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Autore: Dungeon    13/10/2015    1 recensioni
Ciò che Dan desidera di più al mondo è di vivere una vita normale, poter fare le proprie scelte e di sentirsi libero da quello che ha dentro di sé. Si sente oppresso dalla realtà in cui ha sempre vissuto ma è certo di poterne fare a meno e rifugiarsi però nella specie che non gli appartiene, gli umani, e diventare uno di loro.
Ma l'arrivo di Wesley e del suo branco non lo aiuteranno a portare a compimento il suo piano.
Anzi, la vita di Dan comincerà a farsi ogni giorno più complicata, trasformandosi in una fuga incessante dal ragazzo che non ha fatto altro che causargli guai dal primo momento in cui si sono incontrati. Lo stesso ragazzo che lo incastrerebbe nella sua vera natura per sempre.
E tutto perché quello che desidera Wesley è proprio Dan.
{ Questa storia è una boyxboy, ciò significa che contiene atti più o meno espliciti fra due ragazzi. Se il tema trattato vi disturba in qualche modo vi invito a non leggere. Grazie! }
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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 Dan’s POV.
 
So che mi sarei ritrovarmi costretto a comportarmi in modo strano durante la riunione. Non che m’importi, tanto si è nel branco, ma non credevo di dover cominciare così presto.
 
Appena entrati nel padiglione, sotto le insistenze di mio padre che ci ha avvertiti che mamma e Clary sono già dentro, mi ha iniziato a prudere il naso. Allergia? E’ troppo presto per il polline. Soprattutto perché è uno strano odore a causarmi questo fastidio, ma anche guardandomi intorno non riesco a trovarne la causa scatenante. Poi, ricordandomi di non dover tenere troppo contatto visivo con nessuno, mi affretto ad abbassare lo sguardo e a farmi piccolo piccolo accanto a mio padre, stringendomi nella felpa ed aspettando di distaccarmi dai miei familiari prima di alzarmi il cappuccio.
 
Appena riesco ad allontanarmi dai due però decido di desistere: un ragazzo con un cappuccio al chiuso? Okay, meglio tentare di distogliere qualunque attenzione su di me in modo intelligente.
 
Ed è mentre cerco di scappare di soppiatto che risento quell’odore.
 
E’ strano perché prima non me n’ero accorto, ma sentirlo non mi dispiace. E’ così piacevole. Al che mi rendo conto che il prurito è un riflesso involontario. E tutto mi diventa più chiaro.
 
Alzo gli occhi e noto che di fronte a me c’è un gruppo affiatato. Un gruppo affiatato di ragazze. Ragazze che parlano animatamente e ridono fra loro. E’ istinto, non saprei spiegarlo in nessun altro modo mentre corro disperato via da quelle fanciulle, fregandomene delle persone che colpisco lungo la strada.
 
L’odore si fa sempre più forte, perciò corro più veloce, tentando in ogni modo di distaccarmi da loro e poi, girandomi per guardare di fronte a me dopo essermi lanciato uno sguardo alle spalle, mi accorgo troppo tardi di star per andare addosso a dei ragazzi.
 
Li investo in pieno, riuscendo a non perdere l’equilibrio per un pelo, ritrovandomi al centro del gruppetto.
 
A questo punto il profumo sembra riempire ogni parte di me. Scorpo di essere terrorizzato solo nel momento in cui decido di girarmi e la vedo, la fonte di quel fantastico odore.
 
Il ragazzo che mi trovo di fronte non è proprio chi mi aspettavo. Non l’avevo mai immaginata così la mia compagna, ma probalimente perché, beh, lui non è una femmina.
 
Un calore mi si irradia nel petto che vibra sotto il fievole verso d’approvazione del mio lupo. Lo reprimo senza risparmiarmi la brutalità, richiudendo Ian nell’angolo più buio della mia mente. So che lui lo vuole. Ma è la parte più razionale di me che lotto per far prevalere, perciò quello che vuole lui non conta.
 
Un’attrazione che non avevo mai provato mi spinge verso di lui ma so come tagliarla fuori e quindi rimango fermo a fissarlo, le labbra socchiuse dalla sorpresa.
 
Per un attimo vengo pervaso dalla voglia irruente di gettare tutto al vento, ogni libertà che mi ero prefissato di voler mantere mi sembra un inutile impedimento alla felicità, ma dura abbastanza poco da farmi risvegliare, dandomi la possibilità di isolare questi sentimenti nuovi che non riesco a definire ma che mi fanno venire la pelle d’oca.
 
Non so come, dopo lunghi attimi di contemplazione, riesco a trovare la forza di rimettere in moto le gambe e ricominciare a correre, ma questa volta per un motivo diverso.
 
Una serie di domande, la maggior parte delle quali più che lecite, premono, necessitando delle risposte. Ma sono troppo confuso per dar loro retta. Tutto quello che so in questo momento è che devo correre più veloce di quanto abbia mai corso.
 
Più mi allontano dal ragazzo e più mi convinco che forse è stato tutto frutto della mia fantasia, un po’ troppo fervida. Ma quel profumo vuole stemperarsi, e vorrei sentirmi nauseato da esso ma proprio non ci riesco.
 
Continuo ad urtare persone, buttarmi di lato, cercare di anticipare i movimenti di quelli che ho davanti per aggirarli al meglio ed intanto le gambe mi fanno male ed i polmoni mi cominciano a bruciare per mancanza di ossigeno. Quando anche il fianco sembra cedere ed aggiungersi alla lista dei dolori causati dal mio scarso allenamento, noto che ho calcolato male e che la porta per uscire dal padiglione è giusto un cento metri più a destra.
 
Inizio a rallentare, sentendomi le gambe a gelatina, ma comunque non riesco a frenare di molto l’impatto contro il muro, arrivando con le mani tese in modo da darmi una spinta tale da buttarmi a sinistra e ritrovarmi con la schiena appoggiata.
 
