enigmatico.
Lena si chiese infatti di chi stesse parlando e per un attimo si illuse che quelle parole fossero riferite a Johannes.
Si rimproverò, tacitamente. Affossando quel pensiero e carezzandone un altro. Meno accorato. Meno sincero.
Annuì.
«Ho risposto alla sua lettera» mormorò. «Non mi resta che aspettare» concluse, serbando per sé il motivo dell’attesa.
 
***
 
Il mormorare sommesso degli uomini si mescolava allo scorrere del Saale, scuro e corroborante, rischiarato dalle torce e dal fuoco dei bivacchi notturni. Johannes lasciò che lo sguardo rincorresse le scintille di luce a pelo d’acqua, tornando con la mente al Danubio. Attraversò l’accampamento, appesantito dalla corazza e dalla polvere, desideroso di lasciarsi cadere esausto sul proprio giaciglio.
Con la coda dell’occhio colse i colori di Rosenburg sulle gualdrappa di una cavalcatura nei pressi dell’alloggiamento di Edelbert e si arrestò. Un piede in procinto di scavalcare l’ennesimo soldato ubriaco, la mano sull’elsa della spada.
La luce tremolante delle candele gli consentì di scorgere la figura di Edelbert muoversi sgraziatamente dietro i panneggi della sua tenda.
Indugiò. E quell’esitazione fu sufficiente perché il messaggero di Rosenburg, nell’uscire,  facesse sì che il marchese si accorgesse di lui.
«Capitano! » lo richiamò Edelbert, con un gesto ampio della mano. «Entrate» lo invitò.
Johannes dissimulò un moto di stizza, ricacciò indietro il gorgoglio di una protesta e  penetrò nell’alloggio arredato sfarzosamente.
«Notizie da Rosenburg» gongolò il marchese, con un  sorriso ebete sulle labbra sottili. «Pensavo vi facesse piacere saperlo» continuò ordinando che gli venisse servito da bere.
Johannes annuì, rifiutando la coppa d’argento e il vino che conteneva.
«Avete ragione… » mormorò Edelbert «come sempre» ridacchiò nervosamente, scostando egli stesso il bicchiere che gli veniva porto. «L’alba è vicina» ricordò arrossendo.
Johannes ne soppesò la figura, chiedendosi per quale motivo quel giovane imbelle fosse stato spedito al confine col rischio di lasciarci la pelle. Per tutto quel tempo, Edelbert era rimasto nelle retrovie, al riparo da ogni possibile attacco. Ma l’indomani, il pallido marchese avrebbe dovuto presentarsi in prima linea, esorcizzando la paura e fomentando le truppe.
Così, con quell’unica e assurda comparizione, avrebbe portato a termine il proprio dovere e servizio e avrebbe potuto fare ritorno a casa.
Equivocando il silenzio di Johannes, Edelbert  non indugiò oltre. Dispiegò la lettera giunta da Rosenburg e ne lesse avidamente il contenuto. Tra sé. Senza emettere un fiato.
Le sue gote pallide s’imporporarono e un fremito gli attraversò le spalle magre. Poi sollevò lo sguardo a cogliere quello impenetrabile dell’armigero. Sorrise.
«Mi aspetta con ansia… » mormorò, visibilmente emozionato. «L’avreste mai creduto? » ridacchiò, dissimulando l’ evidente imbarazzo.
Johannes si raddrizzò nelle spalle e inspirò profondamente. Serrò le labbra, poi gli concesse un mezzo sorriso, abbassando le palpebre sugli occhi stanchi.
«E’ la vostra promessa sposa» osservò, colto da un’improvvisa voglia di essere lontano da lì. Da quella tenda sfarzosa, dal suo nobile e ingenuo occupante eccitato da chissà quali fantasie amorose.
«Se non avete bisogno di me…» mormorò, tentando di liberarsi da quella disgustosa morsa allo stomaco.
Edelbert sembrò non ascoltarlo. Si tormentò il labbro inferiore, guardandosi le mani e il carteggio che trattenevano. Poi rivolse un’occhiata ai panneggi e infine tornò con lo sguardo sul capitano.
«Chiede il permesso di raggiungere la nostra dimora e di attendere lì il mio ritorno» mormorò sottolineando il tutto con un sorriso fanciullesco. «A questo punto, credo proprio di dover brindare! » asserì, afferrando il calice che aveva poco prima scansato.
Ingollò il liquido rosso e corposo, avvertendo un subitaneo calore in fondo allo stomaco. Tossì. Riportò lo sguardo in quello inespugnabile di Johannes.
«Le risponderò domani. Ora è tardi e siamo stanchi» sorrise. «Ritiratevi, capitano, e pensate se volete mandare un messaggio a Rosenburg, approfittando della mia risposta» lo congedò sorridendo, sotto la spinta di quell’euforia.
Johannes sollevò il telo che fungeva da porta. Una zaffata d’aria umida lo investì provocandogli un conato. In silenzio, lasciò la tenda diretto al proprio alloggiamento.
 
