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Autore: mamogirl    06/10/2015    1 recensioni
How was I so blind to miss you crumbling inside?
Is it too late now to fix you? Let me make it right.
Cause there’ll be no sun on Sunday
No reason for words to rhyme
Cause if you’re bleeding, so am I.
Sun On Sunday, James Blunt

Tre anni.
Tre lunghi e difficili anni che si erano intrecciati e arrotolati attorno alla sua vita, lasciando che la tempesta si scatenasse e lo trasformasse in una semplice, piccola e fragile barca in balia delle onde e dei tuoni.
Tre anni in cui tutto era cambiato, in cui lui stesso si era visto strappare di dosso la sua armatura e contare i detriti lasciati a cerchio attorno a lui.
Tre anni in cui Brian si era potuto aggrappare solo a due cose: la sua incrollabile e indistruttibile forza di non arrendersi e l'amore e la fiducia cieca di Nick in lui.
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Littrell, Nick Carter
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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2013










I’ve to find you
Tell you I need you
Tell you I’ve set you apart


****


La melodia incominciò a diffondersi all’interno delle cuffie, riempiendo il silenzio di una notte che sonnecchiava fra le camere buie della casa. Le note incominciarono a susseguirsi una dietro l’altra, salti e accordi che presto avrebbero lasciato spazio e preannunciato l’arrivo, atteso e già pregustato dal silenzio, della voce. Ormai conosceva lo spartito a memoria eppure il foglio era sempre davanti agli occhi, quasi come se potesse dargli un aiuto in più: gli occhi si soffermavano sulle righe, su quei pallini neri che indicavano dove la voce avrebbe dovuto posizionarsi per narrare al meglio le parole delle canzoni; l’informazione arrivava al cervello, l’input che ormai i nervi e le cellule avevano così memorizzato da essere come una seconda pelle. Ancora pochi secondi. Ancora pochi accordi.

Quella volta non avrebbe fallito. Quella volta la voce sarebbe uscita. Perfetta. Senza sbavatura. Esattamente come avrebbe sempre dovuto essere.

“Vuoi continuare a cantare. Vuoi continuare ad avere assoli, perché tanto in studio gli errori si possono sempre correggere e puoi rifare una canzone infinite volte. Ma quando saremo in tour? Che cosa succederà? Non puoi smettere al primo errore e riprendere da capo. Non possiamo coprirti per due ore. Che cosa farai, allora? Che cosa dirai per salvarti la faccia? Per salvare la nostra immagine e reputazione?”

L’eco delle parole di qualche ora prima si insinuarono fra le note e gli accordi, riuscendo a catturare uno strato di attenzione e rubarla via dalla canzone. Le mani si strinsero in pugni ben stretti e chiusi; i muscoli delle braccia tesi come corde di violino e quasi al punto di rottura, messi sotto pressione dalla rabbia che nasceva di reazione di fronte a quel ricordo. Il mostro rosso della rabbia non si era ancora assopito ma, anzi, aveva preso a nascondersi in un antro scuro e buio della sua mente e lì aspettava il momento perfetto per uscire e fendere la sua spada, sopravvivendo e cibandosi di quell’orgoglio ferito che continuava a bruciare e a sanguinare. Eppure, era quello stesso orgoglio a fondere, e infondere, le energie necessarie per rispondere e ribattere a quel colpo che aveva tutta l’apparenza di voler abbattere ogni resistenza. Era quella fenice che ora stava sbattendo le sue ali dentro l’anima, piume rosse impreziosite dal desiderio di dimostrare che si sbagliavano.

Dimostrare che lui si sbagliava.

Dimostrare che no, non ci sarebbe stato bisogno di fare annunci, né di mettere le mani in avanti e giustificarsi per il disastro e il terremoto che avrebbe potuto ridurre in cenere e polvere tutto il nuovo progetto. Non ci sarebbe stato bisogno di scuse né di alibi perché lui non avrebbe fallito né deluso le aspettative.

Non lo avrebbe permesso.

Si era già dimenticato con chi stava parlando? Si era già dimenticato di che cosa era stato capace di fare, di come si era ripreso in mano vita e palco dopo una sola manciata di settimane da un’operazione al cuore? Si era già dimenticato di come aveva tenuto insieme il gruppo per anni, un faro che aveva tenuto acceso la sua luce e aveva oscurato quel caos e casino che si era creato attorno a loro? Si era già dimenticato di come i suoi di problemi erano stati quasi in grado di distruggere il gruppo e di come ancora non si rendeva conto che era stato un miracolo se ne fosse uscito senza ferite o cicatrici perenni?

No, ovviamente no. Ovviamente lui non riusciva a vedere oltre quella che, ancor oggi, credeva fosse stata un’ingiustizia nei suoi confronti. Un trattamento ingiusto, fatto di multe salate da pagare perché arrivava in ritardo alle registrazioni o preferiva trascorrere metà del tempo perso fra i suoi problemi e palliativi che non facevano altro che peggiorare le sue paranoie e il suo terrore. No, ovviamente ora lui si erigeva a protettore e condottiero del gruppo, si vestiva di leader che si preoccupava del bene e della reputazione dello stesso e il cui unico problema, ora, era quella voce che aveva deciso di prendersi una salutare e più che meritata pausa.

Rabbia e frustrazione si ritrovarono ad allearsi, congiungere le mani e intrecciare le dita fino a quando non assunsero la forma e la sostanza di una palla. La gola si ritrovò a dover combattere contro quella sfera che si era e continuava a prendere sempre più spazio, i muscoli attorno alle corde vocali che diventavano sempre tesi e rigidi impedendo all’aria di passare e di trasformare l’impulso di cantare in note che, almeno un tempo, apparivano e si mostravano con vestiti di assoluta perfezione e celestiali. Il pugno si alzò quasi come se avesse una propria volontà e un proprio controllo, scontrandosi contro il leggio e facendo volare in aria il primo foglio dello spartito.

A fargli male non erano state le parole, per quanto anch’esse avessero adempito il loro compito e si fossero trasformate in sale che bruciava, oh se bruciava, le ferite già sanguinanti e aperte da molte settimane. A fargli male era stato il semplice, piccolo ma così doloroso particolare di chi aveva lanciato quelle sfere colme di aculei. Lui  era il suo compagno. Non ci doveva essere una sorta di alleanza fra coloro che si erano promessi di difendersi e proteggersi da ogni attacco esterno? Come poteva lui, la persona che solo un anno prima si era offerto di essere suo sostegno e sua fonte di forza, dimenticarsi ogni parola e attaccarlo alle spalle? Attaccarlo con quei colpi ben affilati e tesi, quelle punte e quegli artigli che conoscevano bene ogni punto debole e ogni traccia di pelle che si sarebbe piegata con sangue e dolore dietro il loro passaggio? Come poteva lui, anima gemella per sua stessa ammissione, non vedere che cosa si nascondeva dietro la sua maschera? Non vedere quanto lui si stesse aggrappando a quei frammenti della persona che era stata, e che forse non sarebbe mai potuto più essere, per non cadere in quel buco nero che aspettava solo di fagocitarlo con le enormi fauci?

L’argento microfono registrò il respiro che si levò dalle sue labbra, uno sbuffo d’aria che voleva buttare fuori tutti quei pensieri. Non poteva rimanere arenato su quel lido, altrimenti la rabbia e il dolore avrebbero vinto e lui si sarebbe ritrovato a sbattere la testa contro il muro mentre cercava un modo per risolvere quella diatriba.

Non voleva farlo, non almeno quella volta.

Non poteva sempre essere lui quello che faceva sempre il primo passo, colui che cercava sempre di acquietare le acque e far ritornare il sereno nella loro vita. Non poteva dedicarsi anche a quello, non poteva fermarsi e preoccuparsi di scoprire da dove avesse avuto origine tutta quella rabbia che si era scatenata, che era stata presa e scagliata contro di lui quel pomeriggio. Non poteva perché ogni energia rimasta, quelle poche che erano sopravvissute per chissà quale miracolo inatteso, non potevano essere sprecate e gettate via nel cercare di comprendere qualcosa che ancora Brian faticava ad accettare come reale. Era vero, in quei mesi si erano allontanati, lui si era allontanato per non far soffrire nessuno, ma mai si sarebbe aspettato quello tsunami che aveva preso forza quel pomeriggio.

“Non ho più paura di te!”

Il tono colmo di risentimento ritornò a bussare alle porte ma Brian lo scacciò via, ignorando completamente il tuffo doloroso del suo cuore che ancora sanguinava per quella ferita che si era creata con la sua anima gemella.

