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Autore: Angie Mars Halen    07/10/2015    1 recensioni
Dopo anni trascorsi senza mai vedersi, Nikki e un’amica di vecchia data, Sydney, si rincontrano durante il periodo più difficile e turbolento per i Mötley Crüe. Questa amicizia ritrovata, però, non è sconvolgente quanto la scoperta che la ragazza vive da sola con suo figlio Francis, la cui storia risveglia in Nikki ricordi tutt’altro che piacevoli. In seguito a ciò il bassista comincia ad avvertire un legame tra loro che desidera scoprire e rinforzare in nome della sua infanzia vissuta fra spostamenti e affetti instabili. Si ritrova così a riscoprire sentimenti che aveva sempre sottovalutato e che ora vorrebbe conquistare, ma la sua peggiore abitudine è sempre pronta a trascinarlo nel buio più totale e a rendere vani i suoi sforzi.
[1987]
[Pubblicazione momentaneamente sospesa]
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Nuovo personaggio, Tommy Lee, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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VINCE





Hollywood, CA, aprile 1987

Gli occhi di tutti i presenti erano letteralmente schizzati fuori dalle orbite per la scena che si stava tenendo al nostro tavolo. I clienti sembravano statue di sale con un sorriso paralizzato sulle facce sudate e le cameriere avevano tutte la lingua che toccava il pavimento lercio solo perché quel folle di Tommy Lee aveva deciso che era giunta l’ora di farsi riconoscere.

Tutto aveva avuto inizio poco prima, quando le casse dello stereo avevano cominciato a sparare Uh! All Night dei Kiss e lui era andato completamente fuori di testa. Aveva spalancato gli enormi occhi scuri, aveva messo su un ghigno che la diceva lunga ed era saltato in piedi sul tavolo, barcollando come uno di quegli inquietanti fantocci di tela che svolazzano nei cortili degli autoconcessionari. “Facciamo casino, cazzo!” aveva urlato brandendo in aria il pugno in cui teneva la bottiglia di birra, e adesso era ancora lì a berciare come una scimmia fatta di coca e a incitare il suo Gemello Terribile a prendere parte alla sua follia. Ovviamente Nikki lo seguì a ruota e senza esitare per il puro gusto di raddoppiare il trambusto che T-Bone stava facendo tutto da solo, lasciando me e Mick a guardarli e a domandarci cosa ci fosse che non andasse in loro. Non che non lo sapessimo, anzi, lo sapevamo alla perfezione, così come loro sapevano quello che non andava in noi. Per farla breve, tutti sapevano ma nessuno muoveva un dito per rimettere in riga se stesso o aiutare un compagno. Andava bene così, e sarebbe andata bene finché non fosse successo qualcosa di ancora più grave degli avvenimenti passati che avevano marcato in negativo la nostra carriera e le nostre vite personali.

Se siamo ancora qui a fare i cazzoni, allora vuol dire che dobbiamo continuare! era stata la massima di Nikki in uno dei suoi rari momenti di lucidità – una lucidità che, come si può ben intuire, aveva dei limiti ristretti.

“Ci vuole dell’altro Jack!” esclamò Tommy dopo essersi tornato a sedere su quella povera sedia che stava sopportando da mezz’ora un metro e novanta di batterista che saltava, si contorceva e si dondolava. Mi ricordava quei ragazzini delle elementari che si divertono a sfottere la maestra, che ripete loro di smettere di dondolarsi perché poi cadono all’indietro, sbattono la testa contro il muro e al pronto soccorso gli metteranno i punti.

Nikki schioccò le dita in direzione di una cameriera di passaggio per attirare la sua attenzione e lei si avvicinò mostrando una certa soggezione nei nostri confronti, come se non avesse mai avuto a che fare con un gruppo di clienti ubriachi. Si fermò di fianco a lui con il vassoio stretto al petto ed esibì un sorriso tirato. “Come posso aiutarvi?”