Non mi concentro nemmeno per un attimo nel recuperare le forze – ed in particolare l’ossigeno – perché noto subito che il ragazzo mi ha seguito, ed in una frazione di secondo la sua mano si chiude intorno al mio polso, tirandomi un po’ verso di lui.
 
Ed in quel momento, lo stesso calore che ho provato prima si manifesta di nuovo, solo più forte ed intenso. Il punto in cui la sua mano ha toccato la mia pelle brucia, ma non fa male, anzi, la sensazione è piacevole.
 
Ma non ci provo neanche a crogiolarmi nel quanto mi sento bene, perché una parte di me è ancora fottutamente spaventata. E non mi aiuta affatto appoggiandomi la mano calda sulla guancia, anzi, sento di star per andare in iperventilazione. E quando il suo viso si avvicina lentamente al mio so di dover fare qualcosa, ma allo stesso tempo mi accorgo che sono come pietrificato.
 
‹‹ Tu sei mio. ›› mi sussurra. I suoi occhi sono fermi nei miei, pieni di sicurezza e determinazione. Vorrei dire qualcosa, ma quando dischiudo un po’ le labbra non ne esce alcun suono. Inoltre tutto ciò che ho la forza di fare è guardarlo, forse perché è quello che sta facendo anche lui o perché mi appare come l’unica cosa che vale la pena di fare, anche se una vocina continua ad urlarmi di fare qualcosa per scappare.
 
E quella stessa vocina mi allarma, rendendomi consapevole del fatto che il biondo di fronte a me si sta avvicinando troppo.
 
E poi tutto va veloce.
 
‹‹ Cosa stai facendo?! ›› esclama qualcuno dietro di lui e la mia attenzione viene catturata da una mano che gli viene poggiata sulla spalla. Anche lui si distrae, sobbalzando e girandosi verso quelli che mi sembrano i ragazzi in cui sono andato a sbattere prima.
 
‹‹ Lui… ›› sussurra, spostando gli occhi dai ragazzi a me, per poi concentrarsi di nuovo su di loro. E’ come se si fosse appena risvegliato da un sogno, mentre la spossatezza mi ha ancora in pugno. Mi accarezza con meticolosa dolcezza la gote con il pollice prima di lasciarsi ricaredere il braccio lungo il busto, continuando a guardare i due dietro di lui.
 
Non so cosa si dicono dopo, perché l’occasione giusta mi si presenta proprio grazie a quei ragazzi. La presa sul mio polso è ancora forte ma la distrazione causata dall’arrivo dei suoi amici è abbastanza per farlo vacillare nel momento in cui, con l’altra mano, gli assesto una spinta con tutte le forze che ho – che di solito non sono molte.
 
La presa si annulla e la mia corsa ricomincia, comandata esclusivamente dall’istinto. Centro metri li percorro in fretta, buttandomi fuori come se ne dipendesse la mia vita e, senza pensarci troppo, dirigendomi verso casa.
 
Questa volta non me ne vado per un’idea, so per certo che non mi sta seguendo, o almeno non dal primo istante. Il suo odore più mi allontano dal padiglione e più si fa lontano, facendomi presumere che riuscirò ad arrivare a casa sano e salvo.
 
E così accade, anche se quell’aroma non mi lascia mai completamente, pure quando mi chiudo in camera mia, facendomi rendere conto che non importa dove mi nascondo, se lui è vicino il suo profumo non mi abbandonerà mai.
 
***
 
Sono passate più di due ore quando sento la porta d’ingresso aprirsi e delle voci familiari raggiungermi, risuonando nel silenzio della casa.
 
Sospiro, chiudendo gli occhi e rilassandomi, sentendomi al sicuro.
 
Vorrei essere certo che lui non sia con la mia famiglia ora, ma sono due ore di paranoia a spingermi a questo, perciò ignoro il pensiero che con loro abbiano portato anche quel ragazzo, soprattutto perché non sanno nemmeno della sua esistenza.
 
O almeno spero.
 
La necessità di contatto umano mi spinge ad uscire dall’armadio in cui mi sono infilato appena tornato a casa e ad uscire dalla mia stanza per arrivare in salotto, dove con grande sollievo trovo tutti che si comportano normalmente. Ed è in quell’istante che capisco di doverne parlare con qualcuno.
 
Tutto il tempo che ho passato da solo a casa è servito nient’altro che a confondermi ancora di più, ma è di certo servito a portarmi a delle certezze.
 
Prima certezza: il mio compagno è un maschio. Beh, vi sembrerà una certezza abbastanza ovvia ma, credetemi, è quella che mi ha impiegato più tempo.
 
Seconda certezza: non sono gay. Questa, per essere chiari, è stata la più veloce.
 
Terza certezza: non ho altre certezze. Eh sì, perciò ho così bisogno di parlare con qualcuno della mia situazione.
 
In verità non vorrei parlarne ma è lo stato di assoluta confusione a portarmi a desiderare di liberarmi da questo peso. Vorrei tacere su tutto è così fingere ed illudermi che nulla sia successo ma so che non posso concedermi il lusso di ragionarci, come invece potrebbe fare qualunque ragazzo umano della mia età quando si parla d’amore, e che devo arrivare ad una soluzione subito.
 
Forse potrei non raccontare di me direttamente, ma in ogni caso ho bisogno di un confronto.
 