O, almeno, ci provò a ignorare quella fitta che non aveva niente di fisico.  Ma era sempre lì. Pulsava. Bussava. Strepitava, scalciava. Voleva essere presa in esame, voleva essere compresa e, più di tutto, voleva che qualcuno si prendesse cura di lei. Ma, per farlo, Brian avrebbe dovuto fermarsi e ascoltare quei sentimenti, quelle reazioni che sarebbero state capaci di ridurlo a pezzi. Di questo ne era sicuro. Stava sopravvivendo di tensione e di nervi, si stava cibando di quella rabbia e di quell’orgoglio ferito che voleva dimostrare a tutti quanto si stessero sbagliando e quanto, invece, c’era ancora forza dentro quella voce ridotta in sussurri e frammenti.

Un respiro. L’attacco che arrivò come un momentaneo sollievo dalla piega che i suoi pensieri stavano prendendo. Canta, si incoraggiò Brian. Canta e dimentica tutto quello che è successo.

Le labbra si aprirono. L’aria incominciò a risalire la trachea, le corde si prepararono per muoversi e modellare la voce affinché emettesse le note che erano state imparate come se fossero accordi di una melodia basilare e fondamentale.

“Wanna be just...”

Ed ecco che, ancora una volta, per l’ennesima volta quella notte, la voce si ruppe e si spezzò ancor prima che potesse terminare la prima strofa. Nemmeno quattro parole, perché essa si era dissolta su quel just che era venuto fuori come se qualcuno avesse messo le mani attorno al suo collo e avesse incominciato a stringere e stringere, stringere fino a quando nessun filo di aria potesse uscire. La fitta di dolore infiammò la gola, risalendo sulle vie e le autostrade del sistema nervoso fino a quando giunse al quartiere generale: l’allarme risuonò nella testa, un segnale che invitava il corpo a smettere e interrompere quell’azione così deleteria per il suo benessere e funzionamento.

La frustrazione si prese il centro del palco, facendo sbattere il pugno contro il leggio che, come se fosse stato di carta, dondolò per qualche secondo. La musica continuò a proseguire nel suo viaggio, anche quando le cuffie furono riappoggiate al loro posto, ignara di quelle gocce di lacrime che si stavano radunando negli occhi.

Tanto, a che cosa serviva continuare?

La sua dimostrazione di testardaggine si era già frantumata di fronte allo scoglio della realtà, cruda e spietata nel distruggere le sue speranze e quella voglia di rivalsa contro chi lo stava già cancellando da quel mondo. Quel desiderio di dimostrare che era sbagliato, dannatamente sbagliato, non poter più contare sulla sua voce e su di lui.

Ma la verità era ben altra. La realtà era che l’unica persona a sbagliarsi era solamente e proprio lui. La realtà era che, a malincuore, doveva accettare che le parole di quel pomeriggio fossero un pozzo di verità che lui non voleva e non poteva accettare.

Come poteva accettare quella situazione?

Come poteva accettare di non poter più cantare come aveva sempre fatto? No, nemmeno e solamente quello. Come poteva accettare che il suo stesso corpo, il suo stesso cervello, si stava alleando per fargli appendere il microfono e andare in pensione prima del tempo?

Come poteva non dar ragione a Nick?

Come poteva non dargli ragione quando la sua voce non aveva fatto altro che dar sostanza e forma alle sue più temibili e spaventose paure? Come poteva non dargli ragione quando aveva semplicemente osservato, e sottolineato, che non sarebbe mai stato in grado di mentire e illudere tutti una volta che sarebbe salito sul palco? Il ricordo della manciata di esibizioni che avevano fatto durante l’inverno ritornò prepotentemente alla ribalta, rammentandogli tutti gli attacchi di panico e di ansia che avevano costellato i minuti prima di salire sul palco o uscire sotto le luci dei riflettori; gli rammentarono le lacrime di frustrazione che aveva rimangiato indietro ogni volta che si era risentito, ogni volta che si era ritrovato a scorrere via commenti e domande di fans che sapevano perfettamente che qualcosa non andava.

Come avrebbe potuto portare avanti non solo tutta la promozione ma anche un tour mondiale? Come avrebbe potuto sorridere e pretendere che niente stava andando a rotoli, che la maschera non si stava spezzando assieme a quelle note che scomparivano insieme alla sua voce?

Non poteva dubitare. Non poteva commettere nessun passo falso.

Che cosa gli sarebbe rimasto, altrimenti?

Non voleva accettare la proposta di Kevin, mettere i freni a quel treno che aveva lasciato la sua stazione di partenza già da troppo tempo, fin troppo per poter tirare la manovella e chiedere di poter aspettare che lui rindossasse i soliti panni di faro e luce. Ed era, poi, quello che davvero avrebbero fatto? Davvero avevano intenzione di fermare tutto, qualcosa di così eccezionale che capitava solamente una volta nella vita e carriera di un gruppo, solamente perché lui si era rovinato la vita e non sapeva come uscirne? Davvero, Kevin, avrebbe continuato a offrirgli il suo supporto anche quando avrebbe scoperto la verità, quel segreto che ancora nessuno era riuscito a soffiargli via?

“Non so se guarirò, Kevin. Non è solo la voce...”

Conosceva suo cugino. Sarebbe stato un peso troppo grosso per continuare un tour che avrebbe dovuto presentarli, ancora una volta, al mondo. E non avrebbe compreso. Nessuno avrebbe compreso per quale motivo lui voleva continuare a sottoporsi a quella tortura, perché era quello che il canto era diventato, invece di prendersi una meritata pausa e pensare a rimettersi in piedi. Quella era invece la vera condanna per Brian, lui che non era mai stato capace di rimanere senza niente da fare. Rimanere impassibile mentre il tempo scorreva via, la vita scorreva via, e lui non ne faceva parte solamente perché il suo corpo si rivelava essere un prodotto difettato. L’aveva già vissuta quella sensazione, seppur con l’incoscienza di un bambino che considerava un’ingiustizia il solo non poter andare fuori e giocare con i suoi amici. L’aveva già vissuta e ora, a mente fredda e con la maturità dell’essere adulto, si ricordava alla perfezione che cosa volesse significare essere chiusi in un angolo, tagliati via da tutto; essere compatiti, essere vittime di pietà perché sembrava un’ingiustizia che tutto ciò dovesse succedere sempre e solamente a lui; sapeva già fin troppo bene quali parole sarebbero state usate nei suoi confronti, un presente che si sarebbe trasformato in un passato narrato con nostalgia.

Non voleva essere quello.

Voleva essere Brian, anche se non sapeva più esattamente chi fosse quella persona.

Voleva essere se stesso. Voleva continuare a essere quel ragazzo che aveva sempre preso la vita con facilità, lasciandosi avvolgere da tutte le cose belle che la vita e che Dio gli aveva donato; voleva continuare a godersi la sua famiglia, quella famiglia per cui aveva lottato e che molti avevano storto il naso e gufato che non sarebbe durata. Invece...

Invece non si stava godendo niente di tutto quello perché ogni secondo della sua vita era stato avvelenato da quello che gli era capitato, ogni aspetto era stato preso e capovolto come se non ci fosse nessun’uscita d’emergenza.

Come poteva spiegare tutto questo? Come poteva qualcuno comprendere come non ci fosse via d’uscita, come nessuna terapia sarebbe stata in grado di riportarlo a ciò, e colui, che tutti volevano e pretendevano? E la rabbia era diventata ancora più potente davanti ai loro sguardi accusatori, davanti ai dubbi che lui non stesse davvero facendo tutto quello che serviva per continuare a lavorare, per continuare a essere quella colonna solida a cui tutti si erano appoggiati, su cui persino Kevin si era affidato quando aveva deciso di abbandonare tutto perché stanco dei drammi e del mondo della musica.

Chi era il vero codardo?

Non lui. Certamente, non lui. Se fosse stato codardo avrebbe abbandonato tutto. Avrebbe salutato quei manager che a malapena sopportava e tutti quei bocconi amari che aveva e che continuava a inghiottire perché tanto la sua opinione non contava mai nulla. Se fosse stato davvero codardo avrebbe salutato tutti e si sarebbe rintanato lì, a Hope Ranch, e si sarebbe trovato un lavoretto come insegnante e avrebbe continuato la sua normale vita di padre, seguendo Baylee in qualsiasi avventura avrebbe voluto prendere parte. Avrebbe continuato a essere il compagno di Nick, sempre ammesso e concedendo che fosse quello lo stesso pensiero o se, invece, anche lui avesse già deciso che era troppo difficile stare al suo fianco in quel momento.