“Portaci una bottiglia di Jack. Possibilmente piena e ancora da aprire, non mezza vuota come ha fatto la tua collega poco fa,” le ordinò Nikki con gli occhi lucidi incollati alla scollatura della divisa di vernice blu, i quali si spostarono presto al volto roseo per studiarlo con attenzione prima di spalancarsi in un moto di sorpresa.

La cameriera scosse il capo e si strinse ancora di più al vassoio. “Purtroppo abbiamo esaurito le scorte. Non ci aspettavamo così tanti clienti questa sera. Se vuoi, però, possiamo servirvi qualcos’altro come–”

“Ehi!” La interruppe Nikki con un tono piuttosto sarcastico come se avesse voluto darle una lezione per avergli fatto un torto. “Ti ho chiesto del Jack, non vodka, tequila o del fottuto champagne con caviale, cazzo. Che razza di locale è questo, eh, Vince?”

Mi voltai svogliatamente verso di lui e sogghignai divertito dalla faccia che aveva fatto, una specie di espressione contorta di finto sdegno alterata dall’ebbrezza. “Avanti, Sixx, non te la prendere. Sono cose che capitano.”

“Che non dovrebbero capitare quando ci siamo noi in giro, vorrai dire,” mi corresse Tommy mentre passava in rassegna la ragazza dalla testa ai piedi.

Con mio grande piacere constatai che la tipa in questione non era poi così male: aveva raccolto i capelli in una coda alta, gli occhi chiari e pesantemente contornati dall’eye-liner ci fissavano uno a uno per tenere sotto controllo ogni nostra mossa e le scarpe basse ma dalla punta affilata sembravano pronte a tirarci un calcio nel momento del bisogno.

“Vuoi ordinare qualcos’altro?” ripeté tremando, sempre con il vassoio rotondo stretto a sé e le mani che si muovevano nervosamente.

Nikki sbuffò e si accasciò sulla sedia con un gomito appoggiato allo schienale e un braccio pesantemente steso sul tavolo. “Io volevo del Jack ma, a quanto pare, in questo postaccio avete esaurito le scorte. Oppure sei tu che non vuoi portarmene? Chi lo sa? Per quel che mi riguarda, potresti aver mentito spudoratamente. Il mondo è pieno di bugiardi.”

Notai che le gambe della cameriera tremavano come se si fosse trovata davanti a un rapinatore che la minacciava con una pistola.

Sixx, ignorando totalmente la reazione della ragazza, si scambiò un’occhiata tutt’altro che rassicurante col suo compagno di bisbocce, appoggiò i gomiti sulla superficie metallica del tavolo facendo fatica a mantenere l’equilibrio e unì i polpastrelli per assumere un atteggiamento formale per porle una domanda che ne avrebbe previsto uno completamente diverso. “Mettiamola così, signorina: se non mi porti quello che ti ho chiesto entro un minuto, mi alzo da qui e me lo vado a prendere da solo perché so che ne hai.”

Detto questo, scoppiò in una risata che contagiò tutti, persino il pacifico Mick, che era stato costretto a seguirci in quel locale che non avevamo ancora infestato con la nostra presenza.

La cameriera strabuzzò gli occhi e socchiuse appena le labbra per emettere un sussurro tremolante. “Stai esagerando. Se continui sarò costretta a chiamare la sicurezza.” A quel punto tutti tacquero, compresi noi e lo stesso Nikki, che la fissò con gli occhi che a momenti schizzavano fuori dal cranio per l’oltraggio subìto. La ragazza puntò poi un dito verso la finestra alle nostre spalle e la sua unghia laccata di rosso fuoco indicava un tratto deserto del Sunset Boulevard dove balenava la sola insegna di uno strip club. “Hai sbagliato indirizzo, bello. Se cerchi un posto dove puoi attaccare briga con le cameriere ed essere sicuro che ti daranno retta, prego, attraversa pure il viale e va’ laggiù dove ci sono tutte quelle belle luci al neon.”