‹‹ Ecco dov’eri, Dan! Ti abbiamo cercato ovunque alla riunione, potevi avvertirci. ›› fa mio padre, guardandomi dal divano. ‹‹ Sei arrivato da poco? ››
 
Non posso dirgli di essermi saltato tutto l’incontro. Papà non si arrabbia quasi mai, ma la vita del branco gli è molto a cuore, seppure è stato disposto a concedermi di distaccarmici quanto volevo, ma questo l’ha fatto per amor mio. Se fosse per lui avrei seguito ogni incontro che organizzano per i giovani licantropi, e mi devo dire fortunato che sono sempre stati facoltativi. Inoltre, ciò che vorrebbe è che andassi alla scuola delle mie sorelle, ma sa quanto mi fa sentire meglio andare a quella in città, quindi mi lascia fare.
 
Ma adesso, tutti gli sforzi di restare lontano da quello che è il loro mondo si sono rivelati inutili.
 
‹‹ Ehm – sì, papà. ›› mento, ma non mi concentro molto su di lui, guardando le mie sorelle con impazienza. ‹‹ Riunione fratelli Hood in camera mia. Adesso. ›› e dicendo ciò mi giro, ritornando in stanza.
 
Ora, so quanto questo possa sembrare triste. Perché sì, okay, ammetto di non aver nessun amico nel branco. La maggior parte sono familiari più o meno lontani – almeno quelli del vecchio branco – ma non ho mai legato con nessuno al di fuori della porta di casa. Quando era bambino avevo un sacco di amici, ma ora come ora mi sentirei a disagio a parlare con loro di qualunque cosa visto che non li frequento più da davvero tanto tempo. E la colpa è mia.
 
Le uniche persone con cui mi sento a mio agio a parlare di ciò, attualmente, fanno parte del mio nucleo familiare. Ma esclusi i miei genitori che mi butterebbero felicemente nelle braccia di quello restano solo le mie sorelle, che farebbero altrettanto, ma non hanno nessuna autorità per farlo, quindi restano innocue.
 
Appena mi siedo sul letto le due rosse arrivano sulla soglia, fissandomi con aria interrogativa.
 
‹‹ Entrate e chiudete la porta. ›› faccio loro, e fra sbuffi e mormorii eseguono senza troppi problemi. Clary va a sedersi alla scrivania mentre Lily decide di restare all’in piedi, appoggiandosi contro la porta.
 
‹‹ Cosa c’è? ›› mi fa la più grande, inarcando un sopracciglio, guardandomi scettica.
 
Ecco, la vera domanda: cosa c’è? Non riesco a trovare una vera risposta, perché c’è qualcosa, ma… sono sicuro di volerne parlare con loro? Non proprio.
 
La sola cosa che so è che sono costretto a parlarne con qualcuno per mettermi in pace con tutte le domande che continuano a ronzarmi in testa ma, seppure ho una confidenza tale con le mie sorelle da poter parlare di quello che mi  è appena successo con quel ragazzo senza problemi, mi ritorna in mente ciò di cui era convinto prima: non voglio che si sappia. Non voglio perché diventerebbe troppo reale e non potrei evitarlo.
 
Allora, alla domanda “cosa c’è?” mi viene da urlare “TUTTO!” ma devo impormi di mantenere la calma e pensare veloce, perché non ho ancora risposto, ed ormai mi è chiaro che voglio mantenere la cosa segreta per un altro po’. Al che non mi rimane altro che andarmene per esempi.
 
‹‹ Stavo pensando ad una cosa prima, quando stavamo in riunione. ›› dico, assumendo un tono tale da sembrare come se la stessi buttando lì, una conversazione casuale senza troppa importanza ma con un semplice e puro sfondo di curiosità. ‹‹ Ma secondo voi, ci sono dei gay nel branco? ››
 
I loro sguardi mi suggeriscono che le ho prese di sorpresa con questa domanda. ‹‹ Ovvio, Dan. Solo nel nostro vecchio branco ne erano quasi una decina, ora ne saranno molti di più. Perché? Hai indetto una riunione sono per chiederci questo? Certo che idiota lo sei davvero. ›› sbuffa Lily, girandosi ed aprendo la porta per andarsene.
 
‹‹ No! Aspetta, dannazione! ›› le urlo, al che ritorna obbedientemente dentro. ‹‹ Intendevo, oltre ad Allison e Stacy, Tim e Simon, e le nostre due cugine, se ci sono altre… persone gay che hanno avuto l’imprinting. ›› dico, facendo spallucce.
 
‹‹ Perché lo chiedi? ›› fa Clary. Mi giro a guardarla ed è impossibile non intravedere una scintilla nei suoi occhi.
 
Okay, mayday, mayday, piano annullato!
 
‹‹ Così, giusto per. ›› le rispondo, troppo veloce per non destare sospetti. Mi mordo la lingua, frenando la voglia di imprecare contro la mia stupidità.
 
‹‹ Sei gay? ›› mi chiede Lily, il viso come illuminato da questa realizzazione che… no, non è per niente attienente al reale.
 
‹‹ No! ›› esclamo con fermezza, iniziando ad andare in panico.
 
‹‹ Sì! ›› fa Clary, alzandosi in piedi, sorridendo.
 
‹‹ Ho detto di no! ›› insisto, non riuscendo a frenare il rossore che inizia a colorarmi le guance, dato dalla rabbia di non poter fare niente per farle smettere di essere così imbarazzanti.
 
‹‹ Allora perché hai messo in mezzo l’argomento? ›› mi incalza Lily, ridacchiando sotto i baffi. E mi chiedo, amaramente, perché le ho impedito di andarsene prima, pentendomene.
 
‹‹ Beh –  ›› comincio, sentendomi i palmi delle mani sudati. ‹‹ Perché c’è questo mio amico… ›› che scusa poco credibile, Dan! Tu non hai amici, idiota. ‹‹ Cioè un vecchio amico… ›› mi correggo, ma l’aria resta vaga ed insicura.
 
‹‹ Sì? ›› fanno le due, i sorrisi sui loro volti si allargano a vista d’occhio, e non so perché ma iniziano ad avvicinarsi a me.
 
