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Autore: Queen_e_Lune    11/10/2015    3 recensioni
Nella città di Vancouver due persone s'incontrano, un po' per scelta, un po' per obbligo, un po' per caso.
In questa storia si racconta di quando questo incontro sarà scelta, quando obbligo e quando... un caso.
Perchè si sa, nella vita nulla è come sembra.
Nulla si crea, nulla si distrugge, ma tutto si trasforma.
La storia è scritta a 4 mani, da The Queen of Darkness e Lunedi74. Esperimenti in corso d'opera, per restare in tema col titolo.
Enjoy the reading!
Genere: Azione, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Olympia
Cap. 2 – OLYMPIA di Edouard Manet, 1863


Borehamwood(2) - UK, venerdì mattina


Cassandra era determinata come mai prima ad ottenere il caso “Blanchard” e sarebbe ricorsa a qualsiasi mezzo pur di raggiungere il proprio scopo.
Persino sedurre il suo capo, ovvero un uomo che considerava come un secondo padre, se necessario.

Aveva indossato i propri abiti migliori, lasciando slacciato qualche bottone di troppo, e si era truccata con cura.
Di solito, per andare al lavoro, puntava sulla comodità, soprattutto se doveva rimanere in ufficio. Scarpe basse, pantaloni fluidi e camicie un po’ troppo larghe ed anonime per essere definite sexy ed eleganti. Guardandosi allo specchio, dovette tuttavia ammettere di sembrare davvero una persona su cui poter fare affidamento, vestita in quel modo.
La sua figura, insieme alla sua autostima, aveva guadagnato parecchi punti.

Era dimagrita nell’ultimo periodo, così si era audacemente permessa di evidenziare la vita stretta e il ventre piatto con un completo aderente, la cui sensualità veniva però mitigata dalla giacca dal taglio professionale e dalla pettinatura composta.

Giocherellò nervosamente con il bracciale argentato che le aveva regalato il suo fidanzato.
[Ex-fidanzato], si corresse, decidendo di levarselo e buttarlo a terra,
Avrebbe fatto meglio a liberarsene il prima possibile, insieme a tanti altri oggetti, se davvero voleva chiudere i conti con quella storia.

Dopo che l’aveva trovato intento a dimenarsi tra le sue lenzuola preferite con la sua migliore amica –ex-migliore amica– non credeva proprio che la loro relazione potesse avere ancora corso. In quel momento non l’aveva specificato, ma sperava che il verme avesse inteso di non doversi mai più presentare al suo cospetto. E di potersi tenere pure le lenzuola!
La sola idea di quante volte i due l’avessero fatto a sua insaputa e per giunta sullo stesso letto in cui lui le aveva giurato eterno amore, la disgustava ancora profondamente, tant’è che aveva temporaneamente lasciato il bilocale in cui abitavano insieme, benché fosse di sua esclusiva proprietà e l’avesse acquistato a costo di tanti sacrifici.

[Non pensarci. Non pensarci. Non pensarci.]

Quando fosse tornata –se fosse tornata- avrebbe provveduto a rifare tutto l’arredamento, o, meglio ancora, l’avrebbe venduto e si sarebbe trovata qualcosa di diverso. Da anni sognava di trasferirsi in un altro appartamento, più grande, magari a Notting Hill(3), oppure fuori Londra, ma, complici le lamentele dell’ex, che non voleva allontanarsi da quella zona –e ne aveva capito il motivo a sue spese- aveva sempre rimandato.

Diede un’ultima aggiustata ai capelli, si assicurò che la camicia fosse infilata senza pieghe evidenti nella longuette color carta da zucchero e si decise ad uscire dalla stanza.
- Allora? Come sto? – chiese, ansiosa.
Clarisse alzò svogliatamente lo sguardo dal cellulare e la guardò in modo sommario.
- Che figa. –

Cassandra sospirò.
Se a ventisette anni faceva ancora quell’effetto, allora poteva esserne soddisfatta… giusto? E poi, nel dizionario di Clarisse, quello poteva –doveva- essere un complimento.
Di certo la sua –provvisoria– coinquilina non avrebbe mai usato parole come “attraente”, “elegante” oppure “raffinata”, e cioè tutto ciò che voleva sembrare per far capire a François di essere finalmente pronta a seguire un caso interamente per conto proprio.