Detto questo, fece per girare sui tacchi per andare a servire qualche altro cliente che attendeva il suo turno, ma la mano enorme e con tanto di unghie con lo smalto nero tutto rosicchiato di Nikki la fermò. I loro sguardi si incrociarono per un attimo, uno terrorizzato e l’altro adirato, e la tensione era palpabile.

Nikki mise su il suo consueto sorrisetto malefico e aumentò la morsa. “Secondo me quella che dovrebbe attraversare la strada sei proprio tu, così almeno vai là e raggiungi le tue amiche.”

La cameriera riuscì a divincolarsi con un gesto veloce ed esperto, agevolata dalla condizione critica dell’altro, e sollevò in aria il vassoio con l’intenzione di colpire Nikki su quella testa cotonata che si ritrovava, ma un omaccione sulla quarantina si mise in mezzo per sedare la situazione. Afferrò prima il collo del chiodo di Nikki e lo tornò a piazzare sulla sedia come un sacco senza distogliere gli occhiacci iniettati di sangue dai suoi allucinati, poi acciuffò la cameriera e la trascinò in disparte senza fare troppa fatica data la sua corporatura minuta.

“Maledetta stronza,” squittì il bassista mentre tornava ad appoggiare i gomiti sulla tavola, stavolta con atteggiamento capriccioso e il tono ancora più lagnoso a causa della sbronza che sembrava peggiorare ogni minuto di più. “Avete sentito cos’ha detto?”

Tommy si avvicinò a lui trascinandosi sulla sedia e ci mise un po’ prima di riuscire a proferire le sue prime parole coerenti della serata. “Amico, guarda che stavolta sei stato un po’ troppo–”

“‘Un po’ troppo’ cosa?” attaccò Nikki in sua difesa; continuò a sostenere la sua tesi per tutta la sera, biascicando e sudando. Non capii molto di quello che diceva, ma riuscii a intuire che doveva averla incontrata precedentemente da qualche altra parte e che, come al solito, era stata la causa di qualche casino.

Mi voltai verso Mick sperando di trovare un minimo di sostegno nel suo sguardo, ma scoprii in fretta che trapelava solo stanchezza, spossatezza e noia, allora diedi un’occhiata alla mia destra. Strizzai gli occhi per schiarire la visuale e vidi la cameriera intenta a gesticolare e a gridare di fronte a quello che probabilmente era il suo capo, e si stava atteggiando proprio come lo stesso Nikki stava facendo di fianco a me. Scossi il capo e finii di bere la birra rimasta nella mia bottiglia, poi diedi una pacca sulla spalla di Tommy. “Qui non c’è più niente da fare, ormai il tuo amico ha rovinato la serata. Io me ne vado.”

“Concordo in pieno,” mormorò Mick mentre si alzava lentamente e si tornava a infilare la giacca di jeans, dopodiché ci dirigemmo tutti verso il parcheggio, dove un paio di fan ci attendevano da quando eravamo entrati con la speranza che facessimo loro un autografo. Li accontentammo e ce ne sbarazzammo in fretta, poi vidi Nikki salire a bordo della sua Corvette nera insieme a Mick, che in quel periodo era stato tradito dalla sua Chevy degli anni Settanta e aveva bisogno di qualcuno che lo andasse a prendere e che lo riportasse a casa – sempre ammesso che un palo del telefono o il tronco di un albero non li fermasse prima che arrivassero a destinazione. Un attimo dopo T-Bone balzò in sella alla sua motocicletta e rombò via dietro l’auto del suo amico, lasciandomi da solo in mezzo al cortile del locale.

Decisi di approfittare di quel breve momento di solitudine e quiete per respirare la brezza fresca della sera e mi appoggiai alla portiera della mia macchina. Il parcheggio non era molto illuminato, anzi, era così buio che si distinguevano a malapena le sagome delle palme e dei tralicci della laterale del Sunset sul quale si trovava.