‹‹ Che… ›› deglutisco, frenando il panico che cerca di impossessarsi della mia mente. ‹‹ Niente, lasciate stare, ed ora andatevene! ›› esclamo, alzandomi per assicurarmi di buttarle fuori subito.
 
‹‹ Oh, no, no, signorino. Ora ci dici tutto. ›› sogghigna Lily, dandomi una spintarella che mi fa ricadere sul letto, trovandomi all’ombra delle due.
 
‹‹ N-non ho niente da dir –  ›› sto per ribattere, quando Clary mi afferra il polso, strattonandomi fino a portarselo all’altezza del viso, sbarrando gli occhi.
 
‹‹ Cos– Dan! ›› urla, ora guardando me, sconvolta. Lily le strappa il mio braccio di mano, buttando un occhio prima di tornare a fissarmi, sorridendo di nuovo.
 
‹‹ Danny, ora vogliamo davvero sapere tutto. ›› mi dice. Senza sforzo la costringo a lasciarmi il polso, curioso di sapere cosa hanno visto.
 
Nella fretta di scappare e nel buio dell’armadio non ci ho proprio fatto caso, ma adesso, sotto i raggi fievoli del sole pomeridiano capisco cosa ha attirato l’attenzione di queste due ficcanaso. Una piccola luna crescente color inchiosto, della grandezza di un polpastrello, spicca sul lato destro del mio polso, sotto l’osso. La osservo con ammirazione, un po’ sorpreso. Alzo lo sguardo per guardare prima Lily e poi Clary, confuso, prima di inumidirmi la punta del dito con un po’ di saliva e cominciare a sfregarlo sulla luna con forza.
 
‹‹ Ma che fai! ›› urla Lily, dandomi uno schiaffo sul dorso della mano.
 
‹‹ Ahia! ›› brontolo, guardandola mano. ‹‹ Che cosa significa questa luna? ››
 
‹‹ Sei così poco istruito. ›› brontola Clary, rotenado gli occhi con fare di superiorità. ‹‹ Quella luna significa che, in quel punto, sei stato toccato per la prima volta dal tuo compagno, idiota. ››
 
‹‹ Oh – cazzo! ›› impreco, ritornando ad inveire con il dito, cercando invano di farla scomparire. ‹‹ Maledizione, quel dannatissimo stronz –  ››
 
‹‹ Linguaggio! ›› esclama Lily, ma sento che sta ridacchiando sotto i baffi. ‹‹ Quindi, dopo tutto questo fuggire da ogni ragazza che vedevi, è un ragazzo? Sono sorpresa, davvero. E poi venire a scoprire così, all’improvviso, delle tue inclinazioni è davvero frustrante. Perché non ce lo hai detto prima che ti piacciono i maschietti? ››
 
‹‹ Taci! ›› ringhio, notando che la luna non si toglie, mentre una chiazza rossa si espande nel punto su cui continuo a fare pressione. ‹‹ E poi che stronzata è questa della luna! Perché nessuno me ne ha mai parlato? Cioè, se io do una manata in fronte al mio compagno come primo tocco gli esce una luna in fronte? Ma che scherziamo? ››
 
‹‹ Sarebbe esilarante vedere uno camminare con una luna in fronte. ›› commenta Clary, sovrappensiero. ‹‹ Ma comunque, adesso, la cosa principale è un’altra: lui chi è? ››
 
‹‹ E dov’è, più che altro. ›› aggiunge Lily.
 
‹‹ Non sono fatti vostri. ›› dico, un peso enorme comincia a premermi sul petto. ‹‹ Lily, devi subito portarmi a casa di Leo. Muoviamoci. ›› le ordino, alzandomi dal letto e dirigendomi fuori dalla camera per recuperare da dentro lo zaino ancora intatto dal ritorno da scuola.
 
‹‹ Cosa?!  No, no! Vieni subito qua, non abbiamo finito. ›› mi fa lei, prendendomi per il polso e ritirandomi dentro.
 
‹‹ Invece sì. Ho bisogno di rimanere solo coi miei amici, adesso. Tornerò lunedì, non lo so, ma non voglio stare qui. ›› le dico serio, il mio tono è troppo pacato per permettere repliche. ‹‹ Lasciatemi i miei spazi, voglio andarmene dalla riserva, mi sento soffocare. ››
 
‹‹ Stai continuando a scappare, Dan. E’ mai possibile? Non puoi continuare a fare così. ›› mi rimprovera Lily, ma si è addolcita radicalmente rispetto a poco fa. La vedo tirare fuori dalla tasca le chiavi della macchina, prima di appoggiarmi una mano sulla spalla, portandomi verso l’ingresso.
 
‹‹ Ehi! Ma io volevo sapere chi è! ›› urla Clary, seguendoci.
 
La ignoro completamente, sicuro di non voler affrontare questo argomento né adesso né mai. Ma, per il momento, mi concedo il lusso di rimandarlo solo per adesso.
 
‹‹ Ahm, Lily mi accompagna da Leo. ›› dico ai miei, prendendo la borsa e dirigendomi verso la porta. ‹‹ Vi chiamo. ›› faccio loro, senza aspettare una risposta ed uscendo. Sento in lontananza mia madre parlare di pranzo, ma ormai sono quasi le quattro, e seppure ho la pancia vuota da stamattina mi ritrovo con lo stomaco chiuso dopo tutto quello che è successo.
 
Entriamo in macchina e ci avviamo verso il cencello d’uscita della riserva, quando un uomo che non conosco ci fa segno di fermarci. Lily ubbidisce, e quando lo sconosciuto bussa con le nocche contro il mio finestrino, lei lo abbassa a mezza altezza.
 
‹‹ Qual è il problema? ›› fa, sporgendosi un po’ verso di me per poterlo guardare meglio.
 