La Galleria Blanchard, a Vancouver, era stata la “fortunata” vincitrice del concorso “A chi affibbiamo lo sgorbio dell’anno?”, dal momento che il Ministro della Cultura sudafricano aveva incaricato la Fondazione No-Profit che la gestiva affinché organizzasse una personale del pittore preferito dall’amante di turno.

Tutto questo a Cassandra non sarebbe minimamente interessato, se non fosse giunta la soffiata da parte dell’Intelligence britannica che Mr. John Smith, ovvero il trafficante più ricercato nel Commonwealth, nonché il più abile, fosse direttamente coinvolto nella faccenda.

Quanto ed in che modo era tutto da scoprire, ed era ciò che Cassandra intendeva fare.

Gli stavano addosso da anni, ma in qualche modo il fantomatico signor Smith era sempre riuscito a far cadere le accuse a suo carico perché i testimoni “ritrattavano”, i custodi dei musei “non sapevano” e la merce contraffatta o rubata “spariva”.
John Smith aveva le mani in pasta praticamente ovunque: opere d’arte, avorio, pietre preziose, alcuni dicevano si fosse appropriato anche di alcune partite di droga, giocando un tiro mancino al cartello sudamericano, ma Cassandra aveva abbastanza esperienza nel suo mestiere per sapere che certe informazioni, il più delle volte, si rivelavano essere completamente inventate.

Era qui che entrava in gioco la Galleria Blanchard.
Dovendo esporre le opere di Jean Claude La Fleur, un pittore semi-sconosciuto di origine francese, ma residente a Cape Town(4) da un decennio, c’era il forte sospetto che Vancouver sarebbe stata il nuovo paese dei balocchi dell’evanescente Smith, nonché punto di arrivo e smistamento di un proficuo traffico di merce posseduta illegalmente.

Il Canada era fuori dalla sua zona sicura. Di solito Smith operava nel suo paese d’origine che, per quello che ne sapevano, era il Sudafrica, oppure in Europa, e non si era mai spinto tanto lontano.
Non c’erano indizi, inoltre, che le persone operanti attorno alla Fondazione, e di conseguenza alla Blanchard, avessero mai avuto contatti con il ministro e col governo sudafricano.
Questo aveva indotto il dipartimento a sperare che Smith si trovasse in una posizione più debole e con una rete di appoggi meno organizzata rispetto al solito. Si trattava quindi dell’occasione perfetta per smascherarlo.
O, almeno, per provarci.

Cassandra sapeva che un caso così importante era una dura prova per un’agente giovane come lei, ma si sentiva pronta. Erano anni che aspettava quel momento.
Si era laureata alla London Metropolitan University in Analisi Comportamentale Applicata(5) con i massimi voti, era riuscita ad ottenere un master in Sociologia(6) ed aveva contemporaneamente coltivato la sua grande passione per l’arte, senza fare discriminazioni fra pittura, scultura e architettura. Aveva inoltre esperienza nel proprio lavoro di investigatrice ed aveva più volte dato prova della propria competenza.
Era l’occasione giusta per dare una svolta alla propria carriera e non intendeva lasciarsela scappare.

Indossò le scarpe, forse un po’ troppo alte per andare al lavoro, e salutò Clarisse. L’amica grugnì in risposta, come sempre, senza staccare gli occhi dallo schermo del cellulare.
- Dai da mangiare a Mefisto(7) e assicurati che non si faccia le unghie sul mio copriletto preferito! – aggiunse, prima di uscire.

[Parole al vento?]
Clarisse mugugnò qualcosa di inintelligibile, dall’altra stanza. Poco dopo sentì lo sportello del frigo aprirsi.
[Parole al vento!]

Clarisse non era una cattiva ragazza. Era solo molto distratta.
Si erano conosciute un paio di anni prima all’università e da allora avevano continuato a frequentarsi anche grazie ad una catena di amicizie in comune, trovando piacevole la reciproca compagnia, ma senza mai avere l’occasione di approfondire il loro rapporto.
Era pertanto rimasta sorpresa quando, due mesi prima, si era offerta di ospitarla provvisoriamente a casa propria dopo il fattaccio.
Aver perso convivente e migliore amica in un colpo solo era stato uno choc e, di certo, un evento che non si sarebbe mai aspettata.

