Allora,
due paroline di introduzione prima di lasciarvi alla lettura.
Ciao, questa è la mia prima fanfiction in assoluto su Hawaii
Five-0 e fino a due settimane fa avevo guardato la serie solo come
passatempo occasionale. Non so cosa sia scattato di preciso nel mio
cervello, ma tutto d'un tratto ho avuto l'irrefrenabile impulso di
dover guardare ogni singolo episodio, dall'inizio alla fine, e ne sono
diventata dipendente. Bene, ora che mi sono ricoperta di vergogna
possiamo andare avanti.
Si tratta di una McDanno pre-slash formata dall'insieme di diverse
missing-scenes ambientate durante le puntate 2x20 e 2x21 (inclusa la
seconda parte del crossover con NCIS). Per non influenzare le mie
stesse idee, mi sono fermata di proposito a questi episodi ed
è stata durissima resistere, perciò... per
favore, no spoilers!
La
storia è formata da sei capitoli ed è conclusa,
quindi aggiornerò abbastanza velocemente.
Il titolo è per forza di cose ispirato dalla canzone omonima
dei The Script. (Se non l'avete mai sentita fatelo, tipo, ora).
Nota: I personaggi non mi appartengono e questo scritto non ha alcuno
scopo di lucro.
Spero
non sia una totale idiozia e che, anche se lo fosse, siate
così gentili da farmelo sapere.
Grazie e buona lettura! :)
Vostra,
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SIX DEGREES OF SEPARATION
I
SHOCK
Quella
mattina, svegliandosi, aveva subito intuito che non sarebbe stata una
giornata come le altre.
Aveva avvertito lo stesso brivido che gli correva sotto la pelle quando
ancora Steve non era un libro aperto per lui e lo vedeva dirigersi a
passo sicuro verso un sospettato oppure verso il baule
dell’auto, terrorizzato dall’idea folle appena
partorita dalla sua mente.
Per prima cosa, aveva notato che nessuno lo aveva svegliato prima
dell’orario in cui nessun essere umano avrebbe dovuto
– per legge – essere fuori dal letto. Inusuale, ma
non così allarmante.
Il secondo indizio che gli aveva fatto drizzare le antenne del
sospetto, era stato il silenzio radio da parte di Steve. Di solito lo
chiamava al cellulare (anche prima che si fosse svegliato, per
l’appunto) per avvisarlo che c’era un caso ed era
già sulla strada di casa sua, o solo per chiedergli a che
ora passasse a prenderlo con la Camaro che poi, puntualmente, avrebbe
preteso di guidare fino alla base operativa. Quella mattina, niente di
niente. Strano, ma doveva pur esserci una spiegazione logica.
Terzo, al quartier generale non aveva visto il pick-up del SEAL
parcheggiato al suo solito posto. Certo, poteva essere arrivato prima
di lui, ma era una circostanza così rara ed improbabile che
gli faceva sempre venire la pelle d’oca. E così
fu, elevata alla millesima potenza, quando entrò nella sede
dei Five-0 e non scorse la figura del partner né al tavolo
touch-screen né nel proprio ufficio.
Pessimo, pessimo segno.
Non incontrò nessuno che potesse fornirgli qualche
spiegazione – impossibile a dirsi, era arrivato davvero per
primo – perciò si infilò nel proprio
ufficio e fece il giro della scrivania per sprofondare nella poltrona e
preparare l’interrogatorio a cui avrebbe sottoposto
l’amico, ma ci volle qualche altro secondo prima che potesse
effettivamente accomodarsi: il suo sguardo, infatti, era stato
catturato da una busta bianca posata al centro della scrivania, e tutto
il resto era svanito. Sulla busta, in una calligrafia sorprendentemente
delicata per appartenere ad un marinaio, c’era solo una
parola: Danno.
Sentì il cuore accartocciarsi, stretto da una mano
invisibile, fredda come il ghiaccio e al contempo bollente come lava, e
senza sprecare altro tempo si sedette, forse per paura di avere un
mancamento, ed estrasse il contenuto della busta. Perché se
Steve gli aveva lasciato una lettera, allora era matematicamente sicuro
che le ragioni per cui avere un mancamento – e senza alcuna
vergogna – c’erano tutte.
Non vi trovò scritto nulla di nuovo, in realtà:
Steve aveva bisogno di risposte circa la morte dei suoi genitori e
sarebbe andato ad indagare su Shelburne. Ciò che lo
scioccò, fu il fatto che avesse deciso di partire
così, di punto in bianco, senza metterlo minimamente a
conoscenza delle sue intenzioni.
«Sì, mahalo»,
ribatté alle ultime parole della lettera
prima di sospirare e schioccare leggermente le labbra.
Non se lo aspettava davvero, proprio lui che ormai avrebbe dovuto
almeno sapere come reagire di fronte al lato imprevedibile del suo
carattere, e il dolore che lentamente iniziò ad insinuarsi
dentro di lui fu così forte che fu quasi grato a Kamekona di
aver fatto irruzione nel suo ufficio, distogliendo la sua attenzione
dall’improvvisa ed ingombrante mancanza di quel pazzo.
«Ok, immagino che tu lo sappia: la nostra squadra si occupa
di crimini gravi, non di furgoni di gamberi scomparsi»,
cercò di tagliare corto ad un certo punto, decisamente poco
dell’umore.
Avrebbe voluto dirgli che era Steve il capo, di andare ad annoiare lui
con quella storia, ma il suo cuore venne nuovamente stritolato
dall’interno e fu costretto al silenzio.
«Crimini gravi. Questo è un crimine super-grave!
Tutte le mie ricette segrete sono lì dentro!».
Il botta e risposta continuò fino a quando il biondo non fu
costretto a cedere, giusto un momento prima che il suo cellulare
iniziasse a suonare. La sua mano corse a recuperarlo,
nell’illusoria speranza che Steve avesse cambiato idea e
avesse bisogno che Danny corresse a prenderlo all’aeroporto.
Bastò non riconoscere il numero sul display per rendere
atona la sua voce.
I Five-0 avevano una nuova indagine di cui occuparsi ed era tutto
ciò che gli serviva per superare lo shock.