‹‹ Ci hanno segnalato che stanno cercando un ragazzo. Ci hanno chiesto di non far uscire nessuno per ora, a meno che non sia un’emergenza. Aspettate. ›› dice, guardando me per un attimo, prima di girarsi. ‹‹ Pete!  Vieni qui. ›› urla, ed un uomo calvo esce dal gabiotto poco lontano. Sì, Pete. Lui lo conosco. E’ il cugino di mio padre, ed è sempre stato solo al cancello. A quanto pare non hanno perso tempo ad affiancargli un nuovo elemento.
 
‹‹ Lily! Dan! ›› esclama, sorridendo gioviale, mettendosi un berretto lungo la strada. ‹‹ Sono i miei nipoti, Tom! Bravi ragazzi, sì, bravi ragazzi. ›› ridacchia, affacciandosi anche lui al finestrino.
 
‹‹ Ehi, zio Pete. ›› diciamo in coro. Forzo un sorrisino poco convinto, costretto dalla situazione. ‹‹ Ho un amico che mi aspetta, è davvero necessario che rimanga? ›› gli chiedo, tentando in ogni modo di addolcire il tono della voce quanto più mi è possibile.
 
‹‹ Beh… ›› zio Pete si gira verso Tom come a chiedergli il permesso, e l’uomo di tutta risposta fa spallucce. ‹‹ Su, giusto perché sei nipote. Conoscendoti, non sei il tipo che si mette nei guai. ›› gli sorrido con aria angelica, rilassandomi contro il sedile. ‹‹ Soprattutto perché sono ordini dell’alpha, questo ragazzo deve aver combinato qualcosa di grosso. ›› annuisco lentamente alle sue parole, e sobbalzo appena sento un pizzico al fianco che mi costringe a girarmi verso mia sorella con aria interrogativa. Nei suoi occhi noto fretta, ma anche una domanda silenziosa. Una domanda alla quale non so rispondere.
 
Non possono star parlando di me. Cioè… l’alpha?! Staranno cercando qualcun altro, sicuro.
 
‹‹ Allora noi andiamo –  ›› gli faccio, alzando la mano in segno di saluto ai due uomini, e lo stesso fa mia sorella. Sta per rimettere in moto quando una voce mi fa gelare il sangue. Più che la voce in sé, le parole che urla.
 
‹‹ Ehi! Ehi, ferma! E’ lui il ragazzo! ›› grida. Resto immobile, gli occhi sbarrati.
 
‹‹ Cosa? ›› chiede mio zio, parlando al ragazzo. ‹‹ Sei sicuro, Reed? ››
 
‹‹ Sicurissimo, fermateli! ›› urla di nuovo.
 
‹‹ Parti! ›› intimo a mia sorella, trovando la forza di girarmi verso di lei.
 
‹‹ Cosa? No! ›› fa Lily, fermando l’auto e guardandomi. ‹‹ Questo no, Danny. Vuoi mettere nei guai anche me? Falla finita. ›› mi dice, guadagnandosi uno sguardo che potrebbe uccidere.
 
‹‹ Tom, fallo tornare a casa. Pete, voglio nome e cognome. Non fatelo uscire da qui, non ho intenzione di sentire quell’altro rompiscatole un minuto di più. ›› intima ai due con voce ferma.
 
 
 
Wesley’s POV.
 
L’ho visto correre via da me, ma ormai non c’era niente da fare. I miei amici mi hanno tenuto bloccato con le loro stupide domande e sono stato costretto a rispondere, controvoglia, ma più tranquillo.
 
Ovviamente perché l’ho marchiato.
 
Ho contemplato a lungo la piccola luna crescente che è apparsa sul palmo della mia mano, ma la calma che che mi ha concesso è durata poco. Un’urgenza di trovarlo è apparsa subito dopo che le domande sono cessate.
 
Sto aspettando da più di due ore che la riunione finisca. Sono già uscito fuori dal padiglione alla ricerca del ragazzo, senza trovarlo. Il suo odore è persistito per tutto il tempo, suggerendomi che non ha lasciato la riserva, rimanendo nelle vicinanze.
 
Sono confuso.
 
Perché è scappato via da me? Di nuovo?
 
Non gli ho fatto nessun torto, non ci conosciamo ancora, ma se io sento un sentimento così forte senza nemmeno sapere chi è, come fa lui a non sentire almeno un quarto dell’attrazione che provo io?
 
O forse mi sto sbagliando.
 
E’ scappato per paura. Paura di questa novità improvvisa. Forse è una reazione comune, anche se non ho mai sentito nessuno raccontare in giro che il proprio compagno o la propria compagna è scappata via nel momento in cui si sono trovai. Anzi, molti affermano che l’unica cosa che mancava all’incontro era un letto.
 
Non che mi sento invidioso. Giusto un po’, forse, ma è della mia storia che sto parlando, quindi non mi aspetto né desidero sia uguale alle altre. Certo, nemmeno troppo complicata magari.
 
Ma non dovrei giungere a conclusioni affrettate.
 
Mi sono arreso alla ricerca da poco quando sento le persone uscire dal padiglione a fiotti, parlando rumorosamente. Mi stacco dal muretto contro cui mi ero appoggiato per farmi largo fino ad arrivare all’interno, dove trovo Dayne e Reed ad aspettarmi sotto il palco.
 
‹‹ Dov’è zio Kain? ›› chiedo ai due, guardandomi intorno sperando d’intravederlo.
 
‹‹ Papà è tornato a casa, immagino. L’abbiamo visto uscire dieci minuti fa. ›› mi dice Dayne. Mi dirigo fuori, con loro due alle calcagna, andando dritto verso casa sua, seguendo le indicazioni di mio cugino.
 
Appena arrivato non mi spreco nemmeno a bussare, entrando senza problemi, ritrovandomi in un salottino ben sistemato.
 