Forse era meglio se fosse stato lui a scindere ogni redine. Lasciare libero il gruppo. Lasciare libero Nick. Se ne sarebbe andato da qualche parte, il mondo si sarebbe dimenticato di lui e lui si sarebbe dimenticato di come ci si sentiva a essere il centro dell’attenzione e a quanto appagante fosse sapere di avere il potere di far felici persone che nemmeno conosceva, visi che si fondevano l’uno nell’altro ma che avrebbero sempre ricordato il momento in cui la sua voce aveva accarezzato le loro cicatrici e le aveva lenite, portando una boccata di aria e di felicità.

La frustrazione e la rabbia, il rifiuto di continuare a rimanere vittima di quella spirale e di quel circolo vizioso, si trasformò in lava di un vulcano che eruttò all’improvviso: la mano prese i fogli e li fece volare via, lontani da quella voce che non riusciva più nemmeno a seguire quelle note così facili e semplici. Non ne aveva bisogno, d’altronde. Poteva continuare anche senza spartito.

Avrebbe continuato, su quello non ci sarebbe mai stato nessun dubbio. Avrebbe continuato, Brian, fino a quando si sarebbe ritrovato solamente con un filo sufficiente a far entrare e uscire l’aria per respirare; e, forse, persino in quel frangente avrebbe tentato ogni possibilità e ogni risorsa pur di non arrendersi. Pur di non capitolare ed esser costretto ad ammettere la sconfitta. Così Brian riprese a cantare, anche se la musica era andata avanti senza di lui, anche se non era più la sua parte quella che si stava apprestando a cantare.

Ma non importava.

Brian attaccò le note senza nemmeno prendersi un secondo per respirare o per calmarsi. Le spalle si alzavano e si abbassavano sotto il peso, e la spinta, di quel temporale che cercava in tutti i modi di uscire dal suo sterno. La rabbia voleva uscire, era come un leone che si sentiva prigioniero in una gabbia e le cui zampe stavano scalpitando per poter azzannare e graffiare. Ma l’unica cosa che esse riuscivano a graffiare erano quelle fragili corde vocali perché quella foga, invece che aiutare il proprio proprietario a sconfiggere i nemici e riprendersi il proprio posto, lavorava contro di lui. Le note uscivano spezzate, atone sillabe che le labbra continuavano a pronunciare mentre Brian cercava di combattere e sconfiggere quel blocco che non dipendeva, non più, solamente dalle sue ansie e dalla tensione.

La canzone terminò e, solo in quel momento, Brian si lasciò conquistare e fagocitare da quella rabbia che covava, quella dolorosa accettazione che aveva di nuovo fallito. Dalla gola, affaticata e dolorante, si librò un urlo capace di trasmettere tutta la disperazione, angoscia e odio per quella persona in cui si era trasformato; in un gesto impossibile da prevedere, il leggio si ritrovò  a sbattere contro la porta, un rumore secco che echeggiò nella piccola stanza e che vibrò assieme ai singhiozzi; le lacrime che ormai scendevano liberamente, sintomi e prove di una giornata che stava finalmente riscattando il prezzo di quelle settimane e di quei mesi in cui ogni emozione e reazione era stata taciuta. Si era aggrappato, Brian, a una forza che ormai era esaurita, scomparsa in quel buco che finalmente poteva aprirsi sotto i suoi piedi e lasciar uscire quegli artigli che bramavano sangue e carne.

Brian aveva fallito.

E, forse, era ora giunto il momento di abbandonare la battaglia.






*********





I fari della macchina illuminarono una striscia di spiaggia, uno spicchio di luce gialla che si adagiò sulla cresta dell’acqua e che, come in un gioco di bambini, si ritrovò a essere divisa in riflessi multicolori prima di ritornare a essere una sfumatura di nero profondo. Silenziosamente l’auto si fermò di fronte all’unica casa che troneggiava in quell’insenatura, una conca creata dall’acqua e dalla natura e che poi l’uomo aveva deciso di sfruttare per dar vita a quel rifugio in cui potersi nascondere da tutto e da tutti.

Nick spense la macchina ma non uscì subito da essa: le mani rimasero ben strette attorno al volante mentre lo sguardo cadde sulle facciata della casa totalmente avvolta dal silenzio e dal buio. Sembrava non esserci nessuno ma era quella la lezione che Nick si era ritrovato a imparare in quella manciata di ore, intreccio di mesi e settimane che ora avevano semplicemente il peso di un periodo senza tempo e misura: l’apparenza era una maestra nel tendere inganni, dipingere la realtà con colori e tessuti in grado di mascherare anche una conoscenza che avrebbe dovuto essere chiara e limpida.

E lui ci era cascato in pieno in quel tranello.

La casa appariva vuota ma Nick sapeva che non era così e che l’oscurità mascherava e nascondeva la persona che era venuto a cercare. D’altronde avevano comprato quella casa esattamente per quel motivo: rifugiarsi quando il mondo sembrava esser diventato troppo pesante da sopportare e tutto quello di cui avevano bisogno era stare assieme, vivere il loro amore e il loro rapporto senza i giudizi e i costanti sguardi delle altre persone.

Era stato amore a prima vista. L’avevano notata quel primo giorno in cui le loro anime si erano unite e avevano immediatamente pensato che potesse essere quello il posto perfetto per costruire la loro famiglia: distaccata dalle altre, stile e struttura completamente differente e così nascosta dalla natura che era impossibile che qualcuno delle loro fans potesse trovarla consultando internet. L’avevano comprata al volo e si erano trasferiti non appena erano riusciti a rimetterla in sesto, domeniche trascorse a dipingere e sabati pomeriggi trascorsi fra un negozio di arredamenti e uno di oggetti di casa. In quei frangenti, in quegli attimi, era stato così semplice credere che tutto potesse andare al meglio: il sole aveva donato a Brian un’abbronzatura dorata sulla sua pelle, il viso si rilassava non appena i polmoni inspiravano l’aria salmastra e gli occhi perdevano quell’espressione tormentata e preoccupata che oscurava l’azzurro ogni volta che tornavano in città. Nick aveva creduto che potesse essere così semplice, Si era lasciato prendere vittima nella rete intricata delle apparenze e aveva creduto, ciecamente e fortemente, che potesse bastare un pizzico di amore e di riposo per rimettere in senso decenni di abusi e di autodistruzione.

Ma, con l’arrivo delle autunno, tutto era cambiato. La sua vita aveva incominciato a trasformarsi in una strada lastricata di opportunità e di progetti e, così, tutte le sue promesse di combattere a fianco di Brian si erano sentite messe da parte e, con il passare del tempo, si erano allontanate con il capo abbassato e una stretta attorno al cuore.

Come aveva potuto comportarsi in quel modo?

Ecco dov’era nata la rabbia di quel pomeriggio. L’odio non era mai stato rivolto a Brian, le punte avvelenate delle parole erano ritornate e avevano colpito la sua anima, portando come prova dei suoi crimini quegli sguardi e quelle espressioni che lo incolpavano di abbandono. Non aveva potuto ammettere la verità, non aveva potuto guardare in faccia Brian e ammettere tutte le sue mancanze, tutte quelle scuse che avrebbero dovuto uscire invece di attacchi e di ingiustizie. Ed era stato un lavoro facile, così semplice perché erano innamorati, erano l’uno la gemella dell’altro e ogni debolezza e fragilità era già stata offerta su un vassoio d’argento e ornato delle più preziose decorazioni

Come aveva potuto distruggerlo in quel modo?

In fondo all’anima, in quell’angolo dove aveva relegato ogni ricordo di un periodo che avrebbe voluto dimenticare e scambiare con qualcun altro, Nick sapeva che la motivazione di quel gesto non era stata rabbia, non per lo meno fine a se stessa e  volta a creare la maggior distruzione e dolore possibile; non era arrabbiato con Brian, a parte quella lieve sfumatura rosacea per non essere stato usato come spalla su cui appoggiarsi o sfogarsi nei momenti peggiori. La rabbia era per quello che gli stava succedendo, un’ingiustizia perché se c’era una persona che non meritava quell’inferno era proprio il suo compagno, quella persona così sempre sicura di sé e della sua identità e che ora sembrava essere impaurito anche della sua stessa ombra.