Stavo per aprire la portiera della mia auto quando il rumore di una porta pesante che veniva sbattuta e un fascio di luce gialla veloce come un fulmine attirarono la mia attenzione. Mi abbassai per evitare di essere visto dal momento che temevo si trattasse di un fan in agguato ma, quando un singhiozzo sommesso giunse alle mie orecchie, capii che non si trattava di qualcuno di molesto. Tornai quindi alla mia altezza normale e tentai di sbirciare da sopra il tettuccio delle altre macchine, ma un separé di canne di bambù al limite dell’usura mi ostacolava la visuale. Qualche minuto dopo un’ombra avanzò nella semioscurità e si fermò in prossimità della scarsa luce emanata da un neon tremolante appeso alla tettoia del locale. Impiegai un po’ di tempo prima di capire che la ragazza che stava piagnucolando mentre si guardava intorno con sospetto era proprio la cameriera che aveva discusso con Nikki. Se ne stava immobile vicino al parcheggio deserto e, adesso che portava dei jeans a sigaretta strappati e scarpe da ginnastica, sembrava molto vulnerabile. Se fosse restata lì ancora a lungo e qualche malintenzionato si fosse accorto della sua presenza, per lei sarebbero stati guai seri, altro che le minacce di Sixx, che era solo buono a dare aria ai denti. Questo era già un motivo abbastanza valido per sgattaiolare fuori dal mio nascondiglio e annunciare la mia presenza, chiamandola e precisando che non avevo cattive intenzioni.

“Vattene via, lasciami in pace!” gridò ad alta voce mentre indietreggiava verso il pesante portone di ferro nero che conduceva al retro del locale.

Mi fermai a qualche metro da lei e sollevai le mani in segno di resa.

“Calma, non c’è bisogno di allertare l’esercito,” esclamai per niente ironico dal momento che, vista la reazione di poco prima, non mi sarei stupito de fosse corsa dentro urlando che un maniaco la stava importunando. “Non voglio portare guai a nessuno. Non ne ho bisogno.”

Si fermò con le spalle attaccate al portone e mi fissò di sbieco e con diffidenza. “Allora faresti meglio ad andare via. Io non ti conosco, tu non mi conosci, e non abbiamo niente da dirci.”

Roteai gli occhi e sbuffai sonoramente nel silenzio inquietante del parcheggio. “Che cazzo, sei uscita in lacrime dalla porta e lo so che è colpa di quel demente del mio amico se ti sei spaventata. Ma non preoccuparti, adesso è andato a fare danni in qualche altro posto.”

“Smettila di ridere, non c’è niente di divertente,” mi zittì acida. “E il tuo amico non mi ha spaventata, mi ha solo fatta incazzare. Poi, visto che sei così preoccupato per me, sappi che mi hanno licenziata perché ho tentato di aggredire quel tuo amico per legittima difesa. Secondo il mio capo... ex capo, ormai... insomma, secondo lui avrei donato al suo locale la fama di avere delle cameriere che prendono a colpi di vassoio i clienti un po’ troppo pretenziosi, ma non è colpa mia se non sono come le sue due bimbe preferite e se ho avuto le mie buone ragioni per farlo,” fece una pausa per riprendere fiato durante la quale continuò a guardarmi con sospetto, poi sembrò ritrovare un minimo della tranquillità e del controllo che aveva perso. “Hai capito o devo ripetere?”

“Sì, chiarissimo,” risposi apatico. “Cosa pensi di fare adesso?”

Alzò gli occhi al cielo e si appoggiò al muro di mattoni rossi e levigati. “Devo aspettare che le mie colleghe finiscano il turno e tra un paio d’ore, quando saranno uscite, mi riaccompagneranno a casa.”

Non aggiunse altro e si limitò a stringersi nelle spalle e a continuare a guardarsi intorno per sorvegliare la zona circostante. Evidentemente non ero l’unico a temere che potesse accaderle qualcosa di spiacevole, e l’immagine di quella ragazza che veniva aggredita da una gang di sconosciuti mi fece rabbrividire.

“Vuoi un passaggio a casa?” domandai tutto d’un fiato e automaticamente.

