II
RABBIA
Contrariamente
a ciò che aveva sperato, il caso non lo stava affatto
aiutando a non pensare a
Steve e alla sua maledetta lettera che gli aveva rovinato la giornata.
Diamine,
ormai si era così abituato a vederselo intorno che andare in
giro da solo,
specialmente se doveva far visita ai familiari della vittima, gli
risultava una
vera e propria tortura.
Continuava a cercarlo con lo sguardo, ad aspettare che
lui esprimesse a voce i suoi pensieri, che traesse le sue stesse
conclusioni,
oppure, semplicemente, che lo sostenesse con la sua sola presenza.
Era
appena stato dalla madre della ragazza uccisa e, avendo lui stesso una
figlia
che amava più della propria vita, era stata dura rimanere
professionale. Di
solito Steve era in grado di gestire quelle situazioni –
lui che era il più
controllato e freddo dei due –
e sapeva esattamente quando doveva intervenire in
suo aiuto.
Di
fronte a quella donna in lacrime, disperata, Danny aveva avuto la forte
tentazione di lasciar perdere tutto, di correre dalla sua Grace per
stringerla
a sé e non lasciarla più, ma alla fine aveva
trovato un modo più proficuo di
utilizzare la rabbia che gli bruciava nelle vene ed era riuscito a
sorreggere
il peso che gli schiacciava le spalle, ogni secondo meno sopportabile.
Era
arrabbiato con Steve, tanto che avrebbe voluto sparargli o lanciargli
tra le
braccia una delle sue care granate, e riteneva fosse solamente colpa
sua se ora
si sentiva in quel modo, così smarrito e cedevole. Lui
avrebbe dovuto
guardargli le spalle, come ogni partner che si rispetti, invece
l’aveva
abbandonato a se stesso da un giorno all’altro, cogliendolo
del tutto
impreparato.
Solo
il pensiero che prima o poi gliel’avrebbe fatta pagare gli
permise di uscire da
quella casa a testa alta e di tornare alla sua auto per raggiungere
Chin e
Kono, già al quartier generale.
Da
solo nella Camaro argentata, notò con disappunto che Steve
era riuscito a
rovinargli anche il piacere di guidare in pace: quell’auto
non gli era mai
sembrata così vuota e silenziosa senza il marinaio al suo
fianco. Avrebbe così
tanto voluto che fosse lì con lui, e non chissà
dove alla ricerca di risposte,
che gli avrebbe persino permesso di guidare come un pazzo mentre
ascoltavano la
peggiore delle canzoni mai scritte, una di quelle in grado di scatenare
l’istinto
omicida nelle persone normali.
Alla
fine si rese conto di stringere così forte il volante che
frenò bruscamente sul
ciglio della strada e tirò fuori il cellulare per inoltrare
l’ennesima
chiamata. Sapeva che non avrebbe risposto nemmeno quella volta, ma ora
era
pronto a parlargli.
Aspettò
il segnale acustico della segreteria telefonica ed attaccò:
«Ti dispiace, eh?
Ti dispiace di essere stato un codardo egoista per non avermelo detto
in
faccia, per avermi nascosto le tue intenzioni? Sai che cosa me ne
faccio, del
tuo dispiacere? Un bel niente, Steven!
E non venirmi a dire – se solo rispondessi a questo maledetto
telefono – che
non mi hai avvisato perché era necessario che io rimanessi a
capo della
squadra, perché non me la bevo. È solo una scusa,
a cui ti sei aggrappato per
giustificare il fatto che in realtà non mi vuoi tra i piedi.
Okay, bastava
dirlo! Dov’è andata a finire tutta la tua
onestà, uh? Si vede che io non la
merito, dopotutto. Ma va bene così, era tutto troppo bello
per essere vero. Sei
solo un bastardo». Fece una pausa a causa del fiatone dovuto
a quel fiume di
parole che non era riuscito né aveva voluto arginare.
Ascoltando
il silenzio dall’altra parte, ascoltando il suo stesso
respiro, si massaggiò le
palpebre con due dita per poi concludere: «Comunque,
qualsiasi sia il motto di
voi SEAL, scommetto che non è: “Parti da solo e
avvisa il tuo partner con una
letterina”. Spero che tu ti diverta».
Chiuse
la conversazione e guardò di fronte a sé,
soddisfatto, fino a quando non sentì
il collo andare a fuoco per l’imbarazzo, proprio come se
Steve fosse al suo
fianco, con quel suo ghigno sardonico stampato sulla faccia.
Sentì persino la
sua voce risuonare chiara e limpida nella sua mente: «Senti
già la mia
mancanza, Danno?».
Il
biondo non riuscì a resistere e colpì con forza
il volante con entrambe le
mani, trattenendo a stento un urlo frustrato.
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Che
dire, grazie a chi ha letto lo scorso capitolo, dandomi una
possibilità ;)
Un ringraziamento speciale a Benny868
e alla mia bellissima Biagina68
per aver messo questa storia tra le seguite/preferite!
A domani sera per la terza parte, un bacio!
Vostra,