E una fredda e ghiacciata ombra si era avvolta attorno a Nick quando, una volta tornato a casa, si era accorto dell’assenza di Brian. Non c’erano parole per spiegare quella sensazione, quell’immediata e assoluta consapevolezza che quell’assenza era più di un semplice ritardo o di un bisogno di rimanere da soli o lontano da lui. Nick l’aveva saputo sin dal primo momento in cui aveva messo piede in casa e il freddo lo aveva colpito in pieno stomaco, riuscendo a farlo boccheggiare e annaspare per la mancanza di ossigeno. Come una fantasma, Nick aveva percorso ogni centimetro della casa, sfiorando fotografie e mobili come se potesse riportare Brian lì con lui con solamente la forza del pensiero e del suo desiderio. Non voleva, Nick, essere lasciato in quel modo. Non voleva, Nick, che quella relazione si trasformasse nell’ennesimo fallimento, quell’impossibilità di poter essere per Brian ciò che lui era sempre stato nei suoi confronti: avrebbe dovuto offrire supporto, avrebbe dovuto offrire quella difesa e protezione che aveva semplicemente e solamente messo in parole dentro una stupida canzone.

Un tempo, forse, Nick si sarebbe rintanato in un angolo e avrebbe maledetto la sua mala sorte, quella sorta di maledizione che rovinava sempre ogni sua relazione e che gli strappava via sempre l’amore e l’opportunità di essere amato e felice. Non più ormai. Nick non era più quel ragazzino che covava così rancore e non riusciva mai a trovare la forza per lottare per ciò che amava e che gli spettava di diritto. Oh, la paura che quell’assenza potesse trasformarsi in qualcosa di tangibile e definitivo era lì, sussurrava e tremava sotto i nervi e la pelle. Ma Nick la usò per non arrendersi, la usò come energia per rimettersi in piedi e recuperare le chiavi della macchina. La usò come benzina per una ricerca in ogni angolo della città, perché più di tutto Nick voleva e doveva ritrovare Brian. Non solo per salvare il loro rapporto, non solo per abbassare lo sguardo e chiedere perdono per il suo egoismo ed egocentrismo che gli faceva sempre dimenticare che esisteva un mondo attorno a lui.

Ma soprattutto per salvare Brian.

Si stava perdendo, Brian. Nick lo aveva visto nei suoi occhi, in quell’espressione vacua che non aveva nemmeno mostrato un accenno di reazione quando lui gli aveva confidato la sua sicurezza in un suo recupero. Brian si trovava in quel luogo dove Nick era rimasto per fin troppo tempo, reso schiavo da un’insicurezza che si era trasformata in carceriere e tormentatore.

Il suono della portiera che si apriva e richiudeva echeggiò fra il rumore delle onde che si infrangevano sulla spiaggia. Era lì e Nick lo sapeva perché quel luogo, quella casa, racchiudeva l’ultima fonte di speranza e di fede a cui Brian avrebbe potuto aggrapparsi in quei momenti. Nick salì velocemente i pochi scalini dell’ingresso e la sua intuizione si rivelò esatta quando bastò una semplice spinta per aprire la porta di casa.

“Bri, questo è un invito a qualsiasi ladro a entrare. O, peggio, una fan!”

“Non fare il solito uccello del malaugurio. Chi vuoi che ci trovi così lontani dalla civiltà?”

“E i vicini? Non li conosciamo nemmeno...”

“No! – lo aveva interrotto Brian mentre svuotava il sacchetto della spesa. – Tu non li conosci perché nemmeno hai fatto uno sforzo per sapere chi erano.”

“Okay, okay. – Si era arreso Nick, indeciso come sempre sul posto della frutta. – Ma le mie fans sono psicopatiche. Potrebbero trovarmi ovunque! Un giorno torneremo a casa e le troveremo sedute sul divano a spulciare la nostra posta.”

“Beh. – Era stata la risposta di Brian alzando le spalle. – Vorrà dire che le costringerò a fare tutti i lavori che tu dimentichi. E la frutta va in frigorifero altrimenti va male in pochi giorni.”

Nick scosse la testa, allontanando il ricordo e sorridendo di fronte alla semplicità e domestichezza di quell’immagine. Tutto era sembrato così semplice e Nick rivoleva quei momenti, quegli attimi di cui sentiva così tanto la mancanza ogni volta che era lontano o che stava lavorando ed era un conforto sapere di avere una casa a cui poter tornare. Una famiglia.

Ancor prima di domandarsi dove Brian avrebbe potuto nascondersi, un rumore sordo lo indirizzò verso il piano sotterraneo, lì dove avevano costruito un piccolo studio di registrazione. Era stata, ovviamente, un’idea di Brian e lui lo aveva seguito, contento semplicemente di come entusiasta era apparso Brian nel parlare di fare musica e di un futuro colmo di progetti e di canzoni. L’ennesimo segno ingannatore, l’ennesima apparenza che lo aveva fuorviato e portato così lontano dalla realtà.

“Non è un’idea stupida, se ci pensi. E’ un investimento, ma non abbiamo problemi di soldi. E, una volta recuperate le spese, potremo persino risparmiare tutti i soldi che spendiamo per affittare uno studio.”   

Preoccupato per ciò che quel rumore potesse significare, Nick si affrettò a scendere le scale e dirigersi verso la stanza. Una volta aperta la porta Nick impiegò qualche secondo per registrare ciò che i suoi occhi stavano vedendo: dalle casse si sentiva, quasi come una malefica e diabolica litania, delle noti che a sprazzi uscivano come un eco di una voce che era stata; fogli erano stati gettati tutt’intorno, il leggio giaceva in un angolo come se una tempesta lo avesse preso prigioniero e poi buttato quando si era reso conto che non poteva essergli utile. E poi, in mezzo a quel ciclone di distruzione, ecco Brian. O una forma che poteva assomigliare a lui perché Nick faceva fatica a riconoscerlo, faceva fatica a riconnettere l’uomo che amava con quella figura che tremava e si sforzava di non lasciar scappare via la bestia di rabbia che si era presa possesso dei suoi lineamenti.

Agì d’istinto. Agì senza nemmeno pensare a qualcosa da dire, o a far sapere a Brian che si trovasse lì con lui. Agì con l’unico desiderio di fare qualcosa, di far capire e comprendere a Brian che non era da solo in quella battaglia. Di fargli finalmente arrivare il suo supporto e il suo amore, sottolineando in ogni forma come non lo avrebbe mai lasciato. Non per una discussione che ora sembrava sciocca e stupida. Non per qualcosa che doveva rimanere nel passato, perché tutto quello che ora aveva importanza era far sì che Brian non cadesse in quel pericoloso e mortale vortice di distruzione.

Le braccia di Nick si strinsero attorno al suo corpo, ancora tremante e fremente per l’energia che viaggiava attraverso i nervi, muscoli che cercavano di ribellarsi a quell’immobilità e a quella sensazione di essere stati fatti prigionieri. Brian tentò di divincolarsi, c’era un peso che stava tentando di distruggere e di schiacciare il suo petto e la sua mente continuava a ripetergli che solamente la libertà avrebbe potuto offrirgli conforto e sollievo da quel dolore opprimente. Cercò, Brian, inutilmente di liberarsi e di allontanarsi perché una parte di sé non voleva essere così vicino a Nick, non dopo tutte le ferite e i colpi che erano stati infieriti in un frangente che non poteva avere nessun legame o collegamento con quello che lui e Nick erano diventati nei passati mesi.

Non voleva il suo conforto. Non voleva le sue carezze e quell’abbraccio che, a ogni secondo che passava lentamente, diventava sempre più opprimenti e soffocante. Non voleva le sue scuse, non quando le sue parole e i suoi sguardi erano stati capaci di distruggere le sue difese e lo avevano ridotto in quelle condizioni, un’ombra nera e fragile che stava cercando disperatamente di recuperare parte fondamentali del suo essere e del suo spirito. Brian non aveva bisogno di Nick, non aveva bisogno che gli ricordasse quanto poco ci fosse della persona che era sempre stata e che mai avrebbe permesso a parole e veleni di entrare e portare distruzione. Brian non aveva mai avuto bisogno di Nick, colui che si era professato suo amico ma che poi l’aveva abbandonato di fronte alla prima difficoltà e al primo vero ostacolo; colui che si era professato suo amante e suo compagno, sua metà e anima gemella e che poi si era dimenticato persino della sua stessa esistenza fino a quando essa si era dimostrata troppo dolorosa da nascondere sotto i drappi o da rimettere sotto il letto.