‹‹ Zio Kain! ›› urlo. La fretta nella mia voce deve essere evidente, perché subito una testa mora spunta da dietro la porta che collega il salottino al resto della casa.
 
‹‹ Wes! Reed! Oh, e addirittura mio figlio! Che onore. Cosa vi porta qui? ›› ci chiede con aria gioviale, allargando le braccia come ad aspettarsi un abbraccio. Ignoro il gesto, arrivando dritto al punto.
 
‹‹ Ho trovato il mio compagno alla riunione, ma lui è scappato via. Devi aiutarmi a trovarlo. ›› gli faccio, guardandolo serio.
 
‹‹ Oh. ›› emette, confuso. ‹‹ Certo. Ahm… E’ scappato nella foresta?›› mi fa.
 
‹‹ No, è ancora qui. Sento il suo odore ma… non so, non riesco ad individuarlo bene, è come se fosse ovunque ma allo stesso tempo da nessuna parte. L’ho cercato, ma invano. ›› gli confesso frustrato e lui, di tutta risposta, ridacchia. Aggrotto un sopracciglio, infastidito.
 
‹‹ Suvvia, non fare quella faccia, Wes! E’ normale, vi siete marchiati troppo poco per avere un legame tale da riuscire ad individurarvi con precisione. ›› mi illumina, ed io annuisco. ‹‹ Ditemi, voi l’avete visto questo giovane? ›› chiede ai miei amici, e loro annuiscono. ‹‹ Bene. Allora, Day, figliolo, vai a cercarlo per la riserva. Chiedi in giro, a chiunque. Mentre tu, Reed, vai al cancello. Ci deve essere Tom e un altro uomo, dai loro ordine da parte dell’alpha – e specificalo, da più importanza – che nessun ragazzo sotto i vent’anni può lasciare la riserva. Resta lì con loro, comunque. Sbrigatevi. ›› dice, congedandoli. Appena si chiudono la porta alle spalle e restiamo soli, zio Kain mi guarda serio per qualche altro prima di sciogliersi in un grande sorriso, aprendo di nuovo le braccia. ‹‹ Ohw, Wes, anche tu! Vieni qua, nipote, fatti abbracciare. Abbiamo tante cose da dirci. ››
 
***
 
Non abbiamo avuto tempo, fortunatamente, per dirci le “tante cose da dirci”. E, durante il quarto d’ora che sono rimasto bloccato nel covo dell’alpha, ha parlato quasi solo lui delle sue esperienze giovanili ed il suo fantastico imprinting con mia zia. E, visto che sono come dei genitori per me, i dettagli – ma anche la storia in generale – me li sarei risparmiati volentieri.
 
Quando sono sul punto di annuire per l’ennesima volta, la porta d’ingresso si apre all’improvviso, facendoci sobbalzare.
 
‹‹ Diamine, ma si è perso l’uso di bussare?! ›› brontola Kain, ma è Reed che entra, sorridendo timidamente.
 
‹‹ Scusate. ›› ci dice, restando sulla soglia. ‹‹ Senti Wes, l’abbiamo trovato. Stava uscendo dalla riserva con sua sorella. Si chiama Daniel Hood, vive al numero ventisette. ››
 
Non mi spreco a dire niente, alzandomi e superandolo, uscendo nel mite pomeriggio di metà autunno. Sono in questa riserva da meno di un giorno e mi sento come se avessi percorso le sue strade già mille volte, e forse l’ho fatto davvero mentre cercavo Daniel. Provo un brivido d’eccitazione solo a pensare il suo nome.
 
Ci metto qualche minuto, correndo, a raggiungere la villetta ventisette. Percorro il vialetto e fermandomi solo per bussare, ricordandomene in tempo. Al mio entusiasmo si mischia la fretta che prova il mio lupo nel rincontrare il nostro compagno.
 
Una donna sulla quarantina mi apre, sorridendomi caldamente. ‹‹ Cosa posso fare per te, caro? ››
 
‹‹ Sono qui per Daniel. ›› le rispondo, non riuscendo a frenarmi nell’ispezionare con lo sguardo dietro le sue spalle, cercandolo. Quello che mi allarma sono delle grida provienienti da dentro, che sembrano allarmare anche la donna sulla porta, ma giusto per un attimo.
 
‹‹ Certo, entra pure. ›› mi invita, aprendo di più la porta e spostandosi di lato per farmi passare. ‹‹ Non  è un buon momento, forse puoi calmarlo. Sei un suo amico? ››
 
‹‹ A-ahm… più o meno. ›› le rispondo, balbettando. Mi fissa con insistenza per qualche altro momento, poi distoglie lo sguardo, sorridendo di nuovo con fare materno.
 
‹‹ Accomodati pu – ›› mi sta dicendo, ma le voci si fanno troppo forti.
 
‹‹ Lasciami in pace, Lily! Fammi fare le mie dannate scelte, per una volta, una! ›› urla qualcuno, e non so come, ma so immediatamente che quel qualcuno è Daniel. Mi piace la sua voce, anche se ora è piena di rabbia.
 
‹‹ Sei così egoista, Dan! Non ti senti? Smettila di fare il bambino! ›› gli fa una ragazza dai capelli rossi e la vedo perché i due sono appena entrati in salotto, sotto lo sguardo mio, della donna che presumo sia la loro madre ed un uomo di cui mi accorgo solo ora, fermo in piedi nella cucina che forma un ambiente unico con l’ingresso e il soggiorno. Oltre alla ragazza e a Daniel, un’altra ragazzina li segue, sbuffando rumorosamente.
 
Vederlo di nuovo è così… rassicurante. E’ sano e salvo, vicino a me. Non che se ne sia ancora reso conto, ma non mi nego il godimento dei momenti di contemplazione prima che si accorga della mia presenza, e non passa molto.
 