Vivere con Clarisse, dopotutto, non era difficile. Bastava solo saperla prendere.
La prima regola vietava assolutamente ogni rumore al mattino, a qualsiasi ora, visto che l’amica lavorava di notte. Non sapeva dove, ma si augurava almeno si trattasse di qualcosa di legale. E se, per sbaglio, Cassandra le avesse fatto trovare il pranzo già pronto, sarebbe stata una sorpresa molto gradita.

La seconda imponeva di non portare uomini in casa.
Cassandra non aveva trovato nulla da ridire in proposito e, dati i recenti sviluppi della sua situazione sentimentale, si trattava sicuramente della condizione più facile da rispettare. Su questo particolare Clarisse era stata tuttavia molto chiara, premurandosi addirittura di spendere più di due parole per sottolineare il concetto.
Una sera, prima di andare al lavoro, si era fermata sulla porta e le aveva detto, nonostante Cassandra non avesse fatto domande, “Sai, sono androfobica”(8).

A parte questo, Clarisse non sembrava avere altri disturbi particolari. O, almeno, non lo dava a vedere.

Aveva accettato con cordiale ostilità persino Mefisto, il suo gatto, e gli dava da mangiare quando se ne ricordava, anche se di certo non correva il pericolo di viziarlo con eccessive moine, oppure farlo ingrassare troppo.

Per il resto del tempo l’unica sua attività era spostare lo sguardo dallo schermo del computer a quello del cellulare. Era impossibile sostenere una conversazione con lei quando era assorta nel suo mondo privato: non ascoltava nemmeno, né si dava il disturbo di fingere interesse.
Una volta aveva fatto un velato accenno ad un “blog personale per gente come me”.

[Altre ventiseienni androfobiche, vestite da hippie anni settanta e con i capelli tinti di arancione? Ok, non voglio sapere altro!]




Angolino di Queen e Lune:

Queen – Ciao a tutte/i! Esordisco subito ringraziandovi per aver letto anche il secondo capitolo; i personaggi femminili non sono il mio forte, ma spero di essere riuscita ad intrigarvi con Cassandra, e cioè la ragazza che in questo periodo mi sta tenendo sveglia e che mi avrà fatto ingrassare di almeno un chilo mentre mi teneva davanti al computer… premessa perfetta per farmi maturare il desiderio di vendetta!
Anche questa volta, direi che un applauso per Lune è più che doveroso: oltre a dover gestire Dominic e i suoi millemila link, si è ritrovata anche a dovermi betare! Ma quanto si può essere grate ad una donna?

Lune – Mi pare sensato, dopo aver detto che il personaggio è “dimagrita nell’ultimo periodo” (cit. dal testo), che l’autrice si lamenti di quanto lei invece sia ingrassata. Lo sappiamo tutti che noi autori regoliamo la nostra vita sulle vicende/azioni dei nostri personaggi e che sono loro che guidano noi, facendoci fare/scrivere i loro porci comodi, quando dovrebbe essere il contrario.
Detto ciò, avrete capito che l’onere (o l’onore, ancora devo deciderlo) di farvi innamorare di Dominic è mio, mentre Cassandra e coinquilina androfobica inclusa (geniale, questo personaggio, sappiatelo) è tutto merito di Queen. Questo lo dico in modo che sappiate a chi rivolgervi per rimostranze, insulti, complimenti e quant’altro.
Riguardo il “betaggio” non credeteci manco un po’: mi sono limitata a “spaziare” il testo (wall of words, ricordate?), spezzare alcune frasi ed eliminare un paio di ripetizioni.
Apprezzate il cu… ore con cui invece Queen ha inserito i link e le varie note.