Non lo voleva nemmeno in quel momento. Non voleva aver bisogno di Nick, non voleva aggrapparsi a quelle braccia affinché lo salvassero e gli impedissero di rinchiudersi in se stesso, di proteggere e di farsi ferire da quell’oscurità e da quel veleno che sembravano diventare sempre allettanti e attraenti: nelle loro braccia non avrebbe più sentito nulla, anestetizzato da tutte quelle parole che il suo stesso cervello formulava e che avevano lo spessore e la potenza delle più affilate e appuntite spade. Voleva rinchiudersi là e non essere più raggiunto da niente e nessuno, soprattutto da quella disperazione che le braccia di Nick riuscivano a lasciar trapelare e che era in grado di risvegliare una parte di se stesso e della sua anima che Brian aveva pensato che fosse già stata distrutta, prima vittima di una battaglia che non sarebbe mai finita fino a quando uno dei due combattenti avrebbe alzato le mani e dichiarato la propria arresa. Non lo voleva, almeno così una parte della sua anima e del suo spirito continuavano a ripetere, gridare e urlare. Non voleva aggrapparsi a Nick, non voleva lasciarsi prendere dallo sconforto e ammettere anche con lui ciò che ormai tutti sapevano. Ciò che Nick stesso gli aveva urlato con una rabbia che ancora stava cercando una vendetta e un secondo round per poter prevalere. E fu a quella che Brian si aggrappò, si lasciò accecare da quell’unica fonte di energia rimastagli.

“Sei contento, no? Sei soddisfatto di aver avuto ragione?” Il tono era iniettato di veleno, una serpe che si era ritrovata ferita e aveva solamente quel siero per poter sconfiggere il suo nemico. Era un sussurro, un intreccio spezzato di sillabe e di intonazione che spesso, ogni secondo, si ritrovava a dover combattere contro quel muro creato non solo dai muscoli della gola ma anche con il panico e lo stress che rendevano tutto ancor più complicato.

Nick non si lasciò sfiorare da quell’accusa. Forse, qualche anno prima, si sarebbe sentito toccato e ferito dal tono che Brian stava usando con lui e si sarebbe rivoltato contro di lui esattamente come aveva fatto qualche ora prima. Seppur le motivazioni dietro la sua sfuriata e uscita melodrammatica erano così differenti, così agli antipodi, che non era nemmeno possibile comparare quei due Nick. Ora, nella sua mente, c’era solamente un unico pensiero “calma Brian. Ha bisogno di te, anche se non vuole ammetterlo.” ed erano quelle frasi a erigere la più alta e resistente delle difese. Perché Brian non stava urlando contro di lui, contro Nick. Quelle frasi, quell’odio che si sentiva nelle vocali e che rendeva più tagliente una voce spezzata e senza respiro, erano rivolte contro Brian stesso ed era quella una cosa che Nick conosceva bene, fin troppo bene. E faceva male vedere Brian, il suo Brian, ridotto in quelle condizioni. Faceva male vedere la sua altra metà, quella persona così forte e orgogliosa, essere trascinata in quel vortice nero da cui Nick era riuscito a malapena a uscirne.

Così le braccia si strinsero ancora di più attorno a Brian, le labbra si posarono sulla pelle madida e bagnata del collo e il naso si ritrovò ad accarezzare le punte dei capelli. Brian oppose più resistenza, cercò in tutti i modi di allontanarsi da quei tocchi che riuscivano a portare un sollievo alle sue ferite, che sapevano attrarre la sua anima e le ricordavano per quale motivo si erano stretti e intrecciati in un unico cammino e famiglia. Ma Nick non glielo permise, non gli avrebbe più permesso di nascondersi e di scappargli via. Era il suo turno di lottare per e contro di lui e non importava con quante cicatrici e segni ne sarebbe uscito: quando sarebbero usciti da quel temporale, lui e Brian mano nella mano, ognuna di quelle lacrime sarebbe scomparsa come se non fosse mai esistita. Ne sarebbe valsa la pena. Così strinse di più il suo abbraccio e le dita incominciarono a lasciare tocchi di carezze sulla pelle del polso di Brian.

“Come posso essere contento se tu stai male? Davvero mi credi così crudele?”

Un mezzo respiro si trasformò in un attacco di tosse, respiro e lacrime che si erano dati a pugni per poter uscire e che, alla fine, si erano ritrovati sconfitti da una forza ancor più potente. Brian sapeva che avrebbe dovuto calmarsi, respirare a lungo e tutte quelle inutili parole che la sua terapista era solita ripetere ogni volta che lo spingeva ad affrontare un discorso che faceva scattare i campanelli d’allarme. Nemmeno quello era mai servito, il panico e la disperazione sembravano sempre trovare il modo per fare battaglia e baldoria e, in quel momento, erano lì pronte per far stappare le bottiglie di champagne perché le truppe nemiche e di difesa erano state sconfitte.

“Come posso crederti dopo oggi?”

“Scusami. Dio, Bri... non avrei mai voluto arrivare fino a quel punto. Ma non.. non sapevo come far breccia dentro a quel muro in cui ti sei nascosto. E ho sbagliato. Ho totalmente sbagliato.” Ancora aveva i brividi, Nick, se ripensava a quella discussione. Non solo per le parole che aveva usato, non solo perché aveva dato dimostrazione di quanto ancora fosse immaturo e incapace di sostenere quel peso: la responsabilità di riprendere Brian e portarlo lontano da quel precipizio al quale si stava pericolosamente avvicinando. Mancava poco, quello era stato il pensiero che lo aveva scosso e percosso nel peggiore dei modi. Era bastato osservare, realmente e attentamente per la prima volta durante tutti quei mesi, lo sguardo ormai vacuo e privato di ogni emozione di Brian per capire che tutto stava per finire. E nel peggiore delle possibilità e dei finali.

Come aveva fatto, Nick, a non accorgersene?

Come aveva potuto, lui che si era sempre fatto orgoglio di quanto bene conoscesse ogni sfumatura di quell’azzurro? Gli occhi di Brian erano più di una finestra della sua anima, i suoi occhi erano capaci di sottolineare e di rendere più incisive, più profonde e, spesso, anche più spietate le parole che venivano pronunciate da quella voce che ora stava scomparendo. L’azzurro di Brian, soprattutto quella calda e profonda sfumatura che era sempre riservata a lui e Baylee, narrava e rassicurava di un amore, di una lealtà e una devozione che era difficile da trovare in un mondo in cui tutti preferivano pensare prima a se stessi e solo in un secondo momento alla persona amata. Quel Brian era scomparso, era stata quella la dolorosa realtà che aveva lasciato Nick boccheggiante. Quel Brian era scomparso insieme a quella luce che aveva sempre reso rari e unici i suoi occhi.

E lui, e Nick, non se n’era nemmeno accorto.

E si era impaurito. La gravità della situazione lo aveva preso in contropiede, lo aveva costretto ad affrontare quei discorsi senza nemmeno aver preparato le parole o cercato un modo per riuscire a far passare il suo messaggio. Aveva sperato in quella canzone, quelle strofe che aveva creato e a cui aveva affidato la sua preghiera, il suo scongiuro affinché Brian si lasciasse finalmente avvolgere dalle sue braccia e gli affidasse il compito di aiutarlo. Di proteggerlo. Di difenderlo.

“E  questo é il più grande eufemismo di tutta la storia. – La battuta uscì sibillina, anche se un parte, una minima e intangibile punta di rabbia scivolò via e scomparve dal corpo di Brian. L’ammissione di Nick era già una medicina, una sorta di sciroppo che portava via l’infiammazione e faceva apparire ciò che si era ed era stato nascosto dalle fiamme e dal fuoco. Quell’ammissione riportava le lancette indietro, resettava tutto affinché rimanessero solamente loro due, due ragazzi con due passati completamente differenti e così ancora incapaci di lasciarseli alle spalle e di dimenticarsi degli errori fatti in passato. – Ti avevo avvertito. Te l’avevo detto che non potevo promettersi fiabe o favole.”

La ferità ancora pulsava. Il tradimento per esser stati abbandonati faceva ancora male e non sarebbe bastata una semplice scusa per rimettere tutto a posto. E Nick questo lo sapeva.

“L’ho scritta per te. La canzone. Non sapevo come fare, non sapevo come raggiungerti e strapparti da quell’incubo in cui ti eri nascosto. Dall’incubo da cui mi hai escluso, come se questa fosse solamente una tua battaglia e non una guerra che avremmo dovuto combattere insieme. Per questo ho scritto queste parole. Voglio essere il tuo scudo. Non so, non potrò mai sapere effettivamente e realmente che cosa significa dover fare i conti con questo, con la tua voce, ogni giorno ma...”

“Ma cosa?” Brian si staccò di colpo da Nick, quell’ultima frase era stata capace di riaccendere la rabbia e di darle ancora più benzina. Era come se ci fosse un mostro dentro Brian, una bestia che stava allungando i suoi artigli e stava scalpitando per poter uscire e potersi finalmente sfogare contro qualcuno. Poter finalmente ferire e lasciare il segno del suo passaggio su qualcun altro.