‹‹ Bambino io?! Senti, bella, non ti allarga– ah! ›› grida, sobbalzando appena mi vede. Indietreggia di qualche passo, ma urta contro la seconda ragazza, quella più giovane, senza staccare gli occhi da me. Anche la rossa contro cui stava urlando mi guarda, e nel giro di un battito di ciglia mi ritrovo cinque paia di occhi addosso.
 
‹‹ E lui chi è? ›› fa la ragazza più piccola, rompendo il silenzio.
 
‹‹ Danie– ›› comincio, ignorandola, ma vengo interrotto subito.
 
‹‹ Non ci provare! ›› mi fa lui, scuotendo il capo. ‹‹ Facciamola finita subito, non ho intenzione di portare avanti questa pagliacciata. Io, Daniel Hood, ripudio… ›› comincia, ed è l’istinto – accompagnato dal ringhio del mio lupo – a spingermi a percorrere a lunghe falcate la stanza per ritrovarmi di fronte al moro, prendendogli il viso fra le mani ed avvicinandomi a lui fino a far premere le mie labbra sulle sue. Rabbia e necessità mi hanno in pugno, ma si sciolgono appena mi rendo conto di quel tocco, e nulla più sembra importare.
 
Ho sempre pensato che descrivere un bacio fosse facile perché, in effetti, tutti gli altri baci che ho dato sono stati facili da descrivere. Questo, invece, non lo è. Mentre le mie labbra si modellano perfettamente contro le sue e la morbidezza della sua bocca addolcisce ogni parte del mio corpo, nessuna emozione sembra essere abbastanza chiara da essere riportata a parole. Ma lo sento, lo assaporo, lo gusto, con tutto me stesso, trasformandolo in un’esperienza che coinvolge sia il corpo che la mente. Il sentimento mi riempe il petto, la consapevolezza mi esplode nella mente, un calore strano e troppo piacevole mi pervade tutto il corpo.
 
E’ breve, ma abbastanza.
 
Semplice, casto, eccitantemente puro, ma abbastanza.
 
Come qualche ora fa, un’energia particolare si irradia intorno a noi, circondandoci.
 
Ci stacchiamo con lentezza, i miei occhi sono incatenati nei suoi ed il contatto visivo persiste finché un ceffone non gli colpisce la nuca, portandomi a spostare lo sguardo da Daniel alla figura dietro di lui, l’uomo che prima stava nel lato cucina della sala. L’espressione sul suo viso traspira rabbia.
 
‹‹ Questa non la passi liscia, Dan. Come ti salta in mente?! Tentare di ripuidare il tuo compagno così, su due piedi. ›› lo sgrida, e vedo il ragazzo farsi piccolo piccolo, anche se l’atteggiamento insofferente rimane.
 
Anche se l’uomo sta proteggendo la mia causa, ciò che vorrei fare è fermarlo. Solo la vista di qualcuno che maltratta il mio Dan mi fa crescere un’ira all’altezza dello stomaco che è quasi irrefrenabile, e devo utilizzare tutte le mie forze per reprimerla. La reprimo insieme alla confusione in cui mi ritrovo in balia, esterrefatto nel focalizzare ancora di più il cosa Daniel stava per fare.
 
Una di quelle cose che si fanno solo in casi estremi, e sembrava prendere così a cuor leggerlo la sua decisione.
 
‹‹ Scusa! ›› esclama il moro, alzando gli occhi e fronteggiandolo. ‹‹ Ma… argh! Tu, ›› mi guarda fisso, annuendo. ‹‹ devo parlarti subito. Vieni. ›› mi fa, tirandomi per il polso lungo un corridoio. ‹‹ E voi altri, non provate ad origliare! Sennò vi giuro che questa è la volta buona che mi trasferisco da Leo per davvero! ›› strepita.
 
‹‹ Puoi trasferirti da me, se vuoi. ›› gli dico, sentendomi innervosito anche da quel Leo, che per quanto ne so potrebbe essere chiunque.            Perché comunque, non è più giusto che stia da me?
 
‹‹ Taci, tu. ›› mi intima, guidandoci in una stanza e chiudendo la porta a chiave. Osservo l’ambiente in cui ci troviamo, presumendo sia la sua camera. ‹‹ E prova di nuovo a baciarmi e te lo faccio rimpiangere. ›› borbotta, incrociando le braccia al petto, guardandomi male.
 
Non sono spaventato dalla sua minaccia ma mi trovo… infastidito. Infastidito da tutta questa situazione, da lui che non ha fatto altro che scappare da me tutto il tempo senza affrontarmi, che ha tentato di ripudiarmi come compagno per non so quale motivo e che adesso si permette anche di “minacciarmi”, fregandosene altamente di me quando io non ho fatto altro che preoccuparmi per lui per quasi tre ore, senza nemmeno sapere il suo nome.
 
‹‹ Se ti va vorresti spiegarmi cosa ti è saltato in mente prima? ›› gli faccio, senza frenare la rabbia nella voce. Lo guardo freddo, serrando i denti. Tentenna per qualche attimo, abbandonando l’aria da duro di poco prima per guardarsi intorno insicuro, facendo spallucce.
 
‹‹ Non ho niente contro i gay ma… io non lo sono. Quindi non credo di essere il ragazzo adatto a te. ›› mi risponde, trovando le mie scarpe particolarmente interessanti. Resto in silenzio quel poco che mi permette di assorbire ciò che mi ha detto e restarne confuso.
 
‹‹ Cosa… cosa c’entra il tuo orientamento sessuale? ›› gli chiedo, riordinando le idee. ‹‹ Siamo predestinati. ›› alzo un po’ la voce, scandendo le parole, esterrefatto.
 
‹‹ Cosa c’entra questo! Predestinati un corno, io non ci tengo a farmi comprendere in questa storia. ›› ribatte, alzando gli occhi, fissandomi con determinazione.
 