***
 
Una fitta nebbia saliva dal fiume, nascondendo dispettosamente le rive erbose. Lattiginosa e fredda, riempiva le narici e le membra. Seducente e pericolosa.
Shatten sollevò uno zoccolo e il suo sbuffo caldo investì il braccio di Johannes che lo accarezzava piano,  in attesa che Edelbert facesse la propria comparsa.
Fagocitato da un’armatura troppo grande per la sua figura esile e minuta, il giovane marchese emerse dagli strali di nebbia. Pallida apparizione inghiottita da piastre d’argento e decorazioni in oro. Lo sguardo disorientato.
«Siete pronto?» domandò Johannes, una volta al suo fianco, inserendosi tra gli ufficiali.
Edelbert, il capo nascosto dall’elmo ingombrante, annuì quasi impercettibilmente. Attorno a loro, l’esercito dispiegato in attesa di ordini e di quell’incoraggiamento di cui il marchese avrebbe dovuto essere foriero.
Improvvisamente, un urlo penetrò la nebbia.
Il destriero bianco di Edelbert si impennò e l’elmo scivolò a terra per il contraccolpo. Dalla sponda nascosta del Saale, un’orda di soldati nemici si gettò sul giovane marchese, volta  al massacro.

 
***
 
Nella frescura umida della propria cella, Justus si lasciò cadere in ginocchio sull’impiantito irregolare e freddo. Il breviario tra le mani, lo sguardo turchese rivolto alla croce affissa al muro, sopra il suo letto.
Dalle sue labbra caste e gentili si levò una rituale litania. Una preghiera. Una richiesta. Forse più d’una. 




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IL CONFESSIONALE (ovvero, l'angolo dell'autrice)

Comincio questo angolino con un GRAZIE alle lettrici di sempre (pregevoli commentatrici o silenti compagne di viaggio) e a chi si è unito da poco alla lettura volendo lasciare il suo COMMENTO! Grazie infinite a tutte!!!

Passo adesso a un paio di NOTE:

1 - Nel Medioevo, le donne venivano accettate nei monasteri come lavoratrici laiche.
2 - Breviario: libretto di preghiera


E ora al capitolo! Poca azione, tanti pensieri... ma ogni tanto ci vuole!  Ognuno di noi necessita di ritagliarsi un momento di solitario silenzio per rimuginare su qualcosa: una scelta, un atteggiamento, il proprio futuro... Potevano esimersi i nostri protagonisti? Certo è che la scelta del luogo e del momento operata da Johannes non sembra essere delle migliori. Sembra piuttosto una costante, la sua, quella di non azzeccarne una dopo l'altra, non credete?
Vi lascio così, con questo "finale" un po' aperto a mille ipotesi e deduzioni... Mi farà piacere leggere le vostre, prima di esporvi le mie!

A presto, 
Sabrina 

 
   
 
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