Nick tentò di avvicinarsi. Tentò di allungare la mano e riavvicinare Brian contro di lui. Ma il maggiore si staccò, il corpo che quasi cercava in tutti i modi di evitare ogni contatto quasi come se avesse paura di contaminarsi. O di arrendersi senza prima essersi sfogato, senza prima aver buttato fuori tutte quelle accuse che stavano facendo marcire un’anima che già si era ritrovata con più falle e fragilità di quanto avrebbe mai potuto immaginare.

“Sto solo dicendo che fa male vederti così. Fa male non poter far nulla per...”

Quel mostro non riusciva a sopportare quel vittimismo, non voleva e non poteva permettere che Nick scambiasse i ruoli e lo facesse passare per il cattivo della situazione. Come poteva anche compararli? Certo, Brian stesso era consapevole di quanto doloroso potesse essere starsene in un angolo e sentirsi inutile mentre la persona che amavi soffriva e si allontanava ma...

Brian scosse quel pensiero mentre il peso contro il suo petto diventava ancora più pesante e ancor più difficile diventava riuscire a respirare.

O pensare.

Mille voci si confondevano dentro la sua testa, voci che gli dicevano che doveva continuare a combattere contro Nick, allontanarlo prima che potesse venire risucchiato in quel vortice; voci che, invece, puntavano il dito contro il ragazzo e lo imputavano di tutti i possibili crimini che avrebbe compiuto, il peggiore di tutti quello di non solo averlo lasciato da solo a combattere ma aver preso armi e averle rivolte contro di lui. In quella cacofonia di urla, un sussurro si levava da una parte remota della sua anima e lo incitava, voleva spingerlo a finalmente abbandonare quell’ultima remora di roccia a cui si stava aggrappando  e lasciare che fosse Nick, per una volta, a essere l’eroe e trarlo in salvo. Ma tutte quelle voci scomparivano, si silenziavano di fronte a quella spezzata e ansimante, rauca come se fosse stata abusata e vittima di un’infinita influenza, che ancora riempiva l’aria in sottofondo. La sua voce che tentava di cantare una canzone che Nick aveva scritto per lui, una preghiera affinché riuscisse a ricordare che aveva un alleato, che qualcuno voleva prendere il suo posto in quella battaglia e non si tirava indietro, nemmeno se significava prenderlo e metterlo di peso di fronte al riflesso dell’uomo, dell’ombra, che era diventato.

L’attacco divenne ancor più pressante, Brian si sentiva preso ostaggio da infinite desideri e non aveva idea di quale fosse la voce che avrebbe dovuto seguire.

“Ascolta Nick. Ascolta il tuo cuore.” sembrò suggerire la sua anima ma Brian si sentiva ancora arrabbiato, profondamente ferito e profondamente dispiaciuto per non essere capace di perdonarlo e di scusarsi perché anche lui aveva commesso i suoi errori e non c’era mai stato mai nessun altro bisogno se non quello di far felice Nick, di lenire i suoi di dolori e di dubbi.

“Ascolta Nick. Vuole aiutarti.”

Come poteva aiutarlo? Come poteva lui, Brian, aiutare Nick quando non sapeva nemmeno che cosa gli stava succedendo? Il suo mondo si era completamente distrutto, mesi prima di quella discussione, e lui si era semplicemente lasciato andare, lasciar trasportare via da quelle correnti fredde e ghiacciate.

“Non puoi far nulla, Nick. – La voce di Brian uscì in un piatto e atono sussurro. Gli occhi si chiusero, non volendo lasciar uscire e rendere visibili tutta la distruzione che si portava dentro. – Non c’è nulla...”

“No. – Lo interruppe Nick. – No. Lo dici solo perché sei stanco. E ci credo che lo sei. Ma non puoi abbandonare così. Non puoi perdere la speranza di...”

“Di cosa? Di tornare a cantare? Di tornare a essere il cantante che tutti vogliono? Di tornare a essere il Brian di sempre? – Da sussurro la voce si alzò e incominciò a prendere le somiglianze di un urlo, un grido di un dolore che finalmente aveva trovato un’apertura e un’uscita e non avrebbe sprecato quella sua unica opportunità di fuga. – Nn succederà Nick! Non sarò mai più quella persona. Non potrò più cantare, per quanto io continua a intestardirmi. E odio tutto questo. Odio, odio, odio ciò in cui mi sono trasformato. Odio questa voce.”

Nick fece ancora un passo in avanti, costringendo Brian a fare un passo indietro perché non lo voleva vicino, non quando si sentiva come se le mura di quella stanza avessero deciso di rimpicciolirsi e di stringersi attorno a lui, risucchiando via anche quel poco di ossigeno che i suoi poveri polmoni riuscivano a malapena a lavorare e trasformare in aria preziosa e necessaria. Ecco quello di cui aveva bisogno Brian in quel momento: spazio. Aria. Una distanza di sicurezza che potesse difendere e proteggere Nick nel caso in cui il mostro avesse deciso che il suo sangue non era più sufficiente, che per sopravvivere aveva bisogno di altra energia, di un’altra anima da ridurre poco più di un deserto arido. Eppure, allo stesso tempo, c’era il bisogno di annullare quella distanza e di gettarsi contro Nick, buttargli tutto quel peso che lo stava soffocando nella speranza di poter riempire il suo spirito con speranza e fiducia, fede ed energie perché tutto voleva Brian tranne che arrendersi.

E nemmeno la sua voce si arrese, nonostante fosse poco più di un sussurro travestito con l’apparenza di un urlo adulto. Non si arrese e non lasciò tempo o battuta a Nick di rispondere, o di allargare ancora di più quella voragine che stava mangiucchiando e rosicchiando ciò che rimaneva dell’uomo che era stato. O che aveva finto di essere, visto quanto labili e confusi fossero quei confini e quanto poco ormai si sentiva vicino a quella persona, quel bambino che aveva sconfitto la morte e il ragazzo che le aveva dato la pugnalata finale.

“Odio sapere di non poter più essere quella voce. Odio dover sentirmi, ogni giorno, come qualcosa di inutile e vecchio che presto sarà gettato via e abbandonato perché non può essere più usato. Odio sentire la mia voce, odio sapere ormai esattamente i momenti in cui essa si spezzerà o gli attimi in cui sarà solamente un battito di respiro senza aria. Odio non sapere più che cosa significa svegliarsi e trascorrere un’intera giornata senza questo costante e infinito dolore. Odio che questa cosa, questo mio problema, si sia messo fra di noi. E sono stato io a lasciarlo entrare, sono stato io che gli ho permesso di portare tutta questa distruzione.”

“Bri, andiamo. Non è così grave. Credi davvero che ti possa lasciare per questo? Credi davvero che possa odiarti perché stai passando un periodo non facile e non sai come uscirne fuori? Proprio io?” Un tempo, forse, Nick si sarebbe impaurito di quella lite. Un tempo, senza nemmeno usare avverbi di dubbio, Nick non avrebbe nemmeno pronunciato mezza parola per paura di perdere l’amore di Brian, per paura di perdere quell’unica relazione che aveva senso, significato e importanza nella sua vita. Ma non c’erano più quegli artigli a bloccarlo e a fermarlo: non aveva più paura perché sapeva, era più che certo e consapevole, che ciò che lui e Brian avevano sarebbe stato in grado di sopportare ogni temporale. D’altronde, si era già dimostrato resistente in tutti quegli anni in cui le peggiori tempeste erano state in grado di allontanarli in differenti terre e atmosfere.

Nick non avrebbe permesso a Brian di scomparire. Non così, non perché le sue stesse paure lo stavano convincendo di essere il peggior mostro vivente in quel mondo. Brian gli aveva dato sicurezza e fede quando lui non ne aveva nemmeno un’unghia ed era più che naturale, più che logico e implicito, che ora lui volesse, desiderasse e anelasse a fare lo stesso.

“Oggi...”

“Lascia perdere oggi. Oggi è stato solo un cumulo di stress e di parole che non ci siamo detti in questi mesi e di cui entrambi abbiamo colpe. Non ci stiamo distruggendo. Non stai distruggendo il gruppo. Stai solo distruggendo se stesso. E la cosa peggiore è che pensi, anzi credi, che non importi a nessuno. Che non m’importi.”

Gli occhi di Nick si erano oscurati, quello Brian ancora riusciva a riconoscerlo. Era un’ombra di tristezza, un dolore sordo che Brian stesso conosceva, perché era stato lo stesso che aveva scosso il suo corpo quando si era ritrovato testimone della distruzione di Nick senza poter far nulla. Avrebbe voluto, Brian, allungare una mano e cercare, tentare, di cancellare quella tristezza da quegli occhi che avrebbero dovuto essere sempre colmi di gioia e di felicità. Anche se faceva male vederlo felice, quando lui stesso non sapeva nemmeno più che cosa significasse quell’emozione.