‹‹ Ormai ci sei dentro, non puoi farci niente. ›› gli dico in fretta, al che non riesco a fermare i miei dubbi. ‹‹ Non senti… questa cosa dentro? ›› faccio, appoggiandomi la mano all’altezza dello stomaco. Ho bisogno di sapere, di avere almeno una certezza.
 
Dopo aver esitato, scuote il capo. ‹‹ No. Cioè – non voglio parlarne. Voglio parlare di questa dannata luna. ›› borbotta, alzando il polso. La sua risposta non è stata soddisfacente, ma non mi faccio prendere dallo sconforto. Osservo il punto dove la sottile luna crescente si staglia al lato del suo polso, sorridendo vittorioso.
 
‹‹ Molto carina. ›› commento.
 
‹‹ Come faccio a toglierla?! ›› ringhia, sfregando l’altra mano sulla luna. Alzo un sopracciglio con fare interrogativo, mentre mi accorgo di quanto è carino quando storce il naso, continuandosi a sforzare nel tentativo di cancellarla.
 
Da quando abbiamo incominciato a parlare, tralasciando la crescente attrazione nei suoi confronti, non ho fatto a meno di notare il quanto mi sembri poco… informato. Nessuno gliele ha mai dette queste cose?
 
‹‹ Non puoi toglierla, sciocco. ›› gli faccio, allontanandogli il polso dall’altra mano. Senza pensarci lo porto alle labbra, lasciando un bacio leggero sulla zona arrossata, proprio sopra la luna. Lo guardo avvampare, prima che abbia il tempo di divincolarsi dalla mia presa, e sghignazzo.
 
‹‹ Dannazione… ›› impreca a mezza voce, distogliendo lo sguardo da me.
 
‹‹ Non sembri sapere molto di queste cose. ›› noto con scetticismo.
 
‹‹ Non so niente di lupi e queste… stronzate. L’imprinting, la dea, il branco. Non ho mai seguito una lezione. Pft, ne faccio a meno, grazie. ›› borbotta.
 
‹‹ Beh, ed invece io voglio che tu sappia tutto. Ogni singola cosa. Da noi seguire la vita del branco è sempre stato obbligatorio, non sfuggirai ai tuoi doveri. ›› gli comunico serio. Ecco perché tanta leggerezza nel ripudiarmi, ora è tutto più chiaro.
 
‹‹ Ed io voglio che tu te ne vada. Quindi… sparisci. ›› mi fa.
 
‹‹ Mi chiamo Wesely, comunque. ›› gli dico, accorgendomi di non essermi ancora presentato.
 
‹‹ Non mi importa. Vai via. ›› mi appoggia una mano sulla spalla, cominciando a spingermi.
 
‹‹ Inizi domani, allora. ›› gli faccio, lasciandomi guidare fino alla porta. ‹‹ I corsi, dico. ››
 
‹‹ Come no, ora vai. ››
 
‹‹ Sono serio. ›› ma non riesco a non sorridere mentre lo osservo. Il suo viso è illuminato lievemente da un raggio di sole, che risalta la carnagione pallida, senza nessuna imperfezione.  ‹‹ Stai rendendo le cose davvero molto interessanti, Dan. Difficilli, ma interessanti. ›› ammetto, gongolando nel vederlo spalancare gli occhi, sorpreso.
 
‹‹ Stammi lontano. ››
 
‹‹ Sono il tuo compagno, ho ogni diritto di starti vicino. ›› gli sussurro. Esita prima di girare la chiave nella toppa ed aprire la porta della stanza, fermandosi però quando appoggia la mano sulla maniglia. ‹‹ Non che il futuro alpha, mia Luna. ›› e questa volta non freno il sorrisino soddisfatto alla vista della sua espressione scioccata.
 
Un urletto gutturale, strozzato, gli sfugge dalle labbra mentre tiene lo sguardo perso nel vuoto.
 
‹‹ Non ti avvicinare mai più a me! ›› esclama agitato, appena si riprende, aprendo la porta e buttandomi con forza fuori la sua stanza, richiudendola prontamente.
 
Sorrido. Sicuro non è ciò che mi sarei aspettato di ritrovarmi a fare dopo una conversazione simile, ma in qualche modo mi ha dato una sorta di speranza. Daniel, che non so perché o come, ha affermato di non sapere niente sui licantropi, sulla sua stessa specie, informazione che mi ha resto alquanto confuso. Ma allo stesso tempo, appena gli ho detto di essere un alpha ho potuto subito vedere l’impatto che la realtà ha avuto su di lui.
 
Perché un alpha senza la sua Luna non è niente. E per quanto sembra arrabbiato della situazione in cui ci troviamo, so che sa cosa significherebbe ripudiarmi.
 
Il nostro branco andrebbe in rovina nel giro di una generazione.
 
Per non parlare del quanto sono certo che anche lui provi qualcosa per me. Non ho mai visto nessuno andare così contro i sentimenti che portano l’imprinting, come se il suo lupo non reagisse, ed è impossibile, perciò è impossibile che non provi niente.
 
Non mi sarei aspettato nemmeno di trovarmi, tempo una conversazione, a reputare questa situazione più interessante di quanto avessi mai immaginato.
 
Ancora sorridendo mi sporgo verso la porta, bussando piano un paio di volte.
 
‹‹ Ti amo, fiorellino. ›› gli dico, senza preoccuparmi di abbassare la voce. Che mi sentino, ne sono ancora più felice.
 
Seguono lunghi attimi di silenzio durante i quali il sorrisino sul mio volto persiste, finché una voce non mi raggiunge.
 
‹‹ Sparisci! ›› urla da dentro, e mi allontano ridacchiando.
 
Sempre più divertente.
   
 
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