Per saperne di più:

(1) Per quest’introduzione ho scelto l’opera “Olympia” di Edouard Manet, olio su tela (130x190 cm). Fu realizzata nel 1863, e destò immediatamente un immenso scandalo nella Parigi dell’epoca (come anche Colazione sull’erba, opera precedente dello stesso autore) perché ritrae una prostituta “al lavoro”: l’opera venne giudicata immorale, provocatoria e ricevette molte critiche negative anche riguardo all’impianto disegnativo e alla rappresentazione dell’illuminazione. Venne esposta nell’angolo più nascosto del Salon di Parigi nel 1865, e poi relegata nel Salon des Refusés. Oggi si trova al Musée d’Orsay.
Edouard Manet (1832-1883) è stato un pittore francese e viene ancora oggi considerato come uno dei massimi interpreti del pre-impressionismo.
(2) Borehamwood è una città della contea dell’Hertfordshire in Inghilterra, a soli 20 km da Londra, interessante per gli studi cinematografici della MGM British.
Qui furono girati i 4 film gialli con protagonista Miss Marple, noto personaggio immaginario di Agatha Christie, per la regia di George Pollock ed interpretata da Margaret Rutherford.
Ho scelto il venerdì mattina perché in Inghilterra la maggior parte delle persone non lavora di sabato (e beati loro, aggiungerei).
(3) Notting Hill è un quartiere residenziale di Londra situato nella parte più interna della zona occidentale della città. Si estende dal Notting Hill Gate a Portobello Road, ovvero il quartiere del mercato. Vi si tiene il Carnevale Caraibico l’ultimo fine settimana di agosto, un evento caratteristico che attrae migliaia di persone.
Presumiamo sappiate che non è un semplice quartiere residenziale, ma IL quartiere residenziale per eccellenza, dove diversi VIP hanno casa.
(4) Cape Town, o Città del Capo, è la capitale del Sudafrica.
(5) La London Metropolitan University esiste veramente: è la più grande università singola di Londra ed è nata nel 2002 dall’accorpamento della London Guidhall University e della University of North London, che oggi sono due campus. La facoltà di Analisi Comportamentale non esiste; vi è però un corso di psicologia interno all’università; mi sono presa questa libertà per esigenze legate al personaggio. La facoltà di sociologia si trova, assieme a molte altre, alla Brunel University, nel West London. 
(6) Un “master” è, per i profani come me, un titolo accademico che si consegue dopo un particolare corso di studi. Può essere raggiunto a diversi livelli; nel sistema scolastico britannico, il Master’s degree è un titolo accademico di secondo grado, e quelli che in Italia sono considerati master di secondo e terzo livello in Gran Bretagna sono, rispettivamente, 1st Level Master degree e 2nd Level Master degree.
(7) Mefisto, o Mefistofele e Mephisto, è un personaggio del folklore tedesco che indica il diavolo, e in alcuni casi rappresenta Satana. Non appare con le caratteristiche tipiche di un demonio, ma ha invece un aspetto umano e si tratta nella maggior parte dei casi di un uomo alto e vestito di nero. L’esempio letterario più celeberrimo di Mefistofele si trova nel Faust, opera del poeta e scrittore tedesco Johann Wolfgang von Goethe, ma ha le sue origini nella storia popolare del dottor Faust, usata poi come base per numerose altre opere letterarie, che narra di come il sapiente Faust, avido uomo di scienza, decise di stringere un patto con il diavolo per ottenere la conoscenza assoluta in cambio della propria anima.
Ovviamente il gatto in questa storia è NERO.
(8) L’Androfobia (letteralmente, “paura degli uomini”) è il terrore nei confronti del sesso maschile – inteso sia come “individuo” uomo, che come “pene”. Le persone affette da questo disturbo, in maggioranza donne, provano una forte repulsione nei confronti degli uomini, soprattutto se adulti. La serie di sintomi che identifica l’androfobia può nascere in seguito ad un trauma subito nell’infanzia oppure durante l’adolescenza, ma si verifica anche in donne che hanno superato i trent’anni, di solito dopo una violenza sessuale oppure in seguito a ripetuti episodi di violenza. A volte, le donne androfobiche (dico “donne” per generalizzare, ma esistono androfobi con sessualità confusa, gay, transessuali oppure agender) non temono gli amici di vecchia data oppure coloro che non avvertono come una minaccia, ma anche in questi casi persiste l’avversione per il sesso.
Non ho trovato link di siti “scientifici”, ma se volete capirci qualcosa di più potete consultare questo sito… fra tutti quelli che ho visitato, offre le informazioni più sintetiche e importanti. 
(9) Mi sento davvero molto professionale in questo momento.
(nota burlona di Queen, NdLune)

   
 
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