Il senso di colpa per quel pensiero si aggiunse al peso che opprimeva il suo petto e che, dopo così tanti tentativi di respirare, ora incominciava a dare segni di fatica e di dolore. Sarebbe mai giunta una fine? Sarebbe mai arrivato il momento in cui il suo cervello, quella mente che si stava ribellando contro il suo stesso essere, avrebbe deciso che era tempo di prendersi una pausa? Voleva solo quello, Brian. Voleva riavere la sua vita. La sua voce. Il suo rapporto con Nick.

Non voleva essere invidioso di lui.

Le spalle si abbassarono, ormai anch’esse sconfitte in quella battaglia. Gli occhi rimasero puntati sul pavimento, la vista ormai annebbiata da lacrime che, nonostante non avevano mai chiesto e ottenuto il permesso di uscire, rigavano il volto e si lanciavano dal mento per poi scomparire sulle piastrelle del pavimento.

“Odio questo mostro che si è preso dimora dentro di me, verde per l’invidia e la gelosia perché vorrebbe essere te. Odio questo veleno, Nick. Che razza di persona sono diventata?”

Giò. Che razza di persona era diventata? Brian si domandò fra sé e sé. Da quando si era lasciato avvolgere così tanto dai suoi problemi da non nemmeno più riuscire a trovare un filo di eccitazione e di orgoglio per tutto quello che Nick stava riuscendo a realizzare? Nick, la persona che amava più di qualsiasi altro oltre a suo figlio?

“Oh Bri. – Mormorò Nick, riuscendo finalmente a raggiungere il ragazzo. O quello che ne rimaneva perché il suo cuore non riusciva a riconciliare quelle due immagini. Come aveva fatto a non accorgersene? Non solo non aveva notato ma aveva anche rigirato il coltello nella piaga, ricordandogli quanto agli antipodi si fossero ritrovati. – Di che cosa mi dovresti invidiare?”

“Non farmelo dire, per favore.” Lo scongiurò Brian, i pugni così stretti che le nocche delle dita erano ormai così bianche da lasciare intravedere il segno delle ossa. Non voleva ammetterlo, non c’era bisogno di ammettere qualcosa per cui avrebbe dovuto essere orgoglioso. Non invidioso.

Finalmente Nick riuscì a colmare la distanza che si frapponeva fra lui e Brian. Avrebbe voluto prenderlo fra le braccia ma si rendeva conto di quanto quella mossa avrebbe potuto trasformarsi in qualcosa di controproducente, non fosse solamente per tutti quei segni che allarmavano la presenza di un attacco di panico. Prese semplicemente le mani di Brian fra le sue, quei pugni che sembravano dolorosi solamente a osservarli; lentamente e con delicati tocchi, Nick slegò le dita e le liberò da quella stretta per poi lasciare che le sue stesse dita scivolassero sul polso, dove piccoli cerchi e linee senza direzione tentarono di portare sollievo e calma. Brian si focalizzò su quei tocchi, su quel ritmo che voleva insegnare al suo cuore come avrebbe dovuto battere: non frenetico, non come se fosse in procinto di dover cantare di fronte a migliaia di persone e già sapendo di ritrovarsi di fronte all’ennesimo fallimento. Quei tocchi gli ricordavano che erano solo loro due, Brian e Nick, e che non c’era niente che non avrebbero potuto affrontare; non c’era niente che avrebbe potuto far scappare Nick lontano da lui, nemmeno quell’ammissione che sapeva di nemico invece che di compagno.

Che razza di persona era diventata?

“Ti dico io che persona sei, Brian. – Rispose Nick, come se fosse stato in grado di leggergli nella mente. O forse Brian aveva mormorato quella parola ad alta voce, anche se era difficile ormai capirne la differenza. – Non sei cambiato. Non ti sei trasformato in una brutta persona tutto a un tratto. Sei semplicemente stanco, esausto. Perso. Sono mesi che devi affrontare qualcosa che chiunque troverebbe spaventoso, qualcosa che non si può facilmente risolvere con due medicine o con un’operazione. E hai ragione, non potrò mai avere idea di quello che stai passando nemmeno se sprechi questi ultimi scampoli di voce che hai per spiegarmelo. Posso immaginare, posso tentare di mettermi nei tuoi panni, ma non riuscirò mai a comprendere come ci si sente sapendo di non aver più a disposizione ciò che mi permette di lavorare.”

“Non è una scusa per essere geloso di te. – Ribatté Brian, un senso di calma che era quasi riuscito a prendere centro e possesso dei suoi nervi. La presenza di Nick, quei tocchi e quelle carezze, gli avevano dato la sicurezza che, almeno fra loro due, le cose si sarebbero sistemate. Provava ancora rabbia ma, a mente quasi un filo più lucida, sapeva che non era totalmente e completamente indirizzata a Nick ma, più che altro, verso se stesso. Aveva sbagliato in tutte quelle settimane e ammettere i suoi errori non era mai stato il suo tratto migliore. – Sono più che orgoglioso di te, questo lo sai? Ma...”

“Ma ti domandi perché non puoi essere te, perché a te sono toccati scampoli e battaglie da combattere invece di poter semplicemente cantare e fare tutto ciò che la tua mente progetta di fare? – Nick osò appoggiare le labbra sulla fronte di Brian, lasciandosi sfuggire un lieve sospiro di sollievo quando Brian non fece cenno di muoversi. – Questo lo posso comprendere, Bri. Ho passato più anni di quanto vorrei ammettere a invidiarti perché sembravi avere tutto quello che io avevo sempre desiderato: eri felice, avevi una famiglia e, soprattutto, una voce che faceva impazzire chiunque.”

“E la sto pagando a caro prezzo quell’illusione.”

“Ritornerai a essere il migliore, Brian. Conosco bene la persona che amo.”

“Davvero?” Si ritrovò Brian a ribattere, un filo di veleno nel suo tono di voce che, però, rimpianse quasi immediatamente. Voleva smettere tutto quel circolo vizioso, quell’amarsi con così grande passione ed onestà che veniva sempre controbilanciato da una capacità di farsi del male che era quasi impossibile da credere.

Nick accusò il colpo, abbassando per qualche secondo il volto e ributtando indietro la risposta piccata che era nata sulle labbra. Aveva ragione, almeno in parte. Brian. Brian aveva ragione a dubitare delle sue parole perché Nick non gli aveva dato nessun indizio per controbattere a quel tarlo. Ma non gli avrebbe permesso di continuare con quel dubbio, gli avrebbe dimostrato che di lui ci si poteva fidare, che su di lui Brian poteva appoggiarsi e trovare tutto quello che, ora, gli mancava per continuare a combattere.

“Forse hai cambiato vestiti. Forse ora ti nascondi. Ma da qualche parte c’è ancora quel Brian che ho sempre conosciuto e ammirato. Quel Brian che andava fiero della sua voce. Quel Brian che non hai mai permesso a niente e nessuno di vincere sopra di lui.”

Ci fu un attimo di silenzio, interrotto solamente dalle note rotte e spezzate di un disco che non ne sapeva di voler smettere e ricordare a tutti per quale motivo si trovassero in quella posizione. C’erano tante cose che Brian avrebbe voluto dire a Nick, ribattere quella fede e quel credo così incrollabile. Ma le forze si erano esaurite e Brian non voleva più litigare, non voleva più discutere e spiegare. Voleva sentire, provare tutte quelle emozioni che aveva, che era stato costretto a gettare in un angolo per paura che potessero essere contaminati e avvelenati da tutt’altro. Voleva ritrovare la strada per tornare fra le braccia di Nick, per risentirsi ancora parte di qualcosa che non si era concesso per molto tempo.