Lei scosse prontamente il capo perché quella era la risposta da copione da dare agli sconosciuti. “No, abito troppo lontano da qui. Non avrebbe senso.”

“Per me non sarebbe un disturbo. Il massimo che posso fare adesso è andarmi a chiudere in casa a bere e a fumare sigari finché non mi viene sonno. E magari nel frattempo mi faccio un paio di risate con le stupidaggini che sparano su MTV,” risposi con tono piatto dopo aver fatto spallucce. “Te lo dico perché questo non è un posto sicuro. Lo conosco come le mie tasche perché ci bazzico da quando andavo al liceo... cioè, da quando avrei dovuto frequentare il liceo, ma non ci andavo più da un bel pezzo.”

La cameriera si guardò intorno e, una volta constatato che era esattamente come avevo detto, si incamminò verso di me.

“Pensi di riuscire a portarmi a casa tutta intera?” domandò, indicando la mia Ferrari con un cenno del mento.

Annuii e storsi il naso. “Assolutamente. Ho già passato abbastanza casini, non me ne serve un altro.”

“D’accordo,” rispose lei. “Allora portami a Venice. Una volta che saremo là, ti darò le indicazioni necessarie per raggiungere il luogo in cui devi scaricarmi.”

Le feci segno di OK e la osservai mentre prendeva posto sul sedile accanto al mio. Studiava attentamente ogni singolo dettaglio degli interni della mia nuova auto mentre si allacciava la cintura di sicurezza, e si tornò a stringere nelle spalle prima di complimentarsi per la scelta del mio nuovo bolide.

Mostrai un sorriso compiaciuto. “Sono una delle mie più grandi passioni. Le auto, dico.”

“Almeno puoi permetterti di soddisfarle,” esclamò, e avrebbe anche proseguito se non avesse dovuto starnutire.

“Dovresti sapere che da queste parti la sera fa piuttosto fresco,” borbottai, poi allungai una mano sui sedili posteriori e cominciai a muoverla finché non arraffai il foulard che mi ero tolto prima di entrare nel locale. “Mettiti questo affare.”

La cameriera osservò divertita la stoffa lucida e di colore rosa prima di avvolgerlo intorno al collo. “Grazie, Vince.”

“Vedo che non ho bisogno di presentazioni,” bofonchiai sarcastico.

“Non dovresti stupirti. Tutti lo sanno. Ed evita di spiegarmi il motivo perché posso immaginarlo da sola.”

“Non avevo in programma di sprecare fiato per questo,” ribattei stizzito. “In compenso mi interessa sapere il tuo nome visto che tu conosci il mio.”

“Mi chiamo Sydney,” rispose senza nemmeno guardarmi. Preferiva concentrarsi sulle luci colorate del viale durante la notte e sugli effetti psichedelici che creavano sull’asfalto e sulle altre vetture.

“Bene,” approvai mentre giravo il volante. “Venice è da questa parte, giusto?”




N.D’.A.: Buongiorno!
Immagino che a questo punto qualcuno si stia domandando che cavolo ci faccia Vince in qualità di narratore. Se fornissi una spiegazione sarei costretta a rivelare troppi particolari, per cui il massimo che posso dire adesso è che il povero Vince è cascato dentro la storia quasi da solo e, visto che ho pensato che ci stesse bene, ce l’ho lasciato. Chissà per quanto tempo resterà? Ad ogni modo, però, questo è solo l’inizio. ;)
Per quanto riguarda le voci narranti, comunque, sono tre e Nikki è destinato a ricomparire presto.
Detto questo, volevo ringraziarvi per aver letto il primo capitolo. Dopo neanche un giorno dalla sua pubblicazione ho notato che le visite sono schizzate alle stelle, quindi grazie! ♥ Spero che il racconto continui a piacervi e che abbiate gradito anche questo capitolo. Ovviamente, se avete un’opinione di qualunque tipo da esprimere, sarò lieta di leggerla!
Ci si rivede mercoledì prossimo!

Angie






   
 
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