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Autore: _Pulse_    13/10/2015    1 recensioni
La bambina sorrise contenta e una volta agganciata al sedile aspettò che il suo papà facesse di nuovo il giro per mettersi al volante. Aveva appena acceso il motore, quando esclamò: «È da un po’ che non vedo lo zio Steve, gli chiedi se vuole venire con noi?».
La sorpresa fu tanta che nel giro di tre secondi rivisse nuovamente tutto ciò che aveva provato il giorno in cui – una settimana prima, ormai – aveva scoperto che Steve se n’era andato. Lo shock, la rabbia, la delusione, la paura… Tutte quelle sensazioni lo travolsero con la stessa potenza devastante di un’onda anomala, impedendogli di rispondere prontamente a sua figlia. Dovette sforzarsi per recuperare il controllo di sé, per ristabilire quel precario equilibrio che aveva impiegato giorni a trovare.
«No piccola», rispose alla fine, schiarendosi la gola. «Steve è partito».
«È andato in vacanza?».
[McDanno - Spoiler! 2x20 & 2x21]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Danny Williams, Steve McGarrett
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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III

DELUSIONE

 

Danny non ne aveva avuto abbastanza evidentemente, perché ogniqualvolta avesse un minuto libero provava e riprovava a contattare Steve, lasciandogli vari messaggi – alcuni in cui aveva cercato di ragionare e altri invece grazie ai quali avrebbe di certo ottenuto una scomunica se il Papa fosse stato nei paraggi. Ad ogni modo, il risultato era sempre stato lo stesso: una conversazione a senso unico.
A fine giornata era talmente stanco di avercela con Steve che non riuscì nemmeno a sentirsi soddisfatto di aver condotto un’indagine di cui, se fosse stato pienamente in sé, si sarebbe vantato davanti a diversi giri di alcolici. Chin e Kono gliel’avevano anche proposto, assicurando che avrebbero offerto loro, ma aveva rifiutato. Era davvero a pezzi.
Prima di tornare a casa si fermò in un piccolo supermercato aperto ventiquattr’ore su ventiquattro e comprò da mangiare e, come ricompensa per aver catturato un serial killer attivo dagli anni ’80, una confezione di birra da sei.
Con la spesa sui sedili posteriori e la birra accanto a sé, lì dove avrebbe dovuto esserci Steve, guidò piano per le strade illuminate dai lampioni e dalle stelle sparpagliate nel cielo scuro. Venne distratto dalla suoneria del proprio cellulare e senza nemmeno guardare il display se lo portò all’orecchio, esclamando con foga: «Steve!».
«No… Sono Gabby».
Il biondo si spalmò una mano sulla faccia e ridacchiò per stemperare la tensione. «Ciao Gabby.  Perdonami, non ho guardato chi fosse».
«Ho notato. Ehm… Dove sei?».
«In macchina, sto andando a casa».
«Oh».
Danny aprì la bocca per chiederle se fosse successo qualcosa, se stesse bene, quando improvvisamente si ricordò che la sera prima si erano messi d’accordo che sarebbero dovuti uscire a cena… un’ora prima.
«Gabby, io… Mi dispiace, mi sono completamente dimenticato. È stata una giornata intensa e poi…». Avrebbe voluto dire che Steve se n’era andato, raccontarle tutto, sfogarsi con lei come aveva fatto altre volte quando il collega lo mandava fuori dai gangheri, ma quella volta no.
«Va tutto bene?», gli chiese la dottoressa, percependo qualcosa di strano nel suo tono di voce.
«Sì, tutto bene. Sono solo molto stanco, ecco. Possiamo… possiamo fare un’altra volta? Ti prometto che mi farò perdonare».
«Ma certo, non ti preoccupare».
«Mi dispiace tanto, davvero».
«Danny, non è successo nulla di male. Solo…».
«Sì?».
«Se hai bisogno di qualcosa, qualsiasi cosa, io ci sono. Hai capito?».
Danny non poté evitare di sorridere lievemente, nonostante sapesse che non poteva vederlo. Le avrebbe risposto, se solo non avesse rischiato di strozzarsi con la sua stessa saliva: udendo la sirena di un’ambulanza, infatti, aveva sollevato lo sguardo sullo specchietto retrovisore per guardare da che direzione provenisse e la sua mente annebbiata dalla stanchezza gli aveva fatto scorgere Steve al volante del pick-up nero dietro di lui.
«Danny? Danny, ci sei?».
La voce di Gabrielle lo riportò alla realtà e grazie ad una vigorosa strizzata d’occhi vide il vero volto dell’uomo alla guida del pick-up, quello di un completo sconosciuto.
«Sì, sono qui. Grazie, Gabby».
Si salutarono e Danny continuò a guidare, senza nemmeno pensare alle svolte che doveva prendere, fino a quando non si ritrovò di fronte alla villetta di Steve. Non sapeva come ci era arrivato e non se lo chiese, certo che avrebbe solamente aggravato la situazione se si fosse posto troppe domande.
Tirò giù dall’auto la borsa e le birre e aprì la porta con la copia delle chiavi che Steve non gli aveva mai chiesto indietro da quando l’aveva ospitato a casa sua per via dello sfratto.
Senza nemmeno accendere le luci si diresse a passo sicuro verso la cucina, dove sistemò ciò che aveva comprato. Non sapeva nemmeno perché avesse fatto la spesa, dato che il cibo era l’ultimo dei suoi pensieri.
Con la cassa di birre sottobraccio tornò in salotto. Aveva tutta l’intenzione di accamparsi sul divano fino alla mattina successiva, ma ciò che vide gli fece venire voglia di prendere il muro a testate. Posata in bella vista tra i cuscini c’era una busta bianca con sopra il nomignolo che in teoria avrebbe dovuto usare solo sua figlia ma che, in realtà, usciva sempre più spesso dalle labbra del partner.
Posò le birre sul tavolino ed afferrò la busta per stracciarla con gli ultimi rimasugli di rabbia che ancora gli circolavano in corpo, come le ultime gocce di un veleno non del tutto debellato dall’antidoto. 
Due minuti dopo era a terra, intento a raccogliere ogni pezzo della lettera per rimetterla insieme come un puzzle.

 

Haloa Danno,
sapevo che prima o poi saresti venuto qui.
Puoi lasciare la TV accesa anche tutta la notte, se ti va. Ma niente frittate, per favore.
Starò attento, te lo prometto.
 

                                                                                                                      Steve   

 

Danny scosse il capo lentamente di fronte a quelle parole, troppo stanco per ribattere in qualsiasi modo. Che speranze aveva contro un ninja telepatico, comunque?
Una cosa però volle dirla ad alta voce, per quanto assurdo potesse essere: «Ti odio».
Quasi come se lo avesse fatto apposta, da bravo autolesionista qual era, aspettò la risposta che la sua mente gli propose, puntuale e concisa: «Ma se mi adori!».

 


__________________________________________________________________

 

Ecco come promesso il terzo capitolo... Spero vi sia piaciuto :)
Un grazie a tutti coloro che hanno letto fino a qui e un grazie speciale a Red lady che a lasciato un commento allo scorso capitolo.
Ci vediamo domani per la quarta parte, un bacio!

Vostra,

_Pulse_

   
 
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