Il silenzio continuò il suo lungo e lento percorso mentre Brian avvicinava il corpo fino a quando non c’erano più distinzioni di sorta fra il suo e quello di Nick; fino a quando pelle e pelle poterono riprendere a conoscersi, piccole bolle che si formavano su di esse per il sollievo di poter essere finalmente riunite. Le labbra di Brian si appoggiarono sugli angoli della bocca di Nick, un primo e imbranato tentativo di trasmettere ciò di cui aveva bisogno in quel momento: una bolla di respiro, un frangente in cui niente di tutto quello che lo tormentava potesse aver senso e prendere controllo ancora su di lui; un’alternativa di quella dimensione in cui non c’erano rimasugli di discussione, rancore e risentimento. Spinto da quel desiderio, spinto dal bisogno di stare ed essere un unico corpo ed essenza con Nick, i suoi tocchi diventarono sempre più sicuri e confidenti: le labbra scivolarono su quelle di Nick, chiedendo con silenziosi baci di poterlo perdonare per la distanza che lui stesso aveva messo fra di loro nei mesi precedenti. Una mano si infilò fra i capelli, accarezzando quei fili che si erano allungati e che ora potevano essere arricciati attorno alle dita, mentre piccoli fuochi d’artificio incominciavano a farsi strada fra i tocchi, a volte dolorosi e a volte solamente fin troppo passionali, delle labbra di Nick contro le sue. Nick aveva compreso e stava seguendo l’esempio di Brian, lasciando che fosse il suo corpo a rispondere alle scuse e offrirne di sue, usando quel linguaggio di cui si era sempre fatto cavaliere e ambasciatore. Nei baci di Brian, in quei movimenti che si stavano facendo più frenetici e che volevano solamente portare i due corpi ancora più vicini e intimi possibili, c’era una disperazione che Nick conosceva bene: c’era il bisogno di perdersi, il bisogno di consegnare ogni parte di se stesso nelle mani di qualcuno che avrebbe potuto ricostruirlo. Guarirlo. Lenire quelle cicatrici e farlo sentire come se quella malattia, quella voce che si era ridotta a un sussurro, non avesse però attaccato l’essere e l’essenza di ciò che Brian era.

Le braccia di Nick si cinsero attorno alla vita di Brian, le labbra che scivolarono lungo la mascella e che si fermarono poi per qualche secondo a pochi centimetri dal collo, volendo e desiderando rendere omaggio alle corde vocali, accarezzarle e ricordare a Brian che erano ancora il suono più bello che lui avesse mai ascoltato sin dall’inizio dei tempi e della musica. In quell’attimo, il corpo di Brian si irrigidì improvvisamente. Il respiro era affannato, il cuore sembrava stesse correndo la più lunga e pericolosa delle maratone e c’era una vocina che incitava Brian ad allontanarsi e nascondersi il più lontano possibile. Ma non lo fece. Brian rimase fermo fra le braccia di Nick, quella presa su sui fianchi che sembrava bruciare la sottile e fragile batteria dei vestiti e lasciare la sua impronta sulla pelle. Un marchio che si sarebbe poi trasferito nell’anima, un altro ricordo e memoria che non era più, e non sarebbe mai stato, un individuo ad affrontare da solo le intemperie della vita: erano in due, due cuori che battevano all’unisono e che sanguinavano e si distruggevano in una struggente e stridente armonia.

“Odio anch’io quello che ti sta succedendo, Bri. – Le labbra di Nick si muovevano sulla pelle di Brian, piccoli respiri di aria che le labbra di Brian avrebbero voluto rubare via, se non fossero fin troppo attente a quelle parole che stavano pronunciando. – Odio che qualcosa ti stia portando la voce. E non è solo per il gruppo, anzi, quello è davvero l’ultimo dei miei pensieri. Odio tutto questo perché amo la tua voce. E mi manca. Dio, se mi manca. E’ uno dei suoni che più amo al mondo.”

Un singhiozzo riuscì a sfuggire via dalla gola mentre Brian appoggiava la fronte contro il petto di Nick, le dita che si attorcigliavano attorno ai lembi della maglietta che il compagno indossava. Per tutto quel tempo Brian si era semplicemente lasciato avvolgere dal disastro creato dentro di lui, senza mai accorgersi di quanto quella tempesta avesse rovinato e ferito anche le persone che gli stavano e che avevano continuato a stargli accanto nonostante tutto. Avrebbe voluto insultarsi, un’altra colpa da addossare e indossare come se fosse una lettera scarlatta. Ma, in quel momento, era una carezza calda che scioglieva parte di quel ghiaccio  che si era avvolto attorno alla sua anima.

La mano di Nick risalì tutta la linea del fianco, andando poi ad appoggiarsi sulla guancia di Brian. Ci fu un accenno di sorriso sul volto di Brian ma Nick non riuscì a vederlo, non avendo a disposizione una vista che gli permettesse di vedere oltre i vestiti. O il suo stesso petto.

“Mi manca il modo in cui pronunciavi il mio nome, quel Nick caldo e avvolgente che mi ha sempre fatto sentire amato, anche quando sapevo che mi stavi prendendo in giro. O che mi urlavi dietro perché eri preoccupato e impaurito per me. Mi manca quel tuo tono sagace con cui mi hai sempre corretto, quella saggezza che non era mai una predica o un semplice mostrare e vantarsi di sapere più di qualsiasi altra persona nella stanza. Ma più di tutto... più di tutto mi manca quella voce che sapeva librarsi in ogni tonalità, scala o accordo e lo faceva sembrare come qualcosa di naturale. Ma c’è ancora, riesco a vedere e captarne i riflessi in certi momenti ed è come un tuffo indietro nel passato: anche se ancora nascosta, anche se con qualche ruggito qua e là, quando canti ancora riesci a cancellare ogni brutto pensiero che possa passarmi per la testa. Ti sento cantare e so che tutto andrà alla perfezione. Ti vedo cantare e il mondo riacquista colori e ottimismo. – Era difficile, per Nick, mettere in parole che cosa davvero significava la voce di Brian per lui. Non erano solamente le reazioni fisiche, quel tuffo di un cuore che sembrava voler esplodere per l’oceano di emozioni che note e armonie riuscivano a far nascere. C’erano ragioni che andavano oltre a quello, c’erano motivazioni che, alla fine di ogni discorso, erano anche le basi di una sopravvivenza durante uno dei peggiori periodi che Nick avesse mai vissuto sulla propria pelle. – Quando mi drogavo, c’erano notti in cui l’unica compagnia era la tua voce. Sapevo che non potevo chiamarti, la mia mente continuava a ripetermi quanto tu mi odiassi e quanto mi avresti insultato se mi avessi visto in quelle condizioni. Ma avevo bisogno del tuo calore, avevo bisogno di qualcosa che mi ricordasse quanto bello potesse essere il mondo e la vita, nonostante tutto quell’oscurità di cui mi ero circondato, così ascoltavo le nostre canzoni. Ascoltavo la tua voce e mi ripetevo che potevo farcela, se non solo per poterti far cambiare idea e riaverti. Anche solo come amico.”

Brian si ritrovò a boccheggiare, schiacciato da quei singhiozzi che volevano uscire dalla gola e che volevano finalmente urlare tutto il dolore, e la rabbia, che aveva covato per fin troppo tempo. Non si era mai permesso di crollare, non si era mai permesso di dare ascolto a quella parte così fragile e bisognosa di attenzioni e di cure; l’aveva, invece, nascosta e coperta con false intenzioni e una maschera di forza, di voglia di non lasciar vedere nessuna crepa e di non voler accettare ciò che gli stava succedendo. Le parole di Nick erano come una musa, una sirena che aveva finalmente trovato ciò che stava cercando e cantava per loro, cantava per quelle ferite che volevano essere lenite e quelle lacrime che volevano finalmente uscire. Ogni difesa crollò davanti a quell’ammissione e Brian lasciò che lo tsunami avanzasse la sua forza e la sua intensità, lasciandogli la strada libera e spalancata per poter sbuffare le sue onde. I singhiozzi arrivarono convulsi, sbattiti di respiro e di lacrime che facevano a botte pur di prendere il volo, pur di sfuggire via da quella solitudine e finalmente poter essere ascoltati.

Dio, se si era sentito solo!

E ora comprendeva quanto tutto fosse stata colpa sua. Solo ed esclusivamente colpa sua. Si era allontanato da tutti per non soffrire e, in quell’oceano buio, si era lasciato convincere che a nessuno importasse delle sue lacrime e dei suoi problemi.

Le lacrime continuarono a scivolare lungo il suo viso, bagnando la maglietta in cui Brian si stava nascondendo e aggrappando; Nick non badò a quei piccoli particolari ma, semplicemente, strinse ancora più l’abbraccio attorno a quel corpo che, mai prima di quel momento, era sembrato e apparso così piccolo e fragile. Nick non badò nemmeno a quelle ore che incominciarono a sfumarsi l’una nell’altra, scandite solamente dai singhiozzi di Brian; non si accorse nemmeno di quando, all’improvviso, si ritrovarono seduti con la schiena contro la parete.

Non importava nulla perché Brian aveva bisogno di lui. E Nick non lo avrebbe più lasciato da solo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Questo capitolo è risultato essere qualcosa di totalmente fuori da ogni programma. Ecco perchè lo pubblico in due parti, visto che conta ben 36 pagine e la lunghezza non avrebbe permesso di sguazzare abilmente nelle acque del Briangst più profondo. lol 
Domani pubblicherò la seconda parte di questo capitolo. =) 